• Testo INTERPELLANZA

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Atto a cui si riferisce:
C.2/00274 desta preoccupazione l'analogia che si sta concretizzando sempre di più, tra l'attuale caso Stamina e il caso Di Bella, che risale a circa 20 anni fa e che esplose per il combinato disposto...



Atto Camera

Interpellanza 2-00274presentato daBINETTI Paolatesto diMercoledì 30 ottobre 2013, seduta n. 108

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
desta preoccupazione l'analogia che si sta concretizzando sempre di più, tra l'attuale caso Stamina e il caso Di Bella, che risale a circa 20 anni fa e che esplose per il combinato disposto dell'intervento della magistratura e di una forte ipermediatizzazione, capace di surriscaldare gli animi, facendo leva su emozioni e sentimenti comuni un po’ a tutti;
confluivano allora nel sentire popolare un forte senso di empatia per il destino di malati oncologici gravi e in certi casi gravissimi, la proiezione immaginifica di una scienza finalmente capace di venire a capo di problemi non risolti, utilizzando modelli alternativi, e la visione ostile e persecutoria di una burocrazia sorda e cieca davanti ai bisogni dei malati;
anche allora da un lato la televisione, quotidiani e settimanali enfatizzavano la storia del nuovo metodo di cura, mentre la stampa specialistica ne denunciava i limiti e sottolineava la carenza di rigore scientifico; quando il 5 febbraio del 1996 la Commissione oncologica nazionale formulò un parere negativo nel quale sottolineava l'assenza di evidenze scientifiche nel metodo, un gruppo di pazienti che seguivano il metodo Di Bella e i loro familiari, costituiti in Associazione, l'AIAN, chiesero comunque l'autorizzazione alla somministrazione gratuita della somatostatina, uno dei farmaci che facevano parte del metodo Di Bella, di cui la Commissione del farmaco (CUF) prevedeva la somministrazione per casi diversi da quelli tumorali. Quando l'8 gennaio del 1997 la Commissione del farmaco escluse, in base ai dati scientifici disponibili, che la somatostatina potesse essere somministrata efficacemente in oncologia, l'AIAN scatenò una vera e propria campagna di discredito nei confronti del Ministro e del ministero, utilizzando i talk show televisivi dell'epoca;
anche allora ci furono magistrati che ordinarono la somministrazione gratuita dei farmaci necessari alla terapia, nonostante il parere negativo del Comitato scientifico, il costo molto alto e i farmaci non rientrassero comunque in quelli previsti dal Servizio sanitario nazionale. Carlo Madaro, pretore di Maglie, intimò alla ASL di Lecce di fornire gratuitamente i farmaci a chiunque ne avesse bisogno. La decisione, in mancanza di conferme scientifiche, di fatto assegnava alla cura una certa credibilità di cui era priva negli ambienti scientifici;
per quasi un anno durò la capacità di resistere del Ministro pro tempore Bindi, che opponeva sistematicamente ragioni e ragionevolezza, ad una emotività dilagante, che si avvitava progressivamente su se stessa, enfatizzando il dramma di tante storie individuali, per sollecitare il senso della pietas nel pubblico, dimenticando gli elementi oggettivi fondamentali che caratterizzano ogni verifica clinica;
allora il Ministro della sanità pro tempore, Rosy Bindi, sotto la spinta di un ordine del giorno approvato al Senato, emanò un provvedimento urgente che autorizzava la sperimentazione del protocollo Di Bella, anche in assenza di documentazioni ufficiali sulla sua efficacia. Pareri contrari alla sperimentazione vennero:
dalla Commissione unica del farmaco in data 8 gennaio 1997 e 5 agosto 1997;
dalla presidenza del Consiglio superiore di sanità in data 16 luglio 1997;
dall'assemblea generale del Consiglio stesso in data 19 dicembre 1997;
mentre la comunità scientifica dimostrava che il metodo Di Bella non poteva avere effetti terapeutici nei confronti del cancro, l'asse del dibattito si spostò dal piano dei dati scientifici a quello del diritto alle cure, sulla base di una propria libertà ed autonomia. I malati non chiedevano più il metodo Di Bella perché era efficace, chiedevano di riaffermare il proprio diritto ad una libera scelta del modo di curarsi, sulla base di un dettato costituzionale;
ancora oggi a distanza di circa 20 anni, è difficile misurare la tensione che vedeva contrapposto il rigore della scienza a cui si univa tutta la comunità scientifica ed accademica e la forte emotività dei malati organizzati in modo strutturato nella loro protesta. Due alfabeti diversi e incomunicabili, che la politica e la magistratura avrebbero dovuto decodificare in modo più efficace. Ma non fu così;
la sperimentazione nazionale della cura Di Bella fu concordata a fine gennaio 1998, iniziò a marzo e coinvolse 1155 pazienti affetti da vari tipi di tumore. Si chiuse nel luglio 1998, in quanto la quasi totalità dei pazienti si era ritirata dallo studio (il 97,5 per cento). La maggioranza dei ritiri fu causata dalla morte o dalla progressione della malattia. Tutti i particolari del protocollo furono stabiliti dal professore Di Bella in concerto con i componenti della commissione ufficiale. Dallo stesso professore furono siglate le pagine del protocollo una per una, Di Bella fu presente a tutte, tranne una, le riunioni della commissione;
