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Atto a cui si riferisce:
C.1/01145    premesso che:     lo Stato italiano, al fine di disciplinare il trattamento fiscale di quei lavoratori che per raggiungere il proprio luogo di lavoro devono...



Atto Camera

Mozione 1-01145presentato daPAGLIA Giovannitesto diMartedì 9 febbraio 2016, seduta n. 565

   La Camera,
   premesso che:
    lo Stato italiano, al fine di disciplinare il trattamento fiscale di quei lavoratori che per raggiungere il proprio luogo di lavoro devono quotidianamente attraversare una frontiera (e perciò detti «frontalieri»), ha sottoscritto in passato altrettante convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione quante sono le zone di frontiera, la più datata delle quali è quella firmata con la Svizzera, ratificata con la legge n. 943 del 23 dicembre 1978; seguono poi quella con l'Austria, ratificata con la legge n. 762 del 18 ottobre 1984, quella con la Francia, ratificata con la legge n. 20 del 7 gennaio 1992, quella con la Slovenia ratificata con la legge del 29 maggio 2009 n. 76) e quella, ultima in ordine di tempo con San Marino ratificata con la legge n. 88 del 19 luglio 2013). Nulla è stato sottoscritto con l'altro paese limitrofo, il Principato di Monaco, né con lo Stato Vaticano;
    tutte le suddette convenzioni impongono di risiedere e lavorare in una zona frontaliera in senso stretto, definita da ciascuna di esse, in modo variabile;
    nell'ambito dell'accordo storico sottoscritto il 23 febbraio 2015 che di fatto ha posto fine al segreto bancario, la Confederazione svizzera e l'Italia, modificando la convenzione contro le doppie imposizioni ratificata, con legge, nel 1978, si sono accordati per uno scambio di informazioni in materia fiscale che, al termine di una road map, diverrà automatico dal 2018;
    in particolare, l'accordo parafato sia a Roma che a Berna il 22 gennaio 2016, inciderà sulla precedente convenzione che ruotava attorno al principi della podestà impositiva esclusiva del Paese in cui i redditi sono prodotti e che prevedeva la cosiddetta «fascia di frontiera», ovvero quella fascia di 20 chilometri che comprende i comuni situati, per l'Italia, nelle province di Como, Varese, Lecco e del Verbano Cusio Ossola, mentre per il versante svizzero, quella ricadente nell'intero territorio comprendente il Cantone Ticino, il Cantone Vallese ed il Cantone dei Grigioni, ed entro cui doveva risiedere il frontaliero al fine di versare le imposte al solo fisco svizzero ed essere, di conseguenza, esentato dall'effettuare la dichiarazione dei redditi in Italia. In un secondo momento la Svizzera ristornava ai comuni italiani di frontiera il 38,8 per cento dell'imposta da lui versata;
    successivamente ed in seguito all'entrata in vigore dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone, nonostante il relativo abbattimento delle zone di frontiera con la Svizzera avvenuto a partire dal 1o giugno 2007 abbia inciso sulla mobilità geografica dei frontalieri e sulla loro capacità di esercitare un'attività economica sul territorio dello Stato che li occupa, il trattamento fiscale dei redditi di lavoro dipendente prestato dai frontalieri ha continuato ad essere disciplinato nei limiti e nei termini di cui al citato accordo bilaterale del 3 ottobre 1974, prevedendo, invece, che a quei frontalieri italiani residenti oltre la suddetta fascia di confine sia applicabile la disciplina fiscale italiana, previa l'applicazione di una franchigia di 7.500 euro;
    il nuovo accordo, in particolare, si perfezionerà attraverso quattro fasi temporali nel corso delle quali, grazie ad un sistema di splitting fiscale, il livello di tassazione sul frontaliere residente entro la fascia dei 20 chilometri aumenterà gradualmente fino ad essere equiparato a quello dei frontalieri residenti fuori dalla stessa e di tutti gli altri frontalieri italiani (ovvero quelli che lavorano in Francia, Slovenia, nella Repubblica di San Marino e nello Stato Vaticano). Nel corso della prima fase, che terminerà entro il 2017, il regime si tassazione rimarrà invariato. A partire dall'inizio del 2018, inizio della seconda fase, il lavoratore frontaliere verserà al fisco svizzero il 70 per cento dell'imposta risultante dall'applicazione delle imposte ordinarie sui redditi delle persone fisiche, mentre la restante parte di reddito, pari al 30 per cento, sarà assoggettato, in Italia, ad IRPEF, ragione per cui in un primo momento (ma non si sa per quanto), al fine di mantenere inalterata rispetto a quella attuale la pressione fiscale del frontaliere, il fisco italiano gli applicherà le aliquote speciali. Con la terza fase, nell'arco temporale di dieci anni, verrà avviato un progressivo innalzamento delle aliquote elvetiche, fino a quando le stesse raggiungeranno complessivamente quelle del livello impositivo italiano. A questo punto sarà scomparsa del tutto la cosiddetta fascia di frontiera, e si avvierà la quarta ed ultima fase nella quale tutti i lavoratori frontalieri pagheranno l'imposta sul reddito da lavoro alla fonte ed effettueranno la dichiarazione dei redditi in Italia, previa l'applicazione di una franchigia pari a 7.500 euro, ed in quella sede vedersi riconosciute tutte le detrazioni fiscali previste (spese mediche, interessi del mutuo e altro);
