• Testo DDL 899

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Atto a cui si riferisce:
S.899 Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni e la riqualificazione delle aree rurali e montane italiane nonché delega al Governo per la riforma del sistema normativo relativo a tali zone


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 899
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa del senatore BARANI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1° LUGLIO 2013

Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni e la riqualificazione delle aree rurali e montane italiane

Onorevoli Senatori. -- Le condizioni e le prospettive dello sviluppo di quella parte dell’Italia non metropolitana e non urbana, che sotto il profilo geomorfologico si può riassumere come territorio montano e rurale e sotto il profilo amministrativo è caratterizzata dalla presenza marcata e diffusa di comuni di piccole dimensioni demografiche (al di sotto dei 5.000 abitanti) rappresentano oggi un’esigenza nazionale.

Da troppi anni le politiche hanno abbandonato a sé stessi i territori, senza reali sostegni alla promozione dello sviluppo locale, nelle forme della valorizzazione territoriale e dell’integrazione intersettoriale.

Nonostante questo, continua a resistere sull’intero territorio nazionale un substrato di società, impresa, associazionismo, terzo settore che in queste realtà assicura coesione sociale e territoriale, e organizza filiere imprenditoriali interessanti e strategiche per i settori nevralgici della «green economy» e dell’innovazione produttiva.

La crisi fiscale dello Stato italiano e il declino del modello di sviluppo degli anni Ottanta pongono sotto una nuova luce i territori montani e rurali che, fino a ieri, erano considerati aree marginali rispetto al cuore manifatturiero del Paese. In questa ottica, la legislazione del passato è stata concepita per aiutare tali zone a svolgere la doppia funzione di mantenimento della popolazione eccedente all’apparato industriale e produttivo urbano-metropolitano e di sviluppo di attività agricole e non manifatturiere in grado di assicurare la compensazione degli svantaggi strutturali per i cittadini che sceglievano di rimanere a vivere su tali aree.

Negli ultimi anni la prospettiva è cambiata. Da un lato si è assistito ad un profondo arretramento dello Stato e delle istituzioni nella presenza e nell’erogazione di servizi in tali aree, e dall’altro si è consolidata la convinzione che questi territori possano svolgere una funzione a valore aggiunto in un modello di sviluppo economico ed industriale centrato sui princìpi della sostenibilità e della green economy.

Scopo pertanto di questo provvedimento legislativo è quello di creare le condizioni affinchè tali aree possano svolgere queste funzioni in futuro, con istituzioni in grado di governare i processi di sviluppo centrati sulla capacità dei territori di realizzare investimenti producendo benefici misurabili e con la partecipazione delle amministrazioni centrali (Stato e regioni) basata sul principio della compartecipazione normativa e finanziaria.

Di particolare interesse, in tale dispositivo normativo, vi è la trasposizione nel diritto nazionale di princìpi già esistenti nella legislazione di nazioni straniere, (come gli Stati Uniti d’America) che da tempo si son poste il problema di come associare i territori locali e le loro capacità di autoproduzione e autorigenerazione di servizi ambientali ad elevata qualità con la redistribuzione del valore aggiunto derivante dalla trasformazione commerciale di questi ultimi.

Per tali motivi, a fianco di un processo di riordino garantito del sistema di welfare assicurato dagli articoli 7, 8 e 9 dedicati ai servizi pubblici, alla sanità e alla scuola, a modalità ordinarie di sostegno alle attività territoriali (contemplate dagli articoli 12 e 13), sono stati pensati nuovi strumenti (come l’istituzione del Piano nazionale per i territori rurali di cui all’articolo 14, la delega al governo per l’introduzione del Pagamento dei servizi ecosistemici ed ambientali di cui all’articolo 16 e il Fondo nazionale per gli interventi nelle aree montane di cui all’articolo 17).

