• C. 3506 EPUB Proposta di legge presentata il 23 dicembre 2015

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Atto a cui si riferisce:
C.3506 Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernenti misure per sostenere la destinazione del risparmio privato all'investimento nel capitale delle piccole e medie imprese costituite in forma societaria


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3506


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FREGOLENT, ARLOTTI, BECATTINI, CAPOZZOLO, CARELLA, DALLAI, MARCO DI MAIO, DI SALVO, FEDI, FRAGOMELI, GRASSI, GIUSEPPE GUERINI, IORI, MAGORNO, MARCHETTI, MARTELLA, MORANI, MORETTO, PATRIARCA, ROMANINI, VICO
Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernenti misure per sostenere la destinazione del risparmio privato all'investimento nel capitale delle piccole e medie imprese costituite in forma societaria
Presentata il 23 dicembre 2015


      

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Onorevoli Colleghi! L'Italia è uno dei Paesi occidentali con i maggiori tassi di propensione al risparmio e con un elevato stock di ricchezza. Secondo i più recenti dati della Banca d'Italia la ricchezza delle famiglie italiane ammonta a 9.000 miliardi di euro (quasi 6 volte il prodotto interno lordo – PIL), 3.600 dei quali detenuti attraverso attività finanziarie.
      Nel mese di ottobre 2015 l'intera industria del risparmio gestito amministrava infatti 1.816 miliardi di euro, dei quali circa 890 miliardi di euro da parte delle società di gestione del risparmio (SGR) italiane ovvero il 25 per cento circa delle attività finanziarie detenute dalle famiglie, in crescita del 20 per cento sull'anno precedente. Secondo la relazione 2014 della Banca d'Italia tra il 2013 e il 2014 i flussi nei fondi comuni sono passati da 27 a 56 miliardi di euro mentre i titoli obbligazionari hanno registrato deflussi superiori a 123 miliardi di euro.
      Va inoltre segnalato come nei primi dieci mesi del 2015 la raccolta netta di fondi aperti abbia superato gli 88 miliardi di euro e per la fine 2015 l'ufficio studi di Intermonte SIM Spa ha stimato una raccolta netta positiva per oltre 90 miliardi di euro e 67 miliardi di euro nel 2016 ovvero oltre 150 miliardi di euro in due anni.
      Analizzando i dati dei fondi per tipologia di investimento emerge come nella componente obbligazionaria siano investiti tuttora 500 miliardi di euro mentre in quelli puri azionari solo 180 miliardi di euro, ripartiti su azioni di emittenti di tutti i mercati mondiali. Focalizzandosi solo sul mercato italiano i dati appaiono ancora più modesti: a fine 2014 le azioni italiane detenute dai fondi non arrivavano a 15 miliardi di euro, ovvero circa l'1,5 per cento del totale delle masse amministrate dalle SGR italiane.
      Appare quindi evidente come a fronte di un crescente interesse da parte delle famiglie italiane per il risparmio gestito e per lo spostamento delle scelte di investimento verso il capitale di rischio (azioni) dato il basso livello dei rendimenti di Bot e Btp (le forme di investimento preferite dalle famiglie italiane) la Borsa italiana non stia intercettando il flusso di risparmio che potrebbe aiutare la patrimonializzazione delle imprese e nel complesso rappresentare un fattore di crescita del Paese.
      Dal punto di vista macroeconomico il saldo delle partite correnti, cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, risulta attivo per 32 miliardi di euro, rispetto ai 25 miliardi di euro di un anno prima. Un contributo importante è arrivato dalla bilancia commerciale che, sempre cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era positiva per circa 50 miliardi di euro oltre il 3 per cento del PIL. Un dato inferiore, nell'eurozona, solo a quello della Germania (7 per cento del Pil), mentre la Francia nello stesso periodo presentava un deficit commerciale pari al 3 per cento del PIL. Il saldo della bilancia commerciale dell'eurozona a fine 2014 era positivo per 200 miliardi di euro, derivante quindi quasi interamente dai surplus di Germania e Italia.
      Per contro è cresciuto in modo significativo il flusso degli investimenti di portafoglio in attività finanziarie estere da parte degli italiani (sempre cumulato da inizio anno a fine settembre 2015), che era pari a 47 miliardi di euro. È palese come il nostro sistema non riesca a rimettere in circolazione in Italia il surplus delle partite correnti finendo, di fatto, per finanziare la crescita di Paesi esteri.
      Alla luce di quanto esposto si rende quindi necessaria una riflessione per cercare di canalizzare almeno una parte della ricchezza delle famiglie italiane per favorire lo sviluppo anche del nostro Paese.
