• C. 3481-A-bis EPUB RICCIATTI Lara, Relatore di minoranza

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Atto a cui si riferisce:
C.3481 [Decreto Cessione Ilva] Conversione in legge del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA
approvato con il nuovo titolo
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA"


Frontespizio Relazione
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3481-A-bis


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)
dal ministro dello sviluppo economico
(GUIDI)
e dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(GALLETTI)
Conversione in legge del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA
Presentato il 9 dicembre 2015
(Relatrice di minoranza, RICCIATTI)


      

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Onorevoli Colleghi! Il decreto-legge n. 191 del 2015, il cui disegno di legge di conversione è ora all'esame della Camera dei deputati, è il nono decreto riguardante l'ILVA di Taranto e la conseguente situazione di estrema criticità ambientale e industriale dell'area. Si tratta di una perdurante gravissima emergenza industriale, sanitaria e ambientale, che continua ad essere affrontata con provvedimenti d'urgenza che hanno finora dimostrato tutti i loro limiti, tanto che, dal punto di vista ambientale e sanitario, nonché dal punto di vista degli investimenti, la situazione permane pesantissima e in questi ultimi anni i risultati ottenuti sono praticamente nulli e il risanamento e le bonifiche sono ancora lontane da venire.
      Vista l'estrema complessità della vicenda ILVA, lo strumento della decretazione d'urgenza non sembra proprio essere quello migliore per intervenire su questa perenne emergenza e anche quest'ultimo decreto rischia di essere, al pari dei precedenti, non solo inefficace sotto l'aspetto della salvaguardia della salute pubblica e del risanamento ambientale, ma addirittura peggiorativo rispetto alla normativa ambientale attualmente vigente.
      Il provvedimento nel complesso non è in grado, non solo di affrontare adeguatamente il futuro destino dell'ILVA, dei lavoratori, dell'indotto e dell'acciaio nel nostro Paese, ma soprattutto rappresenta un passo indietro riguardo alla necessità indilazionabile di mettere in campo un vero risanamento ambientale e sanitario che quell'area e i cittadini meritano e aspettano da tanto tempo.
      Con questo ennesimo decreto-legge «ILVA» il Governo, pur riconoscendo un ulteriore prestito ponte nei confronti dell'azienda di 300 milioni di euro, continua in un'opera per alcuni aspetti profondamente lesiva della tutela ambientale e dei diritti fondamentali dei lavoratori del siderurgico, dell'indotto e dei cittadini di Taranto, seguendo tre strategie fondamentali che consistono essenzialmente:

          1) nell'accelerazione della vendita dello stabilimento siderurgico del Gruppo ILVA ai privati entro il prossimo 30 giugno 2016, tacendo sulla salvaguardia dei posti di lavoro e su come i lavoratori del Gruppo ILVA saranno riassunti dagli eventuali nuovi proprietari dell'azienda, con quali contratti e con quali tutele dei diritti acquisiti.
      Come ha evidenziato la CGIL, c’è un sempre maggiore allarme sulla tenuta occupazionale e sociale dei territori interessati ed è necessario rendere esplicita per l'insieme dei lavoratori coinvolti dalla vicenda ILVA, diretti e indiretti, interni ed esterni, la continuità dell'intervento degli ammortizzatori sociali alle condizioni in essere.
      La previsione contenuta nel decreto sulla procedura per «il trasferimento dei complessi aziendali» entro il 30 giugno 2016 e relativa restituzione dei 300 milioni di euro da parte dell'aggiudicatario, in un quadro di sostanziale declino dell'attività produttiva e di mancata attuazione dei provvedimenti strategici che erano alla base del necessario risanamento produttivo e finanziario dell'ILVA, costituisce un allarme sulle condizioni che potranno essere imposte dall'aggiudicatario in tema di futuro assetto produttivo degli stabilimenti e sui riflessi occupazionali che potranno derivarne. In previsione di un nuovo scenario industriale e occupazionale, non c’è nel provvedimento alcuna risposta volta a preservare un patrimonio industriale inalienabile per l'economia italiana;

