• C. 1610 EPUB Proposta di legge presentata il 20 settembre 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.1610 Introduzione della sezione IV-bis del capo I del titolo III del libro quarto del codice civile, concernente la vendita di azienda e di partecipazioni sociali


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1610


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MORETTI, FRANCESCO SANNA
Introduzione della sezione IV-bis del capo I del titolo III del libro quarto del codice civile, concernente la vendita di azienda e di partecipazioni sociali
Presentata il 20 settembre 2013


      

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Onorevoli Colleghi! La vitalità di un sistema economico si misura anche attraverso il suo dinamismo nelle attività cosiddette di Merger & Acquisition (M&A), vale a dire sulla base del numero e del valore delle operazioni che hanno per oggetto il trasferimento di pacchetti di partecipazioni societarie e di complessi aziendali.
      La rapida ed efficace circolazione delle azioni, delle quote e delle aziende rappresenta uno degli elementi fondamentali su cui si regge la competitività di un Paese.
      È evidente, però, che l'assenza di regole certe e di una tutela adeguata per l'acquirente-investitore rappresenta un pesante ostacolo rispetto alla crescita economica.
      Occorre pertanto intervenire con nuovi fattori normativi di stimolo agli investimenti.
      Il panorama normativo italiano presenta, ad avviso dei proponenti, una zona grigia di incertezza, proprio con riguardo alle tutele dell'acquirente. Infatti, chi oggi acquista un pacchetto azionario o un ramo d'azienda in Italia rischia, decorso un anno dal perfezionamento della compravendita, di non poter più agire nei confronti del venditore per essere indennizzato delle eventuali difformità tra quanto da quest'ultimo garantito e l'effettiva consistenza patrimoniale del target; e ciò anche quando il contratto di compravendita includa un apposito patto di garanzia di durata superiore. In questo senso, per lo meno, è ancora orientata la giurisprudenza prevalente, la quale, differenziandosi dalle conclusioni cui pure sono giunti in via ricostruttiva-interpretativa la dottrina e i tribunali arbitrali, tende a equiparare le misrepresentations ai vizi della cosa venduta o alla mancanza di qualità promesse (articoli 1490 e 1497 del codice civile) e, conseguentemente, ad applicare a detti patti di garanzia il termine di prescrizione di un anno dettato dall'articolo 1495 del codice civile.
      In effetti, de lege lata, occorre dire che la cornice normativa attuale conserva ancora un termine di prescrizione fissato in un anno dalla consegna della cosa e di decadenza di otto giorni dalla scoperta del vizio; tali termini (appartenenti al regime generale della vendita) furono fissati dal legislatore nel 1942 avendo riguardo alle vendite di beni tangibili e facilmente verificabili, con l'evidente scopo di non lasciare per troppo tempo l'affare nell'incertezza.
      Ma è chiaro che i difetti collegati all'acquisto di una partecipazione azionaria o di un'azienda tendono invece a palesarsi in tempi ben più lunghi rispetto a quelli previsti nel richiamato articolo 1495 del codice civile. Si pensi, tanto per fare un esempio, alle passività di natura fiscale: poiché di norma il termine entro il quale le autorità competenti possono eseguire accertamenti sulla società scade alla fine del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione oppure del quinto anno successivo in caso di omessa presentazione, è pressoché impossibile che un'eventuale irregolarità nelle dichiarazioni presentate dall'impresa nell'anno precedente l'acquisizione sia accertata (e quindi possa essere denunciata dall'acquirente al venditore) entro un anno dal closing dell'acquisizione. Ne consegue che l'acquirente si troverebbe sprovvisto di tutela per effetto della cesoia della prescrizione, senza neppure aver avuto il tempo di avvedersi del difetto lamentato.
      Appare evidente che, stante la peculiare complessità del «bene-partecipazione societaria» o del «bene-azienda», l'acquirente si attenda dal venditore una protezione tutt'affatto differente rispetto a quella del compratore di un cavallo o di un'autovettura.
      Come accennato, la dottrina e la giurisprudenza arbitrale hanno ritenuto superabile in via ricostruttiva-interpretativa il limite imposto dall'articolo 1495 del codice civile, ad esempio, qualificando i patti di garanzia come patti accessori con funzione assicurativa la cui durata, nel rispetto dell'autonomia negoziale, può estendersi per il tempo ritenuto opportuno dalle parti. Ma si tratta di una strada lungo la quale la giurisprudenza stenta ad avviarsi in mancanza di adeguati nuovi indici normativi.
      D'altra parte, la stessa giurisprudenza non manca di cogliere che il «bene-partecipazione societaria» o il «bene-azienda» sono ontologicamente differenti rispetto alla nozione comune di «bene» oggetto della «vendita generale»; il che peraltro è comprovato dal fatto che anche la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionale di merci, adottata a Vienna l'11 aprile 1980 e resa esecutiva dalla legge n. 756 del 1985, evita di disciplinare la vendita di partecipazioni societarie o di aziende.
