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Atto a cui si riferisce:
C.878 Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011


Frontespizio Relazione Progetto di Legge Allegato
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 878


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SPADONI, DI VITA
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul l'11 maggio 2011
Presentata il 6 maggio 2013


      

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Onorevoli Colleghi! I numeri sulla violenza nei confronti delle donne in Italia sono ormai tristemente noti. Una donna su tre, in una età compresa tra i 16 e i 70 anni, è stata vittima di forme di violenza e il 35 per cento delle vittime non presenta denuncia, mentre il 13 per cento di loro aveva chiesto aiuto per stalking. Secondo Telefono Rosa, nel 2012 le vittime femminili hanno superato di poco le 120 unità e si è passati da un omicidio ogni tre giorni registrato l'anno precedente a uno ogni due giorni.
      Nonostante i mutamenti sociali, i diritti acquisiti e le leggi varate in questi anni, il fenomeno rimane ancora un problema irrisolto: mancano serie politiche di contrasto della violenza, ricerche e progetti di sensibilizzazione e di formazione.
      È sempre più urgente affrontare il problema nella sua gravità per risolverlo, ma per far ciò è necessario un radicale cambiamento culturale nella nostra società. Ciò anche alla luce dei dati del Global Gender Gap Report 2012, la classifica stilata ogni anno dal World Economie Forum (WEF) sul divario di opportunità tra uomini e donne in 135 Paesi e secondo il quale appare evidente che i risultati sono sempre più sconfortanti per l'Italia: complessivamente all'80o posto (nel 2011 era al 74o), nello specifico: 101o posto, quanto a partecipazione economica e opportunità; 65o posto, quanto a accesso all'istruzione di base e di livello superiore; 76o posto per quanto riguarda la salute e la sopravvivenza; al 71o posto in materia di rappresentanza politica.
      La ratifica della Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale di più ampia portata per affrontare questa grave forma di violazione dei diritti umani, sarebbe un buon segnale e un'ottima occasione per una decisa inversione di rotta.
      La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e la violenza domestica, aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa e degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione a Istanbul l'11 maggio 2011, rappresenta il primo strumento internazionale, giuridicamente vincolante, finalizzato a creare un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.
      Si tratta di un trattato corposo, diviso in 12 capitoli e 81 articoli, che analizza il fenomeno nella sua complessità e fornisce un quadro giuridico completo, sia in chiave di prevenzione che di repressione di questa odiosa forma di violenza. Siamo davanti a norme stringenti e avanzate che prevedono un approccio incentrato sulle vittime, l'obbligo di penalizzazione, l'efficienza investigativa e procedimentale nei confronti delle forme di violenza, e che stabiliscono un forte e innovativo meccanismo di monitoraggio.
      Come definita anche dalla stessa Convenzione, la violenza sulle donne costituisce una violazione dei diritti umani che ostacola o rende impossibile il godimento di altri diritti umani, compromettendo altresì il raggiungimento della parità di opportunità tra donne e uomini. Siamo davanti ad un grave reato, una forma di discriminazione che non riguarda la sfera privata perché è solo l'aspetto più evidente e brutale dell'ineguaglianza esistente nella società.
      Già nel 1995 l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nella IV Conferenza mondiale ha riconosciuto che la violenza contro le donne è un ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi di eguaglianza, sviluppo e pace e che contravviene all'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
      Per questa ragione, il grande valore di tale Convenzione risiede anche nel sancire la necessità di un cambiamento radicale di mentalità nella società, per estirpare i pregiudizi fondati sul presupposto dell’«inferiorità delle donne» o sui ruoli stereotipati attribuiti a donne e uomini. In essa si afferma, infatti, che spetta agli Stati prevenire, fermare e sanzionare la violenza sulle donne, sia domestica sia esterna, e che la violenza verso le donne non può essere giustificata da alcun argomento di natura culturale, storica o religiosa.