          2) nel gravissimo ulteriore slittamento del termine ultimo per la realizzazione delle prescrizioni AIA, che non sarà più il 4 agosto 2016, ma il 30 giugno 2017. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti, aveva dichiarato sul punto che «a tutt'oggi l'ILVA rispetta tutte le BAT (Best available techniques): tutti i limiti di emissione europei oggi a Taranto sono rispettati» e che «Il piano di ambientalizzazione prevedeva degli step intermedi uno di questi era la realizzazione dell'80 per cento delle prescrizioni entro il 31 luglio 2015. Oggi possiamo dire con certezza, perché certificato dall'ISPRA, che il primo step è rispettato». Le prescrizioni sono espresse in percentuali: ciò come più volte sottolineato quando è stata approvata questa procedura, ha fatto sì che tuttora siano assolutamente incompiute le opere di maggiore rilevanza ambientale, come la copertura dei parchi minerali. Inoltre, l'ARPA ha confermato che tutti i limiti di emissione europei non sono rispettati nella città di Taranto e anzi dimostrano gravi sforamenti degli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) nel quartiere Tamburi. Come ben sottolineato dalla stessa ARPA Puglia, con il disegno di legge in esame si prevede, di fatto, oltre al differimento dell'ultimo termine temporale per la realizzazione degli interventi (dal 4 agosto 2016 al 30 giugno 2017), anche il rinvio dell'applicazione della decisione 2012/135/UE della Commissione, del 28 febbraio 2012, sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione del ferro e acciaio, prevista

entro l'8 marzo 2016. È il caso di ricordare che la procedura di riesame del decreto AIA del 4 agosto 2011, per l'esercizio dell'ILVA, venne avviata, tra l'altro, proprio in rispetto della suddetta decisione che disponeva che «entro quattro anni dalla data di pubblicazione delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT (...), l'autorità competente garantisce che tutte le condizioni di autorizzazione per l'installazione interessata siano riesaminate e (...) l'installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione». Pertanto, evidenzia sempre l'ARPA Puglia, il rinvio delle BAT conclusion, da cui sono derivati «i valori limiti di emissione» fissati dal decreto di riesame AIA, risulta essere in contrasto con il «rispetto dei limiti di emissione previsti dalla normativa europea» stabilito dal comma 7 dell'articolo 1 del provvedimento in esame.
      Peraltro questa suddetta grave proroga al 30 giugno 2017, per la realizzazione del Piano ambientale e le prescrizioni AIA, porta con sé un altro pericolosissimo e incostituzionale vulnus, ossia la proroga anche della norma che garantisce uno «scudo» giudiziario ai commissari e ai loro delegati. Il precedente decreto-legge n. 1 del 2015 aveva introdotto una totale «irresponsabilità» penale e amministrativa del Commissario straordinario e dei funzionari da lui delegati, purché le condotte fossero finalizzate a dare attuazione all'AIA e fossero osservate le disposizioni contenute nel Piano ambientale e sanitario. Una norma gravissima che ora, con la prevista proroga dei tempi per la realizzazione delle prescrizioni AIA e del Piano, si continua a mantenere vigente fino a giugno 2017.
      E se quanto appena esposto non fosse sufficiente, il comma 6 dell'articolo 1 del disegno di legge in commento dispone l'estensione dello «scudo giudiziario» per l'organo commissariale e i suoi delegati, oltre che per la responsabilità penale o amministrativa, anche alla responsabilità civile;

