• Testo DDL 2211

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Atto a cui si riferisce:
S.2211 Modifiche al Codice civile, al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), al D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e al D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), in materia di concordato preventivo


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2211
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore PANIZZA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GENNAIO 2016

Modifiche al codice civile, al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e al decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74, in materia di concordato preventivo

Onorevoli Senatori. -- Il concordato preventivo è uno strumento che la legge mette a disposizione dell'imprenditore, in crisi o in stato di insolvenza, per evitare la dichiarazione di fallimento attraverso un accordo destinato a portare ad una soddisfazione anche parziale delle ragioni creditorie. È definito preventivo, appunto, per questa sua principale funzione di prevenire la più grave procedura che potrebbe seguire ad uno stato di dissesto finanziario. Il concordato preventivo è regolato dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di seguito denominato «legge fallimentare», che negli ultimi anni ha subito una serie di interventi da parte del legislatore che hanno in qualche modo «ristrutturato» l'istituto con l'obiettivo di favorire il risanamento e soprattutto la prosecuzione dell'attività di impresa.

Lo scopo del concordato preventivo non è solo quello di tutelare l'imprenditore in difficoltà, ma anche di tutelare i creditori. Se da un lato il debitore con l'accesso alla procedura può paralizzare ogni possibile azione esecutiva nei suoi confronti e mantenere l'amministrazione dell'impresa, sia pure con i limiti introdotti, i creditori, dal canto loro, possono evitate l'attesa dei tempi lunghi necessari per portare avanti la più complessa procedura fallimentare e conseguire così, in tempi relativamente brevi, il soddisfacimento quantomeno parziale del proprio credito. Al di là degli interessi dei soggetti direttamente coinvolti nel procedimento, non si può negare che il concordato preventivo soddisfi anche il più ampio e generale interesse della società al mantenimento dell'operatività delle imprese e dei livelli occupazionali.

Il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 38, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, cosiddetto «decreto sviluppo», ha apportato rilevanti e sostanziali novità alla disciplina del concordato, ampliando anche gli effetti conseguenti all'ammissione della domanda, sia per i contratti che per i finanziamenti, nonché agevolando quegli imprenditori che mirano al superamento della crisi optando per una continuità aziendale.

In particolare:

a) il decreto-legge n. 83 del 2012 (articolo 33) ha modificato l'articolo 178 della legge fallimentare ridelineando il ruolo della adunanza dei creditori, chiamandoli ad esaminare la proposta concordataria insieme al giudice delegato ed al debitore stesso; perciò nel processo verbale, oltre all'inserimento dei voti favorevoli e contrari e l'indicazione dei votanti e dei crediti, vengono inseriti anche i dati dei creditori che non hanno esercitato il loro diritto di voto, nonché l'ammontare del loro crediti;

b) l'articolo 178 della legge fallimentare, al quarto comma, ha poi introdotto il cosiddetto «silenzio assenso», per cui i creditori assenti alla votazione di cui all'articolo 177 possono far pervenire il loro dissenso fino alla chiusura del processo, in mancanza del quale essi si presumono consenzienti e, pertanto, sono considerati ai fini del computo della maggioranza;

c) qualora il commissario ritenga che tra la fase di approvazione del concordato ed il giudizio di omologazione siano mutate le condizioni di fattibilità del piano, tutti i creditori verranno avvisati del mutamento così che questi possano modificare i propri voti;

d) ha introdotto la possibilità del concordato in bianco o con riserva, che permette all'imprenditore di beneficiare immediatamente degli effetti che derivano dall'apertura della procedura concordataria; in presenza di una domanda incompleta del piano, della proposta e di parte della documentazione, si ha così l'interruzione o la sospensione delle azioni esecutive intraprese da parte dei singoli creditori nei confronti dell'imprenditore, la cosiddetta automatic stay. che opera, a norma dell'articolo 168 della legge fallimentare dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, ad opera del cancelliere entro il giorno successivo, fino al deposito della domanda in cancelleria. Tale paralisi si estende, per effetto della novella legislativa, anche alle azioni cautelari, ma non ai procedimenti a cognizione piena già instaurati o instaurati successivamente alla presentazione della domanda di concordato;

e) ha previsto la presentazione di domanda di concordato con o senza riserva che travolge le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso;

f) ha introdotto importanti modifiche che hanno riguardato la sorte dei contratti in corso di esecuzione al momento del deposito della domanda di concordato, in quanto il tribunale ha la possibilità di autorizzare il debitore a sciogliersi dai contratti in corso, se ciò si rilevi più favorevole al superamento della crisi;

g) il debitore può chiedere la conversione del concordato preventivo in una procedura di omologazione di accordo ex articolo 182-bis della legge fallimentare;

h) l'articolo 186-bis della legge fallimentare regolamenta il concordato con continuità aziendale.

