• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.4/12730    chi attesta falsamente di non possedere in casa una televisione è punito due volte più severamente di chi, invece, falsifica la propria dichiarazione dei redditi;    ad avviso...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12730presentato daTURCO Tancreditesto diLunedì 4 aprile 2016, seduta n. 601

   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
   chi attesta falsamente di non possedere in casa una televisione è punito due volte più severamente di chi, invece, falsifica la propria dichiarazione dei redditi;
   ad avviso degli interroganti si tratta di un paradosso poiché la legge porta a ritenere molto più grave il comportamento di chi evade 100 euro l'anno rispetto a chi, invece, non paga allo Stato le imposte per somme superiori a 150.000 euro, somma limite oltre la quale si incorre in un procedimento penale a causa di una dichiarazione dei redditi infedele;
   in base alla normativa attuale introdotta con l'ultima legge di stabilità, chi non detiene un televisore deve inviare all'Agenzia deve entrate, una volta l'anno, una autocertificazione con cui chiede che il canone Rai non gli venga addebitato;
   il modello, diffuso dall'Agenzia delle entrate la scorsa settimana, può essere inviato o con modalità telematica oppure con raccomanda a.r. Si è inoltre stabilito che, nel caso in cui il contribuente dichiari il falso, è soggetto alle pene previste dal testo unico sulla documentazione amministrativa che, e sua volta, richiama il codice penale;
   appare eccessiva la sanzione prevista dalla legge poiché si potrebbe essere condannati alla reclusione da 1 a 6 anni per il compimento del reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale in virtù del fatto che l'autocertificazione deve essere inviata all'Agenzia delle entrate e non alla Rai, o ad altro soggetto privato;
   anche nel caso in cui il contribuente invii la dichiarazione dei redditi infedele, il soggetto destinatario della dichiarazione è l'Agenzia delle entrate, ma esso rischia la condanna ad una pena inferiore, compresa tra 1 e 3 anni e, come sopra detto, solo a condizione che l'importo evaso sia superiore a 150.000 euro e l'ammontare complessivo degli elementi sottratti al fisco sia superiore al 10 per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, a tre milioni di euro;
   dunque, rispetto al falso relativo al canone Rai, il reato di dichiarazione dei redditi infedele è punito con una pena molto più blanda e, peraltro, l'illecito è depenalizzato per cifre inferiori a 150 mila euro;
   appare poco logico sanzionare maggiormente chi evade 100 euro di canone Rai rispetto a chi sottrarre 149.999,99 euro allo Stato in termini di Irpef o Iva, poiché in tal ultimo caso, il falso non costituisce reato;
   1o) la normativa ricordata non pare tenere in conto il principio calla proporzione delle pene;
   2o) la Corte costituzionale ha fissato alcuni principi in merito all'esercizio della discrezionalità legislativa in materia penale che ha ad oggetto il rapporto di proporzionalità fra la gravità del crimine e l'entità della sanzione, che ad esso si correla, poiché il principio d'uguaglianza «esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali» (sentenza n. 409 del 1989);
   3o) il rispetto del principio di proporzionalità della pena, equivale a negare legittimità alle incriminazioni che, anche se presumibilmente idonee a raggiungere finalità statuali di prevenzione, producono però, attraverso la pena, danni all'individuo, ai suoi diritti fondamentali, alla società, sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenuti, o da ottenere, con la tutela dei beni e dei valori offesi dalle predette incriminazioni, e vanificano la finalità di rieducazione di cui all'articolo 27, terzo comma, della Costituzione –:
   se i fatti riportati trovino conferma e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda assumere al fine adeguare la normativa vigente ai principi dell'ordinamento giuridico richiamati più volte nel sindacato della Corte costituzionale. (4-12730)