          3) nell'introduzione di un principio grave e preoccupante, che consente ai nuovi proprietari privati del Gruppo la possibilità di modificare il Piano ambientale e sanitario per renderlo compatibile con il Piano industriale. In pratica il Piano ambientale e sanitario sarà sacrificato sull'altare del Piano industriale.
      È peraltro evidente che una modifica del Piano ambientale equivarrebbe di fatto a una modifica dell'AIA, così come disposto dal decreto-legge n. 61 del 2013 e dovrebbe quindi prevedere il coinvolgimento della Commissione istruttoria per l'IPPC, prevista dall'articolo 8-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma il testo in esame, non prevede nulla di tutto ciò.
      È chiaro a questo punto che sino al prossimo giugno per l'ILVA inizierà una nuova stagione politico-economica. Una partita dove il Governo italiano, la Cassa depositi e prestiti Spa, gli istituti di credito maggiormente esposti e coinvolti (Unicredit, Intesa San Paolo e Banco Popolare) e i gruppi industriali italiani (da Arvedi a Marcegaglia sino agli Amenduni che detengono ancora il 10 per cento delle azioni del capitale sociale dell'ILVA S.p.A.) dovranno inevitabilmente scontrarsi con una serie di responsabilità soprattutto politiche che rischiano di cancellare una stagione industriale secolare, con una duplice insopportabile beffa: la svendita, se non addirittura la chiusura del più grande siderurgico europeo (con tutte le conseguenze sociali ed economiche territoriali che si possono immaginare) e soprattutto la mancata bonifica di un'area industriale che è il doppio dell'area della città, condannando Taranto ad altri decenni di inquinamento industriale.
      Il provvedimento inoltre riscrive, e conseguentemente abroga, il comma 837 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016. La riscrittura è peggiorativa del suddetto comma, ove si autorizzava l'organo commissariale di ILVA S.p.A. a contrarre finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 800 milioni di euro, subito disponibili, assistiti dalla garanzia dello Stato, al fine esclusivo dell'attuazione e della realizzazione del Piano delle misure di tutela ambientale e sanitaria di ILVA e, nei limiti delle disponibilità residue, di interventi volti alla tutela della sicurezza e

della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale.
      Le risorse ora previste dal testo in esame, fino a 800 milioni di euro, vengono quindi spacchettate in due anni, ma di fatto vengono previsti solo 400 milioni di euro in più. Si dispone infatti di 600 milioni di euro nel 2016, dei quali 400 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo previsto dal decreto-legge n. 1 del 2015. Ulteriori 200 milioni di euro sono previsti per il 2017. Inoltre, tutte queste risorse si vincolano all'attuazione del Piano ambientale e sanitario come modificato a norma del comma 8 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, e quindi come modificato dall'acquirente in base al nuovo Piano industriale dell'acquirente medesimo.

      Sono quindi del tutto evidenti le forti criticità di questo ennesimo decreto-legge sull'ILVA, che rappresenta per diversi aspetti una vera e propria regressione rispetto alla normativa vigente. Conseguentemente abbiamo proposto opportune modifiche, in particolare alle norme più gravi e pericolose, volte soprattutto a:

              prorogare il termine di cessione degli asset aziendali di un anno;

              sopprimere le disposizioni con cui si prevede, da un lato, il posticipo del termine di realizzazione del Piano ambientale dal 4 agosto 2016 al 31 dicembre 2016 e, dall'altro, la possibilità che l'aggiudicatario apporti modifiche al Piano ambientale in funzione di quello industriale;

              garantire in ogni caso che il processo di trasferimento dei complessi aziendali non pregiudichi in alcun modo il mantenimento dei livelli occupazionali, le garanzie contrattuali e la protezione sociale dei lavoratori operanti presso i complessi aziendali del Gruppo ILVA precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame;

              garantire che le somme necessarie per l'attuazione dell'AIA e per l'adozione delle misure previste nel Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e l'adozione del Piano industriale possano essere richieste dal commissario al Fondo strategico italiano SpA, istituito presso la Cassa depositi e prestiti Spa, se la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA non avviene entro il 30 giugno 2016 e in caso di impossibilità immediata di disporre delle risorse finanziarie della società proprietaria sottoposte a sequestro penale. Come corrispettivo di tali somme saranno conferite al Fondo citato quote azionarie della società proprietaria dello stabilimento.

Lara RICCIATTI
Relatrice di minoranza.