Testo DDL 840
Atto a cui si riferisce:
S.840 Disposizioni in materia di conflitti di interesse dei titolari di cariche di governo e dei componenti delle Atutorità indipendenti
Senato della Repubblica | XVII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 GIUGNO 2013
Disposizioni in materia di conflitti di interesse dei titolari di cariche di governo e dei componenti delle Autorità indipendenti
Onorevoli Senatori. -- Tra i principi dei sistemi democratici vi è quello che impone a chi ha responsabilità pubbliche di perseguire l'interesse generale; il conflitto di interessi si produce quando il titolare di cariche pubbliche è altresì titolare di interessi privati che possono essere influenzati dalle decisioni che prende nell'esercizio delle sue funzioni.
In via preliminare, è utile chiarire che qui ci si riferisce ai componenti degli esecutivi di livello nazionale, regionale e locale; le incompatibilità dei membri delle assemblee elettive saranno oggetto di separata iniziativa legislativa, rientrando nella materia più ampia dell'ineleggibilità e incompatibilità.
La questione dei conflitti di interesse dei titolari di cariche di governo ha trovato una definizione legislativa nel nostro ordinamento solo a partire dalla legge n. 215 del 2004 (nota come legge Frattini), approvata durante il Governo Berlusconi III. Tuttavia tale legge contiene una serie di criticità e mancanze, come evidenziato da ultimo nel corso delle audizioni tenutesi presso la I Commissione della Camera del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (seduta del 29 marzo 2012) e del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (seduta del 4 aprile 2012).
Nel corso dell'audizione sopra citata, il Presidente Pitruzzella ha evidenziato la discrasia tra la nostra legislazione e i modelli diffusi nelle democrazie occidentali.
Innanzitutto il sistema italiano, a differenza dei principali paesi europei di cui si parlerà nel prosieguo della relazione, non prevede un esplicito riconoscimento a livello costituzionale della disciplina in materia di conflitto di interesse. Il legislatore ha regolamentato la fattispecie in esame avendo riguardo alla sua duplice configurazione: quella cosiddetta «statica» (incompatibilità) e quella cosiddetta «dinamica» (conflitto d'interessi), la prima soggetta ad un controllo ex ante, la seconda invece rimessa a valutazioni ex post.
Per quanto concerne la seconda fattispecie, la disciplina oggi vigente in Italia fa propria una visione del conflitto di interessi in termini concreti (l'atto che incide sulla sfera patrimoniale dell'interessato) e rigetta, invece, l'idea che debba essere considerata giuridicamente rilevante la mera situazione di pericolo derivante dalla commistione tra l'incarico di governo detenuto e gli interessi economici e finanziari del titolare. In questo modo, il sistema italiano si discosta da quello statunitense che attribuisce rilevanza anche al semplice pericolo (clear and present danger) ritenuto di per sé meritevole di tutela in tale ordinamento. Il legislatore italiano ha così effettuato una scelta assolutamente peculiare, disciplinando all'articolo 3 della legge n. 215 due diverse ipotesi che implicano un accertamento successivo al verificarsi del fatto lesivo (l'adozione dell'atto o l'omissione): a) il «conflitto di interessi per incompatibilità», che ricorre ogniqualvolta il titolare di una carica di governo che si trova già in una situazione di incompatibilità adotta o partecipa all'adozione di un atto, nell'esercizio della funzione di governo; b) il «conflitto di interessi per incidenza patrimoniale», che riguarda l'adozione di atti, attraverso i quali il titolare di carica favorisca se stesso, il coniuge o i suoi parenti entro il secondo grado, arrecando al contempo un danno all'interesse pubblico. Nell'ordinamento statunitense l'organo di controllo può agire adottando soluzioni (quali la divestiture e il blind trust) in grado di risolvere in radice la situazione di conflitto, affinché essa non si riproponga in futuro. Nel nostro ordinamento questo non è consentito e, sotto questo profilo, l'Autorità ha limitate possibilità di intervento. In primo luogo l'accertamento della fattispecie in conflitto di interessi è condizionata alla verifica di requisiti particolarmente stringenti, ovvero la sussistenza di: i) un'«incidenza specifica e preferenziale» sulla sfera patrimoniale del titolare o dei suoi congiunti; ii) un «danno per l'interesse pubblico», che, come l'Autorità ha precisato nel regolamento applicativo, si realizza quando l'atto o l'omissione del titolare della carica di governo sono idonei ad alterare il corretto funzionamento del mercato o quando la scelta operata è manifestamente ingiustificata in relazione ai fini cui è preordinata l'azione di governo. In secondo luogo, una volta compiuto questo complicato accertamento, i meccanismi di enforcement non prevedono la eliminazione del problema come previsto nell'ordinamento statunitense. Nel nostro ordinamento infatti, è prevista una mera sanzione pecuniaria nei confronti dell'impresa che tragga vantaggio dall'atto adottato in conflitto, sanzione che, per di più, può intervenire solo a seguito di inottemperanza alla diffida dell'Autorità. Nei confronti del titolare di carica, la sanzione è ancor più irrisoria, coincidendo con la comunicazione degli accertamenti condotti e della sanzione comminata ai Presidenti delle Camere. In sostanza, la legge italiana rinuncia a prevenire la situazione di conflitto di interessi e lo affronta solo quando sorge, in modo peraltro assai complesso (sotto il profilo dell'accertamento) e del tutto inefficace (sotto il profilo dell'enforcement).
