• Testo DDL 2177

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Atto a cui si riferisce:
S.2177 Delega al Governo in materia di disciplina delle competenze professionali nel settore delle attività motorie e sportive


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2177
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori IDEM, DI GIORGI, MARCUCCI, ALBANO, BERGER, BERTUZZI, BIANCO, BISINELLA, BROGLIA, CALEO, CANTINI, CAPACCHIONE, CARDINALI, CIRINNÀ, COLLINA, CONTE, CORSINI, CUOMO, D’ADDA, DALLA TOR, DE BIASI, DEL BARBA, DIRINDIN, FASIOLO, FAVERO, Elena FERRARA, FILIPPIN, FORNARO, FRAVEZZI, GATTI, GIACOBBE, GINETTI, GOTOR, GRANAIOLA, GUERRA, GUERRIERI PALEOTTI, LAI, LO GIUDICE, LO MORO, LUCHERINI, MANASSERO, MARAN, Mauro Maria MARINO, MARTINI, MASTRANGELI, MATTESINI, MICHELONI, MIGLIAVACCA, MIRABELLI, MORGONI, MOSCARDELLI, ORELLANA, ORRÙ, PADUA, PAGLIARI, PARENTE, PEZZOPANE, PIGNEDOLI, PUPPATO, RANUCCI, RICCHIUTI, ROMANO, Gianluca ROSSI, SANTINI, SCALIA, SILVESTRO, SOLLO, SPILABOTTE, SUSTA, VACCARI, VALDINOSI, VATTUONE, ZANONI e ZAVOLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 DICEMBRE 2015

Delega al Governo in materia di disciplina delle competenze professionali nel settore delle attività motorie e sportive

Onorevoli Senatori. -- Lo sport dilettantistico e amatoriale nel nostro Paese soffre di alcune carenze strutturali, dal punto di vista normativo, che senza dubbio richiedono l'intervento da parte del legislatore nazionale. Un punto che merita la massima attenzione riguarda la verifica e l'accertamento delle qualità delle competenze professionali di chi lavora nel settore sportivo dove, spesso, sembrano vigere le regole proprie del mondo del «far west», situazione nella quale non esistono leggi o norme specifiche e in cui ciascun soggetto cerca di ottenere al massimo il proprio vantaggio, anche a costo di danneggiare gli altri. Nella speranza che le forze politiche sappiano presto delineare un percorso condiviso per un approccio legislativo complessivo al mondo dello sport per il benessere della comunità, in cui poter valutare adeguatamente le diverse esigenze del settore alla quali non è stata ancora data, in via compiuta, una risposta effettiva, il presente progetto di legge intende intervenire al fine di dirimere una questione certamente annoverabile tra quelle principali, ovvero la regolamentazione dell'esercizio professionale delle attività motorie e sportive.

Spesse volte, infatti, accade che associazioni e società sportive dilettantistiche non richiedano il possesso di determinati requisiti per l'accesso alle professioni e, a tal fine, si fanno valere titoli o certificazioni rilasciati per il tramite di corsi di formazione non adeguati. Tali titoli abilitanti, attraverso i quali non è infrequente ottenere un posto di lavoro, celano però potenziali rischi per la salute e la sicurezza dei cittadini, dal momento in cui vengono utilizzati al pari di certificazioni rilasciate da autorità preposte a tale scopo (ad esempio, i corsi certificati da enti federali o enti equiparabili) o di percorsi di studi riconosciuti, nonostante l'articolo 32 della Costituzione disponga la tutela della salute, da parte della Repubblica, come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività». In questo senso, la crescente diffusione delle pratiche motorie per la salvaguardia della buona salute in base a prescrizioni mediche, fatto in sé assai positivo, sta rendendo ulteriormente utile negli ultimi anni un'organica trattazione di tale materia.

La frequenza a tali corsi, privi di alcun riconoscimento o certificazione da parte degli enti cui compete l'organizzazione e la gestione dello sport nel nostro Paese, non può essere assunta a requisito valido ai fini dell'esercizio dell'insegnamento, teorico e pratico, di qualsiasi disciplina sportiva o attività motoria. Invero, spesso essi hanno una durata di pochi mesi e sono fruibili dietro pagamento di cifre piuttosto elevate da parte dei partecipanti, nella speranza che tale percorso possa servire, in concreto, per accedere al mondo del lavoro nel settore sportivo.