Di particolare rilievo, infine, la delega al Governo in materia di armonizzazione normativa di cui all’articolo 15 al fine di intervenire in maniera razionale e omogenea nel processo di governance locale, come indispensabile azione per la concretizzazione delle finalità contemplate nella presente legge.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge, ai sensi degli articoli 44, secondo comma, e 119, quinto comma, della Costituzione, in conformità agli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale di cui all’articolo 3 e di pari opportunità per le regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici di cui all’articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ha lo scopo di promuovere e di sostenere lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni, con particolare riguardo a quelli collocati nelle zone rurali e montane, di garantire l’equilibrio demografico del Paese, favorendo la residenza in tali comuni e contrastandone lo spopolamento, nonché di tutelarne e di valorizzarne il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico. La presente legge favorisce altresì l’adozione di misure in favore dei cittadini residenti nei piccoli comuni e delle attività produttive ivi insediate, con particolare riferimento al sistema dei servizi territoriali, in modo da incentivare e favorire anche l’afflusso turistico.

2. Le regioni, nell’ambito delle proprie competenze, definiscono interventi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla presente legge per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1.

Art. 2.

(Ambito di applicazione)

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3, dall’articolo 5 e dall’articolo 7, comma 3, la presente legge si applica ai comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, compresi in una delle seguenti tipologie:

a) comuni collocati in aree caratterizzate da fenomeni di dissesto idrogeologico o, comunque, da criticità dal punto di vista ambientale;

b) comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica e basso livello di benessere;

c) comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto a quanto risultante dal censimento generale della popolazione effettuato nel 1981;

d) comuni caratterizzati da specifici parametri di disagio insediativo, definiti in base all’indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all’indice di ruralità;

e) comuni caratterizzati da scarsità dei flussi turistici o da inadeguatezza dei servizi sociali essenziali;

f) comuni collocati in aree caratterizzate da difficoltà di comunicazione e dalla lontananza da grandi centri urbani;

g) comuni che presentano un territorio particolarmente ampio ovvero caratterizzato dalla frammentazione degli insediamenti abitativi e industriali;

h) comuni comprendenti frazioni che presentano le caratteristiche di cui alle lettere a), b), c), d), f) o g), limitando in tali casi gli interventi di cui alla presente legge alle medesime frazioni;

i) comuni appartenenti ad unioni dei comuni montani di cui all’articolo 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad eccezione di quelli dotati delle entrate derivanti dall’imposta municipale propria superiore ad una media di euro 500 per abitante.

2. Nell’attribuzione dei benefici di cui agli articoli 10 e 11 hanno la priorità i comuni che rientrano in più di una delle tipologie di cui al comma 1 del presente articolo.

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è definito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’elenco dei comuni di cui al comma 1 del presente articolo.

4. L’elenco di cui al comma 3 è aggiornato ogni tre anni con le stesse procedure previste dal medesimo comma.

5. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3 e 4 sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dalla data di assegnazione.

6. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, per il proprio territorio, all’individuazione dei comuni ai sensi del comma 3.

Art. 3.

(Disposizioni concernenti i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti)

1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai comuni con popolazione residente pari o inferiore a 5.000 abitanti. La popolazione di cui al primo periodo è calcolata ogni cinque anni secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT). In sede di prima applicazione, per i fini di cui al presente articolo è considerata la popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT.

2. Nei comuni di cui al comma 1 non si applicano le seguenti disposizioni:

a) articolo 128, commi 3, 5, 6, 7, 9, secondo periodo, e 11, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;

b) articoli 11 e 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207;

c) decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 giugno 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 30 giugno 2005.

3. Nei comuni di cui al comma 1 del presente articolo, le funzioni di valutazione dei responsabili degli uffici e dei servizi sono disciplinate con regolamenti adottati da ciascun ente e possono essere affidate anche a un organo monocratico interno o a un soggetto esterno all’ente, che le svolge in conformità ai princìpi indicati dagli articoli 16 e 31 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

4. Al fine di favorire il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell’erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio, nei comuni di cui al comma 1 possono essere utilizzate, per l’attività di incasso e di trasferimento di somme, previa convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze, la rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell’economia e delle finanze -- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nonché la rete dei soggetti concessionari, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d’Italia.

5. I comuni di cui al comma 1, anche in forma associata, possono stipulare con le diocesi cattoliche convenzioni per la salvaguardia e per il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Analoghe convenzioni possono essere stipulate con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, per la salvaguardia e per il recupero dei beni di cui al primo periodo del presente comma nella disponibilità delle rappresentanze medesime. Le convenzioni possono essere finanziate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nei limiti delle risorse di cui all’articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro una quota non superiore al 20 per cento delle medesime risorse. A tale fine, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previo parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri di accesso ai finanziamenti nonché la quota delle predette risorse destinata agli stessi.

