• C. 3672-1338-1669-1696-A-bis EPUB COLLETTI Andrea, Relatore di minoranza

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Atto a cui si riferisce:
C.1669 Disposizioni concernenti l'ufficio del giudice di pace e modifiche alla disciplina relativa alla sua competenza


Frontespizio Relazione
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3672-1338-1669-1696-A-bis


DISEGNO DI LEGGE
n. 3672
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 10 marzo 2016 (v. stampato Senato n. 1738)
presentato dal ministro della giustizia
(ORLANDO)
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica l'11 marzo 2016
e
PROPOSTE DI LEGGE
n. 1338, d'iniziativa del deputato GRECO
Riordino dell'organizzazione e delle funzioni della magistratura onoraria e delega al Governo per l'introduzione di misure d'incentivo in favore dei suoi componenti
Presentata il 9 luglio 2013
n. 1669, d'iniziativa dei deputati
CARRESCIA, BIFFONI, AMODDIO, CAMPANA, CARRA, CASELLATO, MARCO DI MAIO, D'INCECCO, IORI, MORETTO
Disposizioni concernenti l'ufficio del giudice di pace e modifiche alla disciplina relativa alla sua competenza
Presentata il 9 ottobre 2013
n. 1696, d'iniziativa dei deputati
TARTAGLIONE, VERINI, MANFREDI, AMODDIO, BIFFONI, BIONDELLI, CAMPANA, CAPONE, CARRESCIA, CIMBRO, D'INCECCO, GINOBLE, GIULIANI, GOZI, GIUSEPPE GUERINI, IMPEGNO, IORI, LEVA, MAGORNO, MARZANO, MORANI, ROCCHI, ROSTAN, SCALFAROTTO, TIDEI, VALIANTE
Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, in materia di ruolo organico e di conferma dell'incarico dei giudici di pace
Presentata il 15 ottobre 2013
(Relatore di minoranza: COLLETTI)


      

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Onorevoli Colleghi! – La posizione del Movimento 5 Stelle sul presente disegno di legge di delega è decisamente contraria.
      Il disegno di legge C. 3672, presentato dal Governo, intende riformare la magistratura onoraria apportando alla disciplina attualmente in vigore consistenti modifiche attese da oltre dieci anni. L'articolo 245 del decreto legislativo 51/1998, che prevede l'impiego dei magistrati onorari presso i tribunali ordinari e le procure della Repubblica, prevedeva infatti che la disciplina rimanesse in vigore fino alla «riforma organica della magistratura onoraria» e, comunque, non oltre cinque anni dall'entrata in vigore della legge stessa. Tale termine è stato spostato in avanti, di anno in anno, fino a quando con legge di stabilità 2016, è stato portato al 31 maggio 2016. Questa imminente scadenza ha comportato una celerità eccessiva nella valutazione dei contenuti del testo che, nonostante le numerose proposte emendative presentate in commissione, giunge in assemblea immutato nella sua originaria formulazione nonché, a nostro avviso, censurabile in molte sue parti. Né può trascurarsi che il disegno di legge delega si presta a rilievi di legittimità costituzionale, anche sotto il profilo dell'insufficiente determinazione dei princìpi e criteri direttivi (articolo 76 Cost.) dal momento che alcune previsioni (si pensi, a titolo esemplificativo a quelle relative alla determinazione del compenso dei magistrati (articolo 2, comma 13)) ovvero alla connotazione della minore complessità quanto all'attività istruttoria e decisoria quale criterio di attribuzione di alcune nuove competenze civili al Giudice di pace (articolo 2, comma 15), costituiscono una vera e propria delega in bianco.