Persistendo, dunque, la mancanza di una adeguata regolamentazione all'accesso professionale, si permette la sostanziale equiparazione, nel mondo dello sport dilettantistico, tra certificazioni rilasciate tramite tali corsi inadeguati e titoli di specializzazione accademica. Per tali ragioni, nel nostro Paese si rischia di perpetrare quello svuotamento di significato, peraltro già in atto, strettamente connesso alle opportunità professionali che conseguono all'ottenimento della laurea in scienze motorie (o del diploma ISEF). Vale ulteriormente ricordare in questa sede come la ratio della legge 18 giugno 2002, n. 136, recante equiparazione tra il diploma in educazione fisica e la laurea in scienze delle attività motorie e sportive, si possa ricondurre all'esigenza di assicurare la parità delle condizioni di accesso «ai pubblici concorsi ed alle attività professionali» (articolo 1, comma 1), riferimento quest'ultimo spesso superato dai fatti, nel momento in cui ai fini dell'accesso a tali attività possono tranquillamente non servire né l'uno (il diploma ISEF) né l'altra (la laurea in scienze motorie).

La questione tuttora insoluta si riferisce, quindi, alla reali garanzie che l'ordinamento vigente assicura (o non assicura) rispetto all'esercizio delle attività professionali nel settore delle attività motorie e sportive, su cui non può ulteriormente tralasciarsi l'inosservanza relativa alla certificazione delle competenze. Per esempio, come è possibile tutelare la salute, la sicurezza e la formazione degli allievi e delle allieve iscritti ad una scuola di danza quando è possibile che ivi accedano insegnanti del tutto in provvisati, senza alcun titolo riconosciuto e semplicemente per il tramite di un corso di abilitazione?

La regolamentazione dell'esercizio delle attività professionali nel mondo dello sport, non essendo individuati -- se non per specifici casi -- requisiti ad hoc per l'esercizio della professione, è un'esigenza realmente non rinviabile, essendo possibile, per tornare all'esempio sopra indicato, aprire una scuola di danza ed ivi educare, formare e preparare, pur nella mancanza di idonei titoli o certificazioni validi ai fini dell'insegnamento.

Quindi, nella mancanza della certezza che allievi ed allieve di diverse discipline sportive siano istruiti da docenti qualificati e preparati, ovvero che tale processo sia affidato a persone in possesso dei necessari requisiti professionali, indispensabili ai fini dello svolgimento corretto, tecnico e teorico, delle attività, viene meno l'assicurazione della migliore tutela psico-fisica e didattica, nonché di adeguate garanzie verso coloro che si rivolgono direttamente o che mandano i propri figli a praticare uno sport o a svolgere un'attività motoria.

Non è certamente un mistero come lo sport, anche a livello amatoriale e dilettantistico, sia uno strumento utile alla salvaguardia e allo sviluppo della salute fisica e psichica della persona, alla promozione dell'integrazione sociale, delle pari opportunità e dell'inclusione sociale, allo sviluppo delle capacità cognitive, nonché veicolo fondamentale per rafforzare la prevenzione contro ogni forma di violenza, razzismo, discriminazione, intolleranza o mancanza di correttezza.

Anche il «Libro Bianco sullo sport», prima importante iniziativa su scala europea che ha fornito orientamenti strategici sul ruolo della pratica sportiva nell'Unione europea, ha definito il tempo impiegato praticando attività sportive (a scuola e all'università) come produttore di benefici sanitari ed educativi «che occorre promuovere». È pertanto assolutamente necessario che lo Stato, oltre ad incentivare con tutti i mezzi a propria disposizione la formazione di una cultura sportiva nazionale (intesa come coscienza individuale più diffusa possibile dell’importanza dello sport), assicuri che coloro che sono chiamati in prima persona a svolgere attività di formazione siano adeguatamente preparati.

Se dunque occorre, da un lato, combattere il progressivo assottigliamento della realtà dell'associazionismo locale, primo approccio allo sport per moltissimi cittadini italiani e punto di riferimento nel mondo sportivo dilettantistico (e verso cui si dovrebbero attuare politiche di sviluppo), non si può permettere, dall'altro, l'utilizzo di istruttori non adeguatamente formati all'insegnamento.

È di altrettanta importanza rispetto all'esigenza di salvaguardare la migliore tutela della salute pubblica, singola e collettiva, l'assicurazione, per via normativa, che l'accesso al mondo delle professioni legate all'attività motoria e sportiva sia fondato sul possesso di competenze e requisiti certificati e comprovati, altro obiettivo primario della presente proposta.