      Una proposta in questa direzione è quella di intervenire favorendo l'afflusso dei risparmi privati verso il sistema delle piccole e medie imprese (PMI). L'Italia, con 5,3 milioni di imprese attive al 31 dicembre 2013, è infatti il Paese che vanta il maggior numero di microimprese e di PMI nell'Unione europea, superando di gran lunga anche Paesi più popolosi come la Germania e la Francia. In Italia le PMI, infatti, sono oltre il 99 per cento delle realtà imprenditoriali presenti. In base agli ultimi dati disponibili, le PMI occupano nel complesso poco meno di 4 milioni di addetti e hanno realizzato un volume di fatturato complessivo pari a 851 miliardi di euro, e un valore aggiunto di 183 miliardi di euro (pari al 12 per cento del valore del PIL). Le PMI non costituiscono solo numericamente l'ossatura del sistema produttivo nazionale, ma anche il loro contributo in termini di occupazione è significativo: impiegano, infatti, oltre l'81 per cento degli occupati totali, in particolare nel settore dei servizi.
      In questo contesto va inoltre sottolineato che già da tempo alcuni dei maggiori Paesi europei hanno istituito un regime di incentivazione fiscale per favorire l'afflusso di capitali privati verso le PMI, attraverso l'istituzione di fondi di investimento specializzati di tipo chiuso, con importanti risultati tanto in termini di sviluppo imprenditoriale quanto di crescita economica e occupazionale. In particolare, meritano di essere ricordate le misure predisposte in tale senso dalla Francia e dal Regno Unito: nel primo caso, attraverso la creazione dei Fonds Communs de placement dans l'Innovation (FCPI); nel secondo caso, mediante lo schema di incentivo del Venture Capital Trust (VCT).
      Le migliori pratiche a livello internazionale interpretano l'utilizzo della leva fiscale come strumento di sostegno allo sviluppo del sistema economico e imprenditoriale e pertanto potrebbe essere opportuno prevedere incentivi specifici a vantaggio dei sottoscrittori di fondi specializzati in PMI. Tali incentivi avrebbero l'effetto di rendere più attraenti questi strumenti nei confronti degli investitori, andando così ad aumentare la dotazione di capitale privato a disposizione del settore, canalizzando al tempo stesso tale capitale verso quelle categorie di imprese che stentano ancora a reperire i capitali necessari a finanziare i propri progetti di sviluppo.
      È quindi auspicabile favorire la nascita di fondi specializzati di tipo chiuso, nella forma dei fondi di investimento alternativo (FIA), rivolti alle persone fisiche, dedicati esclusivamente all'investimento in PMI e che intendano utilizzare le risorse raccolte per fare investimenti e creare occupazione.
      Per rendere i FIA convenienti per i risparmiatori le società beneficiarie dei capitali si dovrebbero impegnare a pagare un dividendo minimo del 2 per cento all'anno ovvero in linea con il rendimento del Btp a dieci anni, per cinque anni. Le SGR promotrici dei fondi si potrebbero invece impegnare a praticare un livello commissionale inferiore a quello medio di mercato.
      Per rendere appetibile l'investimento nei FIA di sviluppo, per superare il rischio della liquidabilità degli investimenti (tipico del fondo chiuso, essendo ovvio che l'investimento deve garantire, in ultima istanza, una certa stabilità e continuità degli impieghi), coerentemente con il ruolo strategico che tali fondi assumerebbero per il sistema economico italiano e sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, si dovrebbero prevedere alcuni peculiari meccanismi incentivanti. In primo luogo la quotazione del fondo ovvero la sua negoziabilità sul mercato secondario; in secondo luogo una detrazione fiscale riconosciuta al sottoscrittore persona fisica del fondo pari al 19 per cento del capitale investito annualmente con un limite implicito all'investimento (essendo prevista una detraibilità massima di 20.000 euro da ripartire in cinque anni).
      L'effetto finanziario per il bilancio dello Stato del FIA di sviluppo, ovvero la differenza tra il costo annuo della detrazione e la tassazione del rendimento annuo pagato dal fondo ai sottoscrittori nello stesso periodo, è stimato in circa 11 milioni di euro.
      Tale risultato è stato ottenuto utilizzando i dati forniti da Assogestioni circa la raccolta netta di fondi chiusi mobiliari degli ultimi dodici mesi (primo semestre 2014-primo semestre 2015, come sintetizzato dalla tabella sottostante):
(Dati in milioni di euro)
Totale
Raccolta netta 12 M*
Fondi chiusi 1104
                Patrimonio fondi mobiliari 335
                Detrazione 19%
                Costo detrazione (mn euro) 63,7
                Rendimento annuo patrimonio fondo 2,0%
                Provento tassazione rendimento (mn euro) 8,7
                Impatto netto finanze pubbliche (mn euro)
55,0
Ipotesi base

