• Testo DDL 2123

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Atto a cui si riferisce:
S.2123 Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sisma del 6 aprile 2009 che ha colpito la città di L'Aquila ed i territori limitrofi in relazione al ruolo e l'operato della Commisisone nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2123
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori PEZZOPANE, ALBANO, D’ADDA, FAVERO, Elena FERRARA, ORRÙ, PADUA, PUPPATO, RUTA e VALENTINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 NOVEMBRE 2015

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sisma del
6 aprile 2009 che ha colpito la città de L'Aquila ed i territori limitrofi,
in relazione al ruolo e all'operato della Commissione nazionale
per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi

Onorevoli Senatori. -- Sono trascorsi sei anni da quel terribile giorno del 6 aprile 2009 quando una scossa di terremoto ha profondamente ferito e travolto la città de L'Aquila.

Sei lunghi anni, ma la ferita della popolazione aquilana è ancora aperta, non si è mai rimarginata; i segni di quella tragedia sono ancora ben visibili. La popolazione abruzzese è stata sempre definita forte e gentile; ma questa volta si è dimostrata soprattutto coraggiosa: ha avuto la forza di trasformare il proprio dolore, unitamente a tanti altri non abruzzesi familiari delle vittime, in un impegno; un impegno solenne, quello, per parte loro e nei limiti delle loro possibilità, di far sì che questa vicenda drammatica che ha segnato tante famiglie, che ha colpito non solo una città, una regione, ma tutta l'Italia per la devastazione provocata, per i modi in cui è avvenuta, si trasformi in qualcosa di positivo, si trasformi in una battaglia che serva nel futuro a salvare delle vite umane.

Da allora sono state dette innumerevoli parole, scritte altrettante pagine, sono stati realizzati film, trasmissioni televisive, organizzati dibattiti. Sono stati celebrati procedimenti giudiziari, emesse sentenze. Una lunga teoria di fatti e di dati a cui nessuno, sino ad oggi, è riuscito ad aggiungere un elemento essenziale: le risposte.

Oggi la popolazione d'Abruzzo non solo non vuole dimenticare ma si aspetta delle risposte, perché la vicenda aquilana con i suoi 309 morti, 1.600 feriti e quasi 100.000 sfollati, ha coinvolto non solo una città, una regione, ma l'opinione pubblica nazionale ed internazionale; una vicenda che si è svolta e continua svolgersi, sotto i riflettori mediatici di tutto il mondo.

Giornalisti e scienziati hanno commentato il procedimento penale a carico della Commissione grandi rischi (Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi). All’istruttoria dibattimentale del processo di primo grado, come consulenti di parte civile dell'avv. Wania Della Vigna, hanno preso parte scienziati e sismologi di fama internazionale, quali lo scienziato russo Vladimir Kossobokov, considerato uno dei massimi esperti mondiali di terremoti, e Lalliana Mualchin, sismologo capo dello Stato della California in materia di valutazione del rischio sismico.

La sentenza di primo grado oltre a costituire una innovazione giurisprudenziale, oggetto di studio nelle aule universitarie, ha sancito l'esigenza di un cambiamento epocale nella maggiore responsabilizzazione in materia di valutazione del rischio sismico e nella comunicazione del rischio, rendendo le istituzioni più attente e più conservative quando si tratta della tutela della vita umana.

La popolazione d'Abruzzo oggi è munita sicuramente di grandi speranze e numerose aspettative di verità. Quanto è successo a L'Aquila non dovrà più accadere in un Paese civile, un Paese che per molti versi è considerato tra i più civilizzati e all'avanguardia, un Paese che non si può assolutamente permettere quanto è avvenuto.

Ma è opportuno ripercorrere sinteticamente quei terribili mesi del 2009.

La città de L'Aquila è tormentata da una sequenza sismica. La prima scossa si avverte già il 14 dicembre 2008; è una scossa leggera -- appena 1.8 di magnitudo -- ma è la prima di una lunga serie di eventi sismici, che si intensificano a partire dalla data del 16 gennaio 2009 e incalzano -- a distanza più o meno ravvicinata, con intensità più o meno elevata-- le settimane ed i mesi successivi, in un crescendo estenuante che risveglia, negli abitanti, l'ormai sopita, atavica, paura del terremoto. La paura del terremoto, per la popolazione, è una paura «culturale», un timore, per la terra che si scuote, antico e presente, tramandato di padre in figlio assieme ai ricordi dei disastri che furono ed alla prescrizione dell'unica, efficace, misura precauzionale: fuggire, abbandonare immediatamente i luoghi chiusi e scappare all'aperto, in strada, lontano dagli edifici che potrebbero piegarsi su di loro e crollare, lontano dai mobili, da suppellettili, da tutto ciò che cadendo potrebbe provocare danni. Questo è ciò che il buon senso, il sapere consolidatosi nel tempo, suggerisce di fare alla popolazione; questo è quello che tutti fanno a L'Aquila, anche più volte al giorno, dal dicembre del 2008 al 31 marzo del 2009, per tutta la durata dello sciame sismico che interessa la città ed i territori limitrofi. I lunghi mesi di questo esercizio logorano i cittadini; il silenzio degli organi regionali della protezione civile li esaspera: questo clima di instabilità ed incertezza ha il suo culmine negli ultimi giorni di marzo del 2009, con il diffondersi di voci allarmistiche circa la possibile insorgenza di una scossa distruttiva di magnitudo particolarmente elevata. È in particolar modo un tecnico locale a lanciare l'allarme, ritenendo -- sulla base dell'analisi dei livelli di gas radon di superficie -- di essere in grado di annunciare un'imminente scossa di elevata magnitudo. Negli stessi giorni altri soggetti non meglio identificati a bordo di vetture dotate di altoparlanti, qualificandosi come membri della protezione civile, diffondono il medesimo messaggio (cfr. dichiarazioni di Guido Bertolaso).