6. I comuni di cui al comma 1 possono acquisire le stazioni ferroviarie disabilitate o le case cantoniere della società ANAS Spa, al valore economico definito dai competenti uffici dell’Agenzia del territorio, o stipulare intese finalizzate al loro recupero, al fine di destinarle, anche ricorrendo all’istituto del comodato a favore di organizzazioni di volontariato, di protezione civile e di salvaguardia del territorio, ovvero, anche d’intesa con l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali e per altre attività comunali. A tal fine è istituito uno specifico fondo presso la Cassa depositi e prestiti.

7. All’articolo 135, comma 4, lettera d), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, dopo le parole: «alla salvaguardia dei paesaggi rurali» sono inserite le seguenti: «, del territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti».

8. Per i piccoli comuni e le loro unioni, in ordine alla programmazione annuale e triennale delle opere pubbliche, all’organizzazione del personale, degli uffici e servizi e al loro funzionamento, nonché in materia di controllo di gestione, sono definite norme che prevedono modalità e modelli differenziati e semplificati, garantendo comunque il perseguimento dei princìpi, delle finalità e degli obiettivi di cui alla normativa prevista per i comuni di maggiore dimensione. Il Governo è delegato ad emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o piu provvedimenti attuativi delle previsioni di cui al primo periodo del presente comma.

9. Nei piccoli comuni e nelle loro unioni, per le opere pubbliche di importo fino a 1 milione di euro, le stazioni appaltanti possono ricorrere alla licitazione privata con procedura semplificata.

10. Per l’affidamento dei lavori di cui al comma 9, finalizzati al ripristino di opere già esistenti e danneggiate da calamità naturali o da eventi connessi al dissesto idrogeologico, le stazioni appaltanti possono procedere mediante trattativa privata, previo esperimento di gara informale, con l’invito di almeno cinque imprese. Per importi uguali o inferiori a 200.000 euro il numero delle imprese può essere ridotto a tre.

Art. 4.

(Attività e servizi)

1. Per garantire uno sviluppo sostenibile e un equilibrato governo del territorio, lo Stato, le regioni, le province, le unioni di comuni, le comunita montane e gli enti parco, per quanto di rispettiva competenza, assicurano, nei comuni di cui all’articolo 2, l’efficienza e la qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento all’ambiente, alla protezione civile, all’istruzione, alla sanità, ai servizi socio-assistenziali, ai trasporti, alla viabilità e ai servizi postali, con le modalità previste dal presente articolo.

2. Per i fini di cui al comma 1 del presente articolo, i comuni di cui all’articolo 2, in forma associata, istituiscono centri multifunzionali nei quali concentrare la fornitura di una pluralità di servizi, quali i servizi in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e di sicurezza, nonché lo svolgimento di attività di volontariato e di associazionismo culturale. Le regioni e le province concorrono alle spese relative all’uso dei locali necessari all’espletamento dei predetti servizi.

3. Nell’ambito delle finalità di cui al presente articolo, le regioni e le province assegnano carattere di priorità, nella definizione degli stanziamenti finanziari di propria competenza, alle iniziative finalizzate all’insediamento, nei comuni di cui all’articolo 2, di centri per la prestazione dei servizi di cui al comma 2 del presente articolo quali istituti di ricerca, laboratori, centri culturali e sportivi.

Art. 5.

(Valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali)

1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le associazioni rappresentative degli enti locali e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie produttive interessate, adotta iniziative, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, volte a favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, individuati ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 8 settembre 1999, n. 350, che utilizzano prevalentemente prodotti tipici dei comuni di cui al comma 1 dell’articolo 3 della presente legge, privilegiando la vendita diretta e la vendita di prodotti a filiera corta.

2. I comuni di cui al comma 1 dell’articolo 3 possono indicare nella cartellonistica ufficiale i rispettivi prodotti agroalimentari tipici o locali, preceduti dalla dicitura: «Territorio di produzione del» posta sotto il nome del comune e scritta in caratteri minori rispetto a quelli di quest’ultimo.

