• C. 1864 EPUB Disegno di legge presentato il 28 novembre 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.1864 [Legge Europea 2013 bis] Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013 bis


Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1864


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal ministro per gli affari europei
(MOAVERO MILANESI)
di concerto con il ministro degli affari esteri
(BONINO)
con il ministro della giustizia
(CANCELLIERI)
con il ministro dell'economia e delle finanze
(SACCOMANNI)
con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
(CARROZZA)
con il ministro dell'interno
(ALFANO)
con il ministro del lavoro e delle politiche sociali
(GIOVANNINI)
con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(ORLANDO)
con il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
(DE GIROLAMO)
con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(LUPI)
e con il ministro dello sviluppo economico
(ZANONATO)
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 bis
Presentato il 28 novembre 2013


      

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Onorevoli Deputati! Con il presente disegno di legge europea 2013 bis, il Governo, nell'adempiere a quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea) intende compiere un ulteriore sforzo per adeguare la normativa italiana agli obblighi imposti dall'Unione, anche in vista del prossimo semestre di Presidenza europea.
      Come è noto, già con la legge 6 agosto 2013, n. 97 (legge europea 2013), è stato avviato un percorso virtuoso finalizzato alla veloce chiusura dei casi di pre-infrazione, avviati dalla Commissione europea nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e dei casi che hanno dato origine a procedure di infrazione, ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
      Residuando ancora una parte di pre-contenzioso e contenzioso, per la quale si è riconosciuta la fondatezza delle censure della Commissione europea, occorre quindi fare ricorso nuovamente allo strumento legislativo fornito dalla legge n. 234 del 2012, al fine di porvi rimedio entro i ristretti tempi dettati dall'obiettivo prioritario del Governo di presiedere il semestre europeo nel 2014 con il minor numero di infrazioni possibile a carico dell'Italia.
      Sinteticamente, con il presente disegno di legge il Governo intende:

          chiudere otto procedure di infrazione e 9 Casi EU pilot;

          dare attuazione a una sentenza pregiudiziale della Corte di giustizia dell'Unione europea;

          dare attuazione a due regolamenti (UE);

          dare attuazione a una decisione EURATOM del Consiglio.

      Di seguito sono illustrati i contenuti del disegno di legge.
      Il capo I contiene disposizioni in materia di libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi.
      L'articolo 1 è diretto a risolvere le contestazioni sollevate dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 5015/13/EACU in materia di ammissione a borse di studio universitarie per il perfezionamento all'estero.
      Con nota del 13 maggio 2013, infatti, la Commissione ha rilevato un contrasto tra la condizione di nazionalità imposta dalla disposizione in questione e il principio di non discriminazione posto dall'articolo 18 del TFUE.
      Con l'intervento in esame viene eliminato il riferimento alla cittadinanza italiana e, per assicurare un'appropriata destinazione di tali borse, viene espressamente previsto che le stesse siano effettivamente destinate al perfezionamento degli studi in Paesi diversi da quello di residenza.
      L'articolo 2 si rende necessario per evitare l'avvio di una procedura di infrazione e superare alcuni rilievi mossi dalla Commissione europea alle norme nazionali di recepimento della direttiva 2008/115/CE, recante norme e procedure applicabili negli Stati membri al rimpatrio di stranieri in condizioni di soggiorno irregolare, a cui è stata data attuazione nell'ordinamento nazionale con il decreto-legge n. 89 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 129 del 2011.
      In particolare, le nuove norme prevedono:

          la disciplina dei casi in cui uno straniero in condizioni di soggiorno irregolare nel nostro Paese sia titolare di un permesso di soggiorno in corso di validità rilasciato da un altro Stato membro dell'Unione europea [lettere a) e b)]. La vigente disciplina prevede che lo straniero dichiari la sua presenza in Italia entro otto giorni (a pena di una sanzione amministrativa pecuniaria) e, trascorsi sessanta giorni, in assenza di tale dichiarazione, la possibilità di espulsione dal territorio dell'Unione europea. Secondo le norme europee,

tuttavia, lo straniero in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato da uno Stato membro dell'Unione europea può circolare legittimamente negli altri Paesi dell'area Schengen per una durata massima di tre mesi. La nuova disciplina prevede, pertanto, che, fermo restando l'obbligo di dichiarare entro otto giorni la sua presenza in Italia, trascorsi tre mesi, allo straniero deve essere intimato di rientrare nello Stato membro dell'Unione europea che gli ha rilasciato il permesso di soggiorno. Se lo straniero non ottempera a questa prescrizione potrà essere adottato un decreto di espulsione e sarà eseguito l'allontanamento verso lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno. Se, invece, lo straniero è pericoloso per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, ovvero se deve essere adottato nei suoi confronti un decreto di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo, l'allontanamento può essere eseguito con destinazione fuori del territorio dell'Unione europea, sentito lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno. Allo stesso modo deve essere riammesso nel territorio nazionale lo straniero in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità rilasciato dall'Italia e rintracciato in condizioni di soggiorno irregolare in un altro Stato membro dell'Unione europea;

          l'eseguibilità dell'espulsione amministrativa disposta dal prefetto anche in pendenza dell'obbligo di permanenza domiciliare irrogato dal giudice di pace, per effetto della conversione della pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità dello straniero condannato per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (articolo 10-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998) ovvero per i reati di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale (articolo 14, commi 5-ter e 5-quater, del medesimo testo unico). La modifica [lettera c)] si rende necessaria a seguito della pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia dell'Unione europea del 6 dicembre 2012, nella causa C-430/11. La Corte, nel confermare la sostanziale compatibilità del reato di ingresso e soggiorno illegale con la cosiddetta «direttiva rimpatri», ha rilevato un pregiudizio all'attuazione di tale direttiva laddove la disciplina del predetto obbligo di permanenza domiciliare non ne preveda la cessazione a partire dal momento in cui sia possibile eseguire l'allontanamento dello straniero. La mancanza di tale previsione pregiudicherebbe, ad avviso della Corte, l'effetto utile della direttiva, che consiste nell'allontanamento del cittadino di un Paese terzo in condizioni di soggiorno irregolare;

          l'inserimento dei divieti di reingresso irrogati dal prefetto con il decreto di espulsione nel sistema informativo Schengen (SIS) [lettera d)], in modo che appaiano chiare la dimensione europea e la valenza del divieto di rientrare non solo nel territorio italiano ma in tutto il territorio dell'Unione europea;

          che il rinvio di uno straniero irregolare verso un altro Stato membro dell'Unione europea può essere effettuato solo se ciò sia previsto da accordi o intese bilaterali entrati in vigore prima della direttiva europea [lettera d)];

