• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.6/00226    preso atto della relazione della XIV commissione sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 «È il momento di andare oltre l'ordinaria amministrazione» (COM(2015)610...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00226presentato daFEDRIGA Massimilianotesto diLunedì 21 marzo 2016, seduta n. 594

   La Camera,
   preso atto della relazione della XIV commissione sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 «È il momento di andare oltre l'ordinaria amministrazione» (COM(2015)610 final), sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2016 (DOC LXXXVII-bis n. 4) e sul Programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea (1o gennaio 2016-30 giugno 2017);
   premesso che:
    è una procedura annuale di vera e propria «sessione europea di fase ascendente» che consente potenzialmente al Parlamento di esprimersi nella definizione delle linee di azione politica europea del nostro Paese articolata intorno a grandi obiettivi e linee di intervento prioritarie;
    l'utilità di una sessione di questo tipo è strettamente correlata alla sua tempestività, alla luce del fatto che i processi decisionali europei sono organizzati in maniera strutturata e rispondono ad una sequenza ordinata. Quest'anno, diversamente dallo scorso, la relazione programmatica è stata consegnata nei termini, quindi il Parlamento ha ora la possibilità di dare indicazioni che potranno essere accolte;
    il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 ha individuato, anche per quest'anno – alla luce dei fatti incalzanti quali la crisi greca, la pressione migratoria alle frontiere UE, gli attacchi terroristici e l'instabilità nei paesi confinanti – le dieci priorità sulle quali puntare, già indicate negli orientamenti politici presentati dal Presidente Junker nel luglio 2014;
    le dieci priorità del Presidente Juncker affrontano problemi quali il rilancio dell'occupazione, la crescita economica e la carenza di investimenti, la crisi dei rifugiati, i cambiamenti climatici e la pressione sulle risorse naturali, la mancanza di fiducia sul ruolo dell'Europa nel nuovo ordine mondiale che sta emergendo;
    il programma prevede, inoltre, un esame della legislazione vigente e preannuncia delle nuove iniziative da intraprendere nel 2016, non figuranti, però, ancora nel programma all'esame. Prevede che, 17 proposte attualmente in sospeso, dovranno essere adottate in tempi brevi dai colegislatori e che 20 proposte siano da ritirare o modificare, perché non più rilevanti, bloccate o non abbastanza ambiziose. Le proposte saranno ritirate nell'arco di sei mesi, a partire da aprile 2016. Annuncia, infine, l'abrogazione di 28 norme non più attuali e presenta un elenco della nuova legislazione UE che entrerà in vigore nel prossimo anno;
    la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2016 riassume gli obiettivi prioritari del nostro Paese, gli orientamenti generali del Governo e le azioni dell'UE che esso considera prioritarie, nonché le iniziative che il Governo intende assumere per dare continuità agli obiettivi perseguiti nel corso del semestre italiano di Presidenza. È strutturata in cinque parti dove vengono definiti gli impegni che il Governo intende assumere sulle questioni istituzionali e macroeconomiche, le priorità da adottare nel quadro delle politiche orizzontali, quali le politiche per il mercato unico e la competitività, e settoriali;
    il programma dei 18 mesi delle tre presidenze olandese, slovacca e maltese, riprende la struttura dell'Agenda strategica adottata dal Consiglio europeo del 27 giugno 2014. Si compone di 5 capitoli, che riguardano tra i temi principali, l'occupazione, crescita e competitività, libertà, sicurezza, giustizia e l'Unione come attore forte sulla scena mondiale;
    per quanto riguarda il problema occupazionale, il Programma di lavoro della Commissione evidenzia che, secondo i dati Eurostat, il tasso di disoccupazione italiano (11,3 per cento), rilevato a novembre 2015, è il più alto d'Europa (9,1 per cento). L'introduzione del così detto jobs act è intervenuta sulla flessibilità in uscita, non certo in entrata, e la decontribuzione che l'accompagna è una misura temporanea. Il fatto che il 61 per cento dei contratti a tempo indeterminato è garantito dall'esonero contributo è, dunque, la conferma del rischio di una disoccupazione di massa nel 2018, finendo con l'incrementare il gap con gli altri Paesi europei;
    il tasso di disoccupazione di lunga durata europeo è in diminuzione (4,3 per cento) a fronte di quello italiano attestato al 6,2 per cento. È necessario, pertanto, agire con maggiore forza sulla flessibilità in entrata, attraverso interventi di livellamento del costo del lavoro in ambito europeo, per renderlo uniforme e concorrenziale;