Con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, della legge 9 agosto 2013, n. 98, cosiddetto «decreto del fare», il legislatore ha voluto offrire maggiori garanzie informative ai creditori e al tribunale nel caso di presentazione di richiesta di concordato in bianco, dato che esso consente di anticipare gli effetti protettivi del patrimonio dell'impresa in crisi:

a) è stato modificato il concordato in bianco;

b) è stato modificato l'articolo 161 della legge fallimentare, comma sesto, prevedendo che l'imprenditore che presenta domanda di concordato debba depositare non solo i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, ma anche l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti;

c) sono poi stati aggiunti due periodi all'articolo 161 della legge fallimentare, comma sesto, in base a cui il tribunale, nel fissare un termine per la presentazione del piano, può nominare il commissario giudiziale, cosa che prima era possibile solo con il decreto con cui si dichiara aperta la procedura di concordato; si è poi previsto che i libri su cui è stato annotato il decreto di ammissione al concordato siano restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale, cosi come è stato previsto che il commissario giudiziale che accerti che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso atti di frode, deve riferirne al tribunale che può dichiarare improcedibile la domanda;

d) è stata resa obbligatoria l'informativa finanziaria mensile da inserire nel registro delle imprese entro le ventiquattro ore successive al deposito;

e) il tribunale ha la possibilità di nominare un commissario giudiziale, con il decreto che fissa il termine per il deposito del piano di concordato, che avrà il compito di vigilare sull'attività di amministrazione dei beni svolta dal debitore e deve inoltre vigilare su eventuali comportamenti fraudolenti del debitore;

f) ha previsto, oltre all'allegazione dell'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti unitamente a quella degli ultimi tre bilanci di esercizi ed alla possibilità per il tribunale di nominare un commissario giudiziale, il potere-dovere di quest'ultimo di riferire immediatamente al tribunale quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste all'articolo 173 della legge fallimentare, così da valutare il compimento di atti di frode o posti in essere in danno dei creditori:

g) è stato poi integrato l'articolo 161 comma settimo, della legge fallimentare, per cui il debitore, previa autorizzazione del tribunale può compiere atti straordinari ed urgenti previa acquisizione del parere del commissario giudiziale.

Il concordato preventivo è uno strumento nato con lo scopo di preservare la continuità in azienda: da qui la ragione del concordato in continuità rispetto al concordato liquidatorio.

Il concordato in bianco, o con riserva, ha invece come scopo quello di ottenere fin da subito gli effetti della protezione della procedura per preservare al meglio l'azienda che andrà verso la continuità o la liquidazione.

Il concordato preventivo è una materia sulla quale tantissime sono state le rimostranze e le sollecitazioni di imprenditori e delle rispettive organizzazioni di categoria circa l'utilizzo distorto, per non parlare del vero e proprio abuso, che è stato fatto da parte di troppi soggetti, di questo strumento.

Il concordato in bianco è stato però utilizzato troppo spesso come escamotage per dilazionare nel tempo i pagamenti ai creditori, se non addirittura per eluderli, attraverso la costituzione di new company che rilevavano l'attività.

A partire dal settembre 2012, si è verificato infatti un aumento esponenziale del numero di domande per concordati in bianco; tuttavia solo una percentuale alquanto modesta dei concordati presentati con tale modalità è stata successivamente omologata, si parla di neppure uno su tre. Altri dati invece evidenziano come siano moltissime le aziende creditrici che non hanno riscosso neppure un euro.

Questi dati la dicono lunga su come molti operatori hanno utilizzato il concordato a cui hanno avuto accesso in maniera indiscriminata e senza filtro alcuno, aziende che da un lato volevano solo dilazionare o eludere i pagamenti, altre che invece erano già decotte e non risanabili in alcun modo.

