• Testo DDL 2176

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Atto a cui si riferisce:
S.2176 Nuove norme per la protezione dei testimoni di giustizia


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2176
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori GAETTI, MIRABELLI, LUMIA, TORRISI, VACCARI, MINEO, MOLINARI e Stefano ESPOSITO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 16 DICEMBRE 2015

Nuove norme per la protezione dei testimoni di giustizia

Onorevoli Senatori. -- La legge 13 febbraio 2001, n. 45, intervenuta per modificare il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, riguardante la disciplina dei collaboratori di giustizia, ebbe il merito di introdurre per la prima volta la figura del «testimone di giustizia» e di delinearla in rapporto di compatibilità con i generali principi dell'ordinamento giuridico. Il cittadino che, adempiendo al dovere civico della testimonianza, versi in una situazione di pericolo, infatti, instaura con lo Stato un rapporto diverso da quello del collaboratore di giustizia che non può fondarsi né sulla premialità né sull'assistenzialismo bensì sul riconoscimento e la garanzia dei diritti pregressi.

Tali finalità vennero perseguite con l'introduzione di due sole norme nel decreto-legge n. 8 del 1991 a seguito dell'approvazione della legge 13 febbraio 2001, n. 45: l'articolo 16-bis, che definisce i testimoni di giustizia ed estende loro le misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia, e l'articolo 16-ter che, nonostante la rubrica di più ampia portata («Contenuto delle speciali misure di protezione»), regola la misura dello speciale programma di protezione (non anche le misure speciali) e la differenzia, per gli aspetti patrimoniali e di reinserimento sociale, da quella prevista dall'articolo 13 del medesimo decreto-legge per i collaboratori di giustizia.

L'emanazione di due sole disposizioni volte a plasmare un sistema autonomo si è però rivelata insufficiente sia per la creazione di un separato binario, rendendo necessario attingere dalle previsioni sui collaboratori di giustizia e dunque dando luogo ad una sistematica contaminazione tra le due diverse figure, sia per concretizzare i diritti che il profilo del testimone di giustizia comportava.

Infatti le speciali misure di protezione, che consentono la permanenza del protetto nella località di origine e che avrebbero dovuto rappresentare il sistema di protezione più ricorrente, non sono state specificamente disciplinate per i testimoni. La conseguente mancata previsione di forme di sostentamento economico e di sostegno per le imprese del testimone che rimane nei luoghi di originaria dimora non ha considerato che, spesso, la particolare pervasività delle associazioni mafiose o la debolezza della cultura del rispetto delle regole che caratterizzano taluni contesti ambientali fanno sì che la denuncia possa comportare la perdita di commesse, la riduzione della clientela, l'interruzione di rapporti di fornitura. Tutto ciò ha talvolta compromesso la sopravvivenza delle attività economiche gestite dai testimoni, penalizzando chi ha scelto di dare il proprio contributo alla giustizia, ma anche indebolendo la credibilità dello Stato nella lotta ai poteri criminali.

Anche il programma speciale di protezione, seppure espressamente previsto per i testimoni di giustizia (all'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8), non ha affrontato tutti gli aspetti che il trasferimento in una località protetta comporta per il testimone.

Il richiamo al tenore di vita pregresso a cui commisurare le misure di assistenza si è rivelato un parametro che, per come disciplinato, non svolge la funzione reintegrativa che era stata immaginata; non è stato posto alcun termine entro cui va assicurato al testimone il riavvio lavorativo, anche provvisorio o anche non retribuito ma comunque idoneo a sollevarlo dalla situazione di isolamento nella località protetta; non sono stati previsti sistemi per assicurare che, quantomeno, l'impresa in loco del testimone possa continuare ad essere produttiva anche in assenza del suo titolare; non è stato previsto alcunché per la salvaguardia del suo patrimonio immobiliare che spesso finisce deprezzato da anni di condizioni di abbandono e di carenza di manutenzione; la prevista capitalizzazione, a sua volta, si è rivelata come una frettolosa equiparazione tra la consegna di denaro e la reale capacità di godere di un reddito proprio, nulla essendo stato previsto né per la concreta realizzazione del progetto di reinserimento socio-lavorativo né per l'adattabilità alle esigenze di coloro che, dopo anni di estromissione dal mondo del lavoro o soltanto per una questione anagrafica, non sono in grado di gestire quel valore economico destinato a disperdersi e a fare del testimone di giustizia, fuoriuscito dal programma speciale, un possibile indigente; l’assunzione nella pubblica amministrazione introdotta di recente (con il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125), che rappresenta certamente uno strumento utilissimo per riacquistare la possibilità di godere di un reddito proprio, non considera però che l'obiettivo principale da perseguire è quello della reintegrazione, per quanto possibile, dell'attività lavorativa pregressa, mentre il ricorso al pubblico impiego dovrebbe rappresentare una extrema ratio subordinata al fallimento delle alternative confacenti al singolo.