          l'interruzione del trattenimento dello straniero in attesa di accompagnamento coatto laddove non esista più alcuna ragionevole prospettiva di eseguire l'allontanamento, come richiesto espressamente dalla disposizione dell'articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2008/115/CE. La formulazione letterale della norma riprende quella della direttiva europea e si adegua all'interpretazione che ne ha fornito la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza del 30 novembre 2009 nella causa C-357/09 [lettera e)]. Il trattenimento, invero, sia nella fase iniziale sia in quella delle eventuali successive proroghe, è sempre sottoposto al vaglio dell'autorità giudiziaria, che ne valuta la legittimità anche alla luce dei criteri fissati dalla direttiva europea, pur non espressamente trasposti nell'ordinamento nazionale, se direttamente applicabili, come quello in esame. Il criterio che, con

la presente disposizione, si traspone espressamente nella norma nazionale rappresenta, del resto, il presupposto logico della sussistenza delle circostanze che giustificano la protrazione del trattenimento ai sensi del successivo paragrafo 6 del medesimo articolo 15 della direttiva: la mancata cooperazione dello straniero ovvero il ritardo nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dello Stato terzo competente. Infatti, tali circostanze, espressamente richiamate dall'articolo 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 a fondamento della legittimità della proroga del trattenimento, presuppongono che siano ancora in corso le procedure e gli adempimenti occorrenti all'identificazione e all'esecuzione materiale delle operazioni di allontanamento: laddove ogni tentativo sia stato infruttuosamente esperito, non resta che l'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale, entro sette giorni, la cui violazione è, peraltro, penalmente sanzionata;

          la rimodulazione della durata del divieto di reingresso imposto dal giudice con la sentenza di condanna per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (articolo 10-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998) e per i reati di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale (articolo 14, commi 5-ter e 5-quater, del medesimo testo unico). Tale durata, che, attualmente, non può essere inferiore a cinque anni, va equiparata a quella del divieto irrogato dal prefetto con il provvedimento di espulsione amministrativa (di norma, da tre a cinque anni). Rimane invariata la durata (non meno di cinque anni) del divieto di reingresso irrogato dal giudice allo straniero condannato per altre ipotesi di reato [lettere f) e g)]. La modifica si rende necessaria a seguito della citata pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia dell'Unione europea del 6 dicembre 2012, nella causa C-430/11, che ha sottolineato, tra l'altro, la necessità di adeguare anche sotto tale profilo la disciplina del reato di ingresso e soggiorno illegale a quella dell'espulsione amministrativa.

      Le norme proposte non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, poiché non richiedono ulteriori o diversi adempimenti rispetto a quelli previsti dalle norme vigenti.
      Anche l'inserimento dei divieti di reingresso nel sistema informativo Schengen [lettera d)] è un adempimento a cui – pur in assenza della disposizione espressa rimarcata dalla Commissione europea – gli uffici competenti già provvedono dall'entrata in vigore della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, che ne rappresenta il fondamento giuridico.
      L'articolo 3 mira a ottemperare alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea concernente la causa C-385/10 (emessa il 18 ottobre 2012 a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato) contribuendo a risolvere la procedura di infrazione n. 2008/4541, attualmente allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE, avviata dalla Commissione europea nella stessa materia, relativa alla commercializzazione dei camini e dei condotti in plastica in Italia.
      Con tale sentenza la Corte ha stabilito che la normativa dell'Unione (articoli 34 e 37 del TFUE e direttiva 89/106/CEE, come modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003), «osta a prescrizioni nazionali che subordinano d'ufficio la commercializzazione di prodotti di costruzione, quali quelli di cui trattasi nel procedimento principale, provenienti da altro Stato membro, all'apposizione della marcatura CE».
      Con la disposizione proposta si sostituisce, pertanto, l'attuale previsione dell'obbligo di marcatura CE con il concetto di idoneità dei prodotti in questione all'uso previsto, espressamente richiamato all'articolo 2 della direttiva 89/106/CEE (come modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003) e recepito dal complesso delle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti

da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE.
      La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      L'articolo 4 è volto a superare i rilievi formulati dalla Commissione europea (EU Pilot 3690/12/MARKT), che ha sostenuto la necessità di prevedere per le attività occasionali e transfrontaliere di investigazione privata un regime autorizzatorio semplificato, rispetto a quello previsto dal comma 2 per le analoghe attività di vigilanza privata.
      Pertanto, ai fini dello svolgimento dei servizi anzidetti, viene prevista la semplice notifica alla competente autorità nazionale, la quale si riserva dieci giorni di tempo per la valutazione di eventuali circostanze ostative.
      Si tratta, in sostanza, di un'ipotesi di silenzio-assenso che concilia le esigenze di flessibilità organizzativa e di completo adeguamento alla direttiva 2006/123/CE, evidenziate dalla Commissione europea, con quelle di tutela della sicurezza.
      La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      Il capo II reca disposizioni in materia tributaria.
      L'articolo 5, in materia di regime fiscale applicabile a coloro che lavorano in Italia ma sono residenti in altri Stati membri dell'Unione europea o in un altro Paese dello Spazio economico europeo (SEE) (cosiddetti «non residenti Schumacker»), è volto a sanare la procedura di infrazione n. 2013/2027, attualmente allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE.
      L'articolo 5 reca quindi, al comma 1, una disposizione che, mediante l'introduzione di un nuovo comma nell'articolo 24 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), estende le medesime agevolazioni fiscali – in termini di deduzioni e detrazioni – previste per i soggetti residenti nel territorio dello Stato ai contribuenti che, pur essendo fiscalmente residenti in un altro Stato membro dell'Unione europea o in un Paese dello Spazio economico europeo (SEE), producono almeno il 75 per cento del proprio reddito complessivo in Italia (cosiddetti «non residenti Schumacker»), al fine di ottemperare alla censura di incompatibilità del diritto interno con i princìpi relativi alla libera circolazione delle persone e dei lavoratori dipendenti e autonomi, di cui, rispettivamente, agli articoli 21, 45 e 49 del TFUE e ai corrispondenti articoli 28 e 31 dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (Accordo SEE), formulata dalla Commissione europea in sede di procedura di infrazione n. 2013/2027.
      In particolare, il nuovo comma 3-bis dell'articolo 24 deroga espressamente al comma 1 del citato articolo 24 del TUIR il quale, nel definire i criteri generali di determinazione dell'imposta sul reddito dovuta dai soggetti non residenti nel territorio dello Stato, esclude questi ultimi dalla fruizione dei medesimi benefìci fiscali previsti in favore dei soggetti residenti, fatte salve le eccezioni di cui ai commi 2 e 3 della medesima norma. Tale deroga opera a condizione che il contribuente risieda in uno Stato membro dell'Unione europea ovvero in uno Stato aderente allo Spazio economico europeo il quale assicuri un adeguato scambio di informazioni e non goda di agevolazioni fiscali analoghe nel predetto Stato.
      Il comma 2 sostituisce l'articolo 1, comma 99, lettera b), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, contenente una delle cause di esclusione dal regime dei cosiddetti «contribuenti minimi». Si tratta, in particolare, del requisito della residenza nel territorio dello Stato.
      La modifica si è resa necessaria in seguito all'apertura, da parte della Commissione europea, della procedura di infrazione n. 2013/2027 (Regime fiscale delle persone non residenti Schumacker che traggono reddito sul territorio nazionale), notificata con lettera di costituzione in mora C(2013)2223 del 25 aprile 2013. La Commissione ha ritenuto che l'esclusione dell'applicabilità ai «non residenti Schumacker» del regime fiscale dei cosiddetti contribuenti minimi, di cui all'articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, regime ora modificato dall'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, possa costituire una violazione dei princìpi di libera circolazione delle persone (articolo 21 del TFUE) e dei lavoratori dipendenti (articoli 45 del TFUE e 28 dell'Accordo SEE) e autonomi (articoli 49 del TFUE e 31 dell'Accordo SEE) e che, pertanto, la Repubblica italiana sia venuta meno ai relativi obblighi.
      La modifica normativa, in ottemperanza agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, consente anche a soggetti residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo SEE (che assicuri un adeguato scambio di informazioni) e i cui redditi siano prodotti nel territorio dello Stato italiano in misura pari almeno al 75 per cento del reddito complessivamente prodotto, di usufruire del predetto regime agevolato.
      La norma comporta oneri finanziari, in termini di minori entrate, quantificati nella relazione tecnica.
      L'articolo 6, in materia di imposte sulle successioni e donazioni, disciplina talune esenzioni.
      In particolare, le esenzioni previste dall'articolo 3, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990 – che hanno determinato l'avvio della procedura di infrazione n. 2012/2156 per disparità di trattamento e violazione del principio della libera circolazione dei capitali all'interno dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo, stabilito dagli articoli 63 del TFUE e 40 dell'Accordo SEE – vengono estese anche agli enti pubblici, alle associazioni e alle fondazioni residenti negli altri Stati membri dell'Unione europea ovvero negli Stati aderenti allo Spazio economico europeo; resta fermo, così come previsto dalla normativa attualmente vigente, il requisito della reciprocità per accordare le stesse esenzioni agli enti, alle fondazioni e alle associazioni residenti negli altri Stati esteri.
      La modifica normativa riferita all'articolo 12, comma 1, del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990 è finalizzata a porre rimedio all'ulteriore procedura di infrazione n. 2012/2157, attualmente allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE, avviata dalla Commissione europea in data 21 febbraio 2013 a causa della mancata esclusione dei titoli di Stato esteri dalla base imponibile dell'imposta sulle successioni e donazioni, che costituirebbe una violazione del principio della libera circolazione dei capitali all'interno dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo, stabilito dagli articoli 63 del TFUE e 40 dell'Accordo SEE. Con la modifica proposta vengono quindi equiparati, sotto l'aspetto fiscale, i titoli emessi in ambito UE e SEE analoghi a quelli emessi in Italia.
      La norma comporta oneri finanziari, in termini di minori entrate, quantificati nella relazione tecnica.
      L'articolo 7, in materia di imposta sulle attività finanziarie, è finalizzato a risolvere i rilievi mossi dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 5095/12/TAXUD. In particolare, la Commissione ha evidenziato criticità relative all'applicazione della disciplina dell'imposta sulle attività finanziarie detenute all'estero (IVAFE) con riferimento alla disparità di trattamento che si determina rispetto alla norma concernente l'applicazione dell'imposta di bollo sui prodotti finanziari. In particolare, è stato rilevato che la normativa sul bollo si applica ai «prodotti finanziari» mentre quella dell'IVAFE si applica alle «attività finanziarie», determinando una disparità di trattamento tra attività finanziarie detenute in Italia e attività finanziarie detenute all'estero.
      Con la modifica recata dall'articolo in commento, viene eliminata la suddetta disparità uniformando l'ambito di applicazione dei due tributi con il fare riferimento, per entrambi, ai «prodotti finanziari».
      La norma comporta oneri finanziari, in termini di minori entrate, quantificati nella relazione tecnica.
      L'articolo 8 reca una disposizione in materia di riscossione coattiva dei crediti aventi ad oggetto fonti di entrata che costituiscono risorse proprie dell'Unione europea ai sensi della decisione del Consiglio n. 2007/436.
      L'articolo 1, comma 544, della legge n. 228 del 2012 prevede che la riscossione coattiva dei crediti di importo fino a 1.000 euro non possa essere attivata prima che siano decorsi centoventi giorni dall'invio, per posta ordinaria, di un avviso contenente il dettaglio del ruolo.
      Tale disposizione, se applicata alla riscossione coattiva delle risorse proprie tradizionali [articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione del Consiglio n. 2007/436], comporta un allungamento dei tempi di riscossione che contrasta con gli obblighi imposti dalle norme dell'Unione europea in materia di accertamento e riscossione di tali risorse. Inoltre, la disposizione contrasterebbe con l'articolo 9 del decreto-legge n. 16 del 2012, finalizzato ad accelerare la riscossione delle suddette risorse proprie.
      L'articolo in commento è quindi finalizzato a rendere inapplicabile la disposizione di cui all'articolo 1, comma 544, della legge n. 228 del 2012 alle risorse tradizionali proprie e all'IVA riscossa all'importazione. Quest'ultima, infatti, per costante giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenze n. 12262 e 12578 del 15 aprile 2010; n. 26311 del 1 ottobre 2009; n. 5247 del 17 dicembre 2007 e n. 19194 del 6 settembre 2006) è assimilabile ai diritti di confine.
      La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      L'articolo 9 è finalizzato ad integrare la formulazione degli articoli 4-quater e 193-ter del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF). Esso specifica che la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione sono le autorità competenti per il rispetto degli obblighi posti dal regolamento a carico dei soggetti già vigilati dalle medesime autorità, nonché per l'applicazione delle sanzioni, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza previste dall'ordinamento vigente.
      La disposizione apporta, pertanto, le seguenti modifiche al TUF:

