• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/01262 Luciano ROSSI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che: l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale va riconosciuta con riferimento...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-01262 presentata da LUCIANO ROSSI
martedì 3 dicembre 2013, seduta n.145

Luciano ROSSI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che:

l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale va riconosciuta con riferimento alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;

l'agroalimentare made in Italy rappresenta più del 17 per cento del PIL e provengono dal settore agricolo oltre 53 miliardi di euro;

il made in Italy agroalimentare è la leva per una competitività "ad alto valore aggiunto" e per lo sviluppo sostenibile del Paese;

il settore agricolo, considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore, riveste una particolare importanza per l'economia nazionale ed assume un ruolo fondamentale nella custodia del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;

in agricoltura sono presenti circa 820.000 imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;

sulla base dei dati Efsa, l'Italia risulta prima, nel mondo, in termini di sicurezza alimentare, con oltre un milione di controlli all'anno, il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), con un valore inferiore di 5 volte rispetto a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte rispetto a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità);

il settore suinicolo rappresenta una voce importante dell'agroalimentare italiano. La suinicoltura italiana, infatti, occupa il 7° posto in Europa per numero di capi mediamente presenti: in Italia nel 2012 la consistenza è stata di 9,279 milioni di capi, preceduta da Germania (28,1 milioni), Spagna (25,2 milioni), Francia (13,7 milioni), Danimarca (12,4 milioni), Olanda (12,2 milioni) e Polonia (11,9 milioni di capi);

i dati del censimento dell'agricoltura 2010 indicano in 26.197 il numero delle aziende suinicole in Italia (74,1 per cento rispetto al 2007), 4.900 delle quali allevano più di 50 suini;

le regioni maggiormente vocate per l'allevamento di suini sono Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, ma anche Calabria, Umbria e Sardegna;

rispetto a 73,5 milioni di cosce suine consumate in Italia, 57,3 milioni sono di importazione, 24,5 milioni sono di produzione nazionale e 8,3 milioni vengono avviate all'esportazione;

dai medesimi dati emerge che i principali Paesi fornitori di carne suina in Italia sono la Germania, l'Olanda, la Francia, la Spagna e la Danimarca;

dai dati elaborati da ISMEA nel rapporto "La competitività dell'agroalimentare italiano" del 2012, emerge che la fase agricola è fortemente penalizzata dalle repentine e intense variazioni dei prezzi alla produzione, variazioni che invece non si trasmettono immediatamente sui prezzi nelle fasi più a valle, né per tempistica, né per intensità;

sulla base dei risultati definitivi pubblicati dall'Istat e secondo quanto certificato dal 6° censimento generale dell'agricoltura, la bassa remunerazione dell'imprenditore agricolo, in diminuzione nell'ultimo decennio, è uno degli elementi a cui viene collegata la fuoriuscita dal settore di quasi 800.000 aziende agricole;

nel mercato del settore suinicolo, l'andamento dei prezzi riconosciuti agli allevatori mostra valori inferiori ai costi di produzione;

secondo analisi ed elaborazioni dell'Associazione nazionale allevatori suini, riferiti al primo semestre 2013, il valore dell'allevamento riconosciuto nella fase della distribuzione è stato del 17,28 per cento;

dalle stesse elaborazioni si rileva che il costo medio di produzione del suino pesante (peso medio 160-170 chilogrammi) è di 1,56 euro al chilogrammo;

i medesimi dati evidenziano che il prezzo medio riconosciuto all'allevatore per il suino pesante è stato di 1,4 euro al chilogrammo;

l'attuale situazione del mercato risulta complicata dalla mancanza di trasparenza sull'indicazione di origine delle carni suine, che rischia di creare confusione tra i prodotti di provenienza nazionale, che assicurano, tra l'altro, elevati standard di sicurezza e qualità, ed i prodotti di importazione che invece, spesso, presentano minori garanzie per il consumatore;

l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel disciplinare le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed agroalimentari, vieta condotte commerciali sleali al fine di impedire che un contraente con maggiore forza commerciale possa abusarne, imponendo condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per la controparte più debole,

si chiede di sapere:

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda promuovere, con specifico riferimento al settore del commercio nel settore delle carni suine, al fine di dare piena attuazione all'articolo 62 citato, nella parte in cui vieta pratiche commerciali sleali che possano determinare, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, il riconoscimento di prezzi, agli allevatori, palesemente inferiori ai costi di produzione medi da loro sostenuti;

quali azioni intenda promuovere, con specifico riferimento al commercio delle carni suine, al fine di contrastare pratiche commerciali sleali poste in essere, ai danni degli allevatori, in violazione della disciplina di cui all'articolo 62 ed al relativo regolamento di attuazione (decreto ministeriale 19 ottobre 2012, n. 199).

(4-01262)