Fra la popolazione è il panico. Per far fronte ad una situazione che minaccia di divenire incontrollabile, il 30 marzo 2009 gli organi regionali della Protezione civile rilasciano un comunicato nel quale si afferma, tra l'altro, che «nell'aquilano non sono previste altre scosse sismiche di alcuna intensità» (cfr. Agenzia Ansa del 30 marzo 2009).

Tale comunicato genera, tuttavia, tensione nei vertici nazionali degli organi di Protezione civile ed, in particolar modo, nel direttore Guido Bertolaso, il quale telefona immediatamente (la stessa sera del 30 marzo) all'assessore regionale alla protezione civile Daniela Stati. La telefonata viene intercettata, nell'ambito del procedimento penale n. 14867 del 2008 della Procura della Repubblica di Firenze, in cui Bertolaso è indagato, in concorso con altri, per reati di corruzione, nell'ambito di un'inchiesta sugli appalti del G8 che avrebbe dovuto svolgersi a La Maddalena.

Nel corso della predetta telefonata il capo della protezione civile dichiara di rendersi conto della difficoltà della situazione e dell'esigenza di porvi rimedio; sicché, per fronteggiare il panico, si rende necessario l'intervento di una fonte di informazioni autorevole che provveda a tranquillizzare la popolazione circa l'infondatezza delle voci allarmistiche che si sono propagate. A tal fine viene convocata d'urgenza una riunione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, fissata a L'Aquila il giorno successivo: il 31 marzo 2009.

Così nel pomeriggio del 31 marzo la Commissione grandi rischi si riunisce con «l'obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane» (cfr. comunicato stampa che, il 30 marzo, annuncia la riunione).

Alla riunione partecipano esponenti di spicco dei principali istituti scientifici nei settori della sismologia e della prevenzione dei rischi quali: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce, oltre agli esponenti delle istituzioni locali, quali il sindaco del comune de L'Aquila Massimo Cialente, l'assessore alla protezione civile della regione Abruzzo Daniela Stati, il dirigente responsabile della protezione civile della regione Abruzzo, rappresentanti della Prefettura, del Dipartimento della protezione civile e della regione, chiamati in qualità di osservatori esterni.

Durante la riunione (della quale non esistono riprese video o registrazioni fonografiche integrali) viene redatta una bozza di verbale e, al termine della stessa, viene tenuta una conferenza stampa, alla presenza della dott.ssa Stati e di alcuni componenti della Commissione grandi rischi; subito alcuni dei partecipanti alla conferenza stampa tra i quali il sindaco Cialente, il prof. Barberi ed il prof. De Bernardinis -- con la presenza in conferenza stampa anche di Mauro Dolce e Gian Michele Calvi -- rispondono alle domande di alcuni inviati delle televisioni e delle testate giornalistiche sugli esiti della riunione.

Le interviste vengono trasmesse da tv locali e nazionali tramite internet e riportate su giornali locali.

Della conferenza stampa c'è la ripresa video -- mandata in onda sui tg locali e nazionali e sul web - manca una ripresa audio completa.

La trasmissione televisiva Presa Diretta, condotta da Riccardo Iacona su Raitre, nella puntata del 20 gennaio 2013 -- con l’analisi dell'audio agli atti del processo - trascrive alcune frasi della conferenza stampa dove si definisce «improbabile un grave evento sismico»: pertanto dall'analisi del rischio sismico la Commissione grandi rischi delinea la non verificabilità di un fenomeno imprevedibile quale quello sismico!

Dopo esattamente cinque giorni dalla data della riunione -- nella notte fra il 5 ed il 6 aprile del 2009, alle ore 03.32 -- la tanto temuta scossa distruttiva sopraggiunge, provocando morte e lesioni tra la popolazione rimasta nelle abitazioni.

