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Atto a cui si riferisce:
C.1/01196    premesso che:     nel 2011 il Parlamento ha approvato il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (cosiddetto Salva Italia). L'articolo 5 del decreto-legge contiene le...



Atto Camera

Mozione 1-01196presentato daDI VITA Giuliatesto diMercoledì 23 marzo 2016, seduta n. 596

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2011 il Parlamento ha approvato il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (cosiddetto Salva Italia). L'articolo 5 del decreto-legge contiene le indicazioni per la definizione del nuovo ISEE. È in quell'articolo che viene previsto di considerare come reddito anche le provvidenze assistenziali di qualsiasi natura (pensioni sociali, indennità di accompagnamento, assegni di cura ed altro);
    in attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge «salva Italia» il Governo ha poi adottato il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, in vigore dall'8 febbraio 2014;
    si tratta di un provvedimento che interessa milioni di cittadini italiani poiché la dichiarazione ISEE (DSU) viene richiesta per l'accesso a prestazioni sociali agevolate cioè servizi o aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (solo a titolo di esempio: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni su tributi locali);
    lo Stato, pertanto, si trova nell'imbarazzante posizione di dover riconoscere come voce di reddito e, quindi, di ricchezza le indennità che esso stesso corrisponde ai beneficiari sulla base di un'effettiva condizione di svantaggio e che mirano al superamento di tale condizione, così come recita l'articolo 3 della Costituzione; un paradosso a cui si è successivamente cercato di porre rimedio attraverso la previsione di apposite franchigie;
    contro il provvedimento le associazioni e le federazioni di categoria hanno alzato subito la voce ma senza trovare piena sponda in Parlamento;
    tali disposizioni, invero, hanno introdotto il principio secondo cui un soggetto destinatario delle provvidenze assistenziali vedrà innalzarsi la propria fascia reddituale. In questo modo non si è proceduto ad una razionalizzazione nel determinare i redditi ma si è di fatto prodotta l'esclusione da servizi sociali di famiglie a basso reddito, anziani e persone disabili che si sono ritrovati ad essere riconosciuti come ricchi e quindi non aventi diritto a servizi;
    il Tar del Lazio è fortunatamente intervenuto per affermare che tale normativa fosse da rivedere procedendo alla esclusione delle provvidenze assistenziali nella determinazione del reddito, rimediando ad un'evidente stortura: il giorno 11 febbraio 2015, infatti, il tribunale amministrativo ha accolto, pur parzialmente, tre ricorsi presentati delle associazioni di categoria e delle famiglie di persone con disabilità contro il citato decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    le tre sentenze modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'Indicatore della situazione reddituale, cioè di una delle due componenti dell'ISEE;
    ebbene, l'adito Tar con tre sentenze (Tar Lazio, Sezione I, n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2015) ha:
     a) accolto il secondo motivo di ricorso, per l'effetto annullando l'articolo 4, comma 2, lettera f) del decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, nella parte in cui ha incluso, tra i dati da considerare ai fini ISEE per la situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti dai soggetti portatori di disabilità;
     b) accolto pure il terzo motivo di ricorso, annullando così l'articolo 4, comma 4, lettera d) del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, soltanto nella parte in cui, nel fissare le franchigie da detrarre dai redditi, aveva introdotto «... un'indistinta differenziazione tra persone disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest'ultimi, senza considerare l'effettiva situazione familiare della persona disabile maggiorenne...»;
    le pronunce, data la loro immediata esecutività, avrebbero avuto il pregio di favorire gran parte dell'utenza, con l'effetto di diminuire il valore finale dell'ISEE per l'accesso alle prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria;
    il Governo ha tuttavia deciso di andare contro tali sentenze, presentando ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo contestualmente il congelamento degli effetti nelle more della pronuncia definitiva;