      Prima di entrare nel merito del provvedimento, va preliminarmente osservato che la bontà o meno dei suoi contenuti va considerata alla luce di una valutazione circa la crucialità della riforma che si sta delegando il Governo a varare. Tale riforma, infatti, lungi dall'interessare la sola categoria della magistratura onoraria, certamente protagonista indiscussa dell'azione legislativa oggetto di delega, avrà delle ricadute su tutto il sistema giustizia le cui sorti sono, com’è noto a tutti, legate a filo doppio al lavoro dei magistrati onorari. È quanto agevolmente può trarsi dall'esperienza quotidiana vissuta nelle aule di tribunale e negli uffici giudiziari la cui attività è attualmente retta in misura prevalente proprio dall'impiego a tempo pieno o semi-pieno dei magistrati onorari. In tutti questi anni, infatti, la magistratura onoraria è stata mantenuta come espediente per evitare il collasso della giustizia e, se l'espediente è servito a reggere il sistema, il costo del beneficio è stato la creazione di una cospicua categoria di lavoratrici e lavoratori senza tutele, pagata poco e precaria. Negli ultimi decenni i magistrati onorari, che oggi costituiscono un corpo numericamente quasi uguale alla magistratura togata, sono infatti diventati magistrati precari a basso costo, privati dei requisiti necessari ad assicurare autonomia, imparzialità e indipendenza, in aperta violazione della Raccomandazione n. 12/2010 del Comitato dei Ministri agli stati membri sui giudici, dei diritti dell'uomo (CEDU) e dell'ordinamento italiano. Questa situazione ha comportato, e a tutt'oggi comporta, l'esposizione dell'Italia a continui rischi di infrazioni e contenziosi (paradossalmente promossi dagli stessi soggetti chiamati per smaltirli). Non è un mistero, infatti, che i magistrati onorari siano da anni utilizzati per sanare le carenze di organico dei tribunali e giustificare le mancate, o comunque, insufficienti indizioni di concorsi pubblici per l'assunzione di magistrati togati e personale amministrativo. E così si assiste al paradosso che proprio coloro che assolvono ad un compito fondamentale e vitale per il buon funzionamento della giustizia, sottoponendosi a rigidi giudizi di qualità, siano sottoposti ad un trattamento giuridico e ordinamentale assolutamente inadeguato rispetto all'importanza della funzione svolta. Attualmente i magistrati onorari non godono di alcuna forma di tutela assistenziale e previdenziale, non maturano il diritto alla pensione, non godono di ferie, permessi, né di alcuna tutela per la salute, la gravidanza, gli infortuni sul lavoro; né, infine, sono beneficiari di un trattamento di fine rapporto. È dunque necessario garantire loro alcune garanzie giuslavoristiche, a partire dall'adeguamento dello status giuridico dei giudici onorari alla funzione svolta e al riconoscimento dei loro diritti, al fine di assicurare professionalità, indipendenza e imparzialità.
      La riforma deve, quindi, perseguire il duplice obiettivo di garantire che non venga meno, almeno fino a quando non si provvederà ad adeguare l'organico dei magistrati togati all'effettiva esigenza dell'ordinamento, il contributo di giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari e giudici di pace in servizio e, al tempo stesso, risolvere definitivamente le criticità insite nell'attuale impiego, ridando dignità alla loro funzione.
      Ebbene, il disegno di legge C. 3672, che si compone di nove articoli, di cui i primi due rivestono senza dubbio la maggiore rilevanza in quanto disciplinano, rispettivamente, il contenuto della delega e i principi e i criteri per esercitarla, non soddisfa pienamente questi obiettivi in quanto non solo non risolve le attuali criticità dell'impiego della magistratura onoraria ma, quel che è peggio, ne crea di nuove e di maggiori introducendo fattori di inefficienza. Il testo, infatti, non sana l'abuso attuale, né soddisfa pienamente l'esigenza di tutela della magistratura onoraria che non avendo garanzie economiche e di stabilità sufficienti per poter svolgere il proprio lavoro, rischia di svolgerlo male o, nel migliore dei casi, in modo approssimativo.