(*) Fonte: Assogestioni

      55 milioni di euro su un arco quinquennale rappresenterebbero dunque una teorica perdita fiscale per l'erario di 11 milioni di euro all'anno. Il FIA di sviluppo rappresenterebbe comunque una forma di investimento sostitutiva o alternativa rispetto a quella in altri strumenti finanziari, come ad esempio quello nelle PMI innovative che riconoscono, alle persone fisiche che li sottoscrivono, il medesimo beneficio fiscale. Un effetto sostituzione dei FIA di sviluppo con gli strumenti

finanziari emessi dalle PMI innovative è assolutamente ragionevole e ipotizzabile e quindi l'effetto finanziario per il bilancio dello Stato potrebbe ulteriormente ridursi. In ogni caso la stima è da considerare altamente prudenziale, poiché: a) non è realistico supporre che l'intero investimento in fondi chiusi italiani transiti nei FIA di sviluppo né che il transito sia immediato; b) l'eventuale disinvestimento, sia dai fondi chiusi attuali sia dai FIA di sviluppo, si genererebbe a scadenza delle plusvalenze per le quali opera la disciplina ordinaria del capital gain.
      Va poi considerato che la raccolta aggiuntiva legata alla nascita di nuovi fondi chiusi porterà effetti indiretti positivi sul bilancio dello Stato e in particolare:

          1) le entrate generate dalla tassazione sui dividendi delle PMI oggetto di investimento da parte del fondo;

          2) le entrate generate dall'effetto di patrimonializzazione delle PMI e maggiori investimenti delle PMI;

          3) le entrate generate dai profitti dell'industria del risparmio gestito per le attività a servizio dello sviluppo e della gestione dei FIA di sviluppo che, essendo focalizzati su PMI, impiegherebbero prevalentemente personale presente in Italia;

          4) le entrate generate dall'emersione dei profitti delle società che affrontano un processo di quotazione e di cambio di governance essendo le PMI prevalentemente di proprietà familiare e quindi non focalizzate sulla generazione degli utili come fattore distintivo per la creazione di valore.

      Alla luce di quanto esposto appare quindi evidente come tale norma a regime potrebbe prevedere a breve non solo nessun onere per lo Stato, ma addirittura maggiori introiti per la finanza pubblica.
      In tale contesto è anche utile rimarcare che la Camera dei deputati, nel corso dell'attuale legislatura, ha approvato un ordine del giorno alla legge di stabilità 2016 (atto n. 9/03444-A/008) a «valutare l'opportunità di elaborare un disegno di legge basato sulla introduzione, anche sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, di una categoria speciale di Fondi alternativi di investimento, denominabili FIA di Sviluppo, da costituire in forma chiusa e destinati all'investimento in PMI, da quotarsi in un mercato regolamentato o da trattarsi in un mercato secondario, investiti dell'obbligo di procurare un rendimento annuo pari ad almeno il 2 per cento (comunque in linea con quello dei BTP decennali), rivolti alla sottoscrizione delle sole persone fisiche e assistiti da un beneficio fiscale in termini di detrazione riconosciuta al sottoscrittore pari al 19 per cento del capitale investito annualmente prevedendosi una detraibilità massima di 20.000 euro ripartiti su cinque anni».
      La presente proposta di legge è suddivisa in 4 articoli.
      L'articolo 1 introduce la definizione del FIA di sviluppo nel «testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria», di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, stabilisce le modalità di costituzione e di operatività del fondo e demanda la disciplina di dettaglio a un apposito regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Viene inoltre specificato che «l'obiettivo finale di una remunerazione annuale dei partecipanti al FIA di sviluppo» debba «essere pari almeno al 2 per cento del patrimonio investito alla data del 31 dicembre dell'anno anteriore alla data di distribuzione dei proventi».
      L'articolo 2 introduce l'articolo 15-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo che «La persona fisica che sottoscrive partecipazioni di un FIA di sviluppo» possa «portare in detrazione all'imposta lorda sul reddito imponibile una somma pari al 19 per cento del suddetto importo e comunque non superiore a 20.000 euro». Viene inoltre specificato che le modalità di attuazione delle agevolazioni previste debbano essere individuate con un apposito regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
      L'articolo 3 indica la copertura finanziaria, mentre l'articolo 4 dispone l'entrata in vigore della legge.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di fondi di investimento alternativo)