Inoltre, tanto per le misure speciali che per il programma speciale il sistema normativo non ha inserito un vero e proprio termine di durata della protezione che, talvolta, si protrae per decenni creando situazioni di non ritorno; né ha previsto forme di coinvolgimento del testimone di giustizia nell'adozione ed estrinsecazione del programma che lo riguarda, per renderlo un soggetto consapevole e gestore della propria vita; né ha previsto un sistema informativo e di sostegno che consenta al testimone di esercitare, con cognizione di causa, i diritti e le difese con riguardo sia alle situazioni pregresse (destinate, in assenza di qualunque forma di intervento e di controllo, a precipitare) sia a quelle che il nuovo status gli conferisce (si pensi, tra l'altro, alla complessa determinazione delle misure di assistenza secondo il discusso parametro del tenore di vita, alla successiva capitalizzazione con redazione di un progetto di reinserimento sociale, alle altre prestazioni a carattere economico previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, al cosiddetto danno biologico).

Ma anche la stessa definizione del testimone di giustizia contenuta nell'articolo 16-bis del citato decreto-legge, che considera le figure del testimone-terzo e del testimone-vittima, si è rivelata insufficiente a disciplinare i fenomeni più ricorrenti solo embrionalmente considerati dal legislatore del 2001. Infatti, rappresenta un numero ben più cospicuo quello dei dichiaranti definiti borderline (e cioè gli imprenditori che, nel tempo, hanno instaurato con l'associazione mafiosa, autrice di delitti in loro danno, un rapporto di affari ambiguo, nonché le persone legate da vincoli di parentela con soggetti mafiosi che, per lungo tempo, hanno tratto benefici, economici e sociali, dall'appartenenza dei loro congiunti ai gruppi criminali). La loro regolamentazione è stata finora rimessa all’interpretazione estensiva dell'articolo 16-bis citato (attribuendo al disposto secondo cui si può essere testimoni «purché nei loro confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione» il senso ben più ampio di assenza di sintomi di pericolosità sociale), dando luogo talvolta a soluzioni arbitrarie e, comunque, non aderenti al vigente dettato legislativo. Del resto anche i criteri da cui si è finora desunta, in via interpretativa, la pericolosità sociale, o si sono rivelati insignificanti (quali l'assenza di sentenze di condanna pregresse per fatti tuttavia sconnessi rispetto a quelli denunciati), o generici (come quello della «estraneità» ai contesti criminali), o contraddittori (come quello del rapporto di parentela del dichiarante con soggetti legati ad ambienti mafiosi in cui è proprio tale stretto legame che determina la necessità della testimonianza).

Di converso anche gli attuali criteri di valutazione delle dichiarazioni e della sussistenza del pericolo hanno dato luogo al conferimento dello status di testimoni di giustizia a soggetti che non hanno apportato alcun contributo probatorio all'accertamento dei fatti di reato e il cui rischio per la propria incolumità personale poteva essere arginato attraverso le misure ordinarie adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza.

Alla luce di tali rilievi, si ritiene pertanto che il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, come modificato, non possa più costituire il substrato normativo entro cui inserire ulteriori aggiustamenti per la disciplina dei testimoni di giustizia e che, invece, occorra una specifica legge destinata a tale peculiare figura, di cui il nostro ordinamento, sebbene all'avanguardia nella legislazione antimafia, finora non si è dotato.

Il disegno di legge si propone, innanzitutto, di definire in maniera puntuale il testimone di giustizia: lo spostamento della linea di confine tra testimoni e collaboratori, o, addirittura, la creazione di un tertium genus, deve essere definito dal legislatore e non rimesso per via interpretativa ad organi amministrativi, dovendosi compiere la scelta fondamentale tra il valorizzare l'etica della persona o l'etica della condotta di testimonianza. Nell'articolo 2 del disegno di legge, quindi, i requisiti già contemplati dall'attuale legislazione sono stati integrati da un altro parametro, cioè quello della terzietà del dichiarante rispetto al contesto e ai fatti denunciati, da ancorare, per quanto possibile, a elementi obiettivi. Inoltre, al fine di evitare l'uso improprio dello status di testimone di giustizia, si è previsto nella medesima disposizione, da un lato, che le dichiarazioni rese devono essere rilevanti per le indagini o per il giudizio e, dall'altro lato, che la situazione di pericolo vada valutata tenendo conto principalmente di dati oggettivi, cioè la qualità delle dichiarazioni rese, la natura del reato e lo stato e grado del procedimento ma, in entrambi i casi, senza far ricadere sul testimone l'eventuale esito negativo delle indagini o del processo.

In secondo luogo, il disegno di legge intende attuare correttamente il rapporto Stato-testimone riconducendolo fermamente al di fuori dello schema di un contratto sinallagmatico e modulandolo, invece, come un atto unilaterale di riconoscimento di debito del primo verso il secondo. Pertanto, a parte l'osservanza delle regole di sicurezza, nessun altro sacrificio (come quello abnorme dei programmi speciali di protezione per come disciplinati attualmente) può essere richiesto al testimone in cambio della sua tutela, né sotto forma di menomazione di diritti e libertà, né sotto forma di assunzione di doveri di alcun altro tipo.

Infatti, nell'ottica del ripristino totale della situazione ex ante, è stata eliminata la distinzione tra speciali misure in località di origine e in altra località, e si sono invece previsti (dall'articolo 3 all'articolo 7) una serie di misure di tutela, di assistenza economica e di risocializzazione, tra le quali, di volta in volta, individuare quelle adeguate al caso specifico. Contestualmente si è previsto, all'articolo 4, che nella scelta tra tali misure, l'allontanamento dalla località di origine e la mimetizzazione anagrafica, che conducono allo sradicamento e all'isolamento del testimone, siano da considerare una extrema ratio, gravando lo Stato, e non il testimone, dell'ulteriore sforzo della più problematica protezione in loco.