Per quanto concerne il sistema delle incompatibilità espressamente indicate dall'articolo 2 della legge n. 215 del 2004, il nostro ordinamento ha operato scelte più in linea con quelle dei principali paesi europei, sebbene si siano incontrate nel tempo alcune difficoltà interpretative.
Inoltre la legge n. 215 del 2004, mentre è rigorosa nello stabilire la disciplina delle incompatibilità volta a prevenire i conflitti di interessi derivanti dall'esercizio di funzioni o impieghi pubblici o privati, ovvero da attività imprenditoriali o professionali, non previene in modo efficace i conflitti che derivano dalla proprietà di cespiti patrimoniali, mobiliari o immobiliari.
Come detto, i maggiori Paesi europei (Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna) si sono dotati da tempo di specifiche e più efficaci norme dirette a prevenire il conflitto di interessi.
In primo luogo, in nessuno di questi Paesi è consentito al titolare di una responsabilità di governo di esercitare attività professionali, imprenditoriali o nella pubblica amministrazione.
In Francia vige il principio della incompatibilità della carica di membro del Governo con molte attività pubbliche e private e con incarichi direttivi in società finanziarie o in società che hanno rapporti privilegiati con lo Stato o in società immobiliari o che hanno come finalità la costruzione di immobili destinati alla vendita. Ciascun membro del Governo è obbligato a presentare ad un'apposita commissione (Commission pour la transparence financière de la vie politique, costituita dal vice presidente del Consiglio di Stato, dal presidente della Corte di cassazione e dal presidente della Corte dei conti) una denuncia della propria situazione finanziaria e patrimoniale; questa denuncia però, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, non è resa pubblica e non può esserne accertata la veridicità.
In Germania non sono previste sanzioni specifiche per l'uomo di Governo che versi in conflitto di interessi, ma la dottrina ritiene che il Cancelliere debba non chiamare a far parte del Governo coloro che versino in potenziale conflitto di interessi e debba chiedere al Presidente della Repubblica di revocare l'incarico ministeriale a chi successivamente si sia trovato in tale condizione.
La Spagna si è dotata di una nuova legge nell'aprile 2006. Il Governo è tenuto a sottoporre i nomi dei candidati alle più alte cariche dello stato al Congresso, che costituisce una commissione ad hoc per acquisire ogni documentazione dai candidati e decidere se esiste per taluno di essi un conflitto di interessi. Per tutte queste cariche e per gli incarichi di governo è sancito il principio di esclusività. È vietato avere una partecipazione superiore al 10 per cento in imprese che abbiano relazioni contrattuali con la pubblica amministrazione e i beni mobiliari dei titolari di cariche pubbliche sono gestiti attraverso un blind trust. È istituita una Oficina de Conflictos de Intereses competente a controllare il regime delle incompatibilità. Chi viola le disposizioni sul conflitto di interessi è interdetto per dieci anni da qualsiasi incarico pubblico e quindi decade dalla carica; le rispettive imprese non potranno concludere contratti con le pubbliche amministrazioni per due anni.
Un caso particolare è quello della Gran Bretagna, dove non vige alcuna specifica disciplina legislativa ma ci sono regole deontologiche e princìpi di autoregolamentazione, i cui vincoli non sono per questo meno rigorosi. I criteri ai quali attenersi sono contenuti in codici di condotta basati su alcune regole di portata generale individuate dalla Commissione sulle regole della vita pubblica (Committee on standards in public life). È prevista la «doverosa pubblicità degli interessi» (disclosure of interest) perseguita per i titolari di cariche di governo attraverso l'obbligatoria dichiarazione dei propri interessi privati (declaration and registration of interests). Il codice di condotta (Ministerial Code) applicabile ai titolari di cariche di governo prevede due principali modalità attraverso le quali si determina il conflitto di interessi: a) esercizio di poteri o di influenza che incida sul valore degli interessi privati; oppure b) impiego di particolari conoscenze, acquisite nel corso dell'attività istituzionale, che possa arrecare benefici agli interessi privati. È rimesso alla responsabilità individuale decidere quali azioni mettere in campo per evitare un conflitto (o la percezione di un conflitto), rispondendo della decisione assunta davanti al Parlamento. Presso il Cabinet Office è stato istituito un ufficio cui i vari soggetti possono rivolgersi per chiarimenti e consigli in merito. Qualora sussistano dubbi sulla possibilità di porre un efficace rimedio al conflitto possono rendersi necessarie le dimissioni dalla carica politica. Gli atti compiuti in condizione di conflitto di interessi possono essere annullati dal giudice. Speciale attenzione nella disciplina britannica è posta inoltre nel campo dei media. Il Broadcasting Act 1990, che rappresenta la disciplina generale di riferimento del settore dei media, prevede in particolare che la completezza e l'imparzialità dell'informazione radiotelevisiva siano poste come condizione di licenza delle emittenti.
Ai fini della regolamentazione della materia, è utile tenere presente anche il rapporto presentato dall'OCSE nel 2004. Prima di tutto, il rapporto distingue il conflitto tra attuale, apparente, reale, potenziale. Si ha una situazione di apparente conflitto di interessi quando la situazione è tale da danneggiare seriamente la pubblica fiducia nel pubblico ufficiale. Si ha una situazione di potenziale conflitto di interessi quando il pubblico ufficiale ha interessi rilevanti, ma i suoi compiti attuali non hanno nulla a che vedere con quegli interessi. Il conflitto è effettivo quando si traduce in un abuso di ufficio. Inoltre gli interessi privati devono essere rilevanti dal punto di vista quantitativo oppure dal punto di vista qualitativo. I suggerimenti avanzati prevedono l'obbligo di presentazione da parte dei pubblici ufficiali di una pubblica dichiarazione in ordine ai propri interessi rilevanti e l'obbligo di astenersi quando può configurarsi una situazione di conflitto di interessi. In caso di conflitto si deve prevedere il blind trust o anche la vendita dei beni in alternativa alle dimissioni.
