• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
C.3/02000    con sentenza n. 229 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13 comma 3, lettera b), che vieta ogni forma di selezione a scopo...



Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-02000presentato daGIGLI Gian Luigitesto diMartedì 9 febbraio 2016, seduta n. 565

   GIGLI e SBERNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza n. 229 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13 comma 3, lettera b), che vieta ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche e comma 4, che prevede reclusione fino a sei mesi e multe fino a 150 mila euro per chi viola le norme;
   nella citata sentenza giudici della Suprema Corte hanno dichiarato, invece, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, che contempla i limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni, nella parte in cui vieta la crioconservazione e la soppressione di embrioni e prevede la reclusione fino a sei mesi e multe fin a 150 mila euro per chi commette reato;
   per i giudici della Consulta, infatti, «la malformazione degli embrioni non ne giustifica, e solo per questo, un trattamento deteriore rispetto a quello degli embrioni sani creati in numero superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto» e si prospetta quindi «l'esigenza di tutelare la dignità dell'embrione, alla quale non può parimenti darsi, allo stato, altra risposta che quella della procedura di crioconservazione». «L'embrione, infatti – scrivono i Giudici della Corte costituzionale – quale che ne sia il più o meno ampio, riconoscibile grado di soggettività correlato alla genesi della vita, non è certamente riducibile a mero materiale biologico»;
   in precedenza con la sentenza n.162 del 9 aprile 2014, depositata il 10 giugno, la Corte costituzionale aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 4, comma 3, della legge n. 40/2004, nella parte in cui stabilisce il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili, abbattendo anche quello che per molti era l'ultimo pilastro della normativa italiana sulla fecondazione assistita, ovvero il divieto di utilizzare gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente il trattamento (ovvero il divieto alla feconda eterologa);
   non vi è dubbio che si stia assistendo ad uno «smantellamento» dei capisaldi della legge n. 40 del 2004 attraverso le pronunce dei giudici di qualsiasi grado;
   riguardo alla fecondazione eterologa, la onerosità e la pericolosità delle procedure di prelievo stanno creando difficoltà nel reperimento di gameti femminili attraverso vere donazioni, tali da aver indotto alcune regioni, tra cui Toscana e Friuli Venezia Giulia ad acquistare gameti all'estero;
   il reperimento di gameti in banche estere è oneroso per le finanze pubblica (circa 4.000 euro a gamete, per un intervento che spesso deve essere ripetuto) e pone seri dubbi sullo sfruttamento di condizioni di povertà delle donne che si sottopongono al prelievo di ovuli, aggirando la legislazione italiana che vieta il commercio di qualunque materiale biologico, compresi sangue, tessuti e organi;
   le sollecitazioni indirizzate al Legislatore dalla Corte costituzionale al fine di introdurre apposite disposizioni in materia, non hanno prodotto gli interventi richiesti ed auspicati;
   l'emanazione il 1o luglio 2015 da parte del Ministero della salute del decreto di aggiornamento delle «Linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita», pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 14 luglio 2015, non ha contribuito a chiarire la materia;
   le nuove opportunità oggi offerte alle coppie di accedere ad ulteriori applicazioni di fecondazione assistita, proprio a seguito dei numerosi interventi giurisprudenziali qui richiamati, dovrebbe, per coerenza ed armonia di sistema, condurre a rimuovere taluni persistenti impedimenti ancora contenuti nella legge n. 40;
   è il caso dell'indeterminatezza della condizione degli embrioni soprannumerari;
   in conseguenza della sentenza n. 151 del 2009 Corte costituzionale che ha aperto alla produzione degli embrioni soprannumerari e al loro congelamento, in Italia sono circa 60 mila soprannumerari gli embrioni crioconservati e il loro numero è in continuo aumento;
   per tremila embrioni non impiantati e congelati è stato dichiarato lo stato di «abbandono» nei vari centri di procreazione medicalmente assistita;
   l'inevitabile spreco degli embrioni soprannumerari, derivanti da un impianto parziale di quelli in precedenza prodotti per avviare una fecondazione omologa o anche eterologa, cui si aggiungono quelli in precedenza selezionati per essere affetti da gravi patologie genetiche, pone l'ulteriore questione, su cui parimenti la legge n. 40 tace, relativa ad un loro successivo impiego per fini adottivi, a beneficio di altre coppie (sterili/infertili o anche fertili) diverse da quelle che li abbiano generati;
   l'opportunità di favorire l'adozione per la nascita degli embrioni eccedentari, che richiederebbe un appropriato intervento normativo, è stata pure sollecitata dal Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) potendo, sia pure parzialmente, «risolvere il problema bioetico degli embrioni residuali» e offrire anche una valida alternativa alla stessa fecondazione eterologa, ancora vietata al tempo (eravamo nel 2005) della manifestazione di questo parere;
   nella prospettiva di una inevitabile dissoluzione degli embrioni soprannumerari, a seguito del loro abbandono da parte delle coppie legittimate, la possibilità offerta agli stessi di poter continuare ad esistere all'esito di una loro adozione (nonostante la non corrispondenza genetica con la donna che sarebbe disposta ad accoglierli nel proprio grembo) finisce per rendere del tutto irragionevole il persistente silenzio serbato dalla legge n. 40 al riguardo;
   la disponibilità di embrioni a seguito di una esplicita dichiarazione di abbandono da parte della coppia legittimata ad impiegarli, ovvero del superamento di un determinato limite temporale, potrebbe realizzare le condizioni per una loro «donazione per l'adozione», finalizzata ad un loro «impianto» ovvero «accoglienza» per consentirne la maturazione fino alla nascita da parte di altre coppie interessate;
   nel rispetto ovviamente di tutte le opportune garanzie, dirette ad assicurare la regolarità della procedura di donazione, che potrebbe prevedere ad esempio il previo intervento del Tribunale dei minorenni, l'auspicio di evitare lo spreco e il successivo abbandono degli embrioni crioconservati potrebbe pure giustificare la possibilità di estendere l'impianto alle donne single, a somiglianza della pratica di adozione monogenitoriale oggi consentita dall'articolo 44 della legge sull'adozione n. 184 del 1983, sia pure, in quest'ultimo caso, in presenza di particolari condizioni;
   la possibilità di accesso a embrioni resi disponibili per l'adozione, permetterebbe tra l'altro di risolvere il problema della disponibilità di gameti e di evitare il commercio di essi e lo sfruttamento del corpo di donne povere che lo rende possibile, sia pure residenti all'estero –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alla sorte degli embrioni sopranumerari, con particolare riguardo all'assunzione di iniziative concernenti la loro adottabilità e l'applicazione della vigente disciplina recata dalla citata legge 4 maggio 1983, n. 184 in tale materia. (3-02000)