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Atto a cui si riferisce:
C.1/01232    premesso che:     le notizie di cronaca riportano sempre più spesso casi di maltrattamenti perpetrati a danno di minori, anziani e disabili (soggetti che necessitano di...



Atto Camera

Mozione 1-01232presentato daDI VITA Giuliatesto diVenerdì 22 aprile 2016, seduta n. 612

   La Camera,
   premesso che:
    le notizie di cronaca riportano sempre più spesso casi di maltrattamenti perpetrati a danno di minori, anziani e disabili (soggetti che necessitano di una tutela maggiore da parte delle istituzioni in quanto versano in una situazione di particolare svantaggio non essendo in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze e alla propria auto-difesa) che si compiono all'interno delle strutture, pubbliche e private come asili, scuole per l'infanzia o strutture socio-assistenziali, di cui sono ospiti;
    questi, purtroppo, non costituiscono singoli casi isolati. È chiaro a tutti ormai che gli episodi che continuano a registrarsi in tutto il territorio nazionale si inseriscono a pieno titolo nel quadro di un fenomeno invero più diffuso di quanto si riesca a immaginare, dovuto in particolare alla pressoché generalizzata assenza di controlli in tale settore. Realtà tristemente simili emergono infatti sempre più di frequente dalle cronache giornalistiche;
    tra i casi più recenti quello del 18 gennaio 2016 relativo a una comunità alloggio a Licata in provincia di Agrigento, sottoposta a sequestro preventivo, in cui sarebbero stati maltrattati fisicamente e psicologicamente alcuni minori e persone con disabilità psichiche (inabili psichici) affidati alla struttura per ricevere assistenza e sostegno psicologico. Una assistente sociale, responsabile della gestione della struttura, è stata arrestata e posta ai domiciliari, per tre operatori è scattato il divieto di dimora nella provincia di Agrigento e l'amministratore è stato interdetto dall'esercizio. Nell'ambito dell'operazione, condotta dai carabinieri e denominata «Catene spezzate», sono complessivamente otto le persone iscritte nel registro degli indagati;
    è dell'8 febbraio 2016 invece la notizia dell'arresto di dieci persone in provincia di Roma, accusate di maltrattamenti di giovani pazienti affetti da patologie neuropsichiatriche e ospiti di un centro di riabilitazione a Grottaferrata. Tre pazienti sono stati segregati e chiusi a chiave nelle loro stanze. Un vero e proprio lager con i degenti, 16 ragazzi di cui cinque minori di 14 anni, con gravi disabilità che venivano picchiati, ingozzati di cibo a forza, umiliati e insultati. Alcune delle vittime avevano otto anni. I principali artefici dell'orrore sono un educatore e un assistente socio-sanitario con funzioni educative che si sarebbero distinti per atteggiamenti particolarmente autoritari e violenti, tanto da creare un sistematico e diffuso clima di terrore nei giovani ospiti. Nel corso delle indagini sono stati documentati diversi episodi di maltrattamenti commessi dagli altri operatori che, sebbene con ruoli minori, sottoponevano i ragazzi a soprusi e violenza fisica e verbale, quasi da ipotizzare una «consuetudine repressiva» adottata dal personale addetto a quel reparto;
    il 15 febbraio 2016 s’è poi registrato il caso dei 14 operatori impiegati presso l'Aias di Decimomannu (Cagliari), che sono stati sospesi per sei mesi dal pubblico servizio dopo che la registrazione delle telecamere di immagini inequivocabili di violenze perpetrate a danno di alcune persone con disabilità. Secondo quanto emerso dalle indagini dei militari, iniziate nel 2014, i 14 operatori avrebbero maltrattato alcuni ospiti, tutti adulti, della struttura sanitaria dove si trovano a causa delle loro gravi condizioni di disabilità psicofisiche. Tra le accuse, oltre ai maltrattamenti, percosse, lesioni personali e omissione di referto;
    sconcerto ha destato anche il caso di Potenza del 7 aprile 2016, che ha visto l'arresto di sette persone in servizio presso il centro riabilitativo «Don Uva» che ospita anche pazienti con ritardo mentale medio o grave. Le telecamere nascoste piazzate da carabinieri del Nas hanno documentato atti di violenza sia fisica sia psicologica perpetrati da dipendenti della struttura ai danni dei pazienti;
    da ultimo si segnala il recente caso delle maestre di un asilo nido privato di Grosseto finite agli arresti domiciliari dopo circa un anno di indagini per i maltrattamenti perpetrati a danno dei bimbi loro affidati. Dai filmati delle telecamere nascoste si vedono le maestre forzare con il cibo e strattonare dei bambini;
    con riferimento a tutti i casi innanzi citati è bene rimarcare il ruolo fondamentale rivestito dallo strumento della denuncia dei familiari delle vittime degli atti di violenza. Statisticamente, infatti, la maggior parte di questi casi sono potuti emergere solo grazie alle denunce di questi ultimi e grazie ad esse sono conseguentemente scattate le indagini delle forze dell'ordine che hanno poi potuto verificare, con il monitoraggio disposto attraverso l'installazione di apposite telecamere nascoste presso le strutture coinvolte, l'effettiva consumazione, a volte reiterata, di detti illeciti;