È interessante notare che nel nostro paese a partire dalla XII legislatura vi sono stati diversi tentativi di disciplinare la materia, ma prima del 2004 non vi è mai stato un esito legislativo, nonostante l'iter parlamentare fosse giunto più volte ad una fase avanzata. In particolare, nella XV legislatura, la Commissione Affari Costituzionali della Camera approvò dopo un lungo esame l'A.C. n. 1318 (on. Franceschini e altri), che però non giunse all'approvazione dell'Assemblea a causa della fine anticipata della legislatura. La tematica è stata risollevata in ambito parlamentare nella XVI legislatura, ma anche in tal caso non è stato portato a conclusione. Nel corso di tale discussione sono però emersi dei temi comuni alle varie proposte, contenuti anche nel presente disegno di legge.
L'auspicio dei proponenti è che il nuovo clima di collaborazione tra le forze politiche permetta di affrontare in questa legislatura in modo compiuto e non ideologico il tema del conflitto di interessi. A tal fine proponiamo il presente disegno di legge, che si ispira ampiamente alla proposta elaborata nel novembre 2006 da un gruppo di lavoro costituito in seno ad ASTRID, proposta che conserva tuttora la sua attualità.
Tale proposta è basata sul modello adottato negli Stati Uniti, che ha mostrato di sapere assicurare efficacemente il conseguimento dell'obiettivo di prevenire l'insorgenza del fenomeno dei conflitti di interesse.
Rispetto alla proposta Astrid vi sono delle differenze riguardanti, in particolare, la Commissione incaricata di vigilare sull'applicazione della presente legge. In aggiunta, vengono previste disposizioni in materia di «sostegno privilegiato», che consiste in atti o comportamenti attuati da imprese radiotelevisive e di comunicazione, imprese operanti nell'ambito delle telecomunicazioni e imprese operanti nell'ambito dell'editoria anche a mezzo internet che abbiano come scopo o come effetto qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, a favore di candidati sindaci di comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, candidati presidenti di provincia, candidati presidenti di regione e capi di partiti o coalizioni cui le imprese predette facciano capo. Tali disposizioni hanno anche il fine di rispondere alle esigenze più volte manifestate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Da ultimo, nell'audizione presso la I Commissione alla Camera tenutasi il 4 aprile 2012, il Presidente Calabrò ha affermato che l'azione dispiegata dall'Autorità in questo settore non ha potuto non risentire dei limiti di effettività connaturati al sistema della legge n. 215 del 2004, la quale difetta di sostanzialità nelle misure concrete da essa derivanti. La legge n. 215, infatti, ha scelto il criterio del sostegno reale, non potenziale -- al quale si ispirano altre legislazioni -- dal quale deriva che le ipotesi di sostegno privilegiato concretamente accertabili finiscono per essere registrate solo ex post.
Il presente disegno di legge si compone di 17 articoli. All'articolo 1 viene definito l'ambito di applicazione della legge, ovvero i titolari di cariche di governo nazionali, regionali e locali, nonché i componenti delle Autorità indipendenti. All'articolo 2 vengono disciplinate le incompatibilità derivanti da impieghi o attività professionali, mentre l'articolo 3 si occupa dei conflitti di interessi derivanti da attività patrlmoniali. Nell'articolo 4 si disciplina l'obbligo di dichiarazione degli incarichi, delle attività e del patrimonio e le sanzioni previste in caso di mancato rispetto delle norme previste. Gli articoli 5 e 6 disciplinano la composizione e le funzioni della Commissione deputata all'attuazione della presente legge. Nell'articolo 7 viene regolato il procedimento per la prevenzione dei conflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali, mentre l'articolo 8 detta misure tipiche in materia quali l'affidamento ad una gestione fiduciaria, il cui regime fiscale è disciplinato dall'articolo successivo, ovvero come extrema ratio la vendita e il successivo affidamento del ricavato a gestione fiduciaria. L'articolo 10 detta norme in materia di cessioni a congiunti, a società collegate o a fini elusivi. Nell'articolo 11 vengono dettate norme specifiche per le imprese titolari di concessioni. Nell'articolo 12 vengono disciplinate le procedure istruttorie e la tutela giurisdizionale per gli atti della Commissione. Gli articoli 13 e 14 disciplinano le funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di campagne elettorali e conflitto di interessi e le funzioni al di fuori dei periodi relativi alle campagne elettorali. L'articolo 15 si occupa invece dei conflitti di interesse dei membri delle Autorità indipendenti. Infine con l'articolo 16 si dispone l'abrogazione della legge 20 luglio 2004, n. 215.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Ambito di applicazione)
1. I titolari di cariche di governo statali, regionali e locali, nonché i componenti delle Autorità indipendenti, nell'esercizio delle loro funzioni, sono tenuti a operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici e ad evitare che i loro interessi privati, personali o familiari, possano esercitare influenza sulle loro decisioni e attività.
2. Agli effetti della presente legge per titolari delle cariche di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Vicepresidenti del Consiglio dei Ministri, i Ministri, i Vice ministri, i Sottosegretari di Stato, i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, i Presidenti delle Regioni, i membri delle giunte regionali, i sindaci e i componenti delle Giunte degli enti locali con popolazione superiore a 50.000 abitanti.
