• C. 1785 EPUB Proposta di legge presentata l'11 novembre 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.1785 Istituzione di un contributo di solidarietà ed equità previdenziale nonché disposizioni in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici e delega al Governo in materia di previdenza per le nuove generazioni


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1785


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GNECCHI, INCERTI, MAESTRI, GIACOBBE, CASELLATO, CENNI, SANI, CARRA, GHIZZONI, PETITTI, D'INCECCO, BOBBA, ZARDINI, IACONO, ARLOTTI, BARGERO, COMINELLI, AMODDIO, NICOLETTI, MANFREDI, BIONDELLI, ZAMPA, BASSO, VALERIA VALENTE, FABBRI, ROCCHI, RUBINATO
Istituzione di un contributo di solidarietà ed equità previdenziale nonché disposizioni in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici e delega al Governo in materia di previdenza per le nuove generazioni
Presentata l'11 novembre 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Il nostro sistema previdenziale è stato oggetto, nella scorsa legislatura, di molti interventi, ma, purtroppo, in modo disorganico e contraddittorio, senza valutarne gli effetti sulla vita delle persone e senza un vero e chiaro disegno riformatore. Il sistema previdenziale deve essere costantemente monitorato, a garanzia della sostenibilità del sistema stesso e soprattutto per garantire ai giovani di oggi un reddito da pensione che consenta loro una vecchiaia dignitosa. Esistono troppe aliquote diverse, troppi fondi e troppe differenze: si dovrebbe realmente procedere a una riforma organica e complessiva che porti a un sistema equo, assicuri garanzie per il futuro e, in particolare, protegga dall'utilizzo delle risorse del sistema previdenziale per far fronte alle esigenze di cassa o di copertura del debito pubblico o delle emergenze. Già il legislatore, con la legge n. 247 del 2007, unica riforma che ha trovato consenso e che è stata condivisa dopo un lungo confronto con le parti sociali, e, in dettaglio, con l'articolo 1, comma 12, ha cercato di porre le basi per affrontare organicamente le criticità del nostro sistema pensionistico, sia rispetto alla sua sostenibilità, sia per approntare idonee misure che garantiscano alle nuove generazioni un tasso di sostituzione non inferiore al 60 per cento dell'ultima retribuzione. È sicuramente da questo che si dovrebbe ripartire.
      A tale riguardo appare utile riportare letteralmente il dispositivo del citato comma 12: «Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è costituita una Commissione composta da dieci esperti, di cui due indicati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, due indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze, sei indicati dalle organizzazioni dei lavoratori dipendenti e autonomi e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con il compito di proporre, entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure europee, che tengano conto:

          a) delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che incidono sulla determinazione dei coefficienti medesimi;

          b) dell'incidenza dei percorsi lavorativi, anche al fine di verificare l'adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all'aliquota prevista per i lavoratori dipendenti;

          c) del rapporto intercorrente tra l'età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività».

      Purtroppo l'acuirsi della crisi economica di questi ultimi cinque anni, le modifiche sul regime pensionistico introdotte, in particolare dai decreti-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalle legge n. 122 del 2010, e n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, hanno per la prima volta prodotto il dramma dei cosiddetti «esodati» a causa della mancanza di gradualità, hanno scardinato alcuni istituti fondamentali del nostro sistema pensionistico, come ad esempio quello della ricongiunzione dei contributi o della costituzione della posizione contributiva presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) in mancanza del diritto alla pensione in un altro fondo e, fatto ancora più grave, hanno innescato uno scontro generazionale fra lavoratori giovani e anziani nonché provocato un forte atteggiamento di rivalsa nei confronti di coloro che hanno fruito del trattamento pensionistico calcolato con il sistema retributivo. Vale la pena di ricordare che il calcolo retributivo esiste dal 1969 e che la legge n. 335 del 1995 ha creato una barriera tra chi aveva già maturato 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e chi aveva iniziato a lavorare dopo il 1o gennaio 1996, creando una situazione di transizione con un calcolo misto retributivo e contributivo per chi non era compreso in tali ipotesi. Va anche precisato che quasi tutte le pensioni vigenti oggi sono calcolate con il sistema retributivo perché chi è andato in pensione con 40 anni di contributi o a 65 anni di età aveva 18 anni al 31 dicembre 1995 e quindi anche il calcolo misto riguarda una minoranza degli attuali pensionati.
      Si deve inoltre intervenire sulle cosiddette «pensioni d'oro», individuando, però, esattamente la fascia da prendere in considerazione e la platea dei beneficiari, anche perché il problema reale in Italia sono le pensioni troppo basse con le quali la gente non riesce a vivere. Si è cercato di intervenire con un contributo di solidarietà, ma esso ha acuito lo scontro generazionale in atto, che bisogna invece evitare, avvalorando la falsa tesi che tutte le pensioni calcolate con il sistema retributivo sono un costo generale per la collettività.