Molti cittadini ed anche molti studenti universitari fuori sede, taluni dimoranti presso l'edificio della Casa dello studente -- come diranno nelle denunce e querele e come dimostreranno sia durante la fase delle indagini alla Procura della Repubblica de L'Aquila sia durante il dibattimento di primo grado -- una volta avuta conoscenza, tramite i mass media, dell'esito della riunione della Commissione grandi rischi, sentendosi rassicurati, modificano il loro comportamento in riferimento alle scosse sismiche. L'analisi delle testimonianze dimostra che il messaggio fornito dalla Commissione grandi rischi ha influenzato il processo volitivo delle vittime, inducendole, contrariamente a consolidate abitudini precauzionali, a non uscire dalle abitazioni bensì a restare in casa la notte a cavallo fra il 5 aprile 2009 ed il 6 aprile 2009 dopo le due scosse delle ore 22.48 magnitudo 3.9 e delle ore 00.39 magnitudo 3.5, che precedevano, di poco più di due ore, quella distruttiva delle ore 03.32.

Alcuni mesi dopo il sisma, la Procura de L'Aquila avvia delle indagini -- nelle persone del dott. Alfredo Rossini (deceduto durante il processo) e dott. Fabio Picuti – per accertare eventuali responsabilità penali in capo ai membri della Commissione grandi rischi: le risultanze di tali approfondite indagini inducono gli inquirenti a formulare, nei confronti dei componenti la Commissione, l'accusa di avere colposamente fornito ai cittadini de L'Aquila informazioni contraddittorie, incomplete ed imprecise circa la natura e la potenziale evoluzione dello sciame sismico in atto, tali da indurre questi ultimi ad abbandonare le misure precauzionali sempre osservate in precedenza -- e, segnatamente, quella di fuggire fuori dalle proprie abitazioni al sopraggiungere delle scosse telluriche -- così cagionando il decesso di 37 persone ed il ferimento di altre 5, rimaste in casa la notte fra il 5 ed il 6 aprile 2009 per effetto esclusivo delle rassicurazioni ricevute.

Più in particolare la Procura aquilana ha accusato dei reati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime:

«Barberi Franco, quale Presidente vicario della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei grandi rischi e ordinario di Vulcanologia Università Roma Tre; De Berbardinis Bernardo, quale Vice Capo settore tecnico operativo del Dipartimento Nazionale della protezione civile; Boschi Enzo, quale Presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e ordinario di Fisica terrestre Università di Bologna; Selvaggi Giulio, quale Direttore del Centro Nazionale Terremoti; Calvi Gian Michele, quale Direttore della fondazione Eucentre (European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering) e ordinario di Progettazione in zona sismica Università di Pavia; Eva Claudio, quale ordinario di Fisica terrestre Università di Genova; Dolce Mauro, quale direttore dell'Ufficio rischio sismico del Dipartimento nazionale della protezione civile e ordinario di Tecnica delle costruzioni Università di Napoli Federico II; tutti quali componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, riunitasi a L'Aquila in data 31 marzo 2009 con “l'obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane”; per colpa consistita in violazione degli articoli 2, 3, 9 legge n. 225 del 24 febbraio 1992, degli articoli 5 e 7-bis legge n. 401 del 9 novembre 2001, dell'articolo 4 legge n. 21 del 26 gennaio 2006, dell'articolo 3 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 23582 del 3 aprile 2006; in violazione altresì della normativa generale della legge n. 150 del 7 giugno 2000 in materia di disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni;

effettuando, in occasione della detta riunione, una “valutazione dei rischi connessi” all'attività sismica in corso sul territorio aquilano dal dicembre 2008 approssimativa, generica ed inefficace in relazione alle attività e ai doveri di “previsione e prevenzione”; fornendo, in occasione della detta riunione, sia con dichiarazioni agli organi di informazione sia con redazione di un verbale, al Dipartimento nazionale della protezione civile, all'assessore regione Abruzzo alla protezione civile, al sindaco de L'Aquila, alla cittadinanza aquilana, informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell'attività sismica in esame, in tal modo vanificando le finalità di “tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi che determinino situazioni di grave rischio”, affermando che sui terremoti “non è possibile fare previsioni”, “è estremamente difficile fare previsioni temporali sull'evoluzione dei fenomeni sismici”, “la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore” e al contempo l'esatto contrario ovvero “qualunque previsione non ha fondamento scientifico”;

ritenendo che “i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta”;

ritenendo che “non c'è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento”;

rilevando che “le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti di pochi millimetri e perciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture, c'è quindi da attendersi danni alle strutture più sensibili alle accelerazioni quali quelle a comportamento fragile”;

qualificando lo sciame sismico che interessa L'Aquila da circa tre mesi come un normale fenomeno geologico; esso “si colloca diciamo in una fenomenologia senz'altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questo diciamo in questa tipologia di territori che poi, è centrata attorno all'Abruzzo però, ha colpito un pò il Lazio, un pò le Marche, oscillata diciamo nella zona del centro Italia”;

affermando che allo stato attuale, non vi è pericolo, la situazione è favorevole perché c'è uno scarico di energia continuo; [...] venendo così meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro qualità e alla loro funzione e tesi alla previsione e alla prevenzione e ai doveri di informazione chiara, corretta, completa».