      Tra le criticità più evidenti riscontrabili nel testo vi è l'unificazione della magistratura giudicante onoraria mediante il superamento della distinzione tra giudice di pace e GOT e l'istituzione del giudice onorario di pace (GOP) alle quali noi siamo contrari, ritenendo più corretto mantenere la previsione di due distinte figure: giudice di pace (civile e penale) e giudice ausiliario di tribunale. Vi è poi la previsione di un aumento della dotazione organica dei magistrati onorari a fronte, però, di un dimezzamento del lavoro e, per l'effetto, di una sostanziale riduzione di tempi di impiego e dei compensi. Tale ultima scelta legislativa, ove definitivamente accolta, comporrebbe una dispersione delle professionalità dei magistrati più esperti prima ancora che essi decadano per fine mandato, perché imporrebbe loro di cercare altre fonti di reddito, condizionando in modo negativo l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e generando, con ogni evidenza, anche problematiche conflittuali nello svolgere una professione così delicata come la funzione giurisdizionale insieme alla libera professione o ad altri rapporti di lavoro dipendente. Al fine di evitare questa dispersione di esperienza e competenza, noi proponiamo di riconoscere a favore dei magistrati onorari in servizio da almeno sei anni alla data di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega, la facoltà di optare per il regime di incompatibilità con altre professioni o comunque attività da lavoro dipendente, mediante aspettativa o sospensione per tutta la durata dell'incarico comprensivo di conferme fino al settantesimo anno di età e, conseguentemente, di prevedere per chi eserciti la predetta facoltà, l'applicazione del trattamento economico, previdenziale, assistenziale, comprensivo di ferie e permessi e del sistema di guarentigie del magistrato ordinario precedente alla prima qualifica di professionalità, nonché la continuità contributiva nei rispettivi fondi previdenziali e l'iscrizione presso il fondo INPS dei magistrati privi di fondo previdenziale. Il tutto, ovviamente, negando loro qualsivoglia possibilità di carriera nell'ambito della magistratura ordinaria.
      Per queste e altre ragioni già discusse nel corso dei lavori di Commissione, noi esprimiamo contrarietà al testo governativo e formuliamo una visione alternativa sul ruolo e sulle funzioni che deve rivestire la magistratura onoraria all'interno del sistema giudiziario.
      In primo luogo, la magistratura onoraria dovrebbe essere composta da persone competenti da selezionare mediante concorso per titoli ed esami a cui far partecipare solo coloro che hanno una esperienza giuridica comprovata dall'iscrizione per almeno due anni, anche non consecutivi, all'Albo degli avvocati ovvero dei notai, ovvero dall'aver svolto la funzione di giudice di pace o magistrato onorario per almeno tre anni, riconoscendo a quest'ultimi un punteggio aggiuntivo. In secondo luogo, dovrebbe essere realmente indipendente, terza e imparziale. A tal fine, si dovrebbe prevedere un compenso equo e proporzionato all'attività e alla funzione svolta, nonché introdurre delle regole di incompatibilità più severe. Tra le più significative da noi proposte si pensi, a titolo di esempio, alla quella che impone di esercitare la propria attività professionale in distretto di Corte d'Appello diverso rispetto a quello in cui si esercita la funzione di magistrato onorario, oppure alla regola che vieta di assistere, rappresentare o difendere parti sulle quali nei precedenti cinque anni si è svolta funzione giudiziaria.
      Quale sarebbe la posizione del Movimento 5 Stelle in un'ottica di Governo?