Art. 2.
(Incompatibilità derivanti da impieghio attività professionali)
1. È incompatibile con le cariche di governo ogni impiego pubblico e privato, nonché ogni carica o ufficio pubblico diversi dal mandato parlamentare e non derivanti dalla funzione governativa svolta. Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, i relativi rapporti si risolvono di diritto dal momento del giuramento del titolare di cariche di governo.
2. I dipendenti pubblici e privati che assumono cariche di governo sono collocati in aspettativa per la durata della carica, con decorrenza dal momento del giuramento, e comunque dall'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera. Si applicano le disposizioni concernenti l'aspettativa per mandato parlamentare vigenti nei rispettivi ordinamenti.
3. I titolari delle cariche di governo non possono esercitare, neanche per interposta persona né attraverso società fiduciarie, attività imprenditoriali, né svolgere in enti di diritto pubblico, anche economici, in imprese o società a totale o prevalente partecipazione pubblica, in imprese che abbiano rapporti di concessione con pubbliche amministrazioni, in enti soggetti al controllo pubblico, nonché in imprese o enti privati, aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività imprenditoriali, funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o revisore, né analoghe funzioni di responsabilità comunque denominate, ovvero assumere, per tali enti e imprese, incarichi di consulenza e incarichi arbitrali di qualsiasi natura. Essi cessano dai predetti incarichi e funzioni a decorrere dal momento del giuramento e non possono, per la durata della carica di Governo, percepire alcuna forma di retribuzione né fruire di alcun vantaggio relativi a tali incarichi o funzioni. Dal medesimo momento gli atti da essi eventualmente adottati nell'esercizio dei predetti incarichi e funzioni o comunque nello svolgimento di attività imprenditoriali e i voti da essi espressi sono nulli.
4. Le disposizioni del comma 3 si applicano ai titolari degli incarichi di governo di cui all'articolo 1 anche nei due anni successivi alla cessazione dall'incarico.
5. I titolari delle cariche di governo iscritti in albi o elenchi professionali non possono esercitare attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all'estero e sono sospesi di diritto dai relativi albi professionali per la durata della carica di governo; in ragione di tali attività essi possono percepire unicamente proventi per prestazioni svolte prima dell'assunzione della carica.
Art. 3.
(Conflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali)
1. La proprietà, il possesso o comunque la disponibilità, anche all'estero, di patrimoni immobiliari e mobiliari da parte di uno dei soggetti di cui all'articolo 1 sono suscettibili di dar luogo a conflitto d'interessi nei casi previsti dalle disposizioni della presente legge.
2. Sono altresì suscettibili di dar luogo a conflitti di interessi, nei casi previsti dalle disposizioni della presente legge, la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità, anche all'estero, di patrimoni immobiliari o mobiliari da parte del coniuge non separato o dei parenti e affini entro il secondo grado di uno dei soggetti di cui all'articolo 1.
3. La Commissione di cui all'articolo 5, esaminate le dichiarazioni delle attività patrimoniali rese dagli interessati ai sensi dell'articolo 4, effettuati i controlli e gli accertamenti previsti dal comma 4 del medesimo articolo, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali autorità di settore, accerta caso per caso se, dati i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di governo, la proprietà, il possesso o la disponibilità delle attività patrimoniali stesse siano suscettibili di determinare conflitti di interessi.
4. l beni mobili, nonché, se strumentali ad un'attività di impresa o comunque ad attività aventi scopo di lucro, i beni immobili, posseduti, anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie, dai titolari di cariche di Governo, ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se il loro valore complessivo supera i 10 milioni di euro. Sono comunque esclusi i beni mobili o immobili effettivamente destinati alla fruizione o al godimento personale del titolare della carica di governo o dei suoi familiari, a tal fine indicati dall'interessato ai sensi dell'articolo 4, e salvo quanto previsto dal comma 4 del medesimo articolo 4.
5. Il possesso, anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie, di partecipazioni rilevanti in imprese operanti nei settori della difesa, dell'energia, del credito, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni di rilevanza nazionale, dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario, determina sempre un conflitto di interessi, salvo che la Commissione di cui all'articolo 5, sentite l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché le Autorità di settore eventualmente competenti, motivatamente attesti la posizione marginale dell'impresa nel relativo settore di attività.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche nel caso di possesso, anche per interposta persona, di partecipazioni rilevanti in imprese operanti nei settori dei servizi pubblici e delle opere pubbliche di interesse regionale e delle comunicazioni a diffusione regionale, quando gli interessati siano titolari di cariche di governo regionali.
7. Alle attività patrimoniali che, ai sensi dei commi 3, 4, 5 e 6, siano giudicate suscettibili di determinare conflitti di interessi si applicano le disposizioni di cui agli articoli 7 e 8.
8. Anche al di fuori dei casi disciplinati dal presente articolo, i titolari di cariche di governo sono comunque tenuti ad astenersi dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge non legalmente separato o dei suoi parenti o affini fino al secondo grado, recando ad essi anche indirettamente un beneficio economico.
9. In caso di violazione del divieto di cui al comma precedente, e salvo che il fatto non costituisca reato, la Commissione di cui all'articolo 5 applica al titolare della carica di governo una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di cinquantamila euro a un massimo di un milione di euro.
10. Ai fini della presente legge si intendono per rilevanti le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché le partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale nel caso di società quotate in mercati regolamentati e al 10 per cento negli altri casi. Ai fini della presente legge sono altresì rilevanti gli accordi contrattuali ovvero i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.