      Ma i giudici ordinari ritengono che, stante il principio dell'inderogabilità dei termini prescrizionali dettato dall'articolo 2936 del codice civile, i patti di garanzia non possano produrre i loro effetti in relazione alla garanzia, oltre la durata dell'anno.
      In questo senso è paradigmatica la sentenza del 17 settembre 2008, ben nota tra gli addetti ai lavori, con cui la Corte d'Appello di Milano, dichiarando la nullità di un lodo arbitrale che aveva affermato la tesi poc'anzi ricordata, ha ribadito l'idea secondo cui le cosiddette business warranties devono essere inquadrate entro la garanzia legale in materia di vendita, con applicazione del termine prescrizionale annuale, ritenuto inderogabile.
      Si pone dunque l'esigenza di un intervento normativo che traduca in concreto la volontà del legislatore di assicurare un tempo adeguato entro il quale risulti «giustiziabile» la pretesa dell'acquirente, affinché quest'ultimo possa ottenere effettiva tutela sulla base delle previsioni contrattuali in ordine alle caratteristiche del bene-azienda o del bene-partecipazione societaria.
      Come già rilevato, ne va della capacità del nostro sistema economico di attrarre investimenti. In altri termini, se non si ripensano le regole, finisce per entrare in crisi la competitività stessa del sistema-Italia allo sguardo degli investitori; e, particolarmente, degli investitori stranieri potenzialmente interessati all'acquisto di partecipazioni o aziende sul mercato italiano.
      Il piano «Destinazione Italia», approvato dal Consiglio dei Ministri il 19 settembre 2013, ha proposto un complesso di interventi volti a favorire gli investimenti esteri nel nostro Paese e a migliorare l'ambiente di impresa per tutti gli attori coinvolti nel sistema-Italia. Attualmente, l'Italia attrae solo l'1,6 per cento dello stock di investimenti diretti esteri, contro il 2,9 per cento della Spagna, il 3,1 per cento della Germania, il 4,8 per cento della Francia, il 5,8 per cento del Regno Unito (Fonte: UNCTAD World Investment Report 2013; Analisi BCG).
      In particolare, tra le cinquanta misure del piano spicca la comune finalità di dare certezza agli investitori: certezza dei tempi, certezza del fisco, certezza delle autorizzazioni. Regole certe e tutele adeguate sono parte integrante della competitività dell'Italia.
      La presente proposta di legge intende rafforzare la certezza giuridica dei deals mediante il rafforzamento della tutela giurisdizionale dei diritti dell'acquirente-investitore, mediante l'introduzione di una sezione apposita (seppure composta di due soli articoli, così da non rendere pesante e invasivo l'intervento di novellazione del codice civile, di cui sempre va preservata la sistematicità e la coerenza interna), entro il regime della vendita: «Della vendita di azienda e di partecipazioni sociali».
      Oggi sembra decisamente arrivato il tempo di dedicare un'attenzione specifica, adeguata ed effettiva alla vendita di partecipazioni societarie e di aziende.
      Si è ritenuta preferibile l'opzione di un intervento entro il tessuto della vendita rispetto alla possibilità (tuttavia non del tutto da escludersi a priori, e su cui pure si è a lungo ragionato) di un intervento all'interno della trama normativa relativa alla società e all'azienda. Attraverso un intervento normativo mirato e circoscritto sulla vendita, infatti, si ha la certezza di cogliere il cuore del problema, solo così dissipando i possibili dubbi applicativi in materia. Il problema che si pone, in effetti, è precisamente di applicazione di norme sulla vendita (con riadattamento però delle norme esistenti, in virtù delle specificità del bene venduto), nonché sui termini di prescrizione che a quelle norme si collegano.
      L'intervento normativo proposto, dunque, introducendo una nuova sezione nel codice civile, precisamente nel libro quarto, titolo III, capo I, ossia la nuova sezione «Della vendita di azienda e di partecipazioni sociali», mira a riconoscere anche al compratore di partecipazioni societarie o aziende una tutela adeguata alla specificità della «merce» compravenduta, nonché a realizzare un'apertura del mercato italiano rispetto alle prassi del commercio internazionali e in specie del M&A.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Al libro quarto, titolo III, capo I, del codice civile, è aggiunta, in fine, la seguente sezione:

      «Sezione IV-bis
DELLA VENDITA DI AZIENDA E DI PARTECIPAZIONI SOCIALI

      Art. 1547-bis.(Vendita di azienda). – Nella vendita di azienda il termine di prescrizione dell'azione di cui all'articolo 1495 è di cinque anni.

      Art. 1547-ter.(Vendita di partecipazioni sociali). – Nella vendita di partecipazioni sociali i diritti derivanti dai patti relativi alla consistenza, alle caratteristiche del patrimonio, alle prospettive reddituali e alla situazione economica e finanziaria della società si prescrivono in cinque anni».