Occorre quindi ora intervenire urgentemente per rivisitare a fondo uno strumento che, per quanto nato con le più nobili intenzioni, ha prodotto situazioni sconcertanti. Sconcertanti perché, attraverso il concordato, in molti casi, il più furbo o il più incapace si è rifatto o ha scaricato le sue difficoltà sulla pelle dell'onesto. L'azienda che era in crisi, in alcuni casi semplicemente per una sua cattiva e dissennata gestione, si è rifatta sull'azienda che produceva, che lavorava, che sapeva gestirsi in maniera accorta e responsabile.

Il Governo è stato a suo tempo interessato, sia con l'ordine del giorno n. G/1678/8/2 presentato dal senatore Panizza al codice degli appalti e approvato nella competente Commissione del Senato, sia con alcuni significativi emendamenti presentati e sostenuti dagli autonomisti e approvati dalla Camera nell'iter di conversione del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare.

In particolare è stata introdotta nei concordati liquidatori una percentuale minima del 20 per cento di soddisfo dei creditori chirografari, che sono quelli più esposti perché senza garanzie e quelli che oggi hanno bisogno di maggiori tutele. Sono state poi previste la vincolatività in ogni caso della percentuale offerta, l'abolizione del meccanismo del silenzio-assenso ai fini dell'approvazione della proposta e la disciplina delle offerte concorrenti per superare il cosiddetto concordato bloccato, con l'automaticità dell'apertura di una procedura competitiva. Interventi normativi importanti, perché vanno nella direzione della tutela dei creditori più esposti.

Tuttavia, forti anche del confronto con le associazioni imprenditoriali e con settori importanti del mondo dell'artigianato, siamo convinti che il concordato meriti una più robusta e complessiva rivisitazione.

In particolare, occorre prevedere, nei casi in cui la percentuale di pagamento ai chirografari sia inferiore alla percentuale minima imposta dall'articolo 160 della legge fallimentare, il fallimento automatico dal momento della evidenza di tale situazione da parte del commissario giudiziale con apposita relazione al tribunale. Stesso automatismo deve operare in caso di revoca, rinuncia o mancata omologazione con lo scopo di evitare uno degli abusi più frequenti per cui si avvia un concordato, ovvero quello di bloccare i pagamenti, far maturare crediti privilegiati e poi annullarli, con grave danno dei creditori ordinari. Occorre poi impedire alle imprese in concordato in continuità di partecipare agli appalti pubblici dal momento del deposito della domanda di concordato sino al provvedimento di omologazione. Nel caso di aziende che hanno in corso contratti di appalto con enti pubblici, e che entrano in una procedura concorsuale, dobbiamo prevedere il pagamento diretto dei subappaltatori. È necessario ancora inserire l'espressa esclusione della prededuzione per compensi professionali inerenti l'assistenza su concordati in bianco poi rinunziati o dichiarati inammissibili. Occorre anche prevedere espressamente che la disposizione dell'articolo 69-bis, il principio della consecutio tra procedure, operi a prescindere dalla distanza temporale tra il concordato preventivo e il fallimento ed anche in caso di concordato in bianco. È inoltre opportuno estendere l'applicabilità della revocatoria fallimentare ad ogni caso di concordato in bianco a cui è seguito il fallimento, nonché, più in generale, dilatare i termini del cosiddetto «periodo sospetto», durante il quale gli atti pregiudizievoli per i creditori sono soggetti a revocatoria. Sempre nell'ottica di contrastare utilizzi distorti e/o meramente dilatori dello strumento concordatario, occorre infine prevedere che il giudice abbia facoltà di imporre il pagamento di un contributo, da destinare al Fondo unico giustizia, nelle ipotesi in cui l'imprenditore, pur avendo presentato domanda di concordato preventivo con riserva, non abbia poi provveduto al deposito della proposta, del piano e della documentazione nei termini prescritti.

Da rilevare, in fine, che le imprese artigiane coinvolte in procedure concorsuali dovrebbero poter beneficiare dell'importante privilegio previsto dall'articolo 2751-bis, numero 5) del codice civile, purtroppo il riconoscimento di tale privilegio è soggetto a interpretazioni diverse, per cui si assiste a comportamenti di vario tipo in base ai quali, oltre all'iscrizione all'albo degli artigiani, viene chiesto all'impresa di rientrare in parametri mai definiti dal legislatore ed interpretati in modo diverso dai singoli tribunali. Pertanto è importante chiarire anche questo aspetto, prevedendo che, ai fini del riconoscimento del privilegio artigiano della succitata norma, l'iscrizione all'albo sia condizione necessaria e sufficiente oppure prevedendo parametri univoci per ogni tribunale che affiancati all'iscrizione garantiscano il privilegio.