    il Consiglio di Stato si è conseguentemente pronunciato non concedendo la sospensiva agli effetti delle sentenze del Tar, di cui veniva ribadita l'immediata esecutività, sancendo l'illegittimità dell'operato del Governo per non aver dato applicazione a quanto stabilito dal Tar;
    con sentenza del 29 febbraio 2016 (n. 00842/2016) il Consiglio di Stato ha infine respinto il ricorso dell'esecutivo contro le sentenze del Tar del Lazio dell'11 febbraio 2015, confermando in toto le statuizioni del giudice amministrativo di prime cure;
    secondo il Consiglio di Stato, «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva e ontologica situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica della persona disabile rispetto alla persona non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
    si legge ancora nella pronuncia del Consiglio di Stato: «Deve il Collegio condividere l'affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dalle persone disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno alla persona disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione»;
    il Consiglio di Stato ha quindi sostanzialmente confermato quanto già sentenziato dal Tar del Lazio, il quale aveva respinto «una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale»: in sintesi, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito;
    fintantoché il Governo non deciderà di adeguarsi alle pronunce del Tar e del Consiglio di Stato, modificando finalmente l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, il nuovo ISEE 2015, così come formulato, deve pertanto ritenersi illegittimo;
    a tal proposito il collegio si è espresso chiaramente: «Non convince infine il temuto vuoto normativo conseguente all'annullamento in parte qua di detto DPCM, in quanto, in disparte il regime transitorio cui il nuovo ISEE è sottoposto, a ben vedere non occorre certo una novella all'articolo 5 del DL 201/2011 per tornare ad una definizione più realistica ed al contempo più precisa di “reddito disponibile”. All'uopo basta correggere l'articolo 4 del DPCM e fare opera di coordinamento testuale, giacché non il predetto articolo 5, comma 1 del DL 201/2011 (dunque, sotto tal profilo immune da ogni dubbio di costituzionalità), ma solo quest'ultimo ha scelto di trattare le citate indennità come redditi»;
    il MoVimento 5 Stelle, prestando ascolto alle numerose, più che giustificate, critiche in merito provenienti da tutto il mondo della disabilità, ha sempre tenuto alta l'attenzione sul tema della necessaria riforma dell'ISEE, presentando alla Camera dei deputati e al Senato della repubblica numerosi atti parlamentari in merito, sia di sindacato ispettivo che di indirizzo, da ultimo una mozione in Senato (atto n. 1-00532), che non è stata calendarizzata, nonché un emendamento (1-01124/11. Di Vita e altri) alla mozione n. 1-01124 presentata dal deputato Maurizio Lupi sulle politiche a sostegno della famiglia, che ha ricevuto però il voto contrario della maggioranza dell'aula il 2 marzo 2016. Relativamente alle circostanze appena citate risulta difficile comprendere le ragioni per cui il Governo abbia propeso verso una valutazione in senso negativo, dal momento che ogni opzione relativamente al tema di cui si discute appare ormai obbligata, vista la precisa direzione tracciata dalla pronuncia del Consiglio di Stato;
    il 17 marzo 2016 è stata altresì approvata in Commissione VII (Cultura) la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00175 (Ghizzoni e altri) sul diritto allo studio universitario connesso al nuovo metodo di calcolo dell'ISEE, con cui, in particolare, il Governo tenuto conto della sentenza del TAR Lazio sopra richiamata, si è impegnato ad esplicitare normativamente lo scorporo dell'ISEE dell'assegno di disabilità percepito dal nucleo familiare, nel caso di studenti disabili o appartenenti ad un nucleo familiare in cui uno o più membri percepiscano tale assegno, nonché a prevedere interventi compensativi per gli studenti che siano rimasti esclusi dai benefici nell'anno accademico 2015/2016 sebbene non avessero modificato le condizioni economiche delle famiglie;
    da più recenti fonti stampa si apprende che, secondo le cifre fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze, sarebbero un milione e duecentomila le dichiarazioni ISEE delle famiglie con persone disabili falsate dalla impropria inclusione dei sussidi ai fini del calcolo del reddito familiare, e che hanno creato ulteriori difficoltà a queste famiglie che, in molti casi, non hanno potuto accedere ad altre agevolazioni in virtù di un reddito ISEE ingiustamente superiore alla soglia di accesso;