          a) all'articolo 4-quater, dopo il comma 2, è aggiunto il comma 2-bis, il quale specifica che per il rispetto degli obblighi posti dal regolamento a carico dei rispettivi soggetti vigilati, sono competenti la Banca d'Italia, la CONSOB, l'IVASS e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza;

          b) all'articolo 4-quater, al comma 3, si sostituisce il primo periodo al fine di rendere coerente il testo con il contenuto del comma 2-bis. Viene pertanto chiarito che la CONSOB è l'autorità competente nei confronti delle controparti non finanziarie, che non siano soggetti vigilati da altra autorità ai sensi del comma 2-bis;

          c) all'articolo 193-quater, il comma 3 è sostituito con una nuova formulazione per specificare che le sanzioni amministrative previste dai commi 1 e 2 sono applicate dalla Banca d'Italia, dalla CONSOB, dall'IVASS e dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza. L'individuazione puntuale ed esplicita delle autorità competenti per ciascuna categoria di soggetti vigilati appare necessaria per scongiurare possibili rischi di contenzioso.

      Il capo III contiene disposizioni in materia di lavoro e politica sociale.
      L'articolo 10, in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, al fine di risolvere la procedura di infrazione n. 2010/4227, attualmente allo stadio di parere motivato ex articolo 258 del TFUE, prevede che fin dai giorni immediatamente successivi all'avvio dell'attività dell'impresa o al verificarsi delle condizioni che rendono necessario l'aggiornamento della valutazione

dei rischi, il datore di lavoro debba disporre di idonea documentazione volta a dimostrare che i singoli obblighi di riferimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro siano stati adempiuti e che, dunque, il medesimo datore di lavoro abbia provveduto immediatamente ad effettuare la valutazione dei rischi.
      La formulazione appare coerente con le disposizioni della direttiva 89/391/CEE, la quale non richiede alcuna forma particolare per la documentazione di riferimento, limitandosi a prevedere che questa debba essere in possesso del datore di lavoro e che possa essere conosciuta dai lavoratori. In relazione a quest'ultimo punto, si è ritenuto utile specificare che a tali documenti accedono, su richiesta, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), benché sia già in vigore, nell'ordinamento interno, il principio generale che i RLS possono visionare ogni documento relativo alla valutazione dei rischi.
      Al contempo, la proposta normativa in esame tiene ferme le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 106 del 2009 ai testi degli articoli 28 e 29 del decreto legislativo n. 81 del 2008, le quali sono volte a permettere al datore di lavoro di redigere un organico documento di valutazione dei rischi in un momento leggermente differito rispetto a quello dell'adempimento degli obblighi in materia di valutazione dei rischi (ossia entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività, in caso di costituzione di nuova impresa, ai sensi dell'articolo 28, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 81 del 2008, ed entro trenta giorni dalle rispettive causali, nel caso in cui si verifichino delle condizioni che rendono necessario l'aggiornamento della valutazione dei rischi, ai sensi dell'articolo 29, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 81 del 2008). Si ritiene, infatti, che tale facoltà consenta al soggetto obbligato una migliore e più efficace redazione del predetto documento. Resta fermo, comunque, che da subito il datore di lavoro – come prevede la proposta normativa in esame – deve disporre di idonea documentazione volta a dimostrare che i singoli obblighi di riferimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono stati adempiuti, e che a tale documentazione possono accedere, su richiesta, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).
      L'articolo 11 ricalca, per la sola parte relativa al settore delle navi da pesca, la delega al Governo contenuta nel disegno di legge atto Camera n. 5368, predisposto nel corso della XVI legislatura e il cui iter non si è completato prima della fine della stessa legislatura. In esecuzione della delega, si sarebbero dovuti adottare i decreti legislativi per il riordino delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di particolari settori come quelli marittimo, compreso il settore della pesca, portuale e ferroviario.
      Il presente articolo, nel rinnovare i contenuti del citato disegno di legge, mira a procedere celermente e compiutamente all'approvazione della normativa di attuazione per la cui mancanza la Commissione europea ha avviato la procedura di infrazione n. 2011/2098, attualmente allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE.
      La nuova delega si rende necessaria per consentire di adottare il provvedimento teso ad armonizzare la disciplina contenuta nella normativa di settore (decreto legislativo n. 298 del 1999), adeguandola ai princìpi stabiliti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, rispondendo così alle censure mosse dalla Commissione europea, essenzialmente centrate sull'incertezza normativa derivante dall'esistenza di diversi provvedimenti normativi non del tutto omogenei e pertanto capaci di generare ambiguità in un settore di particolare rilevanza qual è quello della tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro e della salute dei lavoratori.
      Dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri in via preliminare e l'acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la norma è stata modificata per motivi di drafting. In particolare, anziché far salva l'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 298 del 1999 e del decreto legislativo n. 81 del 2008 fino all'entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della delega, l'attuale formulazione prevede che con l'esercizio della delega vengano individuate e abrogate tutte le norme incompatibili con il nuovo decreto legislativo.
      Il capo IV reca disposizioni in materia di ambiente.
      L'articolo 12 è volto a superare i rilievi formulati dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU-Pilot 1484/10/ENVI, relativo al recepimento della direttiva 2003/35/CE sulla partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e che modifica le direttive 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia.
      In particolare, la Commissione europea contesta il mancato recepimento nell'ordinamento interno delle disposizioni dell'articolo 2, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/35/CE nel caso di piani o programmi di cui all'allegato I della stessa direttiva ai quali non si applica né la direttiva 2001/42/CE sulla valutazione ambientale strategica (VAS ) né la direttiva 2000/60/CE in materia di acque.
      Secondo la Commissione, infatti, i citati paragrafi 2 e 3 dell'articolo 2 della direttiva 2003/35/CE debbono intendersi nel senso che i piani o programmi di cui all'allegato I della direttiva, che non sono sottoposti ad una procedura di partecipazione del pubblico ai sensi della direttiva 2001/42/CE o ai sensi della direttiva 2000/60/CE, devono comunque essere assoggettati alle disposizioni dell'articolo 2, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/35/CE.
      La Commissione europea non ha ritenuto soddisfacente l'argomentazione prospettata dalle autorità italiane, secondo la quale non sarebbe necessaria un'espressa trasposizione delle disposizioni in questione in quanto la loro osservanza sarebbe comunque garantita dall'applicazione di norme già vigenti nell'ordinamento interno (decreto legislativo n. 195 del 2005 e legge n. 241 del 1990).
      Si è reso pertanto necessario prevedere una novella all'articolo 3-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo, al fine di:

          a) prevedere l'obbligo, per le autorità competenti all'elaborazione, alla approvazione, alla modifica e al riesame dei piani o dei programmi di cui all'allegato I della direttiva 2003/35/CE, di assicurare la partecipazione del pubblico al procedimento di elaborazione, di modifica e di riesame degli stessi piani o programmi;

          b) definire le modalità di detta partecipazione del pubblico.