In definitiva, dobbiamo rendere il concordato uno strumento equilibrato tra diritti dei creditori e necessità di non disperdere importanti patrimoni aziendali, perché quello che è accaduto in questi anni è qualcosa di inaccettabile.

Con il presente disegno di legge, composto da dieci articoli in quattro capi, si intendono conciliare gli evidenti vantaggi di un irrobustimento dello strumento concordatario con un potenziamento dell'anticipazione della soglia di emersione della crisi e la necessità di tutelare anche gli interessi della massa dei creditori, ovvero altre imprese che, di riflesso, sono pesantemente colpite dalla difficoltà dell'impresa in crisi con cui lavorano.

L'obiettivo è dunque quello di limitare l'abuso dello strumento del concordato preventivo nel caso in cui i debitori ne facciano un uso ripetuto non per fini tipici, ossia ristrutturazione dei debiti, massimizzazione del realizzo dell'attivo a favore dei dipendenti e delle imprese creditrici o continuazione dell'attività con mantenimento dei livelli occupazionali, ma per altri scopi, non tutelabili dall'ordinamento giuridico, che sono riconducibili agli effetti protettivi garantiti al patrimonio del debitore e che determinano un sacrificio sproporzionato e ingiustificato delle ragioni dei creditori (sentenza del tribunale di Milano del 24 ottobre 2012).

Con tale abuso dello strumento, la crisi dell'imprenditore insolvente di fatto viene estesa alle imprese creditrici, con un effetto domino contagioso anche verso imprese con buone prospettive di mercato ma scarsamente equilibrate dal punto di vista finanziario, agevolando inoltre comportamenti di concorrenza sleale tra le imprese.

Tale abuso è riscontrabile non solo al momento del deposito della domanda, ma anche nel prosieguo dell’iter: quando l'imprenditore rinuncia alla domanda di concordato preventivo, con o senza termine, per allontanare nel tempo eventuali sentenze di fallimento; quando rinuncia al primo ricorso per concordato votato non favorevolmente dai creditori e ripresenta una nuova domanda fondata su una proposta diversa, ma non manifestamente migliorativa, o con lo scopo di privare di rilievo eventuali violazioni pregresse, emerse a seguito di segnalazioni del commissario (sentenza del tribunale di Reggio Emilia del 26 febbraio 2013). Pertanto al fine di limitare gli abusi in tutte le fasi della procedura, risulta necessaria un'adeguata selezione fin dal momento dell'accesso alla stessa.

Il capo l interviene sul codice civile .

L'articolo 1 prevede la modifica al numero 5) dell'articolo 2751-bis del codice civile, specificando che l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane unitamente alla presenza di ricavi non superiori a euro 5.000.000 costituiscono requisiti necessari e sufficienti ai fini dell'attribuzione della qualifica di impresa artigiana. Il limite di ricavi di cui in precedenza può essere soggetto ad aggiornamento periodico.

Purtroppo il riconoscimento del privilegio di cui al numero 5) è ad oggi soggetto a interpretazioni diverse sia da parte degli organi preposti alle procedure sia da parte della giurisprudenza, per cui si assiste a comportamenti di vario tipo in base ai quali oltre all'iscrizione all'albo degli artigiani viene chiesto all'impresa di rientrare in parametri (tra l'altro oltremodo stringenti) mai definiti dal legislatore ed interpretati in modo diverso dai singoli tribunali. Con il presente intervento si ovvia ad un problema interpretativo mai risolto.

Il capo II interviene sulla legge fallimentare in materia di procedure concorsuali.

La disposizione contenuta nell'articolo 2 riguarda i compensi dei curatori che non sono determinati dalla legge fallimentare che andiamo a modificare ma da un decreto ministeriale emesso in forza dell'articolo 39, che nel suo primo comma delega al Ministero della giustizia a stabilirli. Nel nostro caso si tratta del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 25 gennaio 2012, n. 30, che all’articolo 1 disciplina la misura dei compensi dei creditori. Non si può con legge modificare un decreto ministeriale e tantomeno un regolamento, quindi l'unico modo per influire sui compensi è riportare nella stessa legge la normazione dei compensi. La norma è abbastanza complessa e varia le percentuali di compenso tra un minimo ed un massimo commisurando tali percentuali in base all'attivo realizzato dal curatore.