Art. 4.
(Dichiarazione degli incarichi, delle attività e del patrimonio. Sanzioni)
1. Entro venti giorni dall'assunzione della carica di governo, i soggetti di cui all'articolo 1 dichiarano alla Commissione di cui all'articolo 5 di quali cariche o attività comprese nell'elenco di cui all'articolo 2 siano titolari; trasmettono altresì l'ultima dichiarazione dei redditi, nonché tutti i dati relativi ai beni e alle attività patrimoniali di cui siano titolari, o siano stati titolari nei sei mesi precedenti, anche per interposta persona. Essi devono effettuare analoghe dichiarazioni per ogni successiva variazione dei dati in precedenza forniti, entro venti giorni dai fatti che l'abbiano determinata.
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono rese anche dal coniuge non legalmente separato e dai parenti e affini entro il secondo grado del titolare della carica di governo. Ove essi non consentano, il titolare della carica di governo è tenuto a dichiarare alla Commissione, in forma riservata, tutti gli elementi a sua conoscenza utili all'individuazione dei loro beni e attività patrimoniali.
3. Alla dichiarazione di cui al comma 1 è allegato un elenco dei beni mobili o immobili che il titolare della carica di governo dichiarano essere effettivamente destinati alla fruizione o al godimento personale proprio o dei propri familiari.
4. La Commissione di cui all'articolo 5, entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, provvede agli accertamenti necessari anche avvalendosi, ove occorra tramite la Guardia di finanza, delle banche dati e dei sistemi informativi facenti capo all'anagrafe tributaria. Qualora le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non siano state effettuate ovvero risultino non veritiere o incomplete, ne informa immediatamente gli interessati e in ogni caso il titolare della carica di governo perché provvedano entro venti giorni all'integrazione della propria dichiarazione. Trascorso inutilmente tale termine o permanendo comunque dichiarazioni incomplete o mendaci, la Commissione:
a) procede all'acquisizione d'ufficio di tutti gli elementi giudicati utili, servendosi a tal fine della Guardia di finanza e degli altri corpi di polizia dello Stato;
b) procede, tenuto conto della gravità dell'infrazione, a irrogare al titolare della carica di governo e agli altri soggetti interessati una sanzione amministrativa non inferiore alla metà e non superiore al doppio del reddito complessivo quale risultante dall'ultima dichiarazione presentata ai fini della imposta sui redditi personali;
c) informa contestualmente, per le cariche di governo statali, il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio e i Presidenti delle Camere nonché, per le cariche di governo regionali, il presidente della Regione e del consiglio regionale interessato e comunque, ove ne sussistano gli estremi, la competente procura della Repubblica, per le iniziative di loro competenza.
5. Allo stesso modo e con gli stessi poteri la Commissione procede allorché, anche in tempi successivi, emergano elementi che facciano presumere la necessità di correzioni, integrazioni o verifiche delle dichiarazioni precedentemente rese.
Art. 5.
(Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi)
1. È istituita la Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi, di seguito denominata «Commissione». La Commissione opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.
2. La Commissione è organo collegiale costituito da cinque componenti nominati dal Presidente della Repubblica che li sceglie, sentiti i Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, tra persone di notoria e indiscussa indipendenza.
3. I componenti della Commissione sono nominati per sette anni con incarico non rinnovabile. Essi restano comunque in carica fino alla nomina dei rispettivi successori.
4. I componenti della Commissione esercitano le loro funzioni a titolo gratuito.
5. La Commissione si avvale delle strutture e degli uffici presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all'articolo 9 della legge 20 luglio 2004, n. 215.
Art. 6.
(Funzioni della Commissione)
1. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni della presente legge, sul rispetto degli adempimenti e dei divieti da essa previsti, applica le relative sanzioni o ne promuove l'applicazione, ed esercita tutte le altre funzioni e poteri previsti dalla presente legge, nei casi di conflitti di interessi relativi ai membri dei governi nazionale e regionali e delle Autorità indipendenti.
2. La Commissione può approvare disposizioni, istruzioni o direttive per l'applicazione delle norme della presente legge. Essa può inoltre adottare, anche su richiesta degli interessati, pareri sulla interpretazione e applicazione delle norme stesse.
3. Ogni anno la Commissione pubblica un rapporto sull'attuazione delle disposizioni della presente legge e sulla propria attività.
Art. 7.
(Procedimento per la prevenzione deiconflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali)
1. Per le attività patrimoniali di cui all'articolo 3, qualora giudicate suscettibili di determinare conflitti di interessi, la Commissione, sentite, se del caso, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le società e la borsa e le competenti Autorità di settore, sottopone agli interessati, entro il termine di tre mesi dall'assunzione di detta carica, una proposta di applicazione di una o più delle misure di cui all'articolo 8. Entro i successivi venti giorni, i soggetti di cui all'articolo 1 possono sottoporre alla Commissione osservazioni e rilievi o proporre misure alternative. La Commissione esamina le osservazioni e le controproposte e, qualora le ritenga comunque idonee a prevenire i conflitti di interessi, le accoglie, anche con eventuali integrazioni e modifiche assentite dagli interessati. Essa adotta in ogni caso la decisione definitiva, con provvedimento motivato, entro il termine di quattro mesi dalla data dell'assunzione della carica di governo.