Ha così inizio un processo durato tredici mesi, che conduce alla condanna degli imputati sopra citati, da parte del Tribunale de L'Aquila, a sei anni di reclusione per i delitti di omicidio colposo e lesioni colpose plurime.

Tale condanna è stata ribaltata dalla sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d’Appello de L'Aquila, che di fatto assolve l'operato della Commissione grandi rischi perché «il fatto non sussiste».

Afferma la Corte che la riunione della Commissione grandi rischi del 31 marzo 2009, cinque giorni prima del tragico terremoto del 6 aprile a L'Aquila– su cui si fondava l'architrave della condanna a sei anni in primo grado dei sette esperti– non era valida per le modalità della convocazione e perché mancava il numero legale, con solo quattro componenti ufficiali presenti.

Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, che ha assolto sei dei sette scienziati, viene considerata solo una ricognizione e le valutazioni che sono state fatte al termine, che peraltro non hanno avuto pubblicità, non parlavano di «fenomeni favorevoli», quindi non hanno rassicurato la popolazione. Addirittura, uno degli imputati, Giulio Selvaggi, è stato definito «accompagnatore» di Enzo Boschi, l'allora presidente dell'Ingv, mentre un altro ancora, Mauro Dolce, che era direttore dell'ufficio rischio sismico del dipartimento, è stato considerato «funzionalmente estraneo alla Commissione grandi rischi».

Ad incastrare il solo condannato, con pena ridotta dai sei a due anni, l'allora vice capo della protezione civile, Bernardo De Bernardinis, che ha coordinato la riunione al posto del suo capo, Guido Bertolaso, che l'ha organizzata, è stata una intervista rilasciata immediatamente prima di quell'incontro ad una televisione nella quale ha sottolineato che «non c'è pericolo» parlando di «una situazione favorevole perciò uno scarico di energia continuo». Parole riprese dai maggiori mass media che per i giudici di appello sono arrivate alla gente che, il 6 aprile 2009, non ha preso le precauzioni tradizionali, ad esempio uscire di casa dopo una forte scossa.

Il collegio di Appello ha smontato anche con passaggi pesanti il castello accusatorio del verdetto di primo grado del 22 ottobre 2012 emesso dal giudice dott. Marco Billi, «conclusioni incerte e fallaci, inidonee a costituire la base di omicidio colposo plurimo», accolta tra le polemiche su scala mondiale perché considerate un attacco alla scienza.

Secondo i giudici di appello, i sei scienziati non avevano la responsabilità della comunicazione, della quale è competente la protezione civile nazionale, e non hanno sottovalutato il rischio sismico: una posizione che ha causato altre polemiche dopo le grida allo scandalo delle famiglie delle vittime dello scorso 10 novembre all'atto della lettura della sentenza di secondo grado. Nelle circa 400 pagine, depositate dal collegio giudicante presieduto dal giudice Fabrizia Francabandera, Bertolaso, indagato in un filone parallelo il cui rinvio a giudizio è stato già richiesto dalla procura generale -- dopo due istanze di archiviazione da parte della Procura della Repubblica -- viene indicato come «l'organizzatore della riunione, la prima fuori Roma». (In realtà era spesso prassi della Commissione grandi rischi riunirsi sul luogo dell'emergenza, come emerge dalle dichiarazioni in udienza del vulcanolo Francesco Stoppa, già componente della Commissione grandi rischi).

Come emerge dalla «casuale intercettazione» con l'allora assessore della regione Abruzzo Daniela Stati (posizione oggetto di archiviazione) l'obiettivo era quello di «zittire subito qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni etc.» (il riferimento è al ricercatore Giampaolo Giuliani che diceva di poter prevedere forti scosse imminenti con l'ausilio dell'analisi del gas radon) e di invitare la protezione civile regionale ad astenersi nel fare comunicati dove si dicesse che non sono previste altre scosse. Una motivazione, secondo i giudici, non conosciuta dagli esperti.

Dunque, in questi ultimi anni, si sono susseguite inchieste giudiziare, sono state scritte pagine e pagine di atti giudiziari, ci sono state polemiche e prese di posizione da parte di organi politici e istituzionali ed il fenomeno, oltre a non essersi arrestato, è in continua espansione.