Per questo, non volendo snaturare l'impianto regolamentare e volendo attenersi alla volontà del legislatore, per quanto riguarda gli scaglioni, si è pensato di riportare nella sua sede naturale (la legge) la regolamentazione del compenso riportando il dato letterale in legge (togliendo la delega al Ministero) e modificando le percentuali del 2 per cento per i primi scaglioni e fino ad arrivare al 50 per cento per gli scaglioni più alti. Da una simulazione a grandi linee su un patrimonio di 5.000.000 di euro del patrimonio realizzato e per semplicità di passivo accertato stiamo parlando di un compenso di euro 124.072 contro i 70.291 dopo la modifica.

Nella realtà dei fatti di solito la passività è molto più alta di quanto si realizza e quindi se il curatore ha recuperato 5.000.000 di euro di solito il passivo è il doppio, altrimenti non ci sarebbe il fallimento o il concordato portando così ad un compenso per il curatore di almeno 147.000 euro a cui il decreto legislativo somma nel caso vi fosse la continuità economica dell'impresa di un 0,50 per cento sugli utili netti e del 0,25 per cento sull'ammontare dei ricavi lordi che non prendo in considerazione.

Oltre a questi compensi il decreto ministeriale prevede un compenso forfetario del 5 per cento del compenso liquidato così per un totale di 154.350 contro i 70.000 circa.

La disposizione contenuta nell'articolo 3, allo scopo di attribuire maggiore tutela ai creditori, aumenta i termini di cui all'articolo 67, commi primo e secondo, della legge fallimentare. Per scoraggiare definitivamente tentativi di operazioni dilatatorie a carico della massa ereditaria o tentativi di precostituzione di posizioni di privilegio ante default, si è cercato di rafforzare ulteriormente l'istituto della revocatoria fallimentare. Il rafforzamento di tale azione appare necessario per controbilanciare le tempistiche che vengono concesse ai debitori nella predisposizione di taluni strumenti di ristrutturazione delle loro posizioni debitorie. Laddove non vi fosse tale bilanciamento gli abusi, oggi denunciati da più parti, potrebbero solo essere incrementati rispetto alla casistica attuale.

Si è quindi ipotizzato, attraverso una modifica al primo comma dell'articolo 67, un rafforzamento, dal punto di vista temporale, della revocatoria fallimentare, che consente di «azzerare» eventuali atti dispositivi o costitutivi posti in essere sia «ad arte» da parte dello stesso soggetto che presenta una qualsiasi procedura di ristrutturazione, sia da parte di taluni creditori che, nelle more della ristrutturazione, che come ben noto può durare anche diciotto -- ventiquattro mesi senza che sia sottoscritto alcun accordo di moratoria, possono depauperare, ponendo «paletti» sui beni soggetto «a rischio», il patrimonio eventualmente a disposizione della massa fallimentare.

L'articolo 4 prevede espressamente che la disposizione di cui all'articolo 69-bis, secondo comma, della legge fallimentare (principio della consecutio fra procedure) operi a prescindere dalla distanza temporale fra concordato preventivo e fallimento ed anche in caso di concordato cosiddetto in bianco.

All'articolo 5 è prevista l'espressa esclusione della prededuzione ex articolo 111 della legge fallimentare per compensi professionali inerenti assistenza su concordati in bianco poi rinunziati, dichiarati inammissibili per qualsiasi motivo o su cui non viene presentato il piano.

Con l'articolo 6 si intende attribuire al giudice la facoltà di prevedere un contributo da destinare al Fondo unico giustizia, che deve essere versato nel caso in cui l'imprenditore, pur avendo presentato domanda di concordato preventivo con riserva, non abbia provveduto a depositare la proposta, il piano c la documentazione entro il termine fissato dal giudice. Vista l'elevata percentuale di domande a cui non ha fatto seguito il deposito della restante documentazione, questo contributo mira a selezionare dal principio le domande di concordato, premiando la serietà delle stesse, e a limitare il fenomeno dell'abuso dello strumento.