      Tali disposizioni costituiscono, altresì, ulteriore attuazione della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, resa esecutiva per l'Italia con legge 16 marzo 2001, n. 108.
      L'articolo 13, in materia di richiami vivi, è volto a chiarire, attraverso una modifica al comma 3 dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, che l'attività di cattura per l'inanellamento e la cessione a fini di richiamo deve essere svolta anche nel rispetto delle condizioni e delle modalità stabilite all'articolo 19-bis della stessa legge, che disciplina l'esercizio delle deroghe previste all'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE, come modificata dalla direttiva 2009/147/CE.
      L'articolo è volto a superare i rilievi formulati dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 1611/10/ENVI, avviato per ritenuta difformità della normativa italiana relativa alla cattura degli uccelli da utilizzare come richiami vivi rispetto alle disposizioni della citata direttiva 79/409/CEE.
      Ad avviso della Commissione europea, poiché i commi 3 e 4 dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, non prevedono un rinvio né all'articolo 9 di detta direttiva né all'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, che del citato articolo 9

costituisce trasposizione, la normativa italiana non prevede in maniera espressa l'obbligo di rispettare le rigorose prescrizioni stabilite all'articolo 9 della direttiva nell'esercizio dell'attività di cattura di uccelli da utilizzare come richiami vivi.
      Pertanto si rende necessario, secondo la Commissione, «modificare la legge 157/92 affinché risulti chiaro che la cattura di uccelli da utilizzare come richiami vivi può avvenire esclusivamente se autorizzata in maniera conforme a tutti i requisiti di cui all'articolo 9 della suddetta direttiva».
      L'articolo 14 reca modifiche al decreto legislativo n. 32 del 2010 che, in attuazione della direttiva 2007/2/CE, istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE).
      Lo scopo della direttiva 2007/2/CE è quello di creare, grazie a norme comuni di attuazione, integrate da misure comunitarie, una struttura condivisa che renda compatibile e utilizzabile in un contesto transfrontaliero l'informazione ambientale georeferenziata (cosiddetta informazione territoriale) detenuta dai vari Stati membri, superando in tal modo i problemi relativi alla disponibilità, alla qualità, all'organizzazione e all'accessibilità dei dati territoriali oggi disponibili all'interno dell'Unione europea.
      In coerenza con tali criteri, gli obiettivi che la direttiva si propone sono:

          1) ridurre gli ostacoli fra le autorità pubbliche per rendere disponibili maggiori e migliori dati territoriali per l'elaborazione delle politiche europee e la loro attuazione negli Stati membri;

          2) promuovere la condivisione e l'utilizzazione dell'informazione territoriale ai fini ambientali;

          3) promuovere il coordinamento intersettoriale e intergovernativo tra tutti i soggetti competenti in modo tale da poter disporre di una base di conoscenza per le politiche ambientali e per altre politiche settoriali.

      L'articolo in esame si propone di superare tutti i rilievi formulati dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 4467/13/ENVI, in piena coerenza con quanto indicato nella comunicazione SEIS [Shared Environmental Information System – Verso un Sistema comune di informazioni ambientali (SEIS) – COM(2008) 46 del 1 febbraio 2008] della Commissione europea, secondo la quale, in particolare, le informazioni territoriali e del monitoraggio ambientale dovranno essere:

          gestite il più possibile vicino alla fonte;

          raccolte una sola volta e condivise per differenti fini;

          completamente disponibili per il pubblico a diverse scale e nelle rispettive lingue nazionali;

          accessibili per consentire ai fruitori di fare comparazioni su scala geografica;

          rapidamente disponibili per le autorità pubbliche per consentire il facile adempimento degli obblighi di relazione;

          prontamente accessibili per gli utilizzatori finali, primariamente per le autorità pubbliche locali ed europee, al fine di valutare prontamente lo stato dell'ambiente, l'efficacia delle relative politiche e per pianificare nuove strategie.

      In particolare, l'articolo in esame consente di superare due tipologie di rilievi:

          1) quelli relativi a richieste di adeguamento del testo, di natura prettamente formale, legate al drafting del provvedimento;

          2) quelli relativi a criticità di merito che contestano le soluzioni tecnico-normative individuate in fase di recepimento.

      Rientrano nella prima categoria (adeguamento formale alla direttiva) le modifiche introdotte alle lettere a), b), c), e), o), r) e t).
      Riguardo, invece, alle modifiche volte a superare i rilievi di natura sostanziale,

previste alle lettere d), f), g), h), i), l), m), n), p), q), s) e u), si precisa che:

          l'integrazione di cui alla lettera d) è necessaria per superare il rilievo della Commissione in relazione all'omesso recepimento dell'articolo 4, comma 6, della direttiva;

          l'integrazione di cui alla lettera i) è necessaria per superare il rilievo della Commissione in relazione all'omesso recepimento dell'articolo 10, comma 1, della direttiva;

          l'integrazione di cui alla lettera h) è necessaria per superare il rilievo della Commissione in relazione all'omesso recepimento dell'articolo 11, comma 3, della direttiva;

          le integrazioni di cui alle lettere l) e m) sono necessarie per superare il rilievo della Commissione in relazione all'omesso recepimento dell'articolo 12, comma 1, secondo periodo, della direttiva;

          le integrazioni di cui alle lettere r) e s) sono necessarie per superare i rilievi della Commissione in relazione all'omesso recepimento dell'articolo 17, commi 1, 4, 5 e 6, della direttiva;

          le modifiche e le integrazioni di cui alle lettere f), g), n) e u) sono necessarie per superare il rilievo relativo all'ambiguo e inidoneo recepimento dell'articolo 5, comma 3, della direttiva;

          l'integrazione di cui alla lettera q) è necessaria per superare il rilievo della Commissione in relazione al parziale recepimento dell'articolo 14, comma 2, della direttiva.

