• Testo DDL 382

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Atto a cui si riferisce:
S.382 Modifica all'articolo 28 del codice penale e abrogazione dell'articolo 32 del medesimo codice nonché dei commi 1 e 2 dell'articolo 85 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di pene accessorie, per favorire il reinserimento sociale e lavorativo delle persone condannate
approvato con il nuovo titolo
"Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario"


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 382
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore BARANI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 APRILE 2013

Modifica all'articolo 28 del codice penale e abrogazione dell'articolo 32 del medesimo codice nonché dei commi l e 2 dell'articolo 85 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di pene accessorie, per favorire il reinserimento sociale e lavorativo delle persone condannate

Onorevoli Senatori. -- In buona parte dei casi la finalità del reinserimento sociale, in particolare di quello lavorativo, della persona condannata viene pregiudicata dalle pene accessorie previste dal nostro ordinamento giuridico. Tali sanzioni, infatti, sono «incapacitanti»: riducono o limitano cioè le possibilità del condannato di accedere a determinate attività o di svolgerle e inoltre hanno quasi sempre corso al termine dell'esecuzione della pena principale, cioè proprio nel momento in cui si pone (o consolida, se già avviato) il problema del reinserimento sociale della persona.

Il presente disegno di legge, frutto dello studio e dell'impegno del dottor Alessandro Margara, ex capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, intende intervenire sulle seguenti pene accessorie: a) interdizione dai pubblici uffici prevista dall'articolo 28 del codice penale; b) interdizione legale disciplinata dall’articolo 32 dello stesso codice penale; c) divieto di espatrio e ritiro della patente previsti dall'articolo 85, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.

L'articolo 28 del codice penale attualmente in vigore, al secondo comma, se interpretato correttamente, non preclude l'assunzione di un detenuto presso le pubbliche amministrazioni per attività lavorative che comportino semplici mansioni d'ordine o prestazioni d'opera meramente materiali. È indubbio pertanto che le attività indicate non sono affatto impedite dalla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. Del resto vi sono numerose amministrazioni comunali che prevedono l'assunzione di detenuti come operatore ecologico in genere o come inserviente in servizi sanitari e simili. Al riguardo però ve ne sono molte altre che ritengono invece precluse le assunzioni delle persone condannate alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. Si è creata quindi una situazione di incertezza interpretativa che va chiarita con un'esplicita modifica all'articolo 28 del codice penale. Questo spiega il primo articolo della presente proposta, che introduce un nuovo comma del citato articolo 28 recante, appunto, il chiarimento indicato.

L'interdizione legale di cui all'articolo 32 del codice penale impedisce al condannato di svolgere tutte quelle attività che presuppongono il compimento di atti giuridici; attività che possono andare dalla stipula di uno specifico atto contrattuale per la costituzione di un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo, alla partecipazione ad atti, come la costituzione di una società, particolarmente di una società cooperativa, che possono porre le condizioni per un successivo inserimento lavorativo. Quindi anche questa pena accessoria certamente non agevola, ma più spesso ostacola, il percorso di reinserimento del condannato nella società. Anche in questo caso dunque si tratta di riflettere sull'ammissibilità dell'incapacitazione della persona nell'ambito sociale, ossia su una misura che risulta segnata da una filosofia di esclusione sociale del condannato, propria di una concezione della pena esattamente opposta a quella oggi affermata dall'articolo 27 della Costituzione e richiamata dalla giurisprudenza della stessa Corte costituzionale. Si ritiene pertanto che, dinanzi a tale norma, l'unico intervento possibile sia quello della sua abrogazione.

Il presente disegno di legge prevede, infine, l'abolizione anche delle pene accessorie previste dall'articolo 85 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Le pene accessorie previste da tale norma comportano infatti la riduzione delle opportunità di lavoro dei soggetti sanzionati in quanto: a) il divieto di espatrio impedisce non solo il lavoro all'estero, ma anche il lavoro in Italia che prevede lo svolgimento di prestazioni all'estero (è il caso dell'autotrasporto, della navigazione e di tutti quei lavori che pur svolgendosi alle dipendenze di imprese italiane si effettuano in tutto o in parte all'estero); b) il ritiro della patente di guida è un handicap assoluto o relativo: assoluto nelle attività di lavoro in cui la patente è necessaria e relativo in tutte quelle in cui l'uso della stessa è più o meno indispensabile per raggiungere il luogo di lavoro. Non disporre della patente di guida è oggi una forma di grave incapacitazione della persona. È chiaro che la sanzione è stata voluta, in ragione dei suoi effetti dissuasivi, proprio per questo, ma è anche chiaro che, per il risultato incapacitante che produce e, in particolare, per il ritardo nel tempo di produzione dello stesso (alla fine della pena principale), tale sanzione ostacola e riduce fortemente la possibilità di reinserimento al lavoro della persona condannata.

C'è da chiedersi quale efficacia abbiano le predette pene accessorie previste dall'articolo 85 del testo unico nei confronti del condannato, il quale non sarà certo ostacolato dal divieto di espatrio o dal ritiro della patente di guida se intende tornare a delinquere, mentre sarà ostacolato da queste misure se intende seguire un percorso di riabilitazione sociale e di lavoro. Per evitare questo rischio, secondo alcuni, una soluzione potrebbe essere quella di prevedere forme di disapplicazione di tali norme, rimesse eventualmente a un provvedimento dell'autorità giudiziaria che, previo accertamento della situazione attuale, agevoli il processo di reinserimento sociale e lavorativo in corso del condannato. Si ritiene però che sia preferibile la soluzione più netta dell'abolizione delle richiamate pene accessorie, proprio in considerazione delle ragioni sottese a questa disposizione normativa che sono quelle di far pesare la condanna, di non farne perdere il ricordo e di perseguire ancora il condannato dopo che la parte essenziale della condanna è stata già espiata. Tutto ciò, come già rilevato, è contrario al principio di finalizzazione della pena affermato dalla Corte costituzionale.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifica all'articolo 28 del codice penale in materia di interdizione dai pubblici uffici)

1. All'articolo 28 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«L'interdizione dai pubblici uffici non preclude lo svolgimento di semplici mansioni d'ordine nonché la prestazione d'opera meramente materiale presso amministrazioni pubbliche, che costituiscono attività di pubblico servizio».

Art. 2.

(Abrogazione dell'articolo 32 del codice penale in materia di interdizione legale)

1. L'articolo 32 del codice penale è abrogato.

Art. 3.

(Modifiche all'articolo 85 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di pene accessorie)

1. All'articolo 85 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi 1 e 2 sono abrogati;

b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Confisca».