• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.5/07921    l'articolo 28 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n. 114, così come richiamata dall'articolo 10 della legge 7 agosto...



Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-07921presentato daPINI Gianlucatesto diGiovedì 25 febbraio 2016, seduta n. 577

   GIANLUCA PINI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 28 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n. 114, così come richiamata dall'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, è intervenuto sulla rideterminazione del diritto annuale a carico delle imprese;
   lo stesso articolo 10 della citata legge 7 agosto 2015, n. 124 delega il Governo ad adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima un decreto legislativo per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, anche mediante la modifica della legge 29 dicembre 1993 n. 580, come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23, e il conseguente riordino delle disposizioni che regolano la relativa materia rispettando principi e criteri direttivi previsti nella citata legge n. 124;
   ancora una volta si ravvede, nell'operato del Governo, il controsenso di attuare una riforma (in tal caso quella della pubblica amministrazione) su enti (in tal caso le camere di commercio) non gravanti sul bilancio dello Stato, ma che anzi versano annualmente una quota di risparmi alle casse statali e finanziano i Consorzi Fidi utili alle aziende del nostro Paese in questo drammatico contesto socioeconomico che ci caratterizza da diversi anni;
   è del tutto evidente che le modalità con cui l'attuale Governo vuole dar corso alla riforma si manifestano in tutta la loro drammacità; togliere fonti di finanziamento agevolato alle imprese, togliere gli interventi relativi alle strutture socioeconomiche dei territori per un risparmio sul diritto annuale a regime, al netto dell'effetto fiscale per le ditte individuali di circa 2,50 euro al mese e di circa 5 euro per le rimanenti non darà nessuna utilità ed in più causerà un esubero di personale iniziale stimato dal 15 per cento al 25 per cento;
   da notizie di stampa risulta la dichiarazione di stato d'agitazione indetta dal personale delle camere di commercio, circa 7000 in Italia, preoccupati per l'eventuale perdita del posto di lavoro;
   invero, il taglio dei dipendenti non costituirà un risparmio di spesa, posto che in quanto personale pubblico finirà obbligatoriamente ad incidere sulle casse dello Stato, dovendo essere trasferito ad altreamministrazioni;
   da notizia riportata solo dal quotidiano romano Il Tempo del giorno 3 febbraio 2016, risulterebbe la dura presa di posizione di PMI Italia, a nome del suo vice presidente, contro la riforma che sembrerebbe configurarsi come uno smantellamento delle camere di commercio con un danno alle piccole e medie imprese che in Italia rappresentano il 90 per cento del tessuto produttivo;
   i piccoli imprenditori hanno sempre trovato nel sistema delle camere del commercio supporto, sostegno e consulenza su tutta l'attività imprenditoriale ed, in modo particolare, nell'accesso al credito e nel settore dell'internazionalizzazione;
   la medesima notizia riporta, inoltre, il rinvio della riforma che verrebbe espunta dalla più ampia riforma della pubblica amministrazione;
   da un ulteriore comunicato stampa di Rete Imprese Italia sull'esito dell'incontro avuto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione avuto dai rispettivi presidenti delle associazioni Confesercenti, Confartigianato, Confcommercio, CNA e Casartigiani emerge la posizione contraria alla riforma e, nello specifico, al taglio del diritto annuale che pagano gli stessi imprenditori e che rappresentano le maggiori entrate per le camere di commercio e alla diminuzione del loro numero da 105 a non più di 60, con il rischio di produrre effetti negativi per le imprese ed il territorio;
   da un consulto delle audizioni svolte presso le commissioni parlamentari e da quanto dichiarato dal 90 per cento degli imprenditori italiani parrebbe emergere la «nullità» dell'intervento di riforma delle camere di commercio, e il danno per lo Stato Italiano, senza nessun beneficio per tutto il tessuto produttivo;
   piuttosto, secondo l'interrogante, la riforma dovrebbe essere improntata al rilancio e alla valorizzazione attraverso implementazioni di funzioni nei territori d'appartenenza, evitando duplicazione con altre amministrazioni pubbliche, trasferendo ad esse tutte le attività afferenti al fare impresa, configurando le camere di commercio quale vera e unica casa delle imprese, riconoscendo alle stesse ed ai loro dipendenti quella capacità fattuale di professionalità, efficienza ed efficacia che lo Stato ricerca nei suoi cittadini/imprenditori, nel contempo, eliminando tutti quegli attori che di fatto non possono rappresentare lo Stato e il pubblico interesse ed eventualmente rafforzando la percezione che la legge è uguale per tutti –:
   se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa ed in ragione del dissenso manifestato e che si sta manifestando sul riordino delle camere di commercio, non ritenga più opportuno bloccare l'attuale impianto di riforma e sostenere in maniera costruttiva il processo di autoriforma avviato dagli enti medesimi. (5-07921)