Inoltre, si è guardato agli aspetti economici e di reinserimento sociale e lavorativo come momento di piena reintegrazione e non di assistenzialismo o, al contrario, di premialità (articoli 6 e 7). Per tale ragione si è previsto che il sostegno economico sia esteso anche ai testimoni in località di origine qualora, a causa della testimonianza, abbiano ridotto le capacità di reddito; che al testimone vada assicurato il godimento di beni e servizi, anche per equivalenza, di cui usufruiva in maniera proporzionata ai suoi redditi, prima dell'avvio del sistema di protezione; che sia garantita la prosecuzione dell’attività d'impresa del testimone trasferito in località protetta e sia supportata l'attività di impresa del testimone rimasto in località di origine che possa subire o abbia subito nocumento, diretto o indiretto, a causa della testimonianza; che sia ricostituito il profilo lavorativo originario del testimone e, quando ciò non si riveli possibile, sia reperito un lavoro comunque consono alla professionalità e alla capacità del testimone e alla precedente attività lavorativa; o, in alternativa, attraverso la capitalizzazione, sia elaborato e realizzato un progetto lavorativo (o un sistema di erogazione continuata) in maniera proporzionata all'attività precedentemente svolta; o in subordine ancora, sia prevista, ma solo come ipotesi residuaIe, l'assunzione nella pubblica amministrazione, qualora ne sussistano i requisiti, come strumento da utilizzare quando tutti gli altri, tendenti alla reintegrazione, si siano rilevati impraticabili.

Il disegno di legge ha anche considerato la necessaria valorizzazione della persona del testimone di giustizia in ogni momento del suo percorso, senza mai dimenticare che si tratta di cittadini liberi che, in quanto tali, nei limiti del possibile, non devono essere penalizzati dalla testimonianza. Del resto, non può ignorarsi che lo sforzo per garantire le loro libertà è concretamente fattibile considerato che il numero dei testimoni di giustizia è attualmente di circa 80 unità per tutto il territorio nazionale. Si è pensato quindi che, sin dall'avvio della protezione provvisoria e sino a quando il testimone non riacquisti la sua autonomia, egli sia costantemente messo nella condizione di essere una persona consapevole dei propri diritti, di poterli concretamente e, qualora lo status gli renda difficoltoso il loro esercizio, di essere assistito qualora ne faccia richiesta. Pertanto, all'articolo 14, si è introdotta la figura del referente del testimone di giustizia (assistito a sua volta, qualora necessario, da altre figure professionali) che dovrà rendere partecipe e consapevole l'interessato dell'iter del procedimento; fornirgli, se il testimone presta il suo consenso, sistematica assistenza per tutte le vicende personali e patrimoniali connesse con il sistema di protezione (come la scelta della misura adeguata; la pronta e puntuale individuazione e quantificazione del patrimonio, attivo e passivo, al momento della collaborazione; l'idonea gestione dei beni aziendali del testimone che si trovi in località protetta; il riavvio dell'impresa del testimone rimasto in località di origine; le altre situazioni creditorie e debitorie connesse alla collaborazione; l'esercizio di diritti patrimoniali conseguiti in ragione della collaborazione; la risoluzione dei vari problemi inerenti all'esercizio di diritti e libertà; la predisposizione e la realizzazione di un consono progetto di risocializzazione; il sostegno psicologico qualora necessario). Così facendo il referente diventa lo strumento di dialogo tra l'apparato amministrativo e il testimone, con funzione di collaborazione nei confronti di entrambi per il migliore svolgimento del programma di protezione.

La considerazione del testimone come persona al centro della legge ha imposto di stabilire, all’articolo 8, un termine finale e improrogabile di durata delle misure tutorie e di quelle economiche, nonché una rigida scansione temporale per la loro verifica periodica, tendenzialmente rivolta alla graduale attenuazione del sistema protettivo al fine di restituire una reale autonomia ai protetti, ma nel completo e totale rispetto della loro sicurezza. E, per facilitare la riduzione dei tempi, si è aggiunta la possibilità, finora prevista per i soli collaboratori di giustizia all'articolo 392 del codice di procedura penale, di procedere all'assunzione della testimonianza dei protetti nella forma dell'incidente probatorio (articolo 18).

Sempre per la valorizzazione della persona si è previsto (negli articoli dal 9 al 12, destinati a disciplinare il procedimento di applicazione, modifica, proroga e revoca delle speciali misure di protezione) il coinvolgimento, diretto o tramite il referente, del testimone di giustizia, nonché il suo diritto a essere audito in ogni momento (articolo 15) al fine della riuscita del programma di protezione e per evitare quella sorta di esproprio delle libertà finora percepito dagli attuali testimoni.

Si è voluta anche considerare la fase precedente all'applicazione dei programmi di protezione, quando cioè il soggetto che intende denunciare o è chiamato a rendere dichiarazioni avanti l'autorità giudiziaria non è in condizione di prevedere quale possa essere il proprio futuro e non sa da chi e come ricevere aiuto in un momento particolarmente delicato. All'articolo 22 si è quindi prevista l'istituzione di un sito internet del Ministero dell'interno che contenga, in maniera chiara e semplice tutte le informazioni utili sui programmi di protezione, sulle modalità e luoghi di denuncia e sull’eventuale presenza nei territori di associazioni di sostegno.