La sentenza di primo grado con le oltre 1.000 pagine di motivazioni che condanna i sette esperti é stata oggetto di dileggio da parte di uomini dello Stato senza che fossero stati letti, esaminati ed analizzati neppure i capi di imputazione, giudicandolo un processo alla scienza e denigrando ancora il nostro Paese agli occhi dell’opinione pubblica internazionale! Il mantra del «processo alla scienza», voluto da taluni detrattori dell'inchiesta giudiziaria sulla Commissione grandi rischi, prosegue il suo percorso. Ma come scritto dal giudice di primo grado, a pagina 215 delle motivazioni, «la lettura del capo di imputazione evidenzia, con estrema chiarezza, che il P.M. (cioè il pubblico ministero, n.d.r.) non contesta agli imputati la mancata previsione del terremoto o la mancata evacuazione della città de L'Aquila o la mancata promulgazione di uno stato di allarme o un generico mancato allarme o un generico "rassicurazionismo", ma addebita agli imputati la violazione di specifici obblighi in tema di valutazione, previsione e prevenzione del rischio sismico disciplinati dalla normativa vigente alla data del 31 marzo 2009 e la violazione di specifici obblighi in tema di informazione chiara, corretta e completa.

La cittadinanza si é sentita sempre più abbandonata dallo Stato sia di fronte alle esternazioni di taluni rappresentanti dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) -- altro organo istituzionale nato con l'obiettivo di raccogliere in un unico polo le principali realtà scientifiche nazionali nei settori della geofisica e della vulcanologia – che avrebbero dovuto astenersi dall'entrare in aperta polemica con le attività giudiziarie in corso e che invece difendono ad oltranza l'operato degli imputati sia di fronte alle esternazioni dell'allora Capo della protezione civile dott. Gabrielli in merito alla sentenza di condanna di primo grado: «la sentenza è devastante. Io ritengo che dal nostro punto di vista la sentenza sulla Grandi Rischi sia una sentenza che crea molti problemi»....

In realtà -- già dopo la sentenza di condanna di primo grado -- alcuni liberi scienziati di tutto il mondo si sono organizzati ed hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e si sono costituiti come libera associazione ISSO (International Seismic Safety Organization), con sede legale in Italia ed in maniera emblematica presso lo studio di uno degli avvocati di parte civile, avv. Wania Della Vigna. Gli scienziati firmatari, dopo aver valutato attentamente la situazione processuale, hanno espresso sostegno alle motivazioni emergenti nella sentenza di primo grado di condanna e hanno manifestato l'auspicio che possa cambiare la situazione in Italia, con maggiore responsabilizzazione nel tema della valutazione del rischio sismico e della comunicazione alla popolazione.

Le inchieste susseguitesi in questi anni sono davvero molte, con capi di imputazione di una gravità assoluta a carico di organi dello Stato quale la protezione civile e la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi.

Si ricorda che la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi é organo facente capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che è la struttura di collegamento tra il servizio nazionale della protezione civile e la comunità scientifica.

Si richiama alla memoria che per le leggi vigenti al 6 aprile 2009, la funzione principale della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è di fornire pareri di carattere tecnico-scientifico su quesiti del capo dipartimento e dare indicazioni su come migliorare la capacità di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi, compreso quello sismico.

Insomma, a distanza di sei anni dall’immane tragedia umana, i familiari delle vittime non hanno avuto giustizia poiché quanto è realmente accaduto non è stato ancora ricostruito: la stessa vicenda giudiziaria, di cui il primo filone contro la Commissione grandi rischi è giunto in Cassazione, con due sentenze nettemente contrapposte, ha messo in evidenza elementi non congrui mentre per la posizione di Bertolaso si attende l'esito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla procura generale.

É da sottolineare che diverse sono state le manifestazioni popolari di dissenso verso la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello: la popolazione si è sentita sola, abbandonata dallo Stato. La sentenza di secondo grado ha urtato contro il senso di giustizia che esiste nella collettività.

Grande è stato lo sdegno della popolazione nei riguardi di una sentenza di assoluzione con la formula piena «perché il fatto non sussiste» che ha portato la vittime a non sentirsi più tutelate dai poteri statali.

Sdegno che è cresciuto in riferimento alla posizione processuale assunta anche dal responsabile civile, id est la Presidenza del Consiglio dei ministri, citata nel processo dai difensori delle vittime costituite parti civili, che, invece di contribuire all'accertamento della verità dei fatti, ha assunto una posizione completamente di parte processuale a favore degli imputati. Non solo, ma la stessa protezione civile, nella persona del capo della protezione civile Gabrielli, pur senza legittimazione, non ha esitato, subito dopo il verdetto assolutorio della Corte d'Appello, a richiedere ai familiari delle vittime l'immediata restituzione delle somme che il primo giudice aveva attribuito loro come provvisionale, prima ancora di attendere il verdetto della Cassazione.