3. Per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali, per la salvaguardia, l’incremento e la valorizzazione della fauna selvatica locale, nonché per il sostegno della promozione e della commercializzazione dei prodotti in forma coordinata tra le imprese agricole e le imprese di produzione agroalimentare, i comuni di cui al comma 1 dell’articolo 3 della presente legge possono stipulare, anche in forma associata, contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

4. Ai sensi del comma 1 del presente articolo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali adotta specifiche iniziative di sostegno finanziario per lo sviluppo del commercio elettronico relativamente alle produzioni agroalimentari delle zone montane e delle aree situate nei parchi all’interno dei territori montani.

Art. 6.

(Programmi di e-government )

1. I progetti informatici riguardanti i comuni di cui all’articolo 2, con priorità per quelli relativi a forme associative, conformi ai requisiti prescritti dalla vigente legislazione nazionale e dell’Unione europea, hanno la precedenza nell’accesso ai finanziamenti pubblici previsti a legislazione vigente per la realizzazione dei programmi di e-government. In tale ambito sono prioritari i collegamenti informatici dei centri multifunzionali di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero gli interventi informatici nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) connessi al funzionamento e allo sviluppo dei centri stessi e le iniziative che prevedono l’associazione nei centri di servizio territoriali (CST) anche attraverso l’utilizzo di sistemi di telecomunicazione a banda larga e senza fili.

2. Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nell’individuare le specifiche iniziative di innovazione tecnologica per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, ai sensi della lettera g) del comma 2 dell’articolo 26 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indica prioritariamente quelle riguardanti i comuni di cui all’articolo 2 della presente legge, anche in forma associata.

Art. 7.

(Servizi postali e programmazione televisiva pubblica)

1. Il Ministero dello sviluppo economico, compatibilmente con l’adeguatezza delle risorse destinate a legislazione vigente al finanziamento del servizio postale universale, individua le modalità attraverso le quali, in coerenza con le previsioni del contratto di programma, il concessionario di tale servizio ne garantisce l’espletamento nei comuni di cui all’articolo 2.

2. L’amministrazione comunale può stipulare apposite convenzioni, d’intesa con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane Spa, affinché i pagamenti su conti correnti, in particolare quelli relativi alle imposte comunali, i pagamenti dei vaglia postali nonché le altre prestazioni possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali di comuni e frazioni non serviti dal servizio postale, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d’Italia.

3. I comuni di cui al comma 1 dell’articolo 3 della presente legge possono affidare, ai sensi dell’articolo 40, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa alla società Poste italiane Spa.

4. Il Ministero dello sviluppo economico può provvedere ad assicurare che nel contratto di servizio con la societa concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo sia previsto l’obbligo di prestare particolare attenzione, nella programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale, alle realtà storiche, artistiche, sociali, economiche ed enogastronomiche dei comuni di cui all’articolo 2 e di garantire nei medesimi comuni un’adeguata copertura del servizio.

Art. 8.

(Sanità nelle aree rurali e montane)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell’economia e delle finanze, predispone un Piano per i servizi di medicina destinato alle aree montane e rurali italiane, con particolare riguardo all’introduzione di metodi e strumenti innovativi tali da compensare la rarefazione della presenza dei presidi ospedalieri sui territori a seguito dei programmi di riordino e riorganizzazione disposti dalle regioni e garantire in tal modo e in ogni caso i livelli essenziali di assistenza (LEA) e i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) in tali territori. Il Piano è approvato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il finanziamento per la realizzazione del Piano è definito nell’ambito dell’intesa con la medesima Conferenza, relativa al riparto del Fondo sanitario nazionale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

2. In sede di revisione del sistema dei trasferimento erariali, lo Stato è obbligato a tener conto della necessità di adeguamento del riparto del Fondo sanitario nazionale a favore delle aziende sanitarie locali di aree montane, al fine di assicurare la continuità assistenziale in tali zone. A tale scopo, nell’ambito dell’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il riparto del Fondo sanitario nazionale, le quote di finanziamento procapite delle aziende sanitarie locali operanti nei comuni montani sono incrementate del 25 per cento, secondo criteri che tengono conto del contesto di dispersione territoriale della popolazione, della sua composizione per classi di età nonché della rete degli stabilimenti ospedalieri e dei servizi distrettuali presenti sul territorio. La congruità del differenziale accordato in sede di bilancio preventivo è verificata, secondo indicatori di efficienza ed efficacia, anche in sede di consuntivo.