      Nella nostra ottica la magistratura onoraria dovrebbe tornare ad essere concepita ciò che era in passato, ossia una magistratura di prossimità, abilitata a giudicare cause di valore contenuto (sino a 10.000 euro) e reati di lieve entità. Solo per questo tipo di controversie dovrebbe essere sostitutiva della magistratura togata e comportare un'attività e un impegno compatibile con l'esercizio della propria professione principale, in primis, ovviamente, la libera professione. In tale prospettiva, siamo contrari alla previsione del disegno di legge con cui si aumentano in modo esponenziale le competenze del giudice di pace sia in ambito civile che penale, sia per materia che per valore, sul presupposto che tale scelta non appare giustificata da esigenze legate alle dimensioni del carico complessivo dei procedimenti giudiziari in corso il cui numero è, peraltro, negli ultimi anni diminuito in maniera considerevole per effetto della recente introduzione di numerose iniziative intraprese proprio allo scopo di ridurre il contenzioso giudiziale (si pensi, per tutte, all'aumento indiscriminato del contributo unificato, alla mediazione obbligatoria o alla negoziazione assistita), i cui effetti sono ancora in fase di produzione e potranno essere compiutamente apprezzati solo in futuro. Inoltre, appare non opportuna, in linea generale, l'attribuzione di un numero rilevante di procedimenti ad un giudice il cui reclutamento è effettuato con criteri diversi e molto meno selettivi rispetto a quelli adottati per i magistrati «togati», nonché il fatto che la scelta anzidetta determina difficoltà anche con riguardo alla funzione dell'avvocato difensore. Quanto, più specificamente, all'aumento delle competenze in materia civile, e circa la quale il Governo non ha reso noto il numero dei processi che verrebbero ipoteticamente spostati dal Tribunale al giudice di pace, si esprime valutazione negativa anche sulla decisione di attribuire indistintamente tutte le controversie in materia condominiale (materia, peraltro, molto delicata perché interessa diritti fondamentali della persona e, molto spesso, questioni economiche di rilevante entità) mentre per le altre (ad esempio, diritti reali e successioni) il medesimo testo limita l'attribuzione alle controversie che non presentino complessità quanto all'attività istruttoria e decisioria. Da ultimo, ma non per importanza, si osserva che ove la prevista estensione delle competenze civili all'ufficio del giudice di pace fosse confermata verrebbe sottratta una notevole mole di cause al processo civile telematico, con ciò vanificando gli effetti della tanto attesa informatizzazione del processo, essenziale alla tanto auspicata accelerazione e semplificazione delle procedure. Per tali ragioni, riteniamo invece che, al fine di poter considerare la funzione del giudice di pace realmente «onoraria», a questi dovrebbero essere assegnate annualmente un numero contenuto di nuove cause (nell'ordine di cinquanta o, al massimo, di cento nuovi fascicoli) ed essere corrisposte indennità in misura proporzionale al numero di cause trattate e, dunque, indipendentemente dal fatto che le stesse sia non definite o meno con sentenza. Prevedere, infatti, che il ruolo di ciascun Giudice non superi un limite massimo, consentirebbe di impiegare un maggior numero di professionisti ma per un minore numero di giorni al mese (ad esempio uno a settimana) consentendo loro di svolgere la funzione onoraria con serietà e competenza ma, al tempo stesso, senza trascurare la propria attività professionale, principale fonte di reddito.
      Quanto, invece, all'istituzione dell'ufficio del processo, alla quale siamo sostanzialmente favorevoli, riteniamo che gli attuali giudici onorari di tribunale (GOT) e i vice-procuratori onorari (VPO) dovrebbero, anch'essi, previo superamento di concorso pubblico per titoli ed esami, diventare dei veri e propri funzionari pubblici di carriera, con il compito di svolgere una funzione di supporto giuridico al Giudice togato. Un'attività propedeutica di analisi, ricerca giurisprudenziale e studio delle questioni più controverse espletata dai magistrati onorari, preparatoria e funzionale all'esercizio del potere decisorio, che rimarrebbe nella totale competenza del magistrato togato, potrebbe, infatti, garantire una gestione ordinata del processo e una definizione più celere delle cause e dei procedimenti. Questa architettura, secondo cui ogni «togato» (sia esso giudicante o requirente) dovrebbe essere affiancato da un funzionario giuridico, da un tirocinante e da un cancelliere, consentirebbe la combinazione di professionalità diverse che, ciascuna per la propria funzione, realizzerebbe due importanti obiettivi: una concreta deflazione dei processi, senza intaccare i diritti delle persone, ed una maggiore qualità e correttezza dei giudizi.
      Concludendo vogliamo precisare che, come di consueto, la presente valutazione critica nei confronti del provvedimento è stata preceduta dalla presentazione e discussione durante l'esame in Commissione di numerose proposte emendative al testo, tutte respinte, finalizzate a migliorarne i contenuti in un'ottica di collaborazione con le altre forze politiche, a dimostrazione della nostra volontà di svolgere un'azione costruttiva nell'interesse del Paese. Proprio in ragione di tutelare tale interesse che, fermamente convinti della bontà delle proposte emendative già formulate, si preannuncia la loro riproposizione in Assemblea con l'auspicio che la stessa possa valutarne i contenuti, scevra da ogni pregiudizio.

deputato Andrea COLLETTI,
Relatore di minoranza