2. In ogni caso, a far tempo dalla data della proposta della Commissione di cui al comma 1, l'esercizio del diritto di voto delle partecipazioni, azioni o quote che, direttamente o indirettamente e anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, facciano parte delle attività patrimoniali degli interessati, è sospeso sino all'applicazione delle misure di cui all'articolo 8, e sempre che la Commissione non disponga diversamente. Nei sessanta giorni successivi le assemblee delle società, nelle quali i soggetti, di cui agli articoli 1 e 3, comma 2, possiedono partecipazioni rilevanti, ai sensi dell'articolo 3, sono convocate per deliberare sulla conferma o sulla sostituzione dei relativi amministratori. Ove l'assemblea non fosse convocata entro il predetto termine, il tribunale, su ricorso della Commissione, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.
Art. 8.
(Misure tipiche per la prevenzione deiconflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali)
1. Al fine di prevenire i conflitti di interessi rendendo progressivamente non conoscibile, da parte del titolare delle cariche di Governo e dei soggetti di cui all'articolo 3, comma 2, la composizione attuale del proprio patrimonio, rilevante ai sensi dell'articolo 3, la Commissione può disporre che i beni di cui al medesimo articolo 3, e quelli provenienti dalle operazioni di cui al successivo comma 10, siano affidati, entro il termine da essa stabilito, ad una gestione fiduciaria disciplinata dalle disposizioni dei commi seguenti.
2. L'affidamento in gestione dei beni di cui al comma precedente ha luogo mediante la sottoscrizione di un contratto di gestione con un soggetto, di seguito denominato «gestore», scelto con determinazione adottata dalla Commissione, sentiti gli interessati e, ove essa lo ritenga opportuno, il Presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa e il Governatore della Banca d'Italia. I gestori sono scelti tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare. Il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni immobiliari e mobiliari affidati in gestione. Il contratto di gestione deve espressamente prevedere che qualunque comunicazione relativa alla gestione, ancorché ammessa dalle disposizioni della presente legge, avvenga in forma scritta e per il tramite della Commissione. Non sono ammessi altri rapporti fra il gestore e il titolare della carica di governo o i soggetti di cui all'articolo 3, comma 2. Il contratto di gestione non può contenere clausole incompatibili con le disposizioni della presente legge ed è, a tal fine, sottoposto all'approvazione della Commissione.
3. Al patrimonio affidato al gestore si applica l'articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. In caso di cessazione dalla carica per qualsiasi ragione, il titolare della carica di governo e i soggetti di cui all'articolo 3, comma 2 riacquistano di diritto la gestione del patrimonio, salvo diverso accordo tra le parti.
4. I creditori dei soggetti di cui agli articoli 1 e 3, comma 2, possono far valere i propri diritti su tutto il patrimonio degli stessi, ivi compresi i beni affidati in gestione ai sensi dei commi precedenti. I predetti soggetti possono richiedere al gestore, per il tramite della Commissione, di provvedere all'adempimento di tali obbligazioni. In tal caso, il gestore dispone il trasferimento, previa, se necessaria, liquidazione anche parziale del patrimonio affidato in gestione, di somme di danaro in misura sufficiente a soddisfare i crediti. I soggetti di cui agli articoli 1 e 3, comma 2, possono altresì comunicare al gestore, per il tramite della Commissione, che intendono opporsi al credito e possono a tale scopo fornire le indicazioni e le informazioni necessarie a proporre le eccezioni e le azioni a tutela del patrimonio.
5. Il gestore assicura il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 e opera per la valorizzazione del patrimonio affidato in gestione disponendo a tal fine dei beni che lo compongono. I soggetti di cui agli articoli 1 e 3, comma 2, non possono chiedere o ricevere dal gestore informazioni concernenti l'attività di gestione. Essi hanno diritto di conoscere, per il tramite della Commissione, ogni novanta giorni, il valore complessivo del patrimonio amministrato, nonché di ricevere ogni semestre, su richiesta, una quota del rendimento della gestione, nella misura determinata dal contratto di gestione. Ove ritengano non soddisfacente il risultato complessivo della gestione, quale risultante dai predetti resoconti periodici, essi possono richiedere la sostituzione del gestore alla Commissione, che può provvedervi nei modi previsti dal comma 2.
6. Il gestore deve essere dotato di organizzazione adeguata al fine di garantire gli obiettivi di cui al comma 5 e la riservatezza delle informazioni concernenti l'attività di gestione.
7. Il gestore è tenuto ad amministrare il patrimonio conferitogli con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze, apprestando altresì a tal fine, salvo diverso accordo tra le parti, idonee garanzie assicurative. Entro trenta giorni dalla data di cessazione dalla carica, il gestore presenta al titolare della carica di governo un dettagliato rendiconto contabile della gestione.
8. Il gestore non può in alcun modo comunicare al titolare della carica di governo o ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 2, neanche per interposta persona, la natura e l'entità dei singoli investimenti e disinvestimenti, né consultarlo in ordine alla gestione. Qualora il gestore venga meno agli obblighi di cui al presente comma, allo stesso si applicherà una sanzione pari, nel minimo, al cinque per cento del patrimonio gestito e, nel massimo, al dieci per cento del medesimo.
9. La Commissione vigila sull'osservanza, nella gestione del patrimonio, dei principi e dei criteri stabiliti dalla presente legge, nonché sull'effettiva separazione della gestione.