L'articolo 7 modifica l'articolo 173 della legge fallimentare prevedendo il fallimento automatico in ipotesi di revoca, rinuncia o mancata omologazione nonché nei casi in cui la percentuale di pagamento sia sensibilmente inferiore alla percentuale dichiarata nel piano ed anche nei casi di rilevante superamento del termine posto all'adempimento del concordato, con lo scopo di evitare l'abuso dello strumento concordatario che passa anche attraverso la soluzione di continuità fra questo ed il fallimento.

Il capo III interviene sul codice degli appalti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006.

L'articolo 8 prevede il divieto, per le imprese in concordato in continuità, di partecipare agli appalti pubblici dal momento del deposito della domanda di concordato sino al provvedimento di omologazione.

L'articolo 9 inserisce nel codice degli appalti pubblici la previsione del pagamento diretto dei subappaltatori e quindi sancisce la prevalenza della normativa amministrativa su quella concorsuale, anziché procedere al pagamento dell'impresa in concordato o in fallimento nel caso di aziende che hanno in corso contratti di appalto, con enti pubblici e che entrano in una procedura concorsuale, con espressa deroga al rispetto della regolarità contributiva della società in procedura concorsuale.

Il capo IV modifica i delitti fiscali (decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74: «Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205»).

L'articolo 10 fa riferimento alla rilevanza penale dell'omissione di versamento di imposte. Si rileva che i reati di omesso versamento previsti dagli articoli 10-bis e 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000 sono stati correttamente collocati nell'ambito del capo II, relativo ai delitti in materia di pagamento delle imposte. Nonostante ciò, però, le stesse norme hanno suscitato significative perplessità sin dall'entrata in vigore soprattutto con riguardo alla coerenza con i princìpi ispiratori dell'intero provvedimento. A differenza di altre norme incriminatrici contenute nel medesimo decreto legislativo, infatti, non assume alcuna rilevanza l'aspetto dell'evasione, ma solo il mancato versamento. In effetti, le principali ipotesi delittuose su cui si articola il decreto legislativo fanno riferimento a condotte animate dalla volontà di evadere le imposte oggetto di tutela penale attraverso lo strumento della dichiarazione, alternativamente resa fraudolenta, ovvero infedele, ovvero ancora del tutto omessa.

I delitti di omesso versamento (articoli 10-bis e 10-ter) si differenziano nettamente dagli altri in quanto privi di qualsiasi riferimento all'elemento psicologico dell'agente, tanto da indurre alcuni autori a ritenere reintrodotta la cosiddetta «prigione per debiti». Le perplessità suscitate dall'introduzione di tali fattispecie di reato sono, in un periodo quale quello attuale connotato da una crisi di vaste dimensioni, tornate al centro dell'attenzione degli interpreti, non solo della dottrina e della giurisprudenza, ma anche dei professionisti, perché spesso gli imprenditori si trovano nell'oggettiva impossibilità di pagare le imposte. In questo clima l'esigenza di individuare uno spazio di non applicabilità delle sanzioni risulta sentita anche dalla più recente giurisprudenza di merito pronunciatasi sia in sede penale, sia in sede tributaria.

Nell'attuale clima sociale, molto sensibile alla crisi economica e alle risposte del legislatore, non si coglie la ragione per cui da un lato si consente all'imprenditore in crisi di presentare proposte di concordato preventivo con la cosiddetta «transazione fiscale», disciplinata dall'articolo 182-ter della legge fallimentare, che consente la cristallizzazione del debito erariale e la dilazione del suo pagamento ovvero, ancora, di falcidiare i crediti erariali, e, dall'altro, si continua a perseguire l'imprenditore che, in analoghe situazioni, non riesca a pagare in tempo l'IVA o le ritenute certificate.

In un tale contesto occorre valutare se il comportamento dell'agente sia intenzionalmente guidato dalla volontà di non pagare, ovvero se tale condotta sia, in qualche misura, necessitata. I delitti di cui agli articoli 10-bis e 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, infatti, sono reati omissivi propri a consumazione istantanea: si perfezionano e si consumano con l'omesso versamento delle ritenute o dell'IVA (risultante dalle relative dichiarazioni e purché superiore alla soglia del penalmente rilevante) entro i termini di legge. Il dolo attualmente richiesto dalle fattispecie è generico e la Corte di cassazione ha finora ritenuto sufficiente per la sussistenza dell'elemento psicologico la semplice omissione nel termine prescritto, facendo leva sull'obbligo che incombe sul soggetto agente di gestire le proprie risorse in modo da essere in grado di provvedere successivamente ai versamenti dovuti.

