C. 2039-902-948-1176-1909-A-bis EPUB DE ROSA Massimo Felice, Relatore di minoranza
Atto a cui si riferisce:
C.948 Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo
Frontespizio | Relazione |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 2039-902-948-1176-1909-A-bis |
L'articolo 2 contiene tutto l'apparato definitorio della legge. La definizione di consumo di suolo è stata modificata durante l’iter presso le Commissioni, introducendo la correlazione con la variabile del tempo (l'unità di riferimento è l'anno) e l'aggettivo «netto». Anche la riformulazione della definizione di superficie agricola non appare convincente, visto che tende ad escludere una parte significativa del territorio. In questo modo il consumo di suolo effettivo risulterà di gran lunga più elevato rispetto a quello misurato con gli strumenti della legge. La definizione di impermeabilizzazione appare abbastanza valida ed è stata ampliata grazie all'attività emendativa del Movimento 5 stelle, anche se sarebbe stato più opportuno includervi anche i fattori di riduzione della permeabilità del terreno e non solo quelli che comportano la sola eliminazione.
L'articolo 3 è l'architrave del provvedimento. La sua rubrica recita: «Limite al consumo di suolo»; esso contiene il meccanismo attraverso il quale Stato e regione costruiscono il regime di tutela del suolo agricolo. Il meccanismo è piuttosto articolato e i tempi affinché il nuovo quadro normativo entri a regime sono piuttosto lunghi. Servono sei mesi di tempo perché la Conferenza unificata stabilisca criteri e modalità per definire la «riduzione progressiva vincolante» del suolo (ed è prevista un'eventuale surroga del Governo). Una volta stabiliti i criteri sarà il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (entro un anno dall'entrata in vigore della legge) a stabilire il quantum della riduzione. A questo punto interviene nuovamente la Conferenza unificata che, nell'arco di ulteriori sei mesi, dovrà ripartire l'obiettivo di riduzione tra le singole regioni (anche in questo caso è prevista una surroga) nonché definire i criteri di attuazione delle misure di mitigazione e di compensazione ambientale. È inoltre prevista un'attività di monitoraggio affidata all'ISPRA e al Consiglio per la ricerca in agricoltura, mentre – grazie all'intervento del Movimento 5 stelle – al Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare viene affidato il compito di aggiornare e pubblicare dati e cartografia sul consumo del suolo.
L'articolo 4 stabilisce che siano le regioni a dettare disposizioni di dettaglio per incentivare i comuni a promuovere strategie di rigenerazione urbana, anche attraverso gli strumenti urbanistici e tenendo conto di importanti parametri per garantire la qualità e sostenibilità urbana ed edilizia. Con la stesura del testo unificato è stato purtroppo introdotto un periodo che consente l'applicazione di strumenti di compensazione e perequazione urbanistica, i quali – pur non potendo determinare astrattamente nuovo consumo di suolo – rappresentano uno dei congegni che spesso alterano gli equilibri della pianificazione urbanistica. L'articolo è stato migliorato con l'inserimento di due commi i quali prevedono che il riuso delle aree soggette a bonifica avvenga nel rispetto del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto «codice dell'ambiente»), come indicato dal Movimento 5 stelle, e obbligano i comuni a censire gli immobili abbandonati. Appare migliorativa la disposizione introdotta ex novo nel comma 8.
In riferimento all'articolo 5, le censure sono di due ordini.
La prima, attinente al metodo, riguarda il comma 1, che conferisce delega al Governo per adottare decreti legislativi volti a semplificare gli interventi di rigenerazione delle aree degradate. La materia urbanistica è connessa ad una delle più importanti funzioni del governo della cosa pubblica e le regole che sovraintendono a tale attività sono affidate all'intero Parlamento o – nel caso dei comuni – all'intero consiglio comunale. È infatti noto che tutti i tentativi di affidare alle giunte comunali – e cioè alle maggioranze pro tempore – i poteri in materia di pianificazione comunale sono miseramente falliti. In questo caso il legislatore nazionale sembra utilizzare quale pretesto il principio della «rigenerazione urbana».
Nel merito i pericoli sono evidenti. Nei princìpi e criteri contenuti nell'articolo 5 (che deve essere letto contestualmente all'articolo 4) non si pone alcun limite dimensionale agli interventi; non si pone in relazione la dimensione volumetrica dell'intervento con la volumetria esistente; non si fa alcun riferimento alle regole urbanistiche vigenti. Potranno aumentare le cubature a piacimento e potranno essere sottoposte a demolizione e ricostruzione anche aree oggi abitate dai legittimi proprietari: basterà avere il 75 per cento dell'intero compendio (come è noto si studia da tempo per portarlo al 51 per cento) per poter operare in danno dei proprietari che non intendono trasformare il loro quartiere, per poter procedere senza alcun rallentamento: si rischia la più completa e totale deregulation mai tentata nel nostro Paese.
Del resto, sempre all'articolo 4 si fa riferimento all'obbligo dell'applicazione dei «princìpi di perequazione, compensazione e incentivazione urbanistica», e cioè a quella potente combinazione di soluzioni tutt'altro che garantiste che ha contribuito a determinare il grande scandalo di Mafia capitale.