    riguardo al tema delle politiche della migrazione nel Programma di lavoro la Commissione evidenzia che la priorità più urgente in questo momento è far fronte alla crisi dei rifugiati e che tale priorità, viste le condizioni di povertà, guerra e instabilità nel vicinato dell'Unione, è destinata a «rimanere in cima all'agenda politica per alcuni anni»;
    fra le principali iniziative che la Commissione intende assumere entro la fine del 2016, il Programma annovera, tra le altre: la revisione del sistema di Dublino sull'asilo e il rafforzamento del ruolo dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO); l'impegno a rendere «pienamente e rapidamente operativo» il Piano d'azione sul rimpatrio; una proposta relativa a un sistema strutturato di reinsediamento dei rifugiati;
    in base ai dati forniti dalla Commissione nazionale d'asilo, se nel 2014 al 10 per cento dei richiedenti asilo veniva riconosciuto lo status di rifugiato, tale percentuale nel gennaio 2016 è scesa al 3 per cento a fronte del 66 per cento dei dinieghi, in altre parole dei richiedenti 190 erano profughi mentre 4.256 clandestini;
    riguardo i dati dell'ufficio statistico europeo l'Italia, tra i paesi maggiormente coinvolti nel problema immigrazione, è quello che rimpatria meno immigrati clandestini: nel 2015 in Italia le espulsioni sono state 26.058 ma gli effettivi rimpatri 11.944 a fronte, ad esempio, dei 86.000 della Francia e dei 65.000 della Gran Bretagna;
    indubbiamente il nostro Paese deve essere in grado di tutelarsi rispetto al pericolo dei flussi incontrollati di immigrati clandestini che rischiamo di comprometterne la sicurezza nazionale, anche alla luce dei pericoli di matrice terroristica;
    è altrettanto evidente che, avendo l'Italia dei confini in maggior parte permeabili come quello marittimo, necessita di particolari misure di controllo e respingimento;
    Frontex è stata un fallimento eclatante e non promette nulla di buono neanche il proposito di coinvolgere l'Alleanza Atlantica nelle operazioni di salvataggio dei naufraghi nell'Egeo;
    esiste il rischio che si riattivino da un momento all'altro nuovi flussi lungo altre rotte, con coinvolgimento dell'Italia anche da Sud-Est;
    si esprime sempre più interesse ed apprezzamento per la proposta, ventilata da più parti e da più tempo, di creare appositi campi in Nord Africa in cui convogliare gli immigrati clandestini che aspirano al riconoscimento dello status di rifugiato, in modo da permettere ai funzionari incaricati dei Paesi dell'Unione europea di vagliarne le domande e concedere il diritto d'asilo soltanto a coloro che hanno i requisiti per poter accedere alla protezione internazionale;
    nella relazione programmatica il Governo italiano avrebbe intenzione di proseguire il proprio impegno per una migliore gestione della crisi migratoria, secondo una strategia improntata alla valorizzazione dei principi di responsabilità, solidarietà, leale collaborazione e fiducia reciproca. Si impegnerà per «sensibilizzare» le istituzioni dell'UE e gli Stati membri sulla necessità di una riforma della politica in materia di asilo, riforma che potrebbe proprio essere tesa alla creazione di campi nei paesi di provenienza degli immigrati clandestini;
    in tema di agricoltura, nella relazione programmatica il Governo rende nota oltre la sua intenzione di dare il suo contributo al processo di semplificazione della PAC insistendo sulla necessità che siano adottate le modifiche regolamentari già avviate nel corso del 2015 in tema di pagamenti diretti e ribadendo al contempo l'esigenza prioritaria di non ridurre le risorse finanziarie destinate alla Politica agricola comune anche di voler produrre il massimo impegno, soprattutto nelle sedi internazionali, per garantire la tutela delle produzioni di qualità italiane, che soffrono di fenomeni di usurpazione, evocazione e imitazione;
    la metà della spesa degli italiani è anonima per colpa della contraddittoria normativa comunitaria che obbliga a indicare la provenienza nelle etichette per la carne bovina, ma non per i prosciutti, per l'ortofrutta fresca ma non per quella trasformata, per le uova, ma non per i formaggi, per il miele ma non per il latte o per la pasta. Il risultato è che gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano un pacco di pasta su tre, due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta come pure la metà delle mozzarelle;
    la Francia sta preparando misure a livello nazionale per arrivare a un'etichettatura completa e trasparente dei prodotti e ha comunicato alla UE che intende procedere in tal senso, in attesa di una decisione dell'Unione. La stessa cosa è auspicabile la predisponesse anche il Governo italiano in quanto siamo stati tra i promotori della battaglia sulla trasparenza dell'etichetta a difesa dei produttori e dei consumatori;