3. Il servizio prestato dal personale medico nell’ambito di strutture sanitarie operanti nelle zone montane è valutato ai fini dell’articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

4. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca stabilisce, nell’ambito dei propri stanziamenti annuali di bilancio relativi alle attività istituzionali, assegni e borse di studio a favore di giovani laureandi e laureati che si iscrivano a scuole di specializzazione, alla condizione che i medesimi si impegnino, pena la restituzione delle risorse pubbliche assegnate in caso contrario, ad esercitare la professione, per un periodo di almeno cinque anni, in seno a strutture sanitarie ubicate nelle zone montane.

5. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano favoriscono, con misure economiche specifiche e altre provvidenze, i laureati che intendono specializzarsi e perfezionare la propria formazione presso strutture ed enti siti in comuni montani.

Art. 9.

(Istituti scolastici)

1. Nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno, le regioni o gli enti locali, d’intesa con le regioni interessate, per far fronte a condizioni di disagio, senza pregiudizio dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione, possono stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per finanziare il mantenimento in attività, in deroga a quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, degli istituti scolastici statali aventi sede nei comuni di cui all’articolo 2 della presente legge, che dovrebbero essere chiusi o accorpati ai sensi delle disposizioni vigenti in materia. In deroga a quanto disposto dall’articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono cedere a titolo gratuito a istituzioni scolastiche insistenti nei comuni di cui all’articolo 2 della presente legge personal computer o altre apparecchiature informatiche, quando sia trascorso almeno un anno dal loro acquisto. Le cessioni sono effettuate prioritariamente in favore delle istituzioni scolastiche insistenti in aree montane o svantaggiate.

2. Le istituzioni scolastiche insistenti nelle zone montane, nell’ambito della propria autonomia, possono prevedere forme diverse di frequenza scolastica, concentrandola in periodi settimanali o mensili, salvo lo svolgimento del monte di ore minimo di lezione, o prevedendo la possibilità di lezioni a distanza. A tal fine il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con l’Associazione nazionale comuni d’Italia (ANCI) e in accordo con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, predispone progetti pilota di istruzione tenendo conto delle esigenze delle diverse realtà territoriali.

3. In sede contrattuale di comparto sono favorite le misure volte alla stabilizzazione del personale docente che presta e che intende continuare a prestare servizio nelle scuole situate nei comuni di montagna, delle isole e delle aree rurali disperse. Al fine delle graduatorie permanenti, il servizio prestato nelle scuole di ogni ordine e grado situate nel territorio di tali comuni è valutato in misura doppia.

4. Le istituzioni scolastiche, nell’ambito dei propri programmi e in particolare nei comuni con impianti e attrezzature dedicate, favoriscono la pratica degli sport invernali, delle attività sportive praticate in montagna, dell’escursionismo e dell’alpinismo. Le regioni, d’intesa con i comuni e le unioni montane dei comuni interessate, agevolano la fornitura delle attrezzature necessarie.

Art. 10.

(Servizio idrico nei piccoli comuni)

1. I soggetti individuati ai sensi dell’articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dal comma 2 del presente articolo, possono prevedere agevolazioni, anche in forma tariffaria e di compensazione economica, in favore dei comuni di cui all’articolo 2 della presente legge nei quali la disponibilità di risorse idriche reperibili o attivabili sia superiore ai fabbisogni per i diversi usi.

2. All’articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «In ogni caso l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane o delle unioni di comuni, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso dell’amministrazione individuata ai sensi del quarto periodo».

3. I soggetti individuati ai sensi dell’articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dal comma 2 del presente articolo, destinano una quota della tariffa d’ambito, non inferiore al 3 per cento e non superiore al 6 per cento, alle attività di tutela e difesa dell’assetto idrogeologico del territorio montano. I suddetti fondi sono assegnati ai comuni montani, per il tramite delle unioni montane dei comuni, sulla base di accordi di programma per l’attuazione di specifici interventi connessi alla tutela.

4. Le regioni a statuto ordinario attribuiscono, con propria legge, fino al 50 per cento dei proventi derivanti dal demanio idrico di cui all’articolo 11, comma 2, della presente legge, relativamente a quelli generati sul territorio montano attraverso le unioni montane dei comuni.

Art. 11.