    nei prossimi mesi, con l'obiettivo di trovare una soluzione entro l'estate di quest'anno, i negoziati proseguiranno su ulteriori aspetti come quello relativo allo scambio di informazioni sui redditi da lavoro dipendente dei frontalieri, quello relativo ad un rimborso forfetario, e quello relativo alla previsione di un contingente limitato ad valorem di merci tracciabile non assoggettato a imposizione indiretta (iva, accise e diritti doganali prelevati dalla dogana);
    la Svizzera, situata nel cuore dell'Europa, intrattiene con i 28 Stati membri dell'Unione europea strette relazioni, non solo per ragioni storiche e geografiche ma anche per l'importanza degli scambi economici e culturali, condividendo con essa anche importanti valori politici, da promuovere congiuntamente anche a livello internazionale, come la democrazia, lo Stato di diritto ed il rispetto dei diritti umani. Del resto, sul fronte economico l'Unione europea è il partner commerciale più importante della Svizzera, basti pensare che circa l'80 per cento delle importazioni svizzere proviene dall'Unione europea e che il 60 per cento delle esportazioni svizzere è destinato all'Europa;
    alla stregua di tutti gli altri lavoratori migranti, i lavoratori frontalieri residenti ed occupati nell'Unione europea godono del principio di non discriminazione e della parità di trattamento previsti per i lavoratori che si spostano sul territorio dell'Unione. Più in particolare, il regolamento n. 1612/68 sulla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione europea prevede all'articolo 7 la parità di trattamento per tutte le condizioni di occupazione e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o rioccupazione, se il lavoratore è disoccupato. In materia di diritto del lavoro, il frontaliere è soggetto, come il migrante, alla legislazione del Paese in cui è occupato. In virtù dell'articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento, egli beneficia degli stessi vantaggi sociali e fiscali di cui godono i cittadini di tale Paese;
    secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio sull'Accordo sulla libera circolazione delle persone, pubblicato nel giugno del 2015, nel 2012 il divario salariale tra i lavoratori frontalieri italiani e quelli domiciliati nel Canton Ticino era pari al 12 per cento, divario che secondo il Governo elvetico non sarebbe riconducibile a fattori decisivi per la determinazione dei salari, come il livello formativo, la professione, il settore economico, l'esperienza professionale e altro, ma piuttosto al fatto che i frontalieri che lavorano in Ticino sono generalmente disposti ad accettare salari inferiori rispetto ai domiciliati con le loro stesse caratteristiche. Inoltre, tale scarto sarebbe solo in parte spiegabile con l'onere fiscale più basso per i frontalieri rispetto ai residenti in Ticino e l'incremento progressivo dell'onere fiscale per i lavoratori frontalieri derivante dall'accordo potrebbe, in linea di principio, contribuire indirettamente a ridurre l'attrattiva di determinate forme di occupazione elvetiche, anche se non è possibile quantificare con precisione su quanti di essi produrrebbe effetti negativi, né stimare quanti di essi sarebbero indotti a trasferirsi in Svizzera per evitare il previsto e progressivo assoggettamento al fisco italiano;
    riassumendo, attualmente l'imposizione fiscale sui frontalieri è operata direttamente dal Cantone elvetico nel quale svolgono l'attività lavorativa con aliquote inferiori a quelle italiane; lo stesso Cantone trattiene il 61,2 per cento del relativo gettito per riversare poi il restante 38,8 per cento, come da precedente accordo con lo Stato italiano, ai comuni di frontiera;
    si stima che il nuovo regime fiscale comporterà per circa 60.000 frontalieri italiani un graduale e progressivo inasprimento della pressione fiscale del 10 per cento annuo, che garantirà all'Erario italiano un extragettito di circa 200 milioni di euro ai quali dover aggiungere i 15 milioni di euro da versare alla Confederazione elvetica, con una media di oltre 3.000 euro all'anno in più per ogni contribuente;
    anche i comuni di frontiera hanno espresso la loro perplessità, poiché si vedono minacciati dall'assenza all'interno del nuovo accordo della clausola del ristorno, cioè di quella quota di gettito pari al 38,8 per cento prelevato ai frontalieri e che annualmente la Svizzera stornava loro, e che dal 1974 ha garantito ai medesimi un continuo flusso di risorse, pari a circa 60 milioni di euro all'anno, da destinare ai servizi essenziali per la collettività,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte ad escludere che il nuovo regime fiscale derivante dal perfezionamento dei negoziati con la Confederazione elvetica incida in maniera sensibile sull'attuale livello di tassazione dei lavoratori frontalieri;
   ad assumere iniziative volte a rassicurare i comuni di frontiera prevedendo espressamente che nell'ambito dei futuri negoziati con la Confederazione elvetica non venga alterato il meccanismo dei ristorni finanziari che ha operato, fino ad oggi, in loro favore.
(1-01145) «Paglia, Franco Bordo, Scotto, Fassina».