Testo DDL 488
Atto a cui si riferisce:
S.488 Norme in materia di mediazione familiare nonché modifica all'articolo 155-sexies del codice civile, concernente l'ascolto dei minori nei casi di separazione dei coniugi
Senato della Repubblica | XVII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 APRILE 2013
Norme in materia di mediazione familiare nonché modifica
all'articolo 155-sexies del codice civile, concernente l'ascolto dei minori
nei casi di separazione dei coniugi
Onorevoli Senatori. -- La mediazione familiare, nata e sviluppatasi negli Stati Uniti d'America negli anni '80 e introdotta anche in Europa a partire dagli anni '90, negli ultimi anni è diventata una prassi usuale anche nel nostro Paese, rivendicando una propria autonomia professionale e scientifica rispetto alle discipline psicologiche, sociali e giuridiche e proponendosi come attività di sostegno alla famiglia e alla coppia, nell'interesse precipuo dei figli minori (qualora presenti), nei momenti di crisi della relazione personale, in particolare in vicinanza di una probabile rottura del rapporto coniugale o di convivenza.
La materia, attualmente normata a livello nazionale solo dal riferimento contenuto nell'articolo 155-sexies del codice civile, necessità di una regolamentazione più dettagliata che tenga conto anche del parere degli esperti e dell'esperienza maturata nelle aule giudiziarie.
Uno degli elementi sui quali si è andata delineando una vasta concordanza è quello della necessità di rendere obbligatoria l'informativa sulla mediazione familiare da parte di un mediatore. Se è vero che il percorso di mediazione familiare necessita del carattere della volontarietà per poter essere perseguito con la necessaria efficacia, è pur vero che difficilmente la coppia accederà alla mediazione senza un'adeguata informazione sulla stessa (a titolo di esempio, è comune una sua confusione con il tentativo di mera conciliazione, ormai vissuto come meramente formale o comunque non gradito).
L'articolo 1 del presente disegno di legge, pertanto, dà una nuova definizione della mediazione familiare, nella quale sono posti in rilievo i seguenti punti:
1) la sua netta distinzione dalla mera conciliazione, in quanto è il tentativo di ripresa di un dialogo interrotto fra le parti, al fine di conseguire una riorganizzazione della loro vita e di quella dei figli minori, mediante il conseguimento di un accordo, volontario, condiviso (e per questo duraturo) sugli aspetti personali (principalmente la gestione concreta della bigenitorialità) e su quelli patrimoniali;
2) la priorità attribuita, anche ai sensi di quanto previsto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, sull'affidamento condiviso, ai bisogni e agli interessi dei figli, specialmente se minori;
3) una configurazione della professionalità del mediatore familiare pienamente autonoma e complementare rispetto a quella dell'avvocato e dello psicologo. Partendo dalle esperienze comuni in materia di alternative dispute resolution (ADR), il mediatore è visto come un professionista esperto nelle tecniche di mediazione e di negoziazione, in possesso di conoscenze approfondite in diritto, in psicologia e in sociologia con particolare riferimento ai rapporti familiari e genitoriali.
L'articolo 2 disciplina un aspetto fondamentale per il buon esito del percorso mediativo, sul quale concorda la maggior parte degli operatori e degli studiosi della materia. Si prevede, infatti, l'assoluta riservatezza del percorso di mediazione familiare: i mediatori familiari sanno perfettamente che solo in presenza di un ambiente che fornisca la massima garanzia di riservatezza le parti si lasciano andare a rivelare (al solo mediatore, o anche reciprocamente), informazioni delicate e confidenziali che, opportunamente e professionalmente utilizzate dal mediatore, possono facilitare il raggiungimento di un accordo. Da tale consapevolezza discende l'assoluto divieto di chiamare a testimoniare in giudizio le parti, i professionisti loro consulenti, o lo stesso mediatore su circostanze relative al procedimento di mediazione.
L'articolo 3 affronta il tema della professionalità dei mediatori familiari, stabilendo specifici requisiti per l'esercizio dell'attività. In questo contesto occorre conciliare l'esigenza di delineare seri percorsi di formazione con la presa d'atto che, attualmente, esercitano tale professione anche molti giovani laureati in possesso di diploma rilasciato a seguito della partecipazione a corsi riconosciuti dalle regioni di residenza.
Per l'accesso all'esercizio della professione si prevede, quindi, l'obbligatorietà della laurea specialistica in determinate discipline, con l'aggiunta di specifici corsi biennali post universitari della durata di almeno 350 ore. In via transitoria, per non rendere inutili i diplomi rilasciati dagli enti locali, fino alla data di entrata in vigore della legge potranno accedere alla professione anche i soggetti in possesso di una laurea specialistica e di un diploma rilasciato a seguito della partecipazione ad un corso annuale di almeno 500 ore riconosciuto dalle regioni di residenza.
È previsto, altresì, che il possesso del titolo di mediatore familiare e la conseguente abilitazione all'esercizio della professione, siano accertati mediante l'obbligo, posto a carico delle regioni, di istituire, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, elenchi pubblici degli organismi di mediazione familiare e dei mediatori professionisti.
Con l'articolo 4, che introduce l'articolo 708-bis del codice di procedura civile, viene regolamentata la procedura che rende obbligatorio, ai fini della prosecuzione del processo, l'invito alle parti interessate a ricorrere alla mediazione familiare.
