• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/05649 GATTI, GUERRA, ALBANO, AMATI, D'ADDA, FAVERO, IDEM, GOTOR, LO GIUDICE, LO MORO, MANASSERO, MIGLIAVACCA, PEGORER, PIGNEDOLI, PUPPATO - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-05649 presentata da MARIA GRAZIA GATTI
mercoledì 13 aprile 2016, seduta n.607

GATTI, GUERRA, ALBANO, AMATI, D'ADDA, FAVERO, IDEM, GOTOR, LO GIUDICE, LO MORO, MANASSERO, MIGLIAVACCA, PEGORER, PIGNEDOLI, PUPPATO - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:

nel nostro Paese, le politiche di genere stanno attraversando un periodo di stallo e di difficoltà dovuto, fra le altre cose, all'assenza di una figura responsabile, quale una Ministra per le pari opportunità;

infatti, attualmente, la carica è affidata ad interim al Presidente del Consiglio dei ministri e il Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è sostanzialmente fermo e privo di direzione;

nonostante le cifre impressionanti relative alla violenza sulle donne e sui "femminicidi", i finanziamenti ai centri antiviolenza risultano pochi, erogati a singhiozzo e con ritardo;

i fondi, anche se limitati, c'erano ed erano stati stanziati permanentemente da un emendamento parlamentare al provvedimento contro la violenza di genere del 2013. Ma, nel riparto fra le regioni, solo una parte limitata è arrivata ai centri antiviolenza;

peraltro, come è stato documentato da "D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza", spesso le Regioni spendono le risorse dedicate senza criteri certi: solo 7 di queste hanno dato conto, con trasparenza, dell'utilizzo dei fondi pubblici stanziati dal Governo per combattere la violenza maschile e appena 5 hanno pubblicato l'elenco dei centri antiviolenza che hanno avuto o avranno i fondi 2013-2014;

eppure, i centri antiviolenza, attraverso la propria attività di accoglienza e assistenza alle vittime, le azioni culturali nelle scuole, le campagne di sensibilizzazione nei territori, il lavoro di raccordo tra gli enti istituzionali che contrastano la violenza, svolgono un ruolo prioritario e determinante; tra gli scopi fondamentali che i centri antiviolenza perseguono, vi è quello di aiutare concretamente le donne ad uscire da una condizione di violenza, di sofferenza e di pericolo, attraverso l'ausilio di spazi e figure specializzate messe a disposizione dagli stessi centri; inoltre, svolgono diverse attività, tra cui colloqui telefonici e preliminari, per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili, accoglienza delle vittime di violenza per definire il percorso di presa in carico e di uscita dalle dinamiche di violenza subita, assistenza psicologica, consulenza di carattere legale, sostegno nel cercare soluzioni per ospitalità temporanea alle vittime e ai loro figli minori;

i provvedimenti adottati in materia risultano troppo spesso frammentari e talvolta attuati con estremo ritardo. Ad esempio, nel decreto attuativo del "Jobs Act" (di cui alla legge n. 183 del 2014) dell'11 giugno 2015, era prevista la possibilità per le donne vittime di violenza maschile di usufruire di 3 mesi di aspettativa per i maltrattamenti subiti, ma, di fatto, l'INPS non ha ancora recepito la norma con una circolare attuativa;

circa il fondo di solidarietà sperimentale a tutela del coniuge in stato di bisogno, previsto dalla legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) e istituito presso il Ministero della giustizia, si segnala che questo ammonta a soli 250.000 euro per l'anno 2016 e a 500.000 euro per il 2017; inoltre, il fatto che sia stabilito che il contributo statale è dovuto solo per i coniugi separati e che nulla è dovuto ai figli nati fuori dal matrimonio rappresenta una grave violazione del principio di parità;

con la stessa legge di stabilità è stato poi istituito il "Percorso di tutela delle vittime di violenza", già "Codice rosa", a tutela delle vittime di violenza (minori, donne, persone anziane, persone con disabilità) che assimila la violenza maschile contro le donne a qualunque altra subita da soggetti "deboli e vulnerabili", neutralizzando così la questione della violenza maschile nei confronti delle donne, ignorandone le ragioni culturali e storiche;

nel decreto legislativo sulle depenalizzazioni (decreto legislativo n. 7 del 2016), varato dal Consiglio dei ministri il 15 gennaio scorso, è stata prevista la cancellazione del reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza, contemplato nella legge n. 194 del 1978 per chi viola il dettato degli articoli 6 e 7, ma contestualmente è stato previsto l'inasprimento della multa per il reato di aborto clandestino, che all'articolo 19 della legge n. 194 era fissata a 51 euro e che ora il Governo ha portato a una cifra fra i 5.000 e i 10.000 euro;

è notizia dell'11 aprile 2016 la decisione del Consiglio d'Europa di ritenere ammissibile il ricorso presentato dalla Cgil nel 2013, secondo cui l'Italia sta violando il diritto alla salute delle donne, che vogliono sottoporsi ad un aborto e discriminando i medici non obiettori, vittime di «diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti»;

considerato che:

un ultimo episodio, di cui si auspica una soluzione positiva, sembra particolarmente legato alla "svalutazione" del punto di vista di genere: si tratterebbe della rimozione dalla carica di direttore del Dipartimento di statistiche sociali e ambientali dell'Istat della dottoressa Linda Laura Sabbadini, una delle più brillanti dirigenti della pubblica amministrazione, che ha introdotto in Italia gli strumenti delle statistiche di genere;

la giustificazione di una ristrutturazione e di un ammodernamento tecnologico non reggerebbe di fronte all'importanza degli studi fatti dalla dottoressa Sabbadini presentati alla Conferenza internazionale sulle donne di Pechino del 1995; la Sabbadini ha fatto parte della commissione dell'Onu, incaricata di stabilire i parametri statistici utili nello studio delle violenze sulle donne ed è riconosciuta pioniera delle statistiche di genere;

si tratta di valorizzare quanto sia prezioso un punto di vista che permette di formulare nella ricerca statistica le domande giuste, di valutare i dati, frutto della ricerca, con una griglia specifica e in questo modo dare una visione della realtà più efficace e rappresentativa dei problemi;

considerato inoltre che:

la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo pensa che, se da una parte alcuni provvedimenti in relazione alla vita delle donne sono stati assunti dal Governo, la difficoltà esistente nel renderli operativi è sicuramente determinata dalla mancanza di un riferimento istituzionale, quale una Ministra per le pari opportunità, ma anche dall'assenza all'interno del Governo di un punto di vista di genere, che sia capace di dare forza e qualità ai provvedimenti assunti;

come da ultime dichiarazioni pubbliche del Presidente del Consiglio dei ministri, sembrerebbe esserci la disponibilità ad affidare la delega per le pari opportunità,

si chiede di sapere se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di affidare la delega alle pari opportunità ad una Ministra che dia rappresentanza ad un punto di vista di genere in grado di attivare, seguendo pratiche oramai consolidate, tutte le funzioni presenti all'interno del dipartimento e di mantenere un occhio vigile sui provvedimenti in corso, valutandone costantemente l'impatto di genere.

(4-05649)