(Gestione del demanio idrico)

1. Alla gestione del demanio idrico provvedono i comuni competenti per territorio, in forma obbligatoriamente associata secondo le prescrizioni legislative della regione o provincia autonoma di competenza.

2. I proventi ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico sono introitati, sulla base delle leggi regionali, dagli enti locali interessati e destinati al finanziamento degli interventi atti alla tutela delle risorse idriche e dell’assetto idraulico e idrogeologico, sulla base delle linee programmatiche di bacino.

3. Nella programmazione dei finanziamenti dello Stato in materia di difesa del suolo ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, da definire d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, ai fini della perequazione tra le diverse regioni si deve tenere conto degli introiti di cui al comma 2.

4. L’articolo 86 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è abrogato.

Art. 12.

(Fondo per l’incentivazione della residenza nei piccoli comuni)

1. Al fine dell’incentivazione della residenza nei piccoli comuni, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un Fondo destinato al finanziamento degli interventi di cui al comma 2, con una dotazione finanziaria di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica.

2. Le risorse del Fondo di cui al comma 1, in osservanza del regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, sono destinate ai seguenti interventi da realizzare in favore dei comuni di cui all’articolo 2 della presente legge:

a) contributi ai soggetti passivi dei tributi riferiti all’acquisto di immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche nei comuni di cui all’articolo 2;

b) contributi ai soggetti passivi dei tributi riferiti al possesso di immobili destinati ad attività economiche nei comuni di cui all’articolo 2;

c) incentivi in favore dei residenti che intendono recuperare il patrimonio abitativo, non utilizzato o in stato di degrado, dei comuni di cui all’articolo 2, compreso quello di tipo rurale con valenza storico-culturale, ovvero avviare nei medesimi comuni un’attività economica;

d) misure agevolative in favore delle persone fisiche o giuridiche che acquistano a qualsiasi titolo immobili abbandonati, impegnandosi al loro recupero e al loro utilizzo per almeno un decennio;

e) promozione di attività educative per la prima infanzia;

f) agevolazioni a favore di manifestazioni e di eventi artistici, culturali e dello spettacolo promossi o patrocinati dai comuni di cui all’articolo 2, con particolare riguardo alle iniziative rivolte alle fasce deboli delle popolazioni locali.

3. All’individuazione degli interventi da finanziare, nei limiti delle disponibilità finanziarie del Fondo di cui al comma 1 del presente articolo, si provvede, entro il 30 marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da esprimere entro trenta giorni dalla data di assegnazione. Decorso il termine di cui al precedente periodo, il decreto può essere comunque adottato.

Art. 13.

(Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni)

1. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito, con una dotazione di 40 milioni di euro per l’anno 2013, un fondo per la concessione di contributi statali destinati al finanziamento di interventi diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, alla promozione dello sviluppo economico e sociale, all’incentivazione dell’insediamento di nuove attività produttive e alla realizzazione di investimenti nei comuni di cui all’articolo 2.

2. All’individuazione delle tipologie degli interventi che possono essere finanziati a valere sulle risorse del fondo di cui al comma 1 si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, provvede a individuare gli interventi destinatari dei contributi. Hanno priorità nell’assegnazione dei contributi i progetti presentati da unioni di comuni, delle quali facciano parte comuni di cui all’articolo 2, con una popolazione complessivamente superiore a 5.000 abitanti.

4. Lo schema di decreto di cui al comma 3 è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

5. All’onere derivante dall’attuazione del comma 1, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione, per il medesimo anno, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 20 milioni di euro, l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, quanto a 20 milioni di euro, l’accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

6. Al finanziamento del fondo di cui al comma 1 del presente articolo per gli anni successivi al 2013 si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 14.

(Piano nazionale per i territori rurali)

1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un Piano nazionale per i territori rurali, dedicato alla riqualificazione di aree rurali con particolare riferimento a quelle degradate. A tal fine, con apposito decreto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con i summenzionati dicasteri istituisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Cabina di regia del Piano, composta da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con funzioni di presidente, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da un rappresentante del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da un rappresentante del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, da un rappresentante del Ministero dell’interno, da un rappresentante del Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri per la coesione territoriale, da due rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, da due rappresentanti dell’ANCI, da un rappresentante dell’Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM), da un rappresentante della Federazione italiana parchi e riserve naturali (FEDERPARCHI), da un rappresentante dell’Agenzia del demanio, da un rappresentante della Cassa depositi e prestiti e, in veste di osservatori, da un rappresentante del Fondo investimenti per l’abitare (FIA) di CDP investimenti SGR e da un rappresentante dei Fondi di investimento istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell’economia e delle finanze costituita ai sensi dell’articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di funzionamento della Cabina di regia.

