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Atto a cui si riferisce:
C.3667 Disposizioni concernenti la disciplina del finanziamento di attività religiose e caritative della Chiesa cattolica e del sostentamento del clero


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3667


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI, MATARRELLI, PASTORINO
Disposizioni concernenti la disciplina del finanziamento di attività religiose e caritative della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose e del sostentamento del clero
Presentata il 10 marzo 2016


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge costituzionale intende intervenire sulla disciplina della destinazione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), che costituisce attualmente la forma concordata tra lo Stato e la Chiesa cattolica per il concorso al finanziamento di attività religiose e caritative e del sostentamento del clero, modificando il trattamento delle scelte non espresse nelle dichiarazioni dei contribuenti e stabilendo che le quote non optate non siano suddivise proporzionalmente tra lo Stato e la Chiesa (nonché le altre confessioni religiose che hanno stipulato intese le quali ciò prevedano), ma destinate esclusivamente allo Stato con l'obbligo di impiegarle per interventi volti al contrasto della povertà. Si tratterebbe di un importo annuo di circa 600 milioni di euro.
      La legge 20 maggio 1985, n. 222, ha stabilito che una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, sia destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica. Essa, all'articolo 47, prevede che «in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Gli importi per i quali non è stata operata una scelta, quindi, invece di essere incamerati dallo Stato, vengono distribuiti in proporzione tra i destinatari. Poiché i contribuenti che non indicano alcuna destinazione della quota dell'otto per mille sono la maggioranza (fra il 55 e il 60 per cento del totale), anche essi, non conoscendo il meccanismo di ripartizione, contribuiscono, senza espressamente volerlo, con la loro parte di IRPEF. La principale beneficiaria di tali quote per le quali non è stata fatta alcuna opzione è la Chiesa cattolica, che, essendo la prima destinataria delle opzioni, acquisisce più del doppio di quanto risulterebbe dal calcolo operato sulla base delle sole scelte espresse. Nel 2014, ad esempio, il 53,9 per cento dei contribuenti non ha effettuato scelta ma, poiché l'optato a favore della Chiesa cattolica era la quota maggiore, pari al 37 per cento, questa ha ottenuto l'82 per cento dei fondi dell'inoptato, che tradotto in euro corrisponde a oltre un miliardo, anziché 485 milioni di euro.
      Il meccanismo di analoghi istituti di partecipazione al gettito dell'IRPEF non funziona in tutti i casi in questo modo. Nel 2014, il 2 per cento del prelievo dell'IRPEF a favore dei partiti politici aveva teoricamente a disposizione 7,75 milioni di euro, ma, avendo raccolto appena 16.518 opzioni, ha assegnato solo 325.000 euro. In quel caso, la norma non ha previsto che i fondi fossero ripartiti calcolando anche i contribuenti che non avessero indicato un partito. Perciò, i soldi non distribuiti sono rimasti nel bilancio dello Stato.
      Lo stesso vale per il 5 per mille, destinato alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. In questo caso il Governo fissa annualmente un limite di spesa (500 milioni di euro nel 2014) e la ripartizione si calcola solo sulla base delle scelte espresse.
      La ridistribuzione totale delle quote dell'otto per mille è quindi una generosa eccezione, pensata appositamente per la Chiesa cattolica nel 1985, quando si trattò di rivedere il Concordato del 1929. Fino ad allora la Chiesa italiana veniva finanziata infatti dallo Stato tramite i cosiddetti supplementi di congrua, assegni – istituiti a seguito della confisca dei beni ecclesiastici nel XIX secolo – con cui veniva assicurato il sostentamento del clero. Temendo che il nuovo sistema non permettesse di raggiungere una cifra corrispondente, il Ministero delle finanze effettuò allora delle proiezioni ad hoc per stabilire il livello di prelievo necessario e il protocollo stipulato a seguito dell'intesa tra le due Parti sovrane previde conseguentemente la ripartizione basata sul totale dei contribuenti.
      Senza adottare i sistemi vigenti in Francia, Irlanda e Regno Unito, ove le confessioni religiose non ricevono contributi pubblici e ricorrono all'autofinanziamento, basterebbe seguire il modello della cattolicissima Spagna, ove il contribuente decide a chi attribuire parte dell'imposta ma i fondi, se non esprime una preferenza, rimangono allo Stato. Facendo lo stesso anche in Italia, le casse pubbliche si ritroverebbero con un tesoretto di 600 milioni di euro in più all'anno.
      Anziché abbassare il prelievo, come qualcuno vorrebbe fare, si potrebbe proporre una modifica dell'intesa con la Chiesa cattolica. Si tratterebbe di un percorso lungo, certo, ma gli anni di crisi occupazionale che l'Italia sta attraversando sono i peggiori nell'ultimo cinquantennio, come emerge dall'indagine svolta nel luglio 2015 dall'Istituto nazionale di statistica, che ha rilevato che nel 2014 gli italiani poveri erano più di 7 milioni, di cui oltre 4 milioni in condizioni di povertà assoluta.
      È probabile che una proposta di revisione del Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica troverebbe d'accordo anche Papa Francesco, che tante volte ha tuonato contro i privilegi della Chiesa di Roma e ha impresso un nuovo corso al Cattolicesimo. Il 16 novembre 2015 è stato celebrato il cinquantesimo anniversario del Patto delle Catacombe ed è stato rinnovato l'impegno preso lo stesso giorno del 1965. Allora, un gruppo di padri conciliari, 42 vescovi della «Chiesa dei poveri», a conclusione del Concilio Vaticano II, decise di scendere nelle Catacombe di Santa Domitilla a Roma, simbolicamente «ai margini», per firmare il «Patto delle Catacombe» impegnandosi a vivere una vita sobria, senza lussi, onorificenze e privilegi, tutta orientata alla costruzione di una Chiesa dei poveri. Ora, con Papa Francesco, anche se a passi lenti, la morigeratezza sta diventando l'impegno di tutta la Chiesa e i vescovi italiani si sono espressi «per un nuovo umanesimo della Chiesa in Italia, non alla ricerca dei soldi e del potere ma con una attenzione privilegiata ai poveri».
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.

      1. Agli effetti della destinazione delle quote dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui al terzo comma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, la quota corrispondente alle scelte non espresse da parte dei contribuenti è attribuita alla gestione dello Stato ed è impiegata per il finanziamento di iniziative volte al contrasto della povertà.
      2. Le modificazioni degli istituti relativi al finanziamento di attività religiose e caritative della Chiesa cattolica e del sostentamento del clero mediante la destinazione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche applicata nello Stato, di cui al comma 1 della presente legge costituzionale, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
      3. Il secondo periodo del terzo comma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, è soppresso.

Art. 2.

      1. Le disposizioni dell'articolo 1 si applicano anche per la ripartizione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche disciplinata dalle leggi di approvazione di intese, stipulate con le confessioni religiose diverse dalla cattolica ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, le quali prevedano tale istituto.