Il decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178, a norma dell'articolo 17, comma 115, della legge 15 maggio 1997, n. 127, ha disciplinato la trasformazione degli ISEF (Istituti superiori di educazione fisica) e l'istituzione dei corsi di laurea e di diploma in scienze motorie. Il corso di laurea in Scienze motorie permette l'acquisizione di specifiche conoscenze relative ai principali àmbiti dell'educazione motoria e sportiva, comprendendo, quindi insegnamenti e attività inerenti all'area delle discipline motorie e sportive nonché agli insegnamenti relativi all'area biomedica, giuridico-economica, psico-pedagogica-sociale.

Tra gli esempi che si possono citare, l'Università degli Studi di Roma «Foro Italico», in sede di presentazione della laurea in scienze motorie e sportive -- 1st Level Degree in Sport Sciences (Classe L22), specifica che il corso (triennale) «è stato progettato per consentire ai laureati di conoscere e promuovere in autonomia i programmi di allenamento e di attività motoria individuali e di gruppo, nei diversi contesti sociali e secondo i diversi obiettivi graduando adeguatamente i programmi e i carichi di lavoro in funzione del genere, dell'età, della condizione fisica e delle altre specifiche caratteristiche dell'utenza». In poche parole, l'obiettivo dei corsi di laurea in scienze motorie, soprattutto all'esito di percorsi di studi quinquennali, è quello creare i professionisti del settore, in possesso di un adeguato bagaglio di conoscenze metodologiche, scientifiche, teoriche e pratiche adeguate.

Prescindendo da sbocchi professionali maggiormente rivolti al lato manageriale o a quelli relativi ai percorsi scolastici, che non si intende prendere in considerazione in questa sede (se non, parzialmente, in merito ai primi), occorre sottolineare come molti tra questi professionisti possano essere impiegati come allenatori e tecnici sportivi o istruttori di discipline sportive motorie. Tuttavia, per le ragioni sopra richiamate, tale sbocco professionale rischia di essere inficiato in mancanza di una normativa relativa alla certificazione delle competenze conseguite.

Se da un lato la Costituzione italiana non tutela espressamente la promozione dell'attività motoria e sportiva in una norma di rango costituzionale, è indubbio come una previsione del genere possa desumersi dallo spirito del Titolo II, nella parte della nostra Carta fondamentale che tratta dei rapporti etico-sociali. Né, d'altra patte, il testo costituzionale omette alcun riferimento al mondo dello sport, prevedendo che l'ordinamento sportivo spetti alla legislazione concorrente tra Stato e regioni e, quindi, la possibilità che il legislatore nazionale inquadri i princìpi generali della materia entro i quali possa muoversi il legislatore regionale, secondo il riparto delle competenze compiuto dalla riforma del Titolo V (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

Peraltro, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, avvenuta nel dicembre 2009, l’Unione europea ha acquisito per la prima volta una competenza specifica nel settore dello sport. L'articolo 165 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) contiene, infatti, aspetti dettagliati sulla politica europea dello sport, stabilendo che l'Unione europea, tra l'altro, contribuisce alla promozione dell'integrità fisica e morale degli atleti, in particolare dei più giovani. Oltre ad una mera inopportunità legata alla constatazione di fatto che l'accesso all'insegnamento delle attività motorie e sportive possa essere eccessivamente «libero» per quanto riguarda alcune discipline (in sintesi, perché l'insegnante di danza non deve avere i medesimi requisiti del maestro di sci o dell'insegnante di nuoto?), si potrebbe constatare una grave mancanza nell'ordinamento nazionale che, in assenza di un intervento normativo avente come oggetto l'istituzione e la disciplina delle professioni nel settore delle attività motorie e sportive, rischierebbe di permanere in posizione «non allineata» rispetto ai princìpi esposti in sede europea e in sede nazionale, causando tale evenienza una serie di ricadute negative, che minano nel profondo gli obiettivi legati alla trasposizione fattuale dei suddetti princìpi. Sviluppare per intero il «sistema sport» nel nostro Paese, difatti, passa anche dall'ineludibile esigenza di strutturare all'interno di un quadro normativo stabile il momento della certificazione delle competenze scientifiche necessarie per permettere il migliore esercizio delle attività motorie e sportive, con l'ulteriore conseguenza che tale procedimento sarebbe funzionale a scoraggiare al massimo grado il lavoro sommerso, piaga che affligge senza dubbio il settore dello sport.