      1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 1, comma 1, dopo la lettera m-quater) è inserita la seguente:

              «m-quater.1) “il fondo di investimento alternativo (FIA) di sviluppo”: il FIA italiano o dell'Unione europea di tipo chiuso di cui all'articolo 37-bis»;

          b)    alla sezione I del capo II del titolo III della parte II, dopo l'articolo 37 è aggiunto il seguente:

      «Art. 37-bis. – (FIA di sviluppo).1. Il FIA di sviluppo deve essere costituito in forma di Oicr chiuso e deve ottenere la quotazione in un mercato regolamentato nei termini e con le modalità previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 marzo 2015, n. 30.
      2.    Il regolamento del FIA di sviluppo deve prevedere che almeno il 90 per cento del patrimonio sia investito in azioni, quote o titoli assimilabili, emessi da piccole e medie imprese, che siano società di capitali.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato con decreto entro il 1 marzo 2016, determina le caratteristiche e i requisiti delle piccole e medie imprese di cui al comma 2, fermo restando che le predette imprese devono avere la sede operativa o gli insediamenti produttivi ubicati nel territorio della Repubblica italiana.


      4. Il FIA di sviluppo può investire fino a un massimo del 10 per cento del patrimonio nelle altre attività e negli altri beni nei quali l'investimento è concesso ai FIA italiani o dell'Unione europea di tipo chiuso, con esclusione delle partecipazioni in imprese start-up innovative di cui all'articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e in piccole e medie imprese innovative di cui all'articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, nonché delle partecipazioni in Oicr che a loro volta investano in start-up innovative o PMI innovative.
      5. Il regolamento del FIA di sviluppo prevede la distribuzione ai partecipanti, per ciascun esercizio, di un provento annuo non inferiore alla totalità dei dividendi o degli altri proventi erogati, nello stesso esercizio, dalle imprese in cui il patrimonio è investito. A tale fine il gestore orienta le sue strategie di investimento proponendosi di perseguire l'obiettivo finale di una remunerazione annuale dei partecipanti al FIA di sviluppo pari almeno al 2 per cento del patrimonio investito alla data del 31 dicembre dell'anno anteriore alla data di distribuzione dei proventi.
      6. Per quanto non espressamente previsto o derogato dal presente articolo, al FIA di sviluppo si applicano le disposizioni legislative o regolamentari che disciplinano i FIA di tipo chiuso».
Art. 2.
(Introduzione dell'articolo 15-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazioni per investimenti in fondi di investimento alternativi di sviluppo).

      1. Dopo l'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è inserito il seguente:

      «Art. 15-bis. – (Detrazioni per le persone fisiche di investimenti in fondi di investimento alternativi di sviluppo).1. La persona fisica che sottoscrive partecipazioni di un fondo di investimento alternativo (FIA) di sviluppo, disciplinato dall'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può portare in detrazione all'imposta lorda sul reddito imponibile una somma pari al 19 per cento del suddetto importo e comunque non superiore a 20.000 euro. Ai fini di tale detrazione, non si tiene conto delle altre deduzioni o detrazioni eventualmente spettanti al contribuente. La misura massima di detrazione è concessa per la totalità delle sottoscrizioni effettuate dal contribuente nell'arco di un anno solare.
      2. L'ammontare indicato al comma 1 è portato in detrazione, in parti uguali, nell'arco di cinque periodi d'imposta. L'ammontare, in tutto o in parte, non detraibile in un periodo d'imposta può essere portato in detrazione dall'imponibile sul reddito delle persone fisiche nei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il secondo rispetto alla scadenza del primo termine di riscatto, previsto dal regolamento del FIA di sviluppo.
      3. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro il 1 marzo 2016, sono individuate le modalità di attuazione delle agevolazioni previste dal presente articolo.
      4. L'efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero dello sviluppo economico».

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1.    All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge,

valutato in 11 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2.    Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti di attuazione previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2.