Infine, si è considerata (articolo 21), alla luce delle esperienze maturate negli ultimi anni, la possibilità di accesso al cambio delle generalità per quanti, sebbene non rientranti nello status di testimoni di giustizia, si trovino in una condizione di grave, concreto e attuale pericolo a causa della volontà di recidere il legame derivante da rapporti (di parentela, di affinità, di coniugio o di convivenza) con indagati, imputati o condannati per gravi delitti, ovvero a causa dell'intercorrenza di tali rapporti con persone vittime di gravi delitti.

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

CONDIZIONI DI APPLICABILITÀ DELLE SPECIALI MISURE DI PROTEZIONE PER I TESTIMONI DI GIUSTIZIA

Art. 1.

(Ambito di applicazione)

1. Ai testimoni di giustizia sono applicate, se vi consentono, le speciali misure di protezione previste nel capo II della presente legge.

2. Le speciali misure di protezione possono essere applicate anche a chi risulti esposto a grave, attuale e concreto pericolo a causa del rapporto di stabile convivenza o delle relazioni intrattenute con i soggetti di cui al comma 1.

Art. 2.

(Definizione di testimone di giustizia)

1. È testimone di giustizia chi:

a) rende, nell'ambito di un procedimento penale, dichiarazioni di fondata attendibilità intrinseca, rilevanti per le indagini o per il giudizio anche indipendentemente dal loro esito;

b) assume, rispetto al fatto delittuoso oggetto delle proprie dichiarazioni, la qualità di persona offesa dal reato ovvero di persona informata sui fatti o di testimone;

c) è terzo rispetto ai fatti dichiarati e, comunque, non ha riportato condanne per delitti connessi a quelli per cui si procede e non ha consapevolmente rivolto a proprio profitto l'essere venuto in relazione con il contesto delittuoso su cui rende le dichiarazioni. Non escludono la terzietà del dichiarante le condotte realizzate in ragione dell'assoggettamento verso i singoli o le associazioni criminali oggetto delle dichiarazioni, né i meri rapporti di parentela, di affinità o di coniugio con indagati o imputati per il delitto per cui si procede o per delitti ad esso connessi;

d) non è stato sottoposto a misura di prevenzione ovvero non sia in corso nei suoi confronti un procedimento di applicazione della stessa, ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;

e) si trova in una situazione di grave, concreto e attuale pericolo, rispetto alla quale risulti l'assoluta inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza, valutata tenendo conto di ogni utile elemento e in particolare della rilevanza e qualità delle dichiarazioni rese, della natura del reato, dello stato e del grado del procedimento, delle caratteristiche di reazione dei singoli o dei gruppi criminali oggetto delle dichiarazioni.

Capo II

SPECIALI MISURE DI PROTEZIONE PER I TESTIMONI DI GIUSTIZIA

Art. 3.

(Tipologia delle misure)

1. Le speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia possono consistere in misure di tutela, misure di assistenza economica, misure di reinserimento sociale e lavorativo, disciplinate dagli articoli 4, 5, 6, 7 e 8 nonché dal decreto previsto dall’articolo 23.

2. Per i minori compresi nelle speciali misure di protezione si applicano altresì le disposizioni previste dagli articoli 9, 10 e 11 del decreto del Ministro dell’interno 13 maggio 2005, n. 138.

Art. 4.

(Criteri di scelta delle misure di protezione)

1. Le speciali misure di protezione da applicare devono essere individuate, caso per caso, secondo la situazione di pericolo e la condizione personale, familiare, sociale ed economica dei protetti e non possono comportare alcuna perdita né la compressione dei diritti goduti se non per situazioni temporanee ed eccezionali dettate dalla necessità di salvaguardare l'incolumità personale.

2. Deve essere sempre garantita la permanenza dei protetti nella località di origine e la prosecuzione delle attività ivi svolte dai medesimi. Le misure del trasferimento nella località protetta, dell'uso di documenti di copertura e del cambiamento di generalità sono adottate eccezionalmente, quando le altre forme di tutela risultano assolutamente inadeguate rispetto alla gravità e attualità del pericolo, e devono comunque tendere a riprodurre le precedenti condizioni di vita.

3. In ogni caso, al testimone di giustizia deve essere assicurata un'esistenza dignitosa.

Art. 5.

(Misure di tutela)

1. Al fine di assicurare la sicurezza dei protetti e dei loro beni, sono applicate speciali misure di tutela che, secondo la gravità e l'attualità del pericolo, possono prevedere:

a) la predisposizione di misure di sorveglianza e di accompagnamento a cura degli organi di polizia;

b) la predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza per le abitazioni, per gli immobili e per le aziende di pertinenza dei protetti;

c) l'adozione delle misure necessarie per gli spostamenti nello stesso comune e in comuni diversi da quello di residenza;

d) il trasferimento in luoghi protetti;

e) speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico;

f) l'utilizzazione di documenti di copertura, anche per il permesso di soggiorno, e di fittizi trasferimenti di residenza;

g) il cambiamento delle generalità ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, autorizzato, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, garantendone la riservatezza anche in atti della pubblica amministrazione;

h) ogni altro accorgimento che dovesse rivelarsi necessario.