alla fine, i risultati della sperimentazione effettuata dal Ministero della sanità (ora «della salute»), venivano riassunti così dal Ministro pro tempore Umberto Veronesi: «Dall'analisi dell'insieme dei 1155 pazienti inclusi negli studi – sperimentali (386 pazienti) ed osservazionali (769 pazienti) – non emerge alcuna evidenza che il trattamento MDB sia dotato di una qualche attività anti-tumorale di interesse clinico...» (da: risposta all'interrogazione parlamentare n. 4-25267, Ministro U. Veronesi, che poi puntualizza: «In nessuno dei 1155 pazienti inclusi nella sperimentazione si è osservata una risposta obiettiva completa (scomparsa delle masse tumorali); una risposta obiettiva parziale (riduzione di almeno il 50 per cento delle lesioni tumorali), si è osservata in soli 3 (0,8 per cento) dei 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali. La quasi totale assenza di risposte obiettive nello studio sperimentale propriamente detto è stato confermato negli studi osservazionali nei quali solo in 5 (0,7 per cento) dei 769 pazienti inclusi, i centri partecipanti hanno segnalato la presenza di una risposta obiettiva di tipo parziale»;
tre Ministri della salute sono intervenuti nel caso Di Bella: il Ministro pro tempore Bindi che ha autorizzato la sperimentazione, il Ministro pro tempore Veronesi che ne ha tratto le conclusioni finali e il Ministro pro tempore Storace, che nonostante l'evidente insuccesso della sperimentazione all'inizio del suo mandato avrebbe a parere degli interroganti voluto riproporla sotto un nuovo pressing mediatico. Non tutti sanno che oltre alla sperimentazione nazionale del MDB, ne esiste un'altra regionale, indipendente, condotta in Lombardia su 333 pazienti: anch'essa diede risultati assolutamente negativi;
nel caso Stamina accanto alle accuse rese pubbliche sul sito online della rivista inglese Nature e scatenate in merito alla fondatezza del «metodo stamina», proposto da Davide Vannoni, secondo Nature il metodo è frutto di un plagio basato su dati erronei. L'ordinanza del 15 maggio 2012 emessa dall'Aifa, mai annullata e ancora in vigore ha vietato i prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi, e somministrazioni di cellule umane presso gli Spedali Civili di Brescia in collaborazione con Stamina Foundation Onlus»;
il 23 maggio 2013, il Parlamento ha approvato uno stanziamento di tre milioni di euro per la sperimentazione di 18 mesi sul «metodo Stamina» a partire proprio da questo mese;
Vannoni ha presentato con grande ritardo un protocollo «standardizzato», che è stato giudicato negativamente dal Comitato scientifico nominato dal Ministro, con i massimi esperti del settore. Oleari, presidente ISS, ha ribadito l'assoluta inconsistenza scientifica del metodo Vannoni, che invece continua a occupare uno spazio mediatico davvero eccessivo e pericoloso proprio per la tutela della salute pubblica;
la mobilizzazione dell'opinione pubblica continua in forme drammatiche come l'occupazione della piazza di Montecitorio da oltre un mese con pazienti in tenda che versano in gravissime condizioni nel disperato tentativo di attrarre l'attenzione dell'opinione politica su di sé;
è morto da qualche settimana Raffaele Pennacchio affetto da SLA, e l'evento drammatico si è consumato al ritorno a casa dopo aver partecipato ad una manifestazione sotto il MEF: morto per lo stress ha detto sua moglie, e si potrebbe aggiungere morto per il combinato disposto di una malattia come la SLA, lo stress legato al suo impegno civico di attrarre l'attenzione dei decisori politici sulla condizione dei malati che versano in condizioni spesso gravissime, e il nuovo modello di protesta estrema, spinta fino a mettere a repentaglio la propria vita per richiamare l'attenzione dei media e attraverso di loro coinvolgere in mondo politico;
la vicenda di Stamina e quella di Raffaele mostrano quanto debba essere intensa, continua e tempestiva l'assistenza da offrire alle persone che versano in condizioni di grave disabilità, ma mostra anche come vada interrotto rapidamente il circuito mediatico che induce ad una sorta di spettacolarizzazione del dolore nel tentativo di fare pressione sul mondo politico, anche in flagrante contraddizione con i dati scientifici disponibili;
Stamina Foundation ha precisato in un recente comunicato che: le cellule staminali mesenchimali prodotte secondo il cosiddetto «metodo Stamina» sono somministrate ai pazienti attualmente in trattamento o per ordine dei tribunali o in forza del decreto-legge 24 del 2013, al di fuori di una sperimentazione clinica e sotto la esclusiva responsabilità del medico prescrittore. Il trattamento in questione – non si può pacificamente parlare di terapia – è sempre stato e resta sconosciuto e l'azienda non è mai stata – e non lo è tuttora – in grado di definire un percorso terapeutico e quindi, dopo le infusioni, di prendere in cura e monitorare le condizioni degli stessi;
la Commissione scientifica istituita dal Ministero ha evidenziato la «inadeguata descrizione del metodo» e la «insufficiente definizione del prodotto», cioè la mancanza delle precondizioni per progettare una verifica che abbia carattere di scientificità –:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere affinché i pazienti che sono in piazza Montecitorio tornino a casa, anche in vista delle mutate condizioni atmosferiche che non potrebbero che nuocere loro;
se non ritenga opportuno:
a) attivare una diversa strategia di comunicazione con gli organi di stampa in virtù di una più corretta relazione tra etica e comunicazione e mantenere viva la memoria del caso di Bella e di quella sperimentazione forzata che dette esiti pesantemente negativi per ognuno dei pazienti coinvolti posto che oggi, a distanza di 20 anni, si corre il rischio di dimostrare come quella lezione sia stata inutile e che la storia tristemente si ripeta;
b) indicare con chiarezza e con realismo clinico quali prospettive si aprono per le persone attualmente in trattamento con stamina, i 123 pazienti degli Spedali riuniti di Brescia.
(2-00274) «Binetti, Dellai».