10. Quando le attività patrimoniali concernono la proprietà di compendi immobiliari non ricompresi nell'elenco di cui all'articolo 4, comma 3, ovvero concernono la proprietà o il controllo di un'azienda o la proprietà o il possesso di partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 3, ultimo comma, la Commissione può disporre, qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi, che i soggetti di cui agli articoli 1 e 3, comma 2, procedano alla loro vendita, con il successivo affidamento alla gestione fiduciaria del ricavato, al netto delle relative spese. In tal caso, la Commissione fissa il termine massimo entro il quale la vendita deve essere completata. Entro il predetto termine, il titolare della carica di governo può tuttavia comunicare alla Commissione che non si intende procedere alla vendita. In tal caso, ove il titolare della carica di governo non opti per le dimissioni dall'incarico, questi o il titolare del patrimonio possono conferire un mandato irrevocabile a vendere le attività interessate a favore della Commissione o del gestore di cui al comma 2, se già nominato. Ove il mandato sia stato conferito alla Commissione, quest'ultima provvede senza indugio tramite pubblico incanto, offerta pubblica di vendita o altre modalità idonee ad assicurare il buon risultato della vendita. Se entro il termine l'interessato non ha proceduto alla vendita né ha conferito mandato a vendere alla Commissione o al gestore, si intende che il titolare della carica di governo abbia optato per le dimissioni dalla carica di governo, e la vendita non ha luogo. La Commissione ne dà in tal caso comunicazione, per ogni effetto di legge, ai titolari degli organi istituzionali di cui all'articolo 4, comma 4.
11. Sono esclusi dall'applicazione dei precedenti commi, previa verifica della Commissione, i beni comunque destinati alla fruizione e al godimento personale dell'interessato e dei suoi familiari, indicati nell'elenco allegato alla dichiarazione ai sensi dell'articolo 4, comma 3.
Art. 9.
(Regime fiscale)
1. Alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione dei valori mobiliari posseduti dai titolari di cariche di governo eseguite dall'interessato o dal gestore in attuazione della presente legge si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche.
2. L'eventuale trasferimento in gestione fiduciaria di attività economiche ai sensi della presente legge e la loro successiva restituzione all'interessato non costituiscono realizzo di plusvalenze o di minusvalenze. Tutti gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento al gestore e della successiva restituzione all'interessato sono esenti da ogni imposta diretta o indiretta. I proventi derivanti dal patrimonio trasferito sono imputati al titolare del patrimonio, secondo quanto previsto dalle norme relative alla categoria nella quale rientrano. Il gestore applica le ritenute e le imposte sostitutive dovute.
Art. 10.
(Cessioni a congiunti, a società collegate o a fini elusivi)
1. Si applica la disciplina di cui alla presente legge anche in caso di cessione a terzi dei beni e delle attività patrimoniali intervenuta dopo il conferimento della carica di governo o nei tre mesi antecedenti, quando il destinatario della cessione si trovi, riguardo al titolare della carica di governo o ad impresa da questi controllata ai sensi dell'articolo 3, comma 6, in una delle seguenti condizioni:
a) coniuge, parente o affine entro il quarto grado;
b) società collegata ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
c) persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della stessa disciplina ovvero società o altro ente comunque costituito o utilizzato allo stesso fine.
Art. 11.
(Imprese titolari di concessioni)
1. La Commissione può disporre la decadenza dell'atto di concessione o di altro atto di assenso di amministrazioni pubbliche comunque denominato, cui sia subordinato l'esercizio della relativa attività economica, nei confronti di imprese controllate direttamente o indirettamente dal titolare di cariche di governo o dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 2, in caso di grave violazione degli obblighi e dei divieti di cui alla presente legge, di cui i medesimi siano responsabili.
2. Le imprese in cui i soggetti di cui agli articoli 1 e 3, comma 2, abbiano partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 3, commi 5, 6 e 10, non possono ottenere dalle amministrazioni pubbliche concessioni o altri atti di assenso comunque denominati cui sia subordinato l'esercizio della relativa attività. Tali imprese non possono, inoltre, stipulare contratti con le amministrazioni pubbliche, né instaurare con esse alcun altro rapporto giuridico inerente o connesso all'esercizio dell'attività propria o di società controllata, controllante o collegata.
3. I commi precedenti non si applicano dopo che le partecipazioni siano state affidate alla gestione fiduciaria ai sensi dell'articolo 8.
Art. 12.
(Procedure istruttorie e tutela giurisdizionale per gli atti della Commissione)
1. La Commissione, per l'espletamento delle funzioni ad essa attribuite dalla presente legge, può chiedere a qualsiasi organo della pubblica amministrazione e ad ogni altro soggetto pubblico o società privata, nei limiti di competenza consentiti dall'ordinamento, i dati e le notizie concernenti la materia disciplinata dalla legge stessa.
2. Per l'espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti che ritenga opportuni, la Commissione può avvalersi della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici.
3. Con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta della Commissione, sono stabilite le disposizioni che garantiscono ai titolari delle cariche di governo, ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 2 e ai gestori di volta in volta interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione di eventuali sanzioni.
4. Ogni provvedimento adottato dalla Commissione in applicazione della presente legge deve essere motivato.
5. Gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dalla Commissione ai sensi della presente legge sono impugnabili esclusivamente dinanzi alla Corte d'appello di Roma; il collegio giudicante è composto da tre giudici estratti a sorte all'inizio di ogni anno. Il collegio decide in camera di consiglio entro sessanta giorni dall'impugnazione. La decisione del collegio è impugnabile con ricorso alla Corte di Cassazione, ed è deciso da un collegio presieduto dal Primo Presidente della stessa e composto da magistrati di Cassazione estratti a sorte all'inizio di ogni anno; il collegio provvede entro un mese.
Art. 13.
(Funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di campagne elettorali e conflitto di interessi. Norme di principio)
1. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni, su delega della predetta Autorità, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, accertano che le imprese radiotelevisive e di comunicazione, le imprese operanti nell'ambito delle telecomunicazioni e le imprese operanti nell'ambito dell'editoria, anche a mezzo internet, che facciano capo rispettivamente ai candidati sindaci di comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, ai candidati presidenti di provincia, ai candidati presidenti di regione e ai capi dei partiti o delle coalizioni di cui all'articolo 14-bis, comma 3, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, nel corso delle campagne elettorali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, non pongano in essere comportamenti che forniscano ai soggetti sopra indicati un sostegno privilegiato.
2. Le predette disposizioni si applicano anche alle imprese di cui al comma 1 del presente articolo che fanno capo al coniuge e ai parenti entro il secondo grado delle persone indicate nel medesimo comma 1 ovvero siano sottoposte al controllo dei medesimi soggetti, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
3. Il sostegno privilegiato consiste in atti o comportamenti attuati dalle imprese predette che abbiano come scopo o come effetto qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, a favore delle persone indicate nel comma 1. La concessione di sostegno privilegiato deve essere accertata e resa nota, caso per caso, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
4. Durante tutto il periodo della campagna elettorale, così come definito dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, e successive modificazioni, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni sorvegliano costantemente e con il massimo rigore che le imprese predette non adottino alcun genere di comportamento in violazione del principio della par condicio e comunque capace di incidere sul risultato elettorale, ai sensi della legge predetta, tra i candidati alle cariche sopraindicate.
5. Nell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta le procedure, si avvale dei poteri e applica le sanzioni previste dalle disposizioni previste dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, e successive modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, e successive modificazioni, e dal testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni.
6. In caso di accertamento di comportamenti posti in essere in violazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni diffida immediatamente e non oltre le ventiquattro ore l'impresa a desistere dal comportamento contestato e ad adottare, ove possibile, le necessarie misure correttive. In caso di inottemperanza entro il termine massimo di quarantotto ore, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni infligge all'impresa che ha offerto un sostegno privilegiato le sanzioni previste dalle disposizioni richiamate al comma 5.
7. Le sanzioni pecuniarie ivi previste sono aumentate sino a tre volte, in relazione alla gravità della violazione e al livello istituzionale corrispondente. Per ogni singola infrazione e salve le possibilità di ripristino della par candicio violata, sono adottate comunque, in considerazione del livello istituzionale dei candidati e della gravità dell'infrazione commessa, sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese da euro 5.000 ad euro. 50.000. In caso di violazioni ripetute, oltre alla terza volta, è disposta la sospensione del provvedimento autorizzatorio per un periodo di quindici giorni.
8. Nel periodo successivo alla campagna elettorale l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni sorvegliano costantemente che le imprese predette non adottino alcun genere di comportamenti che possa configurare un sostegno privilegiato. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui ai commi precedenti.
9. A seguito degli accertamenti di cui al comma 6 o dell'eventuale irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 6 e 7, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni riferisce al Parlamento con comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, quando l'impresa che agisce nel settore delle comunicazioni ha posto in essere i comportamenti di cui al comma 1.
10. Nella comunicazione sono indicati i contenuti e le modalità di realizzazione del sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo nell'esercizio delle sue funzioni, le misure correttive che si è intimato di porre in essere, le conseguenze della situazione di privilegio e le eventuali sanzioni inflitte.
11. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni attribuisce le deleghe e delibera le procedure istruttorie e i criteri di accertamento per le attività ad essa demandate dalla presente legge, nonché le opportune modifiche organizzative interne.
12. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presenta al Parlamento una relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza di cui al presente articolo.
Art. 14.
(Funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al di fuori dei periodi relativi alle campagne elettorali)
1. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni accerta, anche al di fuori del periodo considerato dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, e successive modificazioni, che le imprese, che agiscono nel settore radiotelevisivo a livello nazionale, non pongano in essere comportamenti che forniscano un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo.
2. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su istanza di parte o d'ufficio, procede ad accertare la sussistenza di comportamenti in violazione del comma 1 ed è comunque tenuta a svolgere un'attività di monitoraggio della programmazione delle imprese radiotelevisive nazionali, al fine di rilevare se nel corso di un periodo di quattro mesi si realizzano squilibri della complessiva informazione a favore di titolari di cariche di governo.
3. In caso di accertamento delle violazioni di cui al presente articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dispone la diffusione di comunicazioni di rettifica ovvero la messa a disposizione di spazi a favore delle parti politiche lese.
4. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presenta al Parlamento una relazione annuale sullo stato complessivo del settore dei media in relazione agli spazi offerti ai diversi soggetti politici. L'Autorità riferisce anche sui procedimenti sanzionatori in corso o conclusi nonché sulle misure correttive e ripristinatorie adottate.
Art. 15.
(Norme in materia di conflitti di interesse per i componenti delle Autorità indipendenti)
1. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente, i titolari delle cariche elettive non possono essere nominati Presidenti o componenti delle Autorità indipendenti prima che siano trascorsi due anni dalla fine del mandato.
2. I Presidenti e i componenti di un'Autorità indipendente non possono essere nominati Presidenti o componenti di altra Autorità indipendente prima che siano trascorsi tre anni dalla fine del mandato.
Art. 16.
(Abrogazione della legge 20 luglio 2004, n. 215)
1. La legge 20 luglio 2004, n. 215, e successive modificazioni, è abrogata.