Art. 6.

(Misure di assistenza economica)

1. Al fine di assicurare ai protetti una condizione economica corrispondente a quella preesistente, sono applicate speciali misure di assistenza che prevedono:

a) la corresponsione delle somme necessarie a coprire qualunque spesa che il protetto non avrebbe dovuto sostenere in assenza dell'adozione delle speciali misure di protezione;

b) la corresponsione di un assegno periodico per il caso di impossibilità di svolgere attività lavorativa o di percepire i precedenti proventi a causa dell'adozione delle misure di tutela o per effetto delle dichiarazioni rese. La misura dell'assegno e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacità lavorativa è definita tenendo conto delle entrate e del godimento di beni pregressi, determinati attraverso il reddito e il patrimonio risultanti all'Agenzia delle entrate per l'ultimo triennio ed escluse le perdite cagionate dai fatti di reato oggetto delle dichiarazioni. L'assegno deve essere rideterminato o revocato qualora il protetto riacquisisca capacità economica, anche parziale, in base all'entità di quanto autonomamente percepito; deve essere annualmente modificato in misura pari alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevate daIl'ISTAT; può essere integrato, con provvedimento motivato, quando ricorrono particolari circostanze influenti sulle esigenze di mantenimento in stretta connessione con quelle di tutela;

c) la sistemazione alloggiativa qualora il protetto sia trasferito in una località diversa da quella di dimora, ovvero, a causa delle speciali misure di protezione o delle dichiarazioni rese, non possa usufruire della propria abitazione. L'alloggio deve essere idoneo a garantire la sicurezza e la dignità dei protetti e deve corrispondere alla medesima tipologia e fattura di quello precedentemente posseduto. Il testimone di giustizia, su sua richiesta, può risiedere, anche unitamente al nucleo familiare, presso strutture comunitarie accreditate secondo i criteri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 23, ove svolgere attività lavorativa o di volontariato;

d) le spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie;

e) l'assistenza legale per i procedimenti in cui il protetto rende dichiarazioni, esercita i diritti e le facoltà riconosciutigli dalla legge in qualità di persona offesa o si costituisce parte civile, nonché in relazione ai procedimenti per la tutela di posizioni soggettive lese a motivo della sottoposizione alle speciali misure di protezione;

f) un compenso forfettario e transattivo, determinato secondo i criteri stabiliti dal decreto di cui all'articolo 23, a titolo di ristoro per l'eventuale danno biologico subito a causa dell'applicazione delle speciali misure di protezione, salvo che gli interessati intendano procedere per il riconoscimento dell’eventuale maggiore danno patito;

g) la corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno derivante dalla cessazione dell'attività lavorativa propria e dei familiari nella località di provenienza, sempre che non abbiano ricevuto un risarcimento al medesimo titolo, ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 13 della legge 23 febbraio 1999, n. 44, e il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno è surrogato, quanto alle somme corrisposte al testimone di giustizia a titolo di mancato guadagno, nei diritti verso i danni. Le somme recuperate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell'interno in deroga all'articolo 2, commi 615, 616 e 617, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

h) l'acquisizione al patrimonio dello Stato, dietro corresponsione dell'equivalente in denaro a prezzo di mercato, dei beni immobili di proprietà del protetto, se le speciali misure di tutela prevedono il suo definitivo trasferimento in altra località e se la vendita nel libero mercato non si sia rivelata possibile.

Art. 7.

(Misure di reinserimento sociale
e lavorativo)

1. Al fine di assicurare ai protetti l'immediato reinserimento sociale e lavorativo, sono applicate speciali misure che prevedono:

a) la conservazione del posto di lavoro o il trasferimento presso altre amministrazioni o sedi, qualora i protetti, per ragioni di sicurezza, non possono continuare a svolgere la loro originaria attività lavorativa, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’interno 13 maggio 2005, n. 138;

b) l'individuazione e lo svolgimento, entro il termine massimo di sei mesi dal trasferimento nella località protetta, di attività, anche lavorative non retribuite, volte allo sviluppo della persona umana e alla sua partecipazione sociale, secondo le inclinazioni di ciascuno;

c) le spese e le misure necessarie per supportare le imprese dei protetti che abbiano subito o che possano concretamente subire nocumento a causa delle loro dichiarazioni o dell'applicazione delle speciali misure di tutela. Col decreto di cui all'articolo 23 sono stabilite modalità di sostegno delle imprese, quali emolumenti da destinare al riavvio delle attività, periodi di tassazione ridotta o sospesa, convenzioni e protocolli, per forniture di beni e servizi, del Ministero dell'interno con enti pubblici e privati, nonché con l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;

d) l'accesso a mutui agevolati volti al reinserimento nella vita economica e sociale sulla base di convenzioni stipulate tra il Ministero dell'interno e gli istituti di credito;

e) il reperimento di un posto di lavoro, ancorché temporaneo, corrispondente a quello precedentemente svolto, se i protetti hanno perso l'occupazione lavorativa o non possono più svolgerla a causa delle loro dichiarazioni o dell'applicazione delle speciali misure di protezione, fatte salve le esigenze di sicurezza connesse all'applicazione della misura del trasferimento in luogo protetto;