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti ha assicurato che dopo la decisione del Consiglio di Stato sarà modificato il regolamento sull'ISEE per allinearsi a ciò che la sentenza richiede, manifestando tuttavia contrarietà alla previsione di eventuali forme risarcitorie o di ristoro nei confronti delle famiglie medio tempore danneggiate dal provvedimento in questione;
    secondo le famiglie promotrici del ricorso, invece, nella vicenda vi sarebbe stato un accanimento da parte del Governo, che ben avrebbe potuto applicare la sentenza del Tar in attesa di quella del Consiglio di Stato, ma scegliendo invece deliberatamente di non farlo, ritengono, abbia conseguentemente procurato danni in alcuni casi molto consistenti;
    il ricalcolo dell'ISEE rischia di trasformarsi in un vero e proprio caos e, proprio per questo motivo, le associazioni delle famiglie con persone disabili sollecitano il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti a convocare un tavolo di discussione per la modifica della normativa di calcolo dell'ISEE. Un tavolo al quale le associazioni chiedono di partecipare per evitare il rischio che, per compensare il costo derivante dalla sentenza del Consiglio di Stato, vengano inasprite le soglie di accesso ai servizi;
    alla luce di tale sentenza appare totalmente condivisibile l'affermazione delle associazioni ricorrenti, le quali hanno affermato con forza che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dalle persone disabili significa considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito, come se fosse un lavoro o un patrimonio, ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno alla persona disabile, ma una «remunerazione» del suo stato di invalidità: un dato oltremodo irragionevole oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione;
    la decisione del Consiglio di Stato ripristina un principio di giustizia, ma pone altresì una serie di questioni assai rilevanti, prima tra tutte il risarcimento dei cittadini che a causa del meccanismo previsto dalla normativa ISEE non hanno potuto usufruire dei servizi sociali che sarebbero loro spettati,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le opportune e improcrastinabili iniziative, affinché il calcolo dell'ISEE sia effettuato tutelando i soggetti più deboli della nostra società, quali sono gli anziani malati e i disabili in condizione di gravità, conformemente alla citata sentenza del Consiglio di Stato;
   ad assumere iniziative per porre in essere entro il 30 giugno 2016 una complessiva riforma del vigente sistema di calcolo dell'ISEE al fine di pervenire alla totale esclusione delle provvidenze assistenziali di qualsiasi natura;
   nelle more di un intervento di riforma della normativa vigente in conformità alla sentenza citata del Consiglio di Stato, ad adottare urgentemente iniziative per definire linee guida applicabili su tutto il territorio nazionale dirette agli enti locali e agli organi preposti alla ricezione del modello ISEE e alla definizione del suo valore, indicanti le modalità transitorie di calcolo da effettuarsi in base alle disposizioni normative antecedenti alla riforma intervenuta con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 3 dicembre 2013;
   a procedere ad una ricognizione e ad una quantificazione del valore delle prestazioni non erogate a causa delle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurate dal Consiglio di Stato e a fornirne puntuale comunicazione al Parlamento;
   a predisporre celeri interventi compensativi o procedure per il risarcimento immediato dei cittadini che, a causa dalle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurate dal Consiglio di Stato, non hanno potuto usufruire di prestazioni che sarebbero loro spettate o hanno dovuto contribuire con una compartecipazione più alta di quella dovuta;
   a convocare un tavolo di discussione con le associazioni delle famiglie con disabili per la modifica della normativa di calcolo dell'ISEE;
   a disporre una specifica informativa pubblica tramite i propri canali di comunicazione istituzionale, allo scopo di rendere a tutti soggetti interessati, ovvero coloro i quali hanno presentato delle dichiarazioni ISEE non conformi alla citata sentenza del Consiglio di Stato, tutte le informazioni e i chiarimenti del caso, compresa l'indicazione della procedura da seguire per la corretta compilazione del modello ISEE.
(1-01196) «Di Vita, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Lorefice, Grillo, Baroni, Agostinelli, Alberti, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, De Rosa, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, D'Incà, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».