    la drammaticità dei dettagli delle condotte poste in essere in quelle circostanze sono ben noti a tutti soprattutto grazie alle immagini riprese dalle telecamere e diffuse dai mezzi di stampa. Le registrazioni mostrano degli scenari semplicemente sconcertanti: luoghi di accudimento che si trasformano in prigioni e « lager», educatori che diventano aguzzini e l'assistenza che si deforma in violenza. Bambini, disabili e anziani, i più «fragili» che diventano bersaglio di violenze in luoghi «protetti», in cui però la «protezione» lascia il passo alla «correzione», o alla «punizione»;
    si discute di soggetti che a volte, purtroppo, soggiacciono ad una situazione di disinteresse anche da parte delle proprie famiglie. Pertanto, si intende sottolineare la necessità e l'urgenza di attuare un sistema di controllo che garantisca la sicurezza di questi individui maggiormente bisognosi di tutela;
    con la legge 3 marzo 2009, n. 18, il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale, sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007. Scopo della Convenzione, è quello di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità;
    la convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità ha tra i suoi obiettivi primari quello di garantire su scala nazionale la piena capacità giuridica e la tutela dell'integrità psicofisica delle persone con disabilità, così come sancito in particolare agli articoli 12, 14, 15, 16 e 33 della Convenzione;
    secondo l'articolo 12 della Convenzione gli Stati Parti devono assicurare che tutte le misure relative all'esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario;
    l'articolo 14 della Convenzione prevede invece che gli Stati Parti garantiscano che le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale e che non siano private della loro libertà illegalmente o arbitrariamente, che qualsiasi privazione della libertà sia conforme alla legge e che l'esistenza di una disabilità non giustifichi in nessun caso una privazione della libertà;
    in base all'articolo 15 della Convenzione nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Per garantire ciò, in particolare, gli Stati Parti devono adottare tutte le misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altra natura idonee ad impedire che persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, siano sottoposte a tortura, a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;
    l'articolo 16 della Convenzione stabilisce che gli Stati Parti che, come l'Italia, hanno ratificato la Convenzione devono adottare tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all'interno e all'esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, e che allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e abuso, gli Stati Parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti;
    l'articolo 33 della Convenzione, poi, stabilisce alcuni obblighi delle Parti contraenti relativi alla sua applicazione e monitoraggio nell'ambito degli ordinamenti nazionali;
    in particolare, ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, gli Stati contraenti hanno l'obbligo di designare una cosiddetta «struttura di coordinamento» al fine di facilitare l'applicazione della Convenzione a livello interno;
    rientra in tale ambito l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito dall'articolo 3 della legge n. 18 del 3 marzo 2009 di ratifica ed esecuzione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, preposto essenzialmente alla promozione ed al monitoraggio della Convenzione;
    tuttavia, tale organismo dà attuazione soltanto in parte all'articolo 33;
    l'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione richiede infatti alle Parti contraenti di predisporre un'ulteriore «struttura» indipendente che risponda ai criteri relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani, indicati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella Risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 (comunemente noti come «Principi di Parigi»);
    la piena conformità alla Convenzione richiede pertanto l'istituzione in Italia di un'ulteriore «struttura» che, alla luce dei citati Principi di Parigi, dovrà presentare i seguenti caratteri:
     garantire la rappresentanza della società civile;
     essere indipendente dal Governo e prevedere la partecipazione dei rappresentanti dei Ministeri a titolo consultivo;
      disporre di una dotazione finanziaria sufficiente per lo svolgimento delle proprie attività in modo autonomo;
    in base ai «principi di Parigi», tra le funzioni che potrebbero essere affidate alla «struttura» figurano:
     la promozione, la protezione e il monitoraggio della Convenzione nell'ordinamento interno;