    il Governo dovrebbe, oltre alla priorità già indicate nella relazione programmatica, inserire anche la necessità di inserire in etichetta la provenienza della materia prima utilizzata per i prodotti alimentari, in particolare del latte utilizzato per la produzione di prodotti lattiero caseari;
    a supporto dell'importanza della provenienza dei prodotti abbiamo i dati della consultazione pubblica, promossa dal Ministero delle politiche agricole, che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015, che ha chiarito inequivocabilmente che il 96,5 per cento degli italiani sono interessati a conoscere l'origine delle materie prime dei prodotti e che sono anche disposti a spendere di più per avere la certezza dell'origine della provenienza del prodotto;
    in un difficile momento di crisi bisogna portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e della verità per combattere la concorrenza sleale e rispondere alle reali esigenze dei consumatori; il prodotto Made in Italy per potersi definire tale deve essere italiano dal campo allo scaffale per garantire ai consumatori finali oltre alla qualità anche la tracciabilità e la provenienza della materia prima;
    fare business in Italia è significativamente più difficile rispetto alle altre principali economie europee, l'alta tassazione cui le imprese sono sottoposte, che appare del tutto sproporzionata rispetto alla maggior parte degli altri Paesi della zona Euro, rappresenta dunque una delle principali minacce della competitività del sistema industriale italiano;
    sul tema delle politiche per l'impresa segnala l'intenzione di rilanciare la politica industriale e di favorire – anche a livello europeo – l'integrazione delle politiche per l'impresa in tutte le politiche che impattano sulla competitività;
    per fare un esempio di competitività e concorrenza sleale a livello europeo, riportiamo il caso della multinazionale del latte francese Lactalis che è il principale gruppo lattiero europeo e in Italia è proprietario di marchi come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cademartori, e che controlla, quindi, un terzo del nostro mercato – incassando dai consumatori italiani 1,4 miliardi di euro – operando in regime di quasi semi-monopolio;
    in Spagna prima, e in Francia poi, in situazione nelle quali si sono rilevati comportamenti scorretti nel pagamento del latte si è arrivati a condannare le principali industrie lattiero-casearie. In Francia, infatti, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie, tra le quali, appunto, Lactalis, Laita, Senagral e Andros's Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era intervenuto anche l'Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Gruppo Lactalis Iberica (11,6 milioni);
    sarebbe opportuno che anche nel nostro Paese, onde evitare evidenti casi di squilibrio contrattuale tra le parti che determinano un abuso di posizione economica sul mercato, si procedesse ad un maggior controllo delle pratiche di concorrenza sleale e di abuso di posizione dominante al fine di evitare regimi di semi monopolio che danneggiano le nostre imprese,

impegna il Governo:

   a rendere obbligatoria l'indicazione in etichetta dell'origine dell'ingrediente primario, a seguito degli esiti della consultazione pubblica ed in virtù dell'articolo 39 del regolamento UE 1169/2011, al fine di tutelare i consumatori e gli operatori della filiera in quanto è importante dare la massima trasparenza;
   ad attivarsi in ambito europeo per l'effettivo rispetto della direttiva sui rimpatri e degli accordi di riammissione stipulati anche a livello comunitario, nonché per ottenere le adeguate risorse finanziarie onde procedere ai respingimenti e rimpatri;
   a promuovere, in tutte le sedi opportune, la creazione nei Paesi di partenza di appositi campi in cui convogliare gli immigrati clandestini al fine di realizzare sul posto la verifica dell'eventuale sussistenza dei criteri richiesti dai Paesi dell'Unione europea per essere ammessi alla concessione del diritto d'asilo;
   ad accelerare le misure di sburocratizzazione degli oneri amministrativi correlati all'attività imprenditoriale, al fine di ridurre gli inutili aggravi sul costo del lavoro e, al contempo, ridare maggiore competitività alle imprese italiane per renderle concorrenziali in ambito europeo;
a promuovere in ambito europeo l'adozione di una flat-rate del costo del lavoro, per livellarlo alla media europea, al fine di aumentare l'occupabilità.
(6-00226) «Fedriga, Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».