      Le modifiche apportate non recano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      L'articolo 15 è volto a dare migliore risposta alle censure formulate dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2009/2086, attualmente allo stadio di messa in mora complementare ex articolo 258 del TFUE, avviata per non conformità delle norme nazionali che disciplinano la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientare (VIA) (screening) con l'articolo 4, paragrafi 2 e 3, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalle direttive 97/11/CE, 2003/35/UE e 2009/31/CE e codificata dalla direttiva 2011/92/UE (direttiva VIA).
      Unitamente a tale aspetto, che rappresenta l'oggetto principale del contenzioso, la Commissione europea formula rilievi per la non corretta trasposizione degli articoli 1, paragrafo 2, 6, paragrafo 2, e 7 e di alcune categorie di progetti di cui agli allegati I e II alla direttiva VIA.
      In particolare, il paragrafo 2 dell'articolo 4 della direttiva VIA prevede che gli Stati membri debbano determinare se sottoporre o meno a VIA una serie di progetti (elencati nell'allegato II alla direttiva) o conducendo un esame caso per caso oppure fissando a tal fine soglie o criteri. Attraverso tali soglie o criteri gli Stati membri hanno la facoltà di definire quali progetti, rientranti nelle fattispecie previste dall'allegato II, debbano essere assoggettati a procedura di VIA.
      L'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva VIA stabilisce invece che, nel fissare le soglie, gli Stati hanno «l'obbligo di prendere in considerazione i criteri dettati dall'allegato III della direttiva». Al riguardo, la Commissione europea, nell'ambito della richiamata procedura di infrazione, censura il fatto che la normativa italiana prenda in considerazione solo alcuni di tali criteri (in particolare, la «dimensione del progetto» e le «zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri»), ignorando gli altri che, invece, a suo avviso, «non possono considerarsi assorbiti automaticamente nella semplice fissazione di una soglia dimensionale».
      Quanto agli ulteriori rilievi formulati nella procedura di infrazione relativamente alla definizione di «progetto» (articolo 1, paragrafo 2, della direttiva VIA), alle modalità per la consultazione del pubblico (articolo 6, paragrafo 2, e articolo 7 della direttiva VIA), alla definizione delle categorie di progetti riportate all'allegato I

(7c, 23) e all'allegato II (10e), la Commissione europea osserva che le vigenti disposizioni, contenute nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non garantiscono una completa o corretta trasposizione dei contenuti della direttiva VIA nell'ordinamento nazionale, limitandone l'efficacia e il campo di applicazione.
      Al fine di superare il contenzioso in sede europea, l'articolo in esame prevede, al comma 1, le seguenti modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006:

          con la lettera a) si modifica la definizione di «progetto» contenuta nell'articolo 5, comma 1, lettere g) e h), del decreto legislativo, trasponendovi integralmente i contenuti dell'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA; tale definizione integra le definizioni già contenute nelle citate lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo, che vengono mantenute;

          con la lettera b) viene abrogata la lettera h) del comma 1 dell'articolo 5, in quanto inutile duplicazione della definizione di progetto di cui alla precedente lettera a);

          con la lettera c) si modifica l'articolo 6 attraverso l'eliminazione dei criteri riguardanti le aree protette;

          con la lettera d) si modifica l'articolo 6 prevedendo l'emanazione, per i progetti individuati nell'allegato IV, di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di quanto previsto nell'allegato V, detti per ogni tipologia di progetto i criteri e le soglie per l'assoggettamento alla procedura di VIA;

          con la lettera e) è esclusa l'applicazione delle soglie di cui all'allegato IV a partire dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui alla lettera d);

          dalla lettera f) alla lettera l) si introducono modifiche agli articoli 12, 17, 20, 24 e 32 del decreto legislativo n. 152 del 2006 relativamente all'accesso alle informazioni e alla partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia di valutazione ambientale (VIA e VAS);

          dalla lettera m) alla lettera p) si introducono modifiche alla definizione alle categorie di progetto di cui all'allegato II (punto 10, terzo trattino, e punto 17) e all'allegato IV [punto 7, lettera h)] alla parte seconda.

      Al comma 2 dell'articolo 15 si stabilisce il termine per l'emanazione del decreto ministeriale previsto dal comma 1, lettera d), che dovrà essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
      Al comma 3 è disposta l'abrogazione del comma 8 dell'articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, operante dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale previsto dal comma 1, lettera d). Il permanere di detta disposizione risulterebbe in contrasto con la previsione di cui alla lettera d) della norma in esame, che introduce, appunto, un apposito strumento normativo volto a definire ex novo i criteri e le soglie per ciascuna tipologia di progetto prevista nell'allegato IV, sulla base di tutti i criteri dell'allegato V alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e non più limitatamente al solo criterio finalizzato alla tutela delle aree naturali protette.
      Al comma 4 è stabilito che le modifiche introdotte dal comma 1, lettera c), riguardanti le aree naturali protette, si applicano a partire dalla data di entrata in vigore del decreto previsto dal comma 1, lettera d), per le medesime motivazioni enunciate con riferimento al comma 3.
      Si evidenzia che la previsione di mantenere in vigore, limitatamente al periodo transitorio necessario ad emanare il decreto di cui al comma 1, lettera d), le disposizioni che, all'articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006, richiamano il criterio delle «aree naturali protette» e le relative soglie, ove previste, garantisce la tutela di tali aree da possibili effetti negativi connessi alla realizzazione di progetti, nelle more della ridefinizione complessiva