Secondo i familiari delle vittime, nonché i tanti sopravvissuti alla tragedia, restano tuttavia molti elementi, emersi nel corso dell'indagine e nei successivi processi, ancora privi di spiegazione. Per trovarla, preliminarmente è necessario:

1) ricostruire la stratificazione normativa che culmina con l'istituzione della Commissione grandi rischi. Occorre infatti mettere in luce come la previsione di un simile organo da parte del legislatore fosse l'indicatore più rappresentativo del progressivo formarsi di una cultura della prevenzione almeno a far data, per quanto riguarda il fenomeno sismico, dal periodo immediatamente successivo al terremoto verificatosi in Irpinia il 23 novembre del 1980; in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica n. 66 del 1981 «Regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, recante norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità -- Protezione civile», emanato a più di dieci anni di distanza dalla legge che lo prevedeva e alla quale doveva dare esecuzione, rappresentava la presa di coscienza della necessità di valorizzare i profili della previsione e della prevenzione e di non limitarsi ad organizzare i soccorsi dopo l'evento calamitoso. La legge n. 996 del 1970 prevedeva l'istituzione di un comitato interministeriale a cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1283 dell’8 gennaio 1982 affiancò più avanti la Commissione tecnico-scientifica a base interdisciplinare con compiti di individuazione dei rischi che comportano misure di protezione civile. Nel 1986 la Commissione assumeva compiti di consulenza e assistenza del Ministro per il coordinamento della protezione civile e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 luglio 1986 veniva divisa in sei settori, ciascuno caratterizzato dalla specificità del tipo di rischio da valutare, e successivamente regolata nella struttura e nella funzione dall'articolo 9 della legge n. 225 del 1992; la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è, ai sensi del citato articolo 9: «organo consultivo e propositivo del Servizio nazionale della protezione civile su tutte le attività di protezione civile volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio. La Commissione fornisce le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all'esame dei dati forniti dalle istituzioni ed organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi previsti dalla presente legge ed alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti, nonché all'esame di ogni altra questione inerente alle attività di cui alla presente legge ad essa rimesse»;

2) individuare se i componenti della Commissione grandi rischi assumano fin da subito la veste di pubblici funzionari;

3) chiarire le attività affidate alla predetta Commissione. Sulla scorta della normativa vigente al momento del fatto (articolo 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001, che disciplina le attività della protezione civile, di cui la Commissione grandi rischi è organo consultivo) esse sono «finalizzate alla tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio»; l’articolo 3 della legge n. 225 del 1992 definisce poi la previsione come l'attività diretta «allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi ed alla individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi», e la prevenzione come l'attività volta «ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione». Sulla base del rapporto intercorrente tra la Commissione grandi rischi e la Protezione civile, sui componenti la Commissione gravano dunque, per espressa disposizione di legge, gli obblighi di previsione e prevenzione come definiti dai testi riportati, nonché specifici obblighi di informazione;

4) infine, in relazione all'attività svolta dai componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, esaminare anche la posizione del capo del Dipartimento nazionale della protezione civile dott. Guido Bertolaso, in relazione alle proprie funzioni di cui agli articoli 2, 3 e 9 della legge n. 225 del 1992, e all'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1250 del 3 aprile 2006, in attuazione del decreto-legge n. 245 del 2005, convertito, con modificazioni dalla legge n. 21 del 2006. Quest’ultimo, nell'intento di contrastare allarmismi per la previsione di un grave evento sismico, nel clima di diffusa preoccupazione per il susseguirsi fin dall'ottobre 2008 di scosse anche di media dimensione, e di correggere, perché esageratamente ed improvvidamente ottimista, un comunicato diffuso dall'ufficio di protezione civile della regione Abruzzo in data 30 marzo 2009 (dopo – tra le altre – una scossa sismica di magnitudo 4.0 della scala Richter) nel senso che non erano più previste altre scosse di alcun genere (cosa da non dire perché si sarebbe rivelata un boomerang se invece altre scosse ci fossero state) convocava di sua iniziativa ed irritualmente fuori dalla sede istituzionale, per il successivo 31 marzo a L'Aquila, una riunione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi aperta anche a rappresentanti degli enti locali, per mettere a tacere voci allarmistiche e rassicurare la popolazione, ufficialmente per fornire in modo diretto ai cittadini «tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane», dando grande rilievo mediatico all'iniziativa di far pronunciare in merito il massimo organo scientifico del settore; concordando poi con il suo vice prof. De Bernardinis, che in sua vece avrebbe dovuto presenziare alla riunione, di proporre e discutere la tesi, scientificamente inesatta e fuorviante, secondo la quale il continuo sciame sismico avrebbe avuto l'effetto positivo di scaricare energia evitando una scossa più forte; preannunciando detta riunione come «operazione mediatica» per rassicurare la popolazione, ed anticipando la tesi dell'assenza di pericolo grazie al «positivo scarico di energia» in una telefonata all'assessore regionale alla protezione civile Daniela Stati, che avrebbe dovuto organizzare in loco e partecipare all'evento, influenzandone così -- secondo la Procura generale ma non la Procura della Repubblica de L'Aquila– «la percezione e la divulgazione alla cittadinanza di tesi rassicuranti che dovevano trovare conferma da parte degli scienziati della Commissione grandi rischi; inducendo in tal modo anche gli scienziati partecipanti alla riunione ad indirizzare l'esame della questione sulla primaria necessità di evitare allarmismi tra la popolazione, e a valutare con superficialità il reale rischio di grave evento sismico (nei termini contestati ai sopra indicati imputati nel connesso separato processo), nonché i rappresentanti politici locali e gli organi di informazione a rassicurare i cittadini sulla inesistente o bassa probabilità di un forte terremoto».