f) la capitalizzazione del costo dell'assegno periodico indicato nell'articolo 6, lettera b), in alternativa allo stesso, qualora i protetti non abbiano riacquistato l'autonomia lavorativa o il godimento di un reddito proprio, corrispondenti a quelli pregressi. La capitalizzazione è quantificata ai sensi dell'articolo 10, comma 15, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 23 aprile 2004, n. 161, e può essere aumentata fino a un terzo se è assolutamente necessario al fine di realizzare l'autonomia reddituale del protetto. La capitalizzazione può essere corrisposta sulla base di un concreto progetto di reinserimento lavorativo, previa valutazione sulla sua fattibilità in relazione alle condizioni contingenti di mercato, alle capacità del singolo e alla situazione di pericolo, e con un’erogazione graduale commisurata alla progressiva realizzazione del progetto. La capitalizzazione può essere altresì corrisposta, qualora il suo destinatario non sia in grado di svolgere attività lavorativa o lo richieda, attraverso piani di investimento o di erogazioni rateali che ne assicurino la sussistenza;

g) l'accesso del testimone di giustizia, in alternativa alla capitalizzazione, e qualora non abbia altrimenti riacquistato l'autonomia economica, a un programma di assunzione in una pubblica amministrazione, con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio e alle professionalità possedute, fatte salve quelle che richiedono il possesso di specifici requisiti. Alle assunzioni si provvede per chiamata diretta nominativa, nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nei limiti dei posti vacanti nelle piante organiche e nel rispetto delle disposizioni limitative in materia di assunzioni, sulla base delle intese conseguite fra il Ministero dell'interno e le Amministrazioni interessate. A tal fine, si applica ai testimoni di giustizia il diritto al collocamento obbligatorio con precedenza previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Al programma di assunzione possono accedere anche i testimoni di giustizia non più sottoposti allo speciale programma di protezione e alle speciali misure di protezione ai sensi del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificata dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45. Le modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza dei testimoni di giustizia e per stabilire i criteri di riconoscimento del diritto anche in relazione alla qualità ed entità economica dei benefici già riconosciuti e alle cause e modalità dell’eventuale revoca del programma di protezione, sono quelle stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 18 dicembre 2014, n. 204;

h) misure straordinarie eventualmente necessarie, atte a favorire il reinserimento sociale e lavorativo delle persone sottoposte a protezione.

Art. 8.

(Durata massima delle speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia)

1. Le misure di tutela sono mantenute fino alla cessazione del pericolo attuale, grave e concreto e, ove possibile, devono essere gradualmente affievolite. Nei casi in cui tale situazione di pericolo si protrae oltre il termine di sei anni, gli interessati che si trovano nella località protetta sono trasferiti definitivamente e, se necessario, sottoposti al cambio delle generalità. Il termine è prorogabile di un anno se si profilano le condizioni che consentono ai protetti il rientro nella località di origine.

2. Le misure di cui agli articoli 6 e 7 sono mantenute, anche oltre la cessazione del pericolo, fino a quando i protetti non riacquistano l'autonomia economica. Nei casi in cui, entro il termine di sei anni, i protetti non hanno ottenuto il godimento di un idoneo reddito proprio, si procede ai sensi dell' articolo 7, lettera f) o lettera g). Il termine è prorogabile di un anno se si profilano le condizioni che consentono ai protetti di svolgere l'attività lavorativa pregressa.

Capo III

PROCEDIMENTO DI APPLICAZIONE, MODIFICA, PROROGA E REVOCA DELLE SPECIALI MISURE DI PROTEZIONE

Art. 9.

(Rinvio)

1. Per la proposta, i relativi pareri, l'applicazione, la modifica, la proroga e la revoca delle speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia, per l'assunzione degli impegni e per la redazione del verbale illustrativo, per l'attuazione dei programmi di protezione e per quant'altro non espressamente disciplinato dalla presente legge, si applicano, qualora compatibili, le disposizioni degli articoli 10, 11, 12, esclusa la lettera e) del comma 2, 13, commi 1, 2, 3 e 12, 13-quater, commi 2 e 5, 14, 16-quater e 16-sexies del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e quelle dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 17-bis del medesimo decreto-legge.

Art. 10.

(Proposta di ammissione alle speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia)

1. Nella proposta di ammissione alle speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia, l'autorità proponente indica, oltre quanto previsto dall'articolo 13 del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, e dai decreti attuativi di tale norma, anche la sussistenza dei requisiti indicati nell'articolo 2 della presente legge.

2. La proposta è trasmessa, per la deliberazione, alla commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione e, per la formulazione senza ritardo dei rispettivi pareri e per fornire le informazioni nella loro disponibilità, al Servizio centrale di protezione di cui all’articolo 14 del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, al prefetto territorialmente competente per il luogo di dimora di colui che rende le dichiarazioni e, in caso di delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale ovvero previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Art. 11.

(Programma preliminare per la protezione dei testimoni di giustizia)

1. La commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione delibera, senza formalità e, comunque, entro la prima seduta successiva alla proposta e, ove necessario per la tempestiva tutela dei proposti, anche in assenza dei pareri previsti nell'articolo 10, un programma preliminare in cui ammette provvisoriamente gli interessati alle speciali misure di protezione più urgenti, assicurando, in ogni caso, condizioni di vita congrue rispetto alle precedenti e la salvaguardia di ogni situazione che potrebbe subire nocumento dall'applicazione del programma medesimo.