dei criteri e delle soglie per i progetti ricadenti nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 attraverso l'adozione del citato decreto ministeriale.
      Al comma 5 è conseguentemente prevista l'abrogazione dell'articolo 23 della legge 6 agosto 2013, n. 97, che si è resa necessaria per diversi ordini di ragioni.
      Sotto il profilo formale, si segnala che il presente articolo è stato redatto in forma di novella all'articolo 6 del titolo I della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante princìpi generali per la procedura di VIA e di valutazione ambientale strategica (VAS) e per la valutazione di incidenza e per l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), sul presupposto che detta tecnica di coordinamento normativo ne renda sicuramente più agevole l'interpretazione, rispetto alla formulazione del citato articolo 23 della legge n. 97 del 2013.
      Dal punto di vista sostanziale, la nuova disposizione definisce un procedimento più snello per arrivare a stabilire i criteri e le soglie per la verifica di assoggettabilità a VIA dei progetti di competenza delle regioni, individuando in un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, lo strumento più celere e appropriato a tal fine.
      L'individuazione diretta da parte dell'amministrazione centrale dei predetti criteri e soglie non solo garantirà un'applicazione uniforme delle disposizioni della direttiva nel territorio nazionale, ma consentirà anche di superare più celermente la procedura d'infrazione rispetto alla formulazione del citato articolo 23, che prevedeva un doppio passaggio: la definizione delle linee guida da parte dello Stato e, successivamente, l'adozione dei singoli provvedimenti regionali.
      Si evidenzia che l'articolo in esame è stato illustrato puntualmente ai rappresentanti delle regioni presenti alla riunione del Tavolo di coordinamento sulla valutazione di impatto ambientale istituito dalla competente Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tenutasi il 14 giugno 2013, e che, comunque, al fine di garantire il coinvolgimento e il confronto diretto con le regioni e le province autonome nella definizione dei predetti criteri e soglie, si è previsto che il decreto ministeriale recante la definizione di criteri e soglie per ciascuna tipologia di progetto di cui all'allegato IV per l'assoggettamento alla procedura di screening sia adottato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      Infine, la disposizione è stata, in via informale, condivisa anche con i rappresentanti della Direzione generale Ambiente della Commissione europea, presenti alla predetta riunione del 14 giugno 2013, i quali hanno ritenuto la nuova formulazione più idonea a risolvere le criticità della normativa nazionale che hanno dato origine alla procedura di infrazione.
      L'articolo 16, in materia di inquinamento acustico, interviene su una questione che è oggetto della procedura di infrazione n. 2013/2022, attualmente allo stadio di parere motivato complementare ex articolo 258 del TFUE, avviata dalla Commissione per non corretta attuazione della direttiva 2002/49/CE, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale.
      La norma di delega è finalizzata, tra l'altro, alla razionalizzazione, alla semplificazione e alla riduzione degli adempimenti e degli oneri posti a carico dei gestori delle infrastrutture dei trasporti. Infatti, sia il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194, recante norme di recepimento della direttiva 2002/49/CE, sia la legge quadro 26 ottobre 1995, n. 447, e i relativi decreti attuativi prevedono, per le infrastrutture dei trasporti principali (aeroporti con oltre 50.000 movimenti annui, strade con transito di più di 3 milioni di veicoli anni e ferrovie con più di 30.000 convogli annui) e per gli agglomerati urbani con più di 100.000 abitanti, adempimenti spesso complessi e ridondanti.
      Per quanto riguarda invece gli edifici, l'attuale normativa nazionale, costituita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 1997, ha condotto all'insorgenza di un notevole contenzioso giudiziario tra acquirenti e costruttori di abitazioni a causa delle complesse azioni autorizzative e di sorveglianza a carico delle amministrazioni comunali, delle difficoltà interpretative e attuative del decreto stesso e di palesi errori contenuti nel suo testo. Tale normativa risulta inoltre non conforme alle attuali tendenze di regolamentazione a livello europeo e alla recente normativa tecnica di settore (norme UNI).
      Inoltre, nel corso del tempo, l'applicazione della normativa nazionale, ormai datata e bisognosa di aggiornamento e adeguamento tecnico, ha dimostrato carenze, dubbi interpretativi, difficoltà applicative e in alcuni casi contraddizioni tra i differenti decreti attuativi. La necessità di revisione della normativa nazionale di settore, tra l'altro richiesta dalla stessa legge n. 447 del 1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico), risulta cogente anche al fine di razionalizzare, semplificare e rendere attuabili le azioni delle amministrazioni territoriali.
      Parimenti necessita di revisione la normativa relativa alle sorgenti di origine industriale, allo scopo di regolamentare in maniera corretta le azioni necessarie ai fini delle autorizzazioni e dei pareri di merito, anche per favorire lo sviluppo economico.
      L'adozione dei decreti legislativi previsti consentirà di raggiungere i seguenti obiettivi:

          la completa armonizzazione della normativa nazionale di settore con quella europea;

          la correzione di errori, di incongruenze e di ambiguità contenute nell'attuale formulazione normativa;

          l'adeguamento strutturale degli edifici in funzione della classificazione acustica degli stessi;

          l'aggiornamento delle metodologie di misura e dei criteri di progettazione degli interventi di risanamento acustico rispetto all'attuale tecnologia.

      Inoltre, ciò consentirà di attuare quanto disposto dall'articolo 3, comma 3, e dell'articolo 11, comma 2, della legge quadro n. 447 del 1995 relativamente ai provvedimenti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettere a), c), d), e), g), h), i), l) e m), e dai regolamenti di cui all'articolo 11, comma 1, della medesima legge quadro n. 447 del 1995, con notevole semplificazione dell’iter procedimentale.
      Le azioni da attuare con i previsti decreti legislativi non determineranno incremento degli oneri finanziari a carico della pubblica amministrazione, ma andranno invece nella direzione della semplificazione, della riduzione degli adempimenti e della riduzione dei procedimenti istruttori, autorizzativi e di controllo attribuiti alla competenza di essa, con conseguente riduzione dei relativi costi.
      La revisione normativa è auspicabile anche per limitare il contenzioso giudiziario, ai fini della riduzione del numero di procedimenti giudiziari che attualmente risulta essere costituito in quota cospicua da azioni legate al rumore, con un notevole risparmio dei costi di giudizio.
      La disposizione non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; al contrario, potrebbe comportare risparmi e comunque una migliore gestione della spesa.
      L'articolo 17 mira ad apportare necessarie specificazioni sulla qualificazione giuridica del danno ambientale, oggetto delle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, emendandone alcune norme recentemente integrate e modificate dall'articolo 25 della legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 97) con il duplice intento di una piena armonizzazione della normativa nazionale a quella europea in tema di riparazione del danno ambientale e del rafforzamento degli strumenti di tutela del bene costituito dall'ambiente in situazioni di verificato pregiudizio esulanti dagli specifici casi previsti dalla direttiva 2004/35/CE.