Occorre quindi accertare:

-- se i componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, «riunitasi a L'Aquila in data 31 marzo 2009 con “l'obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane”», abbiano o meno esercitato appieno le loro funzioni secondo le previsioni di cui agli articoli 2, 3 e 9 della legge n. 225 del 24 febbraio 1992, agli articoli 5 e 7-bis del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001, all'articolo 4 del decreto-legge n. 245 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 21 del 2006, all'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1250 del 3 aprile 2006; nonché in base alla normativa generale della legge n. 150 del 7 giugno 2000 in materia di disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni;

-- se, effettuando in occasione della detta riunione una “valutazione dei rischi connessi” all'attività sismica in corso sul territorio aquilano dal dicembre 2008 approssimativa, generica ed inefficace in relazione alle attività e ai doveri di “previsione e prevenzione”; fornendo, in occasione della detta riunione, sia con dichiarazioni agli organi di informazione sia con redazione di un verbale, al Dipartimento Nazionale della protezione civile, all'assessore regione Abruzzo alla protezione civile, al sindaco dell'Aquila, alla cittadinanza aquilana, informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell'attività sismica in esame, abbiano in tal modo vanificato le finalità di “tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi che determinino situazioni di grave rischio”, affermando che sui terremoti “non è possibile fare previsioni”, “è estremamente difficile fare previsioni temporali sull'evoluzione dei fenomeni sismici”, “la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore” e al contempo l'esatto contrario ovvero “qualunque previsione non ha fondamento scientifico”; ritenendo che “i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta”; ritenendo che “non c'è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento”; rilevando che “le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti di pochi millimetri e perciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture, c'è quindi da attendersi danni alle strutture più sensibili alle accelerazioni quali quelle a comportamento fragile”; qualificando lo sciame sismico che interessa L'Aquila da circa tre mesi come un normale fenomeno geologico; esso “si colloca diciamo in una fenomenologia senz'altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questo diciamo in questa tipologia di territori che poi, è centrata attorno all'Abruzzo però, ha colpito un pò il Lazio, un pò le Marche, oscillata diciamo nella zona del centro Italia”; affermando che allo stato attuale, non vi è pericolo, la situazione è favorevole perché c'è uno scarico di energia continuo, “non c'è un pericolo, io l'ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole perciò uno scarico di energia continuo, e quindi sostanzialmente ci sono anche degli eventi piuttosto intensi, non sono intensissimi, quindi in qualche modo abbiamo avuto abbiamo visto pochi danni”; venendo così meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro qualità e alla loro funzione e tesi alla previsione e alla prevenzione e ai doveri di informazione chiara, corretta, completa.

Si tratta, dunque, di ricostruire quanto avvenuto a L'Aquila nel periodo della scossa tellurica, di valutare, verificare e confermare, al di là delle responsabilità penali individuali di competenza chiaramente della magistratura, le responsabilità dei funzionari dello Stato, dalla Protezione civile alla Commissione grandi rischi, ed adottare tutte le iniziative necessarie per far chiarezza su tutta la vicenda.

Il Parlamento deve valutare ciò che non ha funzionato, capire di chi sono le responsabilità perché deve fornire tempestivamente risposte in termini di giustizia, di equità e di legalità, nei confronti delle vittime, dei loro familiari, della popolazione aquilana, dell'Italia intera, nel contesto mondiale.

É questo, dunque, l'obiettivo sulla vicenda che ha colpito duramente la popolazione abruzzese.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Istituzione e funzioni della Commissione)

1. È istituita, per la durata della XVII legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», sul sisma del 6 aprile 2009 che ha colpito la città de L’Aquila ed i territori limitrofi, in relazione al ruolo e all’operato della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, con il compito di indagare sugli eventi connessi al sisma, con riferimento alla riunione della suddetta Commissione nazionale, organo di consulenza tecnico-scientifica del Dipartimento della pretezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, tenuta a L'Aquila il 31 marzo 2009, nonché al ruolo avuto nella circostanza dal capo del Dipartimento della protezione civile.