2. Nel programma preliminare di protezione, la commissione centrale nomina, ai sensi dell'articolo 14, il referente del testimone di giustizia.

3. Il referente informa immediatamente i protetti sul contenuto delle misure applicate e di quelle applicabili e sui diritti e i doveri derivanti dalla condizione di persona protetta. Entro trenta giorni dalla nomina il referente trasmette alla commissione centrale le informazioni sulle condizioni personali, familiari e patrimoniali degli interessati e chiede, se questi vi abbiano consentito o ne abbiano fatto richiesta, che la commissione centrale provveda alla nomina di una figura professionale idonea a offrire loro immediato e diretto sostegno psicologico.

4. Il programma preliminare cessa di avere effetto se, decorsi novanta giorni dalla sua deliberazione, l'autorità che ha formulato la proposta non richiede l'applicazione del programma definitivo con le stesse modalità previste dall'articolo 10 e non è stata deliberata la sua applicazione. Il presidente della commissione centrale può disporre la prosecuzione del programma preliminare di protezione per il tempo strettamente necessario a consentire l'esame della proposta da parte della commissione medesima.

5. Il termine previsto al comma 4 è prorogabile fino a centottanta giorni con provvedimento motivato dell'autorità legittimata a formulare la proposta e comunicato alla commissione centrale.

6. L'autorità giudiziaria che procede redige il verbale illustrativo di cui all'articolo 16-quater del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, entro i termini previsti dai commi 4 e 5 del presente articolo.

Art. 12.

(Programma definitivo per la protezione dei testimoni di giustizia).

1. La commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, previa acquisizione dei pareri indicati nell'articolo 10 e di ogni altro parere o informazione che dovesse ritenere utile e con la partecipazione degli interessati e del referente del testimone di giustizia, delibera, nelle forme ordinarie del procedimento e se ne ricorrono i presupposti, il programma definitivo di applicazione delle speciali misure di protezione.

2. Il programma definitivo è accettato e sottoscritto dagli interessati i quali, contestualmente, assumono gli impegni di cui all'articolo 12 del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, e successive modificazioni, eccetto quanto previsto dalla lettera e) del comma 2 del medesimo articolo 12, ed eleggono il proprio domicilio nel luogo in cui ha sede la commissione centrale.

3. Il programma di protezione, anche preliminare, può essere modificato o revocato in ogni momento dalla commissione centrale, d'ufficio o su richiesta dell'interessato o del suo referente o dell'autorità che ha formulato la proposta o di quella preposta all'attuazione delle misure speciali di protezione, in relazione all'attualità, concretezza e gravità del pericolo, all'idoneità delle misure adottate, alle esigenze dei protetti, all'osservanza degli impegni da loro assunti. La commissione centrale provvede entro venti giorni dalla richiesta, previa acquisizione dei pareri di cui all’articolo 10 e, in ogni caso, dell'autorità giudiziaria e del referente qualora non abbiano richiesto la modifica o la revoca del programma, nonché, se ne ricorrono le condizioni, del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

4. A decorrere dall'applicazione del programma definitivo, la commissione centrale procede semestralmente alla sua verifica.

5. La modifica del programma definitivo non può avere luogo per adeguamenti patrimoniali connessi a beni o redditi goduti antecedentemente e non segnalati dall'interessato entro un anno dall'applicazione del programma medesimo.

Art. 13.

(Specificazione e attuazione delle speciali misure di protezione)

1. All'attuazione e alla specificazione delle modalità esecutive dei programmi di protezione provvede il Servizio centrale di protezione.

2. Il Servizio centrale di protezione coordina e vigila sull'applicazione delle misure di tutela se affidate alle Forze di polizia territoriali e, se necessario, provvede attraverso il dislocamento di personale dei propri nuclei operativi o di altro personale specializzato nello svolgimento di servizi di protezione.

3. Con il decreto di cui all'articolo 23 sono stabilite le modalità riorganizzative del Servizio centrale di protezione in relazione alle competenze previste nei commi 1 e 2.

Art. 14.

(Referente del testimone di giustizia)

1. Il testimone di giustizia ha diritto di avvalersi di un referente, individuato tra persone di comprovata fiducia esercenti le professioni legali e che possa mantenere un costante rapporto, diretto e personale, con il protetto per tutta la durata delle misure speciali.

2. Con il decreto di cui all'articolo 23 sono stabiliti le modalità e i criteri di nomina, i doveri, i compensi, i casi di sostituzione e di revoca del referente e dei suoi eventuali coadiutori nominati, su istanza di quest'ultimo, dalla commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione.