     l'indirizzo di raccomandazioni alle autorità competenti e l'elaborazione di proposte di legge in materia di disabilità;
     lo svolgimento di inchieste;
     eventualmente, l'esame di «ricorsi» da parte delle persone con disabilità o delle organizzazioni che le rappresentano;
    la legge 21 maggio 1998, n. 162, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave», che ha modificato la cosiddetta «legge quadro» sull’handicap, ha avuto l'importantissimo merito di introdurre per prima in Italia il concetto di «vita indipendente», in particolare legando tale termine all'idea dell'assistenza domiciliare personale finanziata con fondi statali gestiti dalla stessa persona con disabilità;
    la legge 8 novembre 2000, n. 328, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», stabilisce poi, all'articolo 14, che i comuni devono predisporre su richiesta dell'interessato un progetto individuale per realizzare la piena integrazione delle persone disabili nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, che punta ad una visione in chiave unitaria dei bisogni della persona con disabilità;
    entrambe le leggi statali appena citate, in vigore da diversi anni ormai, potrebbero dunque dare concreta attuazione ai principi sanciti dalla stessa Convenzione, se solo i principi in esse contenuti non fossero ancora quasi del tutto disattesi a livello locale, e limitare drasticamente sin dalla radice il rischio che situazioni gravissime e drammatiche come quelle citate si verifichino nuovamente;
    in Italia esistono ancora molte strutture, troppe, che accolgono le persone con disabilità, attraverso le quali, almeno sulla carta, dovrebbero essere erogate prestazioni socio-sanitarie, riabilitative ed educative;
    come appartenenti al M5S i firmatari del presente atto di indirizzo ritengano che il Parlamento, oggi più che mai, ha anzitutto il dovere di promuovere ed elaborare proposte di modifica della normativa esistente, volte a rimuovere ogni situazione segregante e di istituzionalizzazione delle persone con disabilità, a cominciare da misure a favore di soluzioni abitative che realizzino il diritto alla vita indipendente e alla permanenza e inclusione della persona con disabilità nella propria comunità di origine e, dove possibile, nella propria abitazione, come peraltro indicato nell'articolo 19 della Convenzione ONU;
    la misura di prevenzione più importante resta sempre la creazione di una politica di transizione dall'assistenza negli istituti all'assistenza nella stessa collettività come previsto, oltre che dalla Convenzione Onu, anche dalla Strategia europea sulla disabilità 2010-2020, firmata anche dall'Italia;
    nelle more della realizzazione di tale ambizioso e nobile obiettivo si ritiene che debba provvedersi utilmente a emanare urgentemente delle disposizioni specifiche atte a fronteggiare l'aspetto specifico sin qui descritto e denunciato, relativo alla carenza di controlli mirati nei confronti delle strutture e delle persone giuridiche che svolgono servizi di interesse pubblico per conto dell'ente locale di riferimento fornendo servizi di accoglienza, cura, istruzione e assistenza ai soggetti più fragili della nostra società, quali i minori gli anziani e le persone con disabilità;
    ciò può essere fatto in particolare attraverso la previsione di nuove misure di prevenzione di simili illeciti, come ad esempio l'installazione obbligatoria di un sistema di videosorveglianza all'interno delle strutture pubbliche e private (peraltro già utilizzato in molti casi), che costituirebbe, da una parte, un elemento di maggiore tranquillità, eventualmente per le famiglie che devono affidare una persona cara a tali strutture, e dall'altra parte, un deterrente per evitare ogni tipo di abuso da parte di coloro che operano in tali strutture o, addirittura, da soggetti esterni,

impegna il Governo:

   al fine precipuo di ridurre i fenomeni di violenza perpetrati nei confronti dei soggetti più fragili della società, quali i minori, gli anziani e le persone con disabilità, a intraprendere le opportune iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a favorire l'incremento delle attività di controllo, vigilanza e nei confronti delle strutture socio-educative, sanitarie e di ricovero e, in generale, di tutti i soggetti giuridici che svolgono servizi di interesse pubblico per conto dell'ente locale di riferimento fornendo servizi di accoglienza, cura, istruzione e assistenza, in particolare adottando le seguenti misure:
    a) l'istituzione, ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità e della risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 (cosiddetto «principi di Parigi»), di uno specifico organismo indipendente che svolga attività di ricerca e monitoraggio sulle situazioni di violenza, sfruttamento, maltrattamento e negligenza, che possa accogliere, anche da singoli individui, le richieste di supporto in caso di episodi di violenza, verificarle, elaborare proposte per tutelare in tal senso le persone con disabilità e le loro famiglie, migliorando anche la normativa in materia di tutela, e che promuova, protegga e monitori l'implementazione della citata Convenzione dell'Onu;