In merito all'articolo 6, siamo di fronte ad una formulazione che distrugge definitivamente lo stesso concetto di area agricola. In assenza di tale disposizione, in base ai princìpi della legge urbanistica nazionale, le zone agricole erano i compendi che dovevano garantire l'esclusivo uso produttivo primario. Il Parlamento, invece, con questa norma, favorirebbe la realizzazione in aree agricole di «dotazioni urbanistiche (...) e delle nuove tecnologie di comunicazione e trasmissione di dati, in modo da offrire nuovo sviluppo economico e occupazionale». Il comma 5 precisa le caratteristiche delle dotazioni urbanistiche e consente di realizzare in zona agricola numerose funzioni quali le attività amministrative, i servizi ludico-ricreativi, i servizi turistico-ricettivi, i servizi dedicati all'istruzione, le attività di agricoltura sociale, i servizi medici e di cura, i servizi sociali, le attività di vendita diretta dei prodotti agricoli o ambientali locali. In definitiva viene consentito che in zona agricola si possano realizzare alberghi, palestre e centri sportivi, scuole e università private, cliniche e ambulatori, supermercati alimentari. In buona sostanza, la legge licenziata dalle Commissioni parlamentari cancella l'urbanistica e lo stesso concetto di area agricola.
L'articolo 7 vieta il cambio di destinazione dei terreni che abbiano beneficiato dei fondi europei per l'agricoltura (PAC o sviluppo rurale). Il divieto vale per soli cinque anni dall'ultima erogazione e sono previste deroghe per gli interventi ai sensi dell'articolo 6. L'articolo prevede anche sanzioni pecuniarie e l'obbligo di demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, ma i tempi sarebbero tali da andare ben oltre il periodo del divieto ed è facile immaginare che le demolizioni non verrebbero mai effettuate.
L'articolo 8 stabilisce che i finanziamenti per gli interventi di rigenerazione urbana, di bonifica dei siti contaminati, di recupero delle attività agricole vengano concessi prioritariamente ai comuni che abbiano adeguato i propri strumenti urbanistici ai princìpi della legge (articolo 9).
L'articolo 8 è discutibile perché al comma 1 fornisce finanziamenti anche alle bonifiche di siti inquinati purché siano funzionali al raggiungimento della trasformazione urbanistica.
La medesima priorità di erogazione dei finanziamenti è stabilita per i soggetti privati. In tal modo si consente ai privati che debbano realizzare interventi di bonifica sui propri manufatti di ricorrere alla generosa spesa pubblica.
L'articolo 9 istituisce – con decreto dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata – il registro dei comuni che hanno adeguato i propri strumenti urbanistici ai princìpi della legge.
L'articolo 10 impone l'obbligo di destinare i proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni del testo unico sull'edilizia esclusivamente ad interventi per le aree urbane: opere di urbanizzazione, demolizione di immobili abusivi, aree verdi, riqualificazione ambientale, prevenzione del rischio idrogeologico e sismico, insediamento di attività agricole in ambito urbano. Viene altresì abrogata la pericolosa norma della legge finanziaria 2008 – prorogata più volte – che consentiva di utilizzare queste risorse per le spese correnti, tuttavia con salvezza di quanto previsto in bilanci già approvati. Questo meccanismo aveva trasformato la cementificazione del territorio in un bancomat per gli amministratori pubblici locali, che simultaneamente incrementavano i bilanci comunali e ottenevano facili consensi.
Con l'articolo 11 viene prevista una moratoria del consumo di suolo fino all'avvio a regime del nuovo quadro normativo, ma comunque per non più di tre anni. La moratoria non si applica alle opere pubbliche già previste nei piani triennali degli enti locali e delle pubbliche amministrazioni.
Sono altresì esclusi gli interventi edilizi già previsti dagli strumenti urbanistici (e ciò potrebbe comportare una «corsa» ad approvare nuove varianti). Trascorsi tre anni, entra in vigore una clausola di salvaguardia che consente un consumo di suolo annuo massimo del 50 per cento rispetto alla media dei cinque anni precedenti (in pratica un premio ai cementificatori). Appare di tutta evidenza come tale moratoria sia troppo breve e abbia le maglie troppo larghe per contrastare efficacemente una continua progressione dell'attività edilizia nell'immediato.
In conclusione, rispetto al testo iniziale del disegno di legge del Governo (atto Camera n. 2039), che comunque già rappresentava un punto di mediazione tra l'esigenza di fermare in tempi rapidi nuovo consumo di suolo e le preoccupazioni di chi temeva ripercussioni su un importante settore dell'economia, il testo licenziato dalle Commissioni riunite ambiente, territorio e lavori pubblici e agricoltura ha registrato un ulteriore peggioramento, tale da alterare in modo sostanziale le finalità e potenzialità dell'iniziativa, che oggi potrebbe più realisticamente essere ribattezzata «incentivi al consumo del suolo per uso edificabile», allontanandoci dall'obiettivo dell'Unione europea di arrivare entro il 2050 ad annullare il consumo di suolo.
Massimo Felice DE ROSA,
Relatore di minoranza