3. Il referente deve:

a) informare regolarmente i protetti sulle misure speciali applicate, sulle loro conseguenze, sulle loro possibili modifiche, sulla loro attuazione, nonché sui diritti, patrimoniali e non patrimoniali, interessati dal programma di protezione;

b) individuare e quantificare il patrimonio, attivo e passivo, e le obbligazioni del protetto;

c) collaborare con la commissione centrale e il Servizio centrale di protezione esprimendo pareri sui provvedimenti di proroga, modifica e revoca del programma, informando sull'andamento del programma medesimo, sulla necessità di adeguarlo alle sopravvenute esigenze degli interessati, sulla condotta e osservanza degli impegni assunti dai protetti;

d) gestire, o contribuire a gestire, con il consenso degli interessati, il patrimonio e i beni aziendali, le situazioni creditorie e debitorie ogni altro interesse patrimoniale dei protetti se questi non possono provvedervi a causa delle dichiarazioni rese o dell'applicazione del programma di protezione;

e) proporre i progetti di reinserimento sociale e lavorativo e verificare la loro concreta realizzazione;

f) proporre i progetti di capitalizzazione, contribuire alla loro concreta realizzazione, rendicontare periodicamente, alla commissione centrale, l'utilizzazione delle somme attribuite ai sensi dell'articolo 7, lettera f);

g) collaborare tempestivamente con i protetti per assicurare loro l'esercizio di diritti che potrebbero subire limitazione dall'applicazione delle speciali misure di protezione;

h) mantenere il segreto su ciò che concerne i protetti e concordare con il Servizio centrale di protezione le modalità di incontro e di contatto con gli stessi e di divulgazione dei dati loro concernenti.

4. L'assistenza del referente si protrae per la durata del programma di protezione e, comunque, finché il soggetto non riacquista la propria autonomia economica.

Art. 15.

(Audizione dei protetti)

1. Gli interessati in qualunque momento, anche nel corso del programma preliminare di protezione, possono chiedere alla commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione o al Servizio centrale di protezione di essere sentiti personalmente. Si procede entro quindici giorni dalla richiesta.

Art. 16.

(Misure urgenti)

1. Quando risultano situazioni di particolare gravità e urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione e fino a che tale deliberazione non interviene, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 13, comma 1, sesto periodo, del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, e dall'articolo 4, commi 4, 6 e 7, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 23 aprile 2004, n. 161.

Capo IV

DISPOSIZIONI FINALI
E TRANSITORIE

Art. 17.

(Abrogazione)

1. Il comma 3 dell’articolo 12 e il capo II-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 18.

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. All'articolo 392, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, sono aggiunti, in fine, le seguenti parole: «e all'assunzione della testimonianza dei testimoni di giustizia».

Art. 19.

(Aggravanti per il reato di calunnia)

1. Le pene previste per il reato di calunnia sono aumentate da un terzo alla metà quando il colpevole ha commesso il fatto allo scopo di usufruire delle misure speciali previste dalla presente legge. L'aumento è dalla metà ai due terzi se uno dei benefici è stato conseguito.

Art. 20.

(Norme transitorie sui testimoni di giustizia)

1. È testimone di giustizia anche colui che, alla data di entrata in vigore della presente legge, è sottoposto al programma o alle misure speciali di protezione ai sensi del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82.

Art. 21.

(Cambio di generalità allargato)

1. Coloro che non sono testimoni di giustizia ai sensi della presente legge ma che si trovano in una condizione di grave, concreto e attuale pericolo a causa della volontà di recidere il legame derivante da rapporti di parentela, di affinità, di coniugio o di stabile convivenza con indagati, imputati o condannati per gravi delitti, ovvero a causa di rapporti di parentela, di affinità, di coniugio o di stabile convivenza con persone vittime di gravi delitti, possono accedere al cambiamento delle generalità ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, se si trasferiscono in altra idonea località.

2. Il Ministero dell'interno promuove protocolli di intesa con associazioni senza scopo di lucro idonee per l'accoglienza e l'inserimento lavorativo delle persone indicate al comma 1, secondo criteri e modalità stabilite dal decreto di cui all'articolo 23.

3. L'istanza dell'interessato o di un suo rappresentante deve essere presentata al prefetto territorialmente competente per il luogo di dimora, il quale, acquisite le informazioni anche dall'autorità giudiziaria che ha proceduto per i fatti indicati nel comma 1, la trasmette, entro sessanta giorni, con il proprio parere alla commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione.

4. La commissione centrale, sentito il Servizio centrale di protezione e, se ne ricorrono le condizioni, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, delibera entro i successivi sessanta giorni.

Art. 22.

(Istituzione del sito internet del Ministero dell'interno per i testimoni di giustizia)

1. È istituito dal Ministero dell'interno, con le modalità stabilite nel decreto di cui all'articolo 23, un sito internet, di facile accesso e che garantisca l'anonimato degli utenti, contenente le informazioni, in forma chiara e facilmente intellegibile, sull'applicazione dei programmi di protezione per i testimoni di giustizia, sui relativi diritti e doveri, sulle modalità e sui luoghi di denuncia, sulle associazioni di volontariato presenti in ciascun territorio che svolgono attività di sostegno.

Art. 23.

(Norme di attuazione)

1. Con decreto del Ministro dell'interno, emanato di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica e la commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, sono precisati i contenuti e le modalità di attuazione delle speciali misure di protezione e di quanto previsto nella presente legge.

Art. 24.

(Relazione del Ministro dell'interno)

1. Il Ministro dell'interno riferisce semestralmente con relazione alle Camere sulle misure speciali di protezione per i testimoni di giustizia, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione, senza riferimenti nominativi.

2. Nella relazione, il Ministro dell'interno indica il numero complessivo dei soggetti e l'ammontare complessivo delle spese sostenute nel semestre per l'assistenza economica dei soggetti sottoposti alle speciali misure di protezione e, garantendo la riservatezza dei soggetti interessati, specifica anche l'ammontare delle elargizioni straordinarie intervenute e le esigenze che le hanno motivate.