È evidente che un tale ragionamento finisce per penalizzare eccessivamente, con la sanzione più grave prevista dal nostro ordinamento, cioè quella penale, l'imprenditore che si trovi in oggettive difficoltà finanziarie. In tali casi occorrerebbe valutare con maggior attenzione le motivazioni che sorreggono una condotta molto spesso obbligata.

In tal senso si è mossa la giurisprudenza di merito che è giunta a pronunce assolutorie basate sulle difficoltà finanziarie (mancanza di liquidità) in cui versa l'imprenditore, che non permettono il regolare pagamento dell'IVA, valorizzando di volta in volta diversi aspetti: inadempienza della pubblica amministrazione, di soggetti terzi, dell'unico cliente, fino alla recente sentenza del tribunale di Venezia-Chioggia che ha stabilito che «il rappresentante legale di una srl a causa della situazione di difficoltà dell'impresa potrebbe sottrarsi agli obblighi tributari che gli incombono se la crisi tanto grave ne ha determinato il fallimento e infine la chiusura» (sentenza del 10 luglio 2013).

Le maglie delle giurisprudenza di legittimità, però, sono piuttosto ristrette e l'opera di adeguamento ai tempi delle corti territoriali rischia di essere vanificata. Sul punto si registra una rilevante incertezza e l'ambito del penalmente rilevante rischia di essere delimitato dalla sensibilità personale di ciascun giudice. In quest'ottica appare opportuno restringere tale ambito, richiedendo anche per i delitti di omesso versamento il dolo specifico di evasione se entro sei mesi dall'attuale momento consumativo del reato il contribuente è dichiarato fallito o ammesso a una delle procedure concorsuali della legge fallimentare ovvero se dimostra di versare in uno stato di oggettiva e incolpevole difficoltà finanziaria.

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

MODIFICHE AL CODICE CIVILE

Art. 1.

(Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane)

1. Al numero 5) dell'articolo 2751-bis del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «, definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti,» sono soppresse;

b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L'iscrizione all'albo delle imprese artigiane unitamente alla presenza di ricavi non superiori a euro 5.000.000 costituiscono requisiti necessari e sufficienti ai fini dell'attribuzione della qualifica di impresa artigiana. Il limite di ricavi può essere soggetto ad aggiornamento periodico;».

Capo II

MODIFICHE AL REGIO DECRETO 16 MARZO 1942, N. 267, IN MATERIA DI PROCEDURE CONCORSUALI

Art. 2.

(Compensi per i curatori fallimentari)

1. All'articolo 39 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: «secondo le norme stabilite con decreto del Ministro della giustizia,» sono sostituite dalle seguenti: «tenendo conto dell'opera prestata, dei risultati ottenuti, dell'importanza del fallimento, nonché della sollecitudine con cui sono state condotte le relative operazioni, e deve consistere in una percentuale sull'ammontare dell'attivo realizzato non superiore alle misure seguenti:

a) al 10 per cento al 12 per cento quando l'attivo non superi 16.227,08 euro;

b) dall’8 per cento al 10 per cento sulle somme eccedenti i 16.227,08 euro fino a 24.340,62 euro;

c) dall'6,50 per cento al 7,50 per cento sulle somme eccedenti 24.340,62 euro fino a 40.567,68 euro;

d) dal 5 per cento all'6 per cento sulle somme eccedenti 40.567,68 euro fino a 81.135,38 euro;

e) dal 3,5 per cento al 4,5 per cento sulle somme eccedenti 81.135,38 euro fino a 405.676,89 euro;

f) dal 2 per cento al 3 per cento sulle somme eccedenti 405.676,89 euro fino a 811.353,79 euro;

g) dallo 0,45 per cento all'0,90 per cento sulle somme eccedenti 811.353,79 euro fino a 2.434.061,37 euro;

h) dallo 0,30 per cento allo 0,45 per cento sulle somme che superano 2.434.061,37 euro.»;

b) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Al curatore è inoltre corrisposto, sull'ammontare del passivo accertato, un compenso supplementare dallo 0,10 per cento allo 0,45 per cento sui primi 81.131,38 euro e dallo 0,03 per cento allo 0,23 per cento sulle somme eccedenti tale cifra».

