• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
C.3/02170    in Italia nel 2015 la produzione di petrolio è stata di 5,5 milioni di tonnellate, di queste il 69 per cento arriva dai giacimenti a terra della Basilicata, il più grande non solo del...



Atto Camera

Interrogazione a risposta orale 3-02170presentato daLATRONICO Cosimotesto diVenerdì 8 aprile 2016, seduta n. 604

   LATRONICO, PALESE, CHIARELLI, DISTASO, MARTI, ALTIERI, CIRACÌ, FUCCI, CORSARO e BIANCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   in Italia nel 2015 la produzione di petrolio è stata di 5,5 milioni di tonnellate, di queste il 69 per cento arriva dai giacimenti a terra della Basilicata, il più grande non solo del Paese ma di tutta l'Europa occidentale;
   a tutt'oggi in Basilicata sono presenti 10 permessi di ricerca per un totale di 26 comuni interessati e le istanze di permesso sono 17. Solo a gennaio 2016, l'attività petrolifera ha prodotto quasi 300 mila tonnellate di greggio, estratte dalle due concessioni di Serra Pizzuta Pisticci (MT) e l'altra in Val d'Agri;
   l'inchiesta della procura di Potenza legata allo scandalo del petrolio lucano ha travolto nei giorni, scorsi il Governo, con le dimissioni del Ministro dello sviluppo economico dottoressa Federica Guidi;
   uno dei filoni di inchiesta riguarda un presunto traffico di rifiuti prodotti da Eni nel Centro Oli di Viggiano molto pericoloso per la salute dei cittadini e la salubrità dell'ambiente;
   le aree interessate dall'estrazione di greggio occupano una superficie di circa mille chilometri quadrati, altri 1.454 chilometri quadrati dedicati ad attività di ricerca e sono in corso richieste di nuovi permessi al Ministero dello sviluppo economico che riguardano 3872,35 chilometri quadrati. Un'espansione agevolata anche dalla strategia energetica nazionale, che da un lato dichiara di voler raggiungere e superare gli obiettivi dettati dal pacchetto UE Clima-Energia 2020 e nel percorso verso la decarbonizzazione, dall'altro dedica uno dei pilastri proprio allo «sviluppo sostenibile degli idrocarburi», prevedendo un progressivo aumento delle produzioni nazionali fino a raggiungere nel 2020 i livelli degli anni ‘90;
   in Basilicata associazioni, giornalisti e singoli cittadini, da tempo hanno denunciato i fatti che oggi anche la magistratura rileva nell'indagine sulle vicende connesse alle estrazioni petrolifere. Le notizie dell'inchiesta che sono all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale, dimostrano una volta di più che i modelli organizzativi e le strategie di sviluppo messe in campo dalle classi dirigenti sia nazionali che regionali, a fronte di esiti del tutto incerti per lo sviluppo locale, possono produrre devastazione ambientale e mettere a serio rischio la salute dei cittadini;
   per l'associazione contro la corruzione Transparency, il settore delle estrazioni di petrolio e gas è in assoluto tra i più a rischio corruzione, con un tasso del 25 per cento di corruzione percepita. L'Italia ha visto consumarsi sul suo territorio diverse inchieste nel settore dell'estrazione di idrocarburi e quella sul Centro Oli di Viggiano, di proprietà dell'Eni, era venuta alla luce già a febbraio 2014 con un primo blitz dell'Antimafia. Da allora l'ipotesi di reato indicata resta quella del «traffico di rifiuti», ma i filoni d'indagine si sono moltiplicati;
   la vicenda giudiziaria che ha portato all'arresto di amministratori, tecnici e imprenditori per la verità di traffico e smaltimento illecito di rifiuti in Val d'Agri è l'ennesimo scandalo per la regione Basilicata. Sono tre i filoni di indagine dell'inchiesta Eni: il primo, affidato ai carabinieri del nucleo operativo ecologico, riguarda l'impianto Eni di Viggiano per presunti illeciti nella gestione dei rifiuti. Il secondo filone di indagine, seguito dagli agenti della squadra mobile della polizia di Stato, ha al centro l’iter che ha portato all'autorizzazione del giacimento Tempa Rossa della Total. E il terzo che riguarda l'indagine sul porto di Augusta;