2. La Commissione ha il compito di:

a) previa ricostruzione del percorso di istituzione e disciplina della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, istituita ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, quale organo consultivo e propositivo del Servizio nazionale della protezione civile sulle attività di protezione civile volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, verificare e valutare se essa potesse rappresentare lo strumento più idoneo per migliorare la capacità di previsione e prevenzione dei fenomeni sismici, con riferimento agli obiettivi delineati a seguito del terremoto dell’Irpinia del 23 novembre del 1980, con particolare attenzione al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66, e all'articolo 9 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nel testo vigente alla data del 6 aprile 2009;

b) valutare se i componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi assumano o meno la veste di pubblici funzionari;

c) verificare e valutare l'operato della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi anche in merito alle disposizioni di cui all’articolo 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, e di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nel testo vigente alla data del 6 aprile 2009;

d) verificare e valutare il rapporto intercorrente tra la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi e il Dipartimento della protezione civile relativamente agli obblighi di previsione e prevenzione, e agli specifici obblighi di informazione;

e) verificare e valutare se i componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, riunitasi a L'Aquila in data 31 marzo 2009 con l'obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica, abbiano o meno esercitato appieno le loro funzioni secondo le previsioni normative, vigenti alla data del 6 aprile 2009, di cui agli articoli 2, 3 e 9 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, degli articoli 5 e 7-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, dell'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 aprile 2006, n. 1250, nonché ai sensi della legge 7 giugno 2000, n. 150, in materia di disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni;

f) verificare e valutare se la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi abbia o meno effettuato, in occasione della suddetta riunione del 31 marzo 2009, una valutazione dei rischi connessi all'attività sismica in corso sul territorio aquilano dal dicembre 2008 e se tale valutazione dei rischi sia qualificabile come approssimativa, generica ed inefficace, in relazione alle attività e ai doveri di previsione e prevenzione;

g) verificare e valutare se i componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, sempre in occasione della suddetta riunione, sia attraverso dichiarazioni agli organi di informazione, sia attraverso la redazione di un verbale, abbiano o meno dato informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell'attività sismica in esame, al Dipartimento nazionale della protezione civile, all'assessore alla protezione civile della regione Abruzzo, al sindaco de L'Aquila, alla cittadinanza aquilana, vanificando in tal modo le finalità di tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi che determinino situazioni di grave rischio, venendo così meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro qualità e alla loro funzione e tesi alla previsione e alla prevenzione e ai doveri di una informazione chiara, corretta, completa, nonché inducendo le vittime a restare dentro le loro abitazioni dove hanno trovato la morte o subìto lesioni;

h) esaminare altresì, in relazione all'attività svolta dai componenti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, la posizione assunta dal Dipartimento nazionale della protezione civile, anche in persona del capo del dipartimento, in relazione alle proprie funzioni, ai sensi degli articoli 2, 3 e 9 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e dell'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 aprile 2006, n. 1250, nei testi vigenti alla data del 6 aprile 2009, che, al fine di fornire ai cittadini in modo diretto tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane, convocava per il 31 marzo 2009 a L'Aquila, di sua iniziativa fuori dalla sede istituzionale, una riunione della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi aperta anche a rappresentanti degli enti locali, dando grande rilievo mediatico all'iniziativa volta a far pronunciare il massimo organo scientifico del settore in merito allo sciame sismico al fine di rassicurare la popolazione, concordando con il vice capo dipartimento, che in sua vece avrebbe dovuto presenziare alla riunione, di proporre e discutere la tesi secondo la quale il continuo sciame sismico avrebbe avuto l'effetto positivo di scaricare energia evitando una scossa più forte, ed anticipando la tesi dell'assenza di pericolo in una telefonata all'assessore alla protezione civile della regione Abruzzo, generando nell'amministrazione locale una percezione di sicurezza sulla inesistente o bassa probabilità di un forte terremoto; ciò anche al fine di valutare se, conseguentemente, gli scienziati partecipanti alla riunione siano stati indotti ad analizzare la questione evitando di suscitare allarmismi tra la popolazione e senza il necessario approfondimento in merito al reale rischio di grave evento sismico.

3. La Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori.

4. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

Art. 2.

(Composizione della Commissione)

1. La Commissione è composta da dieci senatori e da dieci deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti sono nominati anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione. I componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nel codice di autoregolamentazione allegato alla relazione in materia di formazione delle liste dei candidati per le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, approvata il 18 febbraio 2010 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, istituita dalla legge 4 agosto 2008, n. 132.

2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i suoi componenti possono essere confermati.

3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.

4. La Commissione, nella prima seduta, elegge a scrutinio segreto il proprio ufficio di presidenza, costituito dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

Art. 3.

(Testimonianze)

1. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni previste dagli articoli da 366 a 372 del codice penale.

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti)

1. La Commissione, sulle materie attinenti alle finalità della presente legge, può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.

2. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti, in materia attinente alle finalità della presente legge.

3. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

4. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

Art. 5.

(Obbligo del segreto)

1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, comma 3.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 6.

(Organizzazione interna)

1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento cui al comma 1.

3. Tutte le volte che lo ritiene opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni, che ritiene necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.

5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.

6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 75.000 euro per l'anno 2015 e di 150.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.