Art. 3.

(Disposizioni in materia di revocatoria
fallimentare)

1. All'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma:

a) al numero 1), le parole: «nell'anno anteriore alla» sono sostituite dalle seguenti: «nei diciotto mesi prima della»;

b) al numero 2), le parole: «nell'anno anteriore alla» sono sostituite dalle seguenti: «nei diciotto mesi prima della»;

c) 3), le parole: «nell'anno anteriore alla» sono sostituite dalle seguenti: «nei diciotto mesi prima della»;

d) al numero 4), le parole: «entro sei mesi anteriori alla» sono sostituite dalle seguenti: «nei diciotto mesi prima della»;

e) al secondo comma, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi».

Art. 4.

(Decadenza dall'azione e computo
dei termini)

1. All'articolo 69-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

«I termini di cui al secondo comma decorrono a prescindere dalla distanza temporale fra concordato preventivo e fallimento, anche in caso di concordato cosiddetto in bianco».

Art. 5.

(Ordine di distribuzione delle somme)

1. Al secondo comma dell'articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successivi modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Sono esclusi dalla prededuzione i compensi professionali inerenti assistenza su concordati in bianco poi rinunziati, dichiarati inammissibili per qualsiasi motivo o su cui non viene presentato il piano».

Art. 6.

(Contributo per le spese di giustizia)

1. Al sesto comma dell'articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successivi modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«In caso di mancato deposito della proposta, del piano o della documentazione entro il termine fissato, il giudice, con decreto motivato, può stabilire una somma che l'imprenditore deve versare a titolo di contributo per le spese di giustizia, da destinare al Fondo unico giustizia».

Art. 7.

(Revoca dell'ammissione al concordato
e dichiarazione del fallimento nel corso
della procedura)

1. All'articolo 173 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni :

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«La disposizione di cui al primo comma si applica anche nel caso in cui sia evidente l'impossibilità di raggiungere la percentuale minima prevista dall'articolo 160, comma quarto, così come in ipotesi di rilevante superamento del termine di adempimento previsto nel ricorso per concordato. In tali casi il commissario giudiziale deve riferirne immediatamente al tribunale».

b) al secondo comma dopo le parole: «su istanza» sono inserite le seguenti: «di qualsiasi debitore o»;

c) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

«In ipotesi di revoca, rinuncia o mancata omologazione del concordato il tribunale provvede con decreto e, su istanza di qualsiasi debitore, del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell'articolo 18».

Capo III

MODIFICHE AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 12 APRILE 2006, N. 163

Art. 8.

(Requisiti di ordine generale)

1. All'articolo 38, comma 1, lettera a), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui a decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163, dopo le parole: «concordato preventivo,» sono inserite le seguenti: «di concordato in continuità,».

Art. 9.

(Subappalto, attività che non costituiscono subappalto e tutela del lavoro)

1. All'articolo 118 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, al comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ove l'affidatario sia in concordato o in fallimento, la stazione appaltante provvederà al pagamento diretto delle prestazioni alle singole subappaltatrici».

Capo IV

MODIFICHE AL DECRETO LEGISLATIVO 10 MARZO 2000, n. 74

Art. 10.

(Omesso versamento di ritenute certificate)

1. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 10-bis è aggiunto il seguente comma:

«1-bis. Se entro sei mesi dalla scadenza di cui al comma l il contribuente è dichiarato fallito o ammesso a una delle procedure previste dagli articoli 160 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero se dimostra di versare in uno stato di oggettiva ed incolpevole difficoltà finanziaria, la condotta del soggetto agente deve essere connotata dal dolo specifico di evadere le imposte»;

b) all'articolo 10-ter è aggiunto il seguente comma:

«1-bis. Se entro sei mesi dalla scadenza di cui al comma 1 il contribuente è dichiarato fallito o ammesso a una delle procedure previste dagli articoli 160 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero se dimostra di versare in uno stato di oggettiva ed incolpevole difficoltà finanziaria, la condotta del soggetto agente deve essere connotata dal dolo specifico di evadere le imposte».