      La Convenzione ha molto in comune con la legge spagnola del 2004, considerata in assoluto, per il suo approccio integrato, tra le migliori legislazioni adottate per la prevenzione, il contrasto e la difesa delle donne vittime di violenza. Una legge organica contro la violenza di genere che ha rivoluzionato il diritto penale, che ha visto una riorganizzazione del sistema giudiziario e che prevede, per quel che riguarda l'educazione delle nuove generazioni, la creazione di una nuova materia obbligatoria nelle scuole superiori: «l'educazione per l'uguaglianza e contro la violenza di genere» e l'individuazione, in tutti i consigli d'istituto delle scuole di ogni ordine e grado, di un membro incaricato di fornire mezzi educativi contro la violenza di genere. Dal punto di vista strettamente penalistico il nostro ordinamento sta conoscendo una stagione di innovazione non trascurabile. L'inserimento nel codice penale del nuovo articolo 612-bis sugli atti persecutori (stalking), la giurisprudenza costituzionale che si è venuta formando sulla «presunzione assoluta di pericolosità degli accusati dei delitti a sfondo sessuale e, da ultimo, l'approvazione definitiva della legge di adeguamento interno alla Convenzione di Lanzarote, costituiscono il segnale di un'evoluzione importante. Tra le altre cose dobbiamo segnalare con favore l'avvenuto raddoppio dei termini di prescrizione per i maltrattamenti in famiglia e per la violenza sessuale; il rafforzamento della fattispecie di maltrattamenti in famiglia di cui all'articolo 572 del codice penale, estesa al caso di convivenza; le nuove aggravanti dell'omicidio avvenuto in occasione di maltrattamenti (le cui vittime il più delle volte sono donne) e il potenziamento delle pene accessorie. Da più parti si sollecita l'introduzione di un'aggravante generale per i delitti commessi per motivi di genere, oltre che di un'aggravante specifica per il caso di omicidio, che riguarda anche il delitto commesso nei confronti dell'ex coniuge o dell'ex convivente. Auspichiamo quindi che su questo tema possa presto attivarsi un proficuo dibattito, che tocchi anche aspetti apparentemente procedurali (ma in realtà sostanziali), quali il divieto di sospensione condizionale della pena, il divieto di bilanciamento per equivalenza tra aggravanti e attenuanti o il divieto di patteggiamento, come segnale ulteriore di contrasto e dissuasione alla commissione di crimini del genere.
      Ma il passo ulteriore deve essere di carattere culturale, in quanto la sanzione penale non potrà mai esaurire lo spettro delle azioni da intraprendere su questo fronte, tenuto conto che da quasi trent'anni, e precisamente dalla legge 14 marzo 1985, n. 132, è stata ratificata e resa esecutiva la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979.
      La Convenzione di Istanbul è già stata firmata da 25 Paesi europei e, per poter entrare in vigore, dovrà essere firmata e ratificata da un numero di Stati membri del Consiglio d'Europa sufficiente a consentirne l'entrata in vigore, ovvero 10 ratifiche inclusi 8 Stati membri; occorrerà inoltre che il maggior numero possibile di Stati la firmi e la ratifichi, per applicarla poi effettivamente.
      A tutt'oggi, solo 4 Paesi l'hanno ratificata, ovvero hanno concluso il processo di creazione di una legge nazionale che renda effettivo nel proprio Paese il testo della Convenzione. Questi Paesi sono (e c’è da stupirsene, per tanti versi): la Turchia, l'Albania, il Montenegro e il Portogallo. Mancano ancora almeno 6 ratifiche.
      Il Governo italiano ha sottoscritto la Convenzione in data 27 settembre 2012.
      La presente proposta di legge propone la ratifica della Convenzione, così da accelerare l'adozione di provvedimenti per adeguare la legislazione nazionale e permetterne la concreta attuazione.
      È infatti necessario applicare la Convenzione non solo alle donne, ma anche alle altre vittime di violenza domestica, organizzare campagne di sensibilizzazione per promuovere la conoscenza del fenomeno della violenza sulle donne in tutti gli ambiti della società, contribuire su base volontaria al sostegno delle attività intraprese dal Consiglio d'Europa per promuovere la Convenzione e facilitarne la firma e la ratifica.
      È necessario tenere sempre alta la guardia e affrontare il problema, nella sua gravità. La gran parte delle violenze rimane sommersa, impunita e avviene tra le pareti domestiche. Un dramma diffuso che riguarda tutte le classi sociali e che va aumentando. Questa Convenzione – che l'Italia deve recepire nelle parti in cui il nostro ordinamento ancora non ha raggiunto gli auspicati standard, lasciando impregiudicati gli eventuali livelli di maggior tutela – potrebbe, se attuata da tutti i Paesi membri, salvare e cambiare le vite di milioni di vittime e dare un contributo concreto al miglioramento del rispetto dei diritti umani e dello status delle donne. È una battaglia di civiltà a cui la politica non può e non deve sottrarsi. Se ne auspica, pertanto, un celere e costruttivo esame.
      L'Italia è, tra i Paesi europei, agli ultimi posti per contrasto al fenomeno della violenza di genere: infatti, il report di Rashida Manjoo, relatore speciale sulla violenza contro le donne delle Nazioni Unite in visita nel nostro Paese nel 2012, ha condannato pesantemente l'Italia rilevando che «Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita».
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, e sottoscritta dall'Italia il 27 settembre 2012.

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 75 della Convenzione stessa.

Art. 3.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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