      Si deve invece recuperare lo spirito della legge n. 247 del 2007 e si devono individuare misure che ripristinino la solidarietà fra le generazioni e che permettano anche di realizzare una redistribuzione della ricchezza e di garantire prestazioni pensionistiche dignitose alle nuove generazioni.
      Fra le misure possibili non si ritiene opportuno, sia perché difficilmente attuabile sia per l'oggettiva complessità sia per i possibili profili di incostituzionalità, la misura, sollecitata da più parti, di ricalcolare con il metodo contributivo le pensioni vigenti superiori a 10 volte il trattamento minimo, liquidate con il metodo retributivo. Si dovrebbero ricalcolare, in pratica, tutte le pensioni vigenti, ma è da rilevare che solo da pochi anni l'informatica permette di verificare le posizioni contributive, mentre fino a pochi anni fa si utilizzavano dati cartacei e, inoltre, nel pubblico impiego solo la quota di pensione dal 1993 è calcolata con il sistema retributivo, mentre la quota «A», fino al 31 dicembre 1992, seguiva altre regole.
      Riteniamo invece possibile, se non addirittura auspicabile, l'introduzione di un contributo di solidarietà da applicare in modo progressivo sulle pensioni vigenti, a partire dai redditi da pensione 8 volte superiori al trattamento minimo. Le risorse ricavate dal contributo di solidarietà devono essere utilizzate per introdurre misure di sostegno e di compensazione delle prestazioni pensionistiche delle nuove generazioni.
      Con una delega si attribuisce al Governo il compito di adottare misure idonee che consentano un'equa distribuzione della ricchezza fra i soggetti. Com’è noto, per quanto riguarda le pensioni vigenti è previsto che esse siano annualmente rivalutate secondo una percentuale stabilita annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). La cosiddetta «perequazione» o «indicizzazione», negli ultimi anni, a causa delle restrittive politiche di bilancio, è stata garantita solo per le pensioni non superiori a 3 volte il trattamento minimo, lasciando immutati i redditi da pensione superiori. Per i pensionati, peraltro, l'attuale sistema di perequazione si sta dimostrando sempre più inadeguato a garantire il mantenimento del potere d'acquisto e pertanto si dovrebbe prevedere che, in aggiunta all'attuale sistema di calcolo per l'adeguamento delle pensioni, si riconosca, almeno in parte, anche un aumento automatico che recuperi la perdita del potere d'acquisto delle pensioni calcolato dall'ISTAT.
      Con l'articolo 1 della proposta di legge, si introduce, dal 1o gennaio 2014 e per un periodo di cinque anni, un contributo di solidarietà di importo variabile, in modo da rispettare l'articolo 53 della Costituzione, a partire dai redditi da pensione superiori a 8 volte il trattamento minimo e si istituiscono fondi comuni per l'equità previdenziale presso gli enti previdenziali.
      Con l'articolo 2, in attesa che si introduca un nuovo meccanismo di perequazione delle pensioni che garantisca anche il potere d'acquisto, si prevede, partendo dall'aliquota stabilita dall'ISTAT e quindi fermo restando quello che sarebbe l'onere conseguente per il bilancio dello Stato, che la percentuale di rivalutazione delle pensioni sia comunque più elevata a partire dai redditi più bassi, decrescendo per i redditi più elevati. Ad esempio, partendo da un'aliquota di rivalutazione definita dall'ISTAT dell'1,4 per cento, la stessa è elevata al 2 per cento per le pensioni superiori fino a 2 volte il trattamento minimo, a 1,8 per cento per quelle superiori fino a 3 volte e in modo decrescente per pensioni più elevate.
      Con l'articolo 3 si prevede una delega al Governo affinché dia attuazione a quanto già previsto dalla legge n. 247 del 2007 e verifichi i risparmi attesi dalla manovra cosiddetta «Fornero», quantificati dal servizio attuariale dell'INPS in 80 miliardi di euro dal 2012 al 2021, per garantire, inoltre, che tali risparmi siano utilizzati per sostenere il sistema previdenziale.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Contributo di solidarietà e istituzione di fondi comuni per l'equità previdenziale).