   i carabinieri del NOE hanno messo sotto sequestro alcuni impianti del megapolo di Viggiano (vasche utilizzate per lo stoccaggio dei rifiuti liquidi) e il pozzo di reiniezione di Costa Molina 2 a Montemurro. Secondo l'indagine in corso gli illeciti avrebbero riguardato lo smaltimento delle acque reflue: la reiniezione prevedeva il trasporto tramite una condotta che dal Cova conduceva al pozzo Costa Molina 2, dove i liquidi venivano pompati a bassissima profondità con una procedura non ammessa (vista la presenza di sostanze pericolose) ed episodi di alterazione dei campioni delle acque. L'alterazione dei codici riferiti alle sostanze smaltite aveva una ricaduta economica con un notevole risparmio e conseguente «illecito profitto» per Eni. Secondo i calcoli degli investigatori, il risparmio ipotizzabile per questo «sistema» sarebbe tra il 22 per cento e il 272 per cento (in base a diversi preventivi acquisiti), e si tradurrebbe in una cifra che oscilla tra i 44 e i 110 milioni di euro ogni anno;
   continua a esserci una informazione poco chiara e trasparente sull'attività estrattiva e sulla sicurezza in Val d'Agri e anche sulle cosiddette «anomalie» che causerebbero le «fiammate», da alcuni anni, del centro olio con la chiusura dei pozzi che con molta probabilità emetterebbero quantitativi di gas eccessivi ed incontrollabili per poter essere gestiti dalle strumentazioni e dagli impianti;
   da organi di stampa si apprende dei rilievi da parte degli inquirenti, per quanto riguarda la parte relativa alle attività del Centro Oli di Viggiano, che stanno proseguendo in tutta la regione con indagini epidemiologiche anche sui «bioindicatori», ovvero su indicatori, utili a dimostrare i possibili livelli di inquinamento sulle produzioni agricole locali e sugli allevamenti. I carabinieri del Noe hanno fatto richiesta agli ospedali lucani di acquisire le cartelle cliniche per verificare le patologie presenti nella regione del petrolio, tra cui anche quelle relative ai tumori;
   le cronache lucane sono piene di studi, rilevazioni e dossier che attestano da anni il riemergere degli inquinanti e degli scarti di estrazione/lavorazione degli idrocarburi. L'attività di trivellazione produce sostanze tossiche e cancerogene, fortemente inquinanti e pericolose per la popolazione e l'ambiente, quali idrocarburi pesanti, diossina, acidicanti vari, bario, berillio e anche isotopi radioattivi come l'americio 249 le estrazioni sono anche motivo dell'inquinamento irreversibile delle falde acquifere e delle sorgenti, del bacindidrico del fiume Agri, un insieme di circa 600 sorgenti che si trovano proprio nell'area della concessione Vai d'Agri;
   il quadro che emerge dalle notizie di stampa in merito alle indagini, complesse e delicate, iniziate da parte della procura antimafia nel 2013 e tutt'ora in corso, sull'inquinamento ambientale provocato dalle attività legate all'estrazione petrolifera del Cova, è abbastanza inquietante, e se le accuse fossero confermate è indubbio che il territorio lucano e la popolazione avrebbero subito un grave ed irreparabile danno –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza intendano adottare per avviare un accertamento sulle responsabilità delle amministrazioni statali coinvolte e sugli eventuali danni ambientali, a tutela della sicurezza e della salute dei cittadini;
   quali iniziative si intendano intraprendere, anche sul piano normativo, per obbligare le società operanti in aree come quelle descritte in premessa, ai dovuti investimenti in sicurezza ambientale per la salvaguardia dei lavoratori e della salubrità delle popolazioni. (3-02170)