2. Ai fini della predisposizione del Piano di cui al comma 1, i piccoli comuni inviano alla Cabina di regia, per il tramite delle unioni dei comuni e delle unioni dei comuni montani di cui fanno parte, proposte di «Contratti di valorizzazione rurale» costituite da un insieme coordinato di interventi con riferimento alle aree rurali da recuperare e valorizzare, indicando:

a) la descrizione, le caratteristiche e l’ambito rurale oggetto di trasformazione, recupero e valorizzazione;

b) gli investimenti ed i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell’eventuale cofinanziamento del comune o dell’unione di comuni proponente;

c) i soggetti interessati;

d) le eventuali premialità;

e) il programma temporale degli interventi da attivare;

f) la fattibilità tecnico-amministrativa.

3. La Cabina di regia seleziona le proposte sulla base dei seguenti criteri:

a) immediata cantierabilità degli interventi;

b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati, e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati;

c) valorizzazione delle filiere della «green economy» locale;

d) miglioramento della dotazione infrastrutturale concepita su criteri di sostenibilità ambientale e mediante l’adozione di protocolli di qualità ambientale internazionali (LEED);

e) miglioramento del tessuto sociale ed ambientale del territorio di riferimento.

4. La Cabina di regia, sulla base degli apporti e delle risorse messe a disposizione dai vari organismi che la compongono, definisce gli investimenti attivabili nell’ambito rurale selezionato; la stessa propone al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la destinazione delle risorse di cui al comma 5 alle finalità del Contratto di valorizzazione rurale. La Cabina di regia promuove, d’intesa con il comune interessato e l’unione alla quale esso aderisce, la sottoscrizione del contratto di valorizzazione rurale che regolamenta gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati, prevedendo anche la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa. L’insieme dei contratti di valorizzazione rurale costituisce il Piano nazionale per i territori rurali.

5. Per l’attuazione degli interventi previsti dal presente articolo, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi istituendo specifici capitoli di spesa a valere sulle risorse finanziarie derivanti dalla rimodulazione delle risorse europee di cui al Piano di sviluppo rurale 2007-2013, nonché delle risorse di cui al Piano di sviluppo rurale 2014-2020 e dei programmi europei del periodo di programmazione 2014-2020.

Art. 15.

(Delega al Governo in materiadi armonizzazione del sistema normativo di governo delle aree montane e rurali)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a realizzare la riforma del sistema normativo di governo delle aree montane e rurali, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riordinare la governance di tali aree partendo dalle previsioni normative sull’obbligo delle gestioni associate delle funzioni fondamentali dei comuni ai sensi dell’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 95, e sull’individuazione in tale contesto delle unioni dei comuni e delle unioni dei comuni montani come soggetti per la realizzazione dell’uniformità del modello associativo per l’esercizio delle funzioni fondamentali su tutto il territorio nazionale;

b) prevedere che spettino alle unioni dei comuni montani di cui all’articolo 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, tutte le funzioni di sviluppo, tutela, valorizzazione e promozione delle aree montane in applicazione dell’articolo 44, secondo comma, della Costituzione, e originariamente previste dalla legge 27 dicembre 1953, n. 959, dalla legge 3 dicembre 1971, n. 1102, dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97 e dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, in capo alle comunità montane e ai consorzi di bacino imbrifero montano;

c) prevedere che i comuni facenti parte di unioni dei comuni e unioni dei comuni montani esercitino in forma associata attraverso tali istituti, le funzioni connesse con la programmazione delle politiche di sviluppo socio-economico, sulla scorta di una adeguata pianificazione, e di impegno delle risorse finanziarie ad esse connesse, con particolare riguardo ai fondi strutturali dell’Unione europea;

d) prevedere che non sia consentito il ricorso allo strumento della convenzione, né la creazione di nuovi soggetti, agenzie o strutture a qualunque titolo denominate, per l’esercizio delle funzioni di cui alle lettere b) e c), in alternativa alle unioni, fatte salve le previsioni di adempimento alla disciplina comunitaria in materia di sviluppo delle aree montane e rurali.