      1. Al fine di contribuire all'equilibrio e all'equità del sistema previdenziale nonché di attuare misure di sostegno per le prestazioni previdenziali delle nuove generazioni, a partire dal 1o gennaio 2014 e per un periodo di cinque anni, è istituito un contributo progressivo di solidarietà a carico dei redditi da pensione.
      2. Il contributo di solidarietà di cui al comma 1 è calcolato in relazione al loro rapporto con il trattamento minimo (TM) applicando le seguenti percentuali:

          a) 0,50 per cento per gli importi da 8 fino a 10 volte il TM;

          b) 0,75 per cento per gli importi superiori a 10 fino a 12 volte il TM;

          c) 1 per cento per gli importi superiori a 12 fino a 14 volte il TM;

          d) 1,25 per cento per gli importi superiori a 14 fino a 16 volte il TM;

          e) 1,50 per cento per gli importi superiori a 16 fino a 18 volte il TM;

          f) 2 per cento per gli importi superiori a 18 fino a 20 volte il TM;

          g) 3 per cento per gli importi superiori a 20 fino a 25 volte il TM;

          h) 4 per cento per gli importi superiori a 25 fino a 30 volte il TM;

          i) 5 per cento per gli importi superiori a 30 fino a 35 volte il TM;

          l) 6 per cento per gli importi superiori a 35 fino a 40 volte il TM;

          m) 7 per cento per gli importi superiori a 40 fino a 45 volte il TM;

          n) 8 per cento per gli importi superiori a 45 fino a 50 volte il TM;

          o) 9 per cento per gli importi superiori a 50 fino a 55 volte il TM;

          p) 10 per cento per gli importi superiori a 55 fino a 60 volte il TM;

          q) 12 per cento per gli importi superiori a 60 fino a 70 volte il TM;

          r) 14 per cento per gli importi superiori a 70 fino a 80 volte il TM;

          s) 15 per cento per gli importi oltre 80 volte il TM.

      3. Il gettito derivante dal contributo di solidarietà confluisce in fondi comuni per l'equità previdenziale appositamente istituiti presso gli enti previdenziali e finalizzati a garantire idonee misure di compensazione e di sostegno per le prestazioni previdenziali delle nuove generazioni.

Art. 2.
(Perequazione automatica delle pensioni).

      1. Ferma restando la vigente disciplina sulla perequazione delle pensioni, tenuto conto della necessità di individuare meccanismi idonei a recuperare e a garantire il potere d'acquisto reale delle pensioni di importo medio o basso nonché una più equa distribuzione della ricchezza, in via sperimentale, per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'aliquota di rivalutazione definita annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) è stabilita in relazione al rapporto del reddito da pensione con il TM, applicando le seguenti percentuali:

          a) è maggiorata:

              1) del 30 per cento per gli importi fino a 2 volte il TM;

              2) del 20 per cento per gli importi superiori a 2 volte fino a 4 volte il TM;

          b) è diminuita:

              1) del 10 per cento per gli importi superiori a 4 fino a 6 volte il TM;

              2) del 20 per cento per gli importi superiori a 6 fino a 8 volte il TM;

              3) del 50 per cento per gli importi superiori a 8 fino a 10 volte il TM;

              4) del 70 per cento per gli importi superiori a 10 fino a 20 volte il TM;

              5) dell'80 per cento per gli importi superiori a 20 fino a 30 volte il TM;

              6) del 90 per cento per gli importi oltre 30 volte il TM.

      2. L'onere derivante dall'attuazione del comma 1 del presente articolo non può comunque essere superiore a quello previsto a carico del bilancio dello Stato a seguito dell'applicazione del meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

Art. 3.
(Delega al Governo in materia di previdenza per le nuove generazioni).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme per:

          a) l'istituzione e la relativa disciplina dei fondi comuni per l'equità previdenziale di cui all'articolo 1, comma 3;

          b) individuare misure idonee e meccanismi di tutela delle pensioni di importo più basso nonché meccanismi di solidarietà e di garanzia per tutti i percorsi lavorativi al fine di assicurare il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all'aliquota prevista per i lavoratori dipendenti;

          c) modificare la disciplina vigente sull'aspettativa di vita tenendo conto del rapporto tra l'età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività;

          d) assicurare il monitoraggio costante dei risparmi conseguenti all'attuazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, al fine di valutare l'opportunità di una loro attribuzione all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per garantire un miglioramento dei coefficienti di calcolo per le pensioni liquidate con il calcolo contributivo.

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, corredati di relazione tecnica, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Le Commissioni possono chiedere al Presidente della rispettiva Camera di prorogare di venti giorni il termine per l'espressione del parere qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero dei decreti legislativi. Qualora la proroga sia concessa, i termini per l'emanazione dei decreti legislativi sono prorogati di venti giorni. Decorso il termine previsto per l'espressione del parere o quello eventualmente prorogato, il decreto legislativo può essere comunque adottato.