    b) l'introduzione dell'obbligo di predisposizione di sistemi di videosorveglianza presso le strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero, sia pubbliche che private accreditate, che si occupano a vario titolo dell'assistenza di minori, persone con disabilità e anziani, in particolare attraverso l'installazione di telecamere posizionate presso ogni vano della struttura ove vengano forniti servizi all'utenza, le cui videoregistrazioni siano gestite ed utilizzate in accordo con l'Autorità garante per la protezione dei dati personali e messe a disposizione delle amministrazioni affidatarie dell'appalto del servizio di videosorveglianza medesimo e, su richiesta, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'organismo indipendente istituito ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità e della risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 (cosiddetto «Principi di Parigi»), anche in coordinamento con le regioni, i nuclei ispettivi e di vigilanza e le aziende sanitarie locali;
    c) la predisposizione, per quanto di competenza, di piani d'ispezioni ministeriali presso le strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero, sia pubbliche che private accreditate, sia straordinarie (cosiddetto «a sorpresa») che programmate, disposte su scala nazionale e secondo l'incidenza territoriale dei soggetti fragili interessati (minori, anziani e persone con disabilità) in relazione alla popolazione e al numero di strutture pubbliche o private (asili, scuole per l'infanzia o strutture socio-assistenziali) presenti sul territorio di riferimento, anche in coordinamento con le regioni, i nuclei ispettivi e di vigilanza e le aziende sanitarie locali;
    d) la predisposizione di specifici uffici territoriali o sportelli del cittadino, realizzati anche in forma digitale con portali web dedicati, anche collegati con i nuclei ispettivi e di vigilanza e le aziende sanitarie locali, che consentano a parenti e operatori sociosanitari di denunciare, anche in forma anonima, episodi di violenza o maltrattamenti nei confronti di minori, anziani e persone con disabilità, in particolare tramite l'adozione di una procedura analoga al modello del whistleblowing in cui il destinatario delle segnalazioni interne sia, oltre all'organo direttivo della struttura interessata dalla segnalazione medesima, anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'organismo indipendente istituito ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità e della risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 (cosiddetto «Principi di Parigi»);
    e) la previsione dell'obbligo in capo alle strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero, sia pubbliche che private accreditate, che si occupano a vario titolo dell'assistenza di minori, persone con disabilità e anziani, di relazionare periodicamente sull'attività di gestione delle segnalazioni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all'organismo indipendente istituito ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità e della risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 (cosiddetto «Principi di Parigi»);
    f)  la predisposizione di verifiche periodiche dello stato di servizio di operatori ed educatori impiegati presso le strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero, anche in coordinamento con le regioni, i nuclei ispettivi e di vigilanza e le aziende sanitarie locali;
    g) la predisposizione di rilevazioni ministeriali periodiche, da effettuarsi almeno una volta l'anno, del grado di soddisfazione degli utenti delle strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero, e dei loro familiari, attraverso tecniche di analisi e verifica dati di customer satisfaction, in particolare nella modalità interview, che prevede un colloquio diretto tra intervistato e intervistatore e quindi favorisce l'emergere di eventuali criticità, e solo in via secondaria e opzionale in modalità survey, ovvero modalità di comunicazione asincrona e somministrabile anche in via informatizzata, anche in coordinamento con le regioni, i nuclei ispettivi e di vigilanza e le aziende sanitarie locali;
    h)  la previsione di un'aggravante per i reati commessi nelle strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero;
    i)  la rimozione degli ostacoli, anche procedurali e burocratici, che compromettono la completa trasparenza, apertura ed accessibilità delle strutture socio-educative, sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero, e che in particolare impediscono spesso tutt'oggi ai familiari dell'utente di poter fare liberamente visita al proprio caro anche in orari di visita non prestabiliti.
(1-01232) «Di Vita, Grillo, Mantero, Lorefice, Colonnese, Silvia Giordano, Baroni, Nuti, Di Benedetto, Lupo, Mannino, Dall'Osso».