L'articolo 5 opera due interventi sul citato articolo 155-sexies del codice civile: si definisce in maniera più puntuale l'obbligo, per il giudice, di tenere conto dell'opinione dei figli minori, e si fissano specifiche modalità operative e logistiche per la loro audizione; il secondo comma, che prevede che il giudice possa invitare le parti, con il loro consenso, a sperimentare un percorso di mediazione familiare, è abrogato.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. La mediazione familiare in materia di divorzio o di separazione personale fra coniugi o di rottura del rapporto fra conviventi è un'attività in cui un terzo, professionista qualificato, neutrale, indipendente ed equidistante dalle parti, di seguito denominato «mediatore familiare», è sollecitato dalle stesse al fine di aiutarle, nella garanzia del segreto professionale e in un contesto strutturato autonomo rispetto all'ambiente giudiziario, a riorganizzare le relazioni tra esse a seguito della chiusura del rapporto di coniugio o di convivenza, nel rispetto della normativa vigente in materia.
2. I mediatori familiari sono professionisti particolarmente e specificatamente esperti nelle tecniche di mediazione, di negoziazione e di problem solving, in possesso di conoscenze approfondite in diritto, in psicologia e in sociologia con particolare riferimento ai rapporti familiari e genitoriali.
3. I mediatori familiari operano per ristabilire le comunicazioni fra i coniugi o i conviventi al fine di pervenire a un accordo tra le parti avente per contenuto un progetto condiviso, equilibrato, concretamente realizzabile e duraturo, di organizzazione delle relazioni personali, genitoriali, nel caso di presenza di figli, e materiali, dopo la chiusura del rapporto di coniugio o di convivenza. Nella realizzazione dell'accordo di mediazione, i mediatori familiari sono tenuti a prestare particolare attenzione e a dare priorità agli interessi e ai bisogni degli eventuali figli.
Art. 2.
1. Il procedimento di mediazione familiare è informale e riservato. Nessun atto o documento, prodotto da una parte durante le diverse fasi della mediazione, può essere acquisito dalle altre parti in un eventuale giudizio. Il mediatore familiare, le parti e gli eventuali soggetti che li hanno assistiti durante il procedimento, non possono essere chiamati a testimoniare in giudizio su circostanze relative al procedimento di mediazione svolto.
Art. 3.
1. Gli operatori dell'organismo di mediazione familiare, pubblico o privato, e i mediatori familiari liberi professionisti devono essere in possesso di laurea specialistica in discipline sociali, psicologiche, giuridiche o pedagogiche, nonché di una formazione specifica, certificata dal possesso di un idoneo titolo universitario, quale master, specializzazione o perfezionamento in mediazione familiare, di durata biennale di almeno 350 ore.
2. Possono altresì esercitare l'attività di mediazione familiare coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso di laurea specialistica e hanno acquisito una formazione specifica certificata dal possesso di uno specifico attestato di mediatore familiare rilasciato a seguito della partecipazione a un corso annuale, della durata di almeno 500 ore, riconosciuto dalla regione di residenza.
3. Al fine di facilitare l'accesso alla mediazione familiare e di garantire l'accertamento dell'esistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 2, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni istituiscono specifici elenchi pubblici degli organismi di mediazione familiare, pubblici e privati, e dei mediatori familiari liberi professionisti in possesso dei requisiti di cui ai citati commi 1 e 2.
Art. 4.
1. Dopo l'articolo 708 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
«Art. 708-bis. -- (Mediazione familiare). Nei casi di esito negativo del tentativo di conciliazione di cui all'articolo 708, ad esclusione dei casi di assoluta urgenza o di grave e imminente pregiudizio per i minori, il presidente invita le parti a rivolgersi a un organismo di mediazione familiare, pubblico o privato, o a un mediatore familiare libero professionista, per acquisire informazioni sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione familiare e, se vi è interesse, per avviarlo.
L'organismo di mediazione familiare o il mediatore familiare è scelto di comune accordo dalle parti o, in caso di disaccordo, è indicato dal giudice. Il giudice fissa, quindi, l'udienza successiva per una data non posteriore a sessanta giorni.
L'intervento di mediazione familiare può essere interrotto in qualsiasi momento da una o da entrambe le parti con il solo obbligo di fornire motivazione unicamente al mediatore familiare e sotto il vincolo di segretezza da parte di quest'ultimo.
Ove la mediazione familiare si concluda positivamente le parti, assistite dai loro legali, presentano al giudice il testo dell'accordo raggiunto. In caso di insuccesso il presidente adotta i provvedimenti di cui all'articolo 708, terzo comma, previa acquisizione di un attestato dell'organismo di mediazione familiare o del mediatore familiare comprovante l'effettuazione del tentativo di mediazione.
In caso di contrasti insorti successivamente in ogni stato e grado del giudizio di separazione o anche dopo la sua conclusione, il giudice segnala alle parti l'opportunità di rivolgersi a un organismo di mediazione familiare, pubblico o privato, o a un mediatore familiare libero professionista. Qualora le parti acconsentano il giudice rinvia la causa ad altra data in attesa dell'espletamento dell'attività di mediazione».
Art. 5.
1. All'articolo 155-sexies del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e deve prendere in considerazione la sua opinione, tenendo conto dell'età e del grado di maturità. Il giudice può altresì disporre che il minore sia sentito con audizione protetta, in locali a ciò idonei, anche fuori dell'ufficio giudiziario, e che la medesima, oltre che verbalizzata, sia registrata con mezzi audiovisivi»;
b) il secondo comma è abrogato.