Il presente disegno di legge si compone di due articoli. L'articolo 1 stabilisce le finalità della proposta, tra cui garantire adeguate condizioni di salute e di benessere del cittadino nell'espletamento delle attività motorie e valorizzare le competenze professionali dei laureati in scienze motorie, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni e ferme restando competenze e attribuzioni degli operatori sanitari.

L'articolo 2 contiene una delega al Governo, di concerto con il CONI, per l'emanazione di apposite linee guida finalizzate alla regolamentazione dell'esercizio delle professioni legate alle attività motorie e sportive, prevedendo:

a) l'obbligatorietà della presenza di figure professionali abilitate ai fini dell'insegnamento o, in alternativa, di soggetti che abbiano maturato una comprovata esperienza professionale nell'ambito delle diverse discipline;

b) la definizione delle modalità di assunzione di tali figure;

c) la previsione di sanzioni per chi non ottemperi a tali obblighi;

d) l'istituzione di una apposita commissione per l'insegnamento delle attività motorie e sportive volta ad aggiornare, almeno ogni tre anni, le linee guida.

L'idea delle linee guida è strettamente legata all'esigenza di definire, per ogni attività motoria e sportiva, i requisiti necessari validi ai fini dell'insegnamento, e tale sede è stata ritenuta quella maggiormente adatta per scegliere la direzione che l'ordinamento del nostro Paese intende intraprendere in materia di professioni all'interno del mondo sportivo. Ovvero se, per alcune professioni, conviene seguire l'esempio tracciato dal legislatore nel solco della legge 8 marzo 1991, n. 81, che reca disposizioni specifiche per la professione di maestro di sci; oppure se si decide, nell'ottica liberalizzante degli ultimi anni, di prevedere una normativa meno stringente, sulla quale imperniare in ogni caso – e tenuto conto delle grandi differenze che qualificano l'accesso alle professioni nelle diverse discipline motori e sportive – il suddetto processo di certificazione. Si è deciso di non prevedere in via diretta, ex lege, l'istituzione della professione in quanto tale configurazione, priva di una finalità specifica, potrebbe risultare effettivamente vana qualora non si provveda a definire, in modo chiaro e non equivoco, quali siano i requisiti indispensabili per accedere all'insegnamento delle diverse discipline sportive e delle attività legate alla funzione motoria.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge ha il fine di garantire le condizioni di salute e di benessere di cittadine e cittadini di ogni fascia d'età nell'espletamento delle attività motorie, sia amatoriali che professionali, tutelare l'istituzione e la regolamentazione delle attività professionali nel settore delle attività motorie e sportive, favorire l'inserimento nel mondo del lavoro, il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze professionali nelle scienze e nelle attività motorie e sportive, in ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di professioni e ordinamento sportivo, ferme restando le competenze e le attribuzioni degli operatori in ambito sanitario.

Art. 2.

(Delega al Governo in materia di istituzione, definizione ed esercizio della professione di esperto delle attività motorie e sportive)

1. Il Governo, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d’intesa con il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), è delegato ad adottare un decreto legislativo recante linee guida finalizzate alla regolamentazione dell'esercizio delle attività motorie e sportive che si svolgono all'aperto o all'interno di centri, di impianti di società, di associazioni sportive dilettantistiche e di enti di promozione sportiva, ovvero di palestre, di strutture sanitarie e socio-pedagogiche, di centri di rieducazione e riabilitazione, nonché presso qualsiasi altra struttura pubblica e privata, all’interno della quale siano esercitate, con carattere di continuità, attività motorie, anche di recupero e di riabilitazione funzionale o sociale, e sportive, al fine di stabilire i requisiti necessari per l'insegnamento teorico e pratico delle diverse discipline secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) obbligatorietà della presenza di figure professionali abilitate ai fini dell'insegnamento delle diverse attività motorie e sportive all'interno delle strutture di cui all’alinea del presente comma, che abbiano conseguito specifici titoli di studio ovvero, in assenza di questi, che abbiano maturato una comprovata esperienza professionale nell'ambito delle diverse discipline;

b) definizione delle modalità di assunzione delle figure di cui alla lettera a), in relazione alle specifiche attività svolte;

c) previsioni di sanzioni ricollegabili alla mancata presenza, nelle strutture di cui all’alinea del presente comma, delle figure di cui alla lettera a);

d) istituzione di una commissione per l'insegnamento delle attività motorie e sportive volta ad aggiornare almeno triennalmente le linee guida di cui all’alinea del presente comma.

2. Lo schema di decreto legislativo di cui alla presente legge è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia. I pareri sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e di motivazione, ai fini dell'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato in via definitiva.