2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 del presente articolo sono adottati su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell’economia e delle finanze, e sono trasmessi per il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

3. Successivamente all’acquisizione del parere di cui al comma 2, gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere emanati anche in mancanza dei predetti pareri.

Art. 16.

(Delega al Governo per la disciplina del pagamento dei servizi ecosistemici ed ambientali)

1. Il Governo e delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a disciplinare l'introduzione nella legislazione italiana del Payment for Environmental Services-Pagamento per i servizi ecosistemici ed ambientali (PSEA), nel rispetto dei seguenti criteri e princìpi direttivi:

a) prevedere che lo PSEA sia inteso come remunerazione ai territori da cui origina la materia prima di una quota di valore aggiunto derivante dalla trasformazione dei beni e servizi pubblici di un bene comune in nuovi prodotti di mercato, nella logica della transazione diretta tra il consumatore e il produttore;

b) prevedere che lo PSEA sia determinato, con particolare riguardo, per la fissazione del carbonio da parte delle foreste di proprietà demaniale, collettiva e pubblica, per la regimazione delle acque nei bacini montani, per il mantenimento della biodiversità e delle qualità paesaggistiche;

c) prevedere che PSEA sia attivato, secondo meccanismi di carattere negoziale, in ogni circostanza di attivazione di un meccanismo finanziario indotto tramite un intervento pubblico di assegnazione dei diritti di proprietà o di concessione di un bene comune, ovvero di un intervento regolatorio attraverso il quale da un lato si trasforma il servizio ambientale in un vero e proprio prodotto, creandone il mercato, e dall'altro si riconosce il diritto al produttore di chiedere il rispettivo prezzo al consumatore del bene;

d) prevedere che, nella determinazione dello PSEA, sia individuato con precisione il servizio ambientale reso e la stima del valore del servizio, sul quale si compie la definizione delle modalità contrattuali e di pagamento;

e) prevedere che siano individuati quali beneficiari finali dello PSEA i territori locali, nelle loro forme istituzionali di comuni, unioni di comuni e consorzi tra comuni ovvero organizzazioni di gestione dei beni collettivi comunque denominate.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere emanati anche in mancanza dei predetti pareri.

Art. 17.

(Fondo nazionale per gli interventi nelle aree montane)

1. Le risorse previste per il Fondo nazionale per la montagna, istituito ai sensi della legge 31 gennaio 1994, n. 97, confluiscono tutte nel Fondo nazionale per gli interventi nelle aree montane, di seguito denominato «Fondo», istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze.

2. Il Fondo è alimentato da trasferimenti europei, dello Stato e di enti pubblici di rilevanza nazionale, ed è iscritto in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Le somme provenienti dagli enti pubblici di rilevanza nazionale sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al suddetto capitolo.

3. Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali e sono ripartite tra le regioni, che le fanno confluire nei rispettivi bilanci tra i fondi regionali per lo sviluppo della montagna.

4. Il Fondo è altresì alimentato dallo storno, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, di una percentuale stabilita nella misura dello 0,1 per cento del canone annuo versato da parte degli enti concessionari di autostrade ai sensi del comma 3 dell’articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nonché dallo storno di una percentuale stabilita nella misura dello 0,9 per cento del canone annuo versato da parte dei soggetti concessionari di derivazioni idroelettriche ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

5. La ripartizione delle risorse del Fondo riguarda politiche di sviluppo e di investimento da realizzarsi nei comuni montani ad opera delle unioni montane dei comuni di cui all’articolo 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Essa viene effettuata entro il 31 marzo di ciascun anno con deliberazione del CIPE, d’intesa con la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro competente per gli affari regionali.

6. Le risorse del Fondo sono attribuite quali quote di cofinanziamento dei finanziamenti europei volti a sostenere programmi per lo sviluppo delle zone montane, e hanno carattere di aggiuntività rispetto ai suddetti finanziamenti.

Art. 18.

(Clausola di neutralità finanziaria)

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 12 e 13, all’attuazione della presente legge si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 19.

(Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità della presente legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.