      In particolare, sul primo fronte – quello della piena armonizzazione – gli emendamenti completano il quadro regolatorio interno della responsabilità oggettiva per il danno ambientale «da direttiva», e cioè meglio definiscono la posizione del danneggiante, con riguardo agli obblighi di riparazione, ove la fattispecie di danno rientri tra quelle che costituiscono oggetto della citata direttiva (comma 1).
      Sul secondo fronte – quello del rafforzamento degli strumenti di tutela al di fuori delle ipotesi di danno ambientale «da direttiva» – le modificazioni proposte, in linea con il paradigma dell'illecito nel nostro ordinamento, consentono di chiarire che, anche al di fuori dei casi del danno ambientale «da direttiva», l'autore della condotta dannosa, al ricorrere dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa, è tenuto a riparare il danno, che non ricadrà pertanto sulla collettività, alla luce delle chiare indicazioni date al riguardo dalla direttiva 2004/35/CE [comma 1, lettera c)].
      Inoltre, le modifiche proposte chiariscono che in entrambi i casi l'autore del danno è obbligato innanzitutto alla rimessa in pristino delle matrici ambientali danneggiate, prevedendosi, in caso di impossibilità oggettiva di ripristino, il residuale ricorso al ristoro per equivalente solo nelle fattispecie di danno ambientale non rientranti nella citata direttiva (comma 3). In altri termini, si attribuisce al responsabile in via prioritaria e primaria il compito di riparare il danno effettuato mediante il ripristino dello status quo ante, con l'intento prioritario del recupero delle matrici ambientali incise dall'illecito compiuto.
      Anche per il predetto quadro rinnovato, si estende il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria al potere di ordinanza previsto dall'articolo 313 del decreto legislativo n. 152 del 2006, eliminando il termine di decadenza di due anni, che rendeva in concreto inattuabile la disposizione, stante la complessità dell'istruttoria tecnica che deve necessariamente precedere l'esercizio del potere di ordinanza da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 4).
      Da ultimo, le disposizioni si propongono di fissare una necessaria e più agile destinazione delle risorse recuperate mediante il risarcimento del danno ambientale alla realizzazione degli obiettivi della direttiva, e dunque ad attuare in concreto misure di prevenzione e riparazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 5).
      Al medesimo fine è ispirata la previsione del comma 6, con la quale si estende il meccanismo previsto dal comma 5 anche alle fattispecie ricadenti nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 308, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, che disciplina la cosiddetta «transazione globale».
      In considerazione del tenore ordinamentale delle disposizioni, le stesse non sono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Il capo V reca disposizioni a tutela della concorrenza.
      L'articolo 18, relativo agli affidatari degli incarichi di progettazione, è volto a superare i rilievi mossi dalla Commissione europea, nell'ambito del caso EU Pilot 4680/13/MARKT.
      In particolare, la Commissione ha ritenuto che l'articolo 90, comma 8, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, che vieta ai soggetti affidatari di incarichi di progettazione di partecipare alle procedure di affidamento degli appalti o delle concessioni delle opere dagli stessi progettate, sia contrario al diritto dell'Unione europea. La Commissione, in particolare, ha rilevato che, per effetto della suddetta disposizione, l'esclusione dalla partecipazione alla gara avviene in modo automatico, senza che sia consentito al soggetto di dimostrare che, pur avendo eseguito la progettazione dell'opera, l'espletamento di tale incarico non lo abbia posto in una posizione di vantaggio rispetto agli altri concorrenti.
      La Commissione, acquisite le osservazioni fornite dal Governo, in data 15 luglio 2013 ha comunicato di ritenere la disposizione, in esito all'esame condotto, incompatibile con il diritto europeo, chiedendo di acquisire l'impegno da parte delle autorità italiane a modificare conseguentemente la disposizione in conformità al diritto europeo, al fine di non avviare procedura di infrazione.
      La proposta di modifica interviene pertanto nel senso indicato dalla Commissione, chiarendo che il divieto di affidamento del contratto ai soggetti incaricati della redazione del progetto non opera laddove essi dimostrino che l'espletamento dell'incarico di progettazione non ha determinato una posizione di vantaggio rispetto agli altri concorrenti.
      Infatti, con la modifica del comma 8 del citato articolo 90 e con l'inserimento di un nuovo comma 8-bis nel medesimo articolo si elimina la disposizione che vieta ai soggetti affidatari della progettazione la partecipazione alle gare, dando invece agli stessi la possibilità di aggiudicarsi il contratto laddove dimostrino che l'aver espletato l'incarico di progettazione non li ha collocati in una posizione di vantaggio.
      La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      L'articolo 19 è volto a dare applicazione a quanto richiesto dal regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, concernente l'integrità e la trasparenza del mercato dell'energia all'ingrosso (cosiddetto regolamento REMIT). L'articolo 13 del suddetto regolamento impone agli Stati membri di far sì che le proprie autorità nazionali di regolamentazione siano dotate dei poteri di indagine e di esecuzione necessari per l'espletamento delle funzioni inerenti all'attuazione del divieto di abuso di informazioni privilegiate (insider trading), del divieto di manipolazione del mercato nonché dell'obbligo di pubblicità delle informazioni privilegiate. L'articolo 18 del regolamento obbliga gli Stati membri a stabilire la disciplina sanzionatoria applicabile in caso di violazioni delle disposizioni contenute nel regolamento medesimo. A quest'ultimo proposito, anche per esigenze di semplificazione normativa, può essere certamente estesa a tali fattispecie di illecito la disciplina sanzionatoria già vigente nei mercati dell'energia elettrica e del gas ai sensi della legge n. 481 del 1995 e del decreto legislativo n. 93 del 2011, adottato per il recepimento del cosiddetto «Terzo pacchetto energia», opportunamente integrata mediante i poteri di indagine ed esecuzione previsti dal regolamento e non già contemplati dalle leggi nazionali richiamate.
      In considerazione dell'incidenza del potere di accesso ai tabulati telefonici e ai registri del traffico di dati su libertà fondamentali, di rilievo costituzionale, pare opportuno vincolare l'esercizio del suddetto potere alla previa autorizzazione del procuratore della Repubblica.
      Infine, in attuazione dell'articolo 13, comma 1, del regolamento REMIT, e in ossequio al generale principio di leale collaborazione istituzionale, l'autorità di settore potrà esercitare i poteri di indagine in collaborazione con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con il gestore del mercato organizzato (GME) e, limitatamente alle indagini relative ai casi di sospetta violazione del divieto di abuso di informazioni privilegiate, con la CONSOB.
      La nuova norma risulta urgente alla luce del superamento del termine del 29 giugno 2013, previsto dal regolamento, nonché in vista della prossima operatività del sistema di monitoraggio dei mercati energetici, quando sarà imprescindibile che l'autorità di settore disponga di tutti i poteri necessari per l'espletamento delle funzioni ad essa attribuite.
      In ordine alla disciplina sanzionatoria per le violazioni degli obblighi contenuti nel regolamento REMIT, è aperta la delega prevista all'articolo 2 della legge 6 agosto 2013, n. 96 (legge di delegazione europea 2013).
      Il comma 3 del presente articolo è stato modificato per motivi di drafting, senza alterarne la portata normativa, dopo l'approvazione in via preliminare da parte del Consiglio dei ministri e il rilascio del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Le modifiche comunque non incidono sulle competenze regionali.
      L'articolo 20 è volto a eliminare l'obbligo di presidio delle stazioni di distribuzione dei carburanti previsto esclusivamente nei centri urbani.
      Nell'ambito del caso EU Pilot 4734/13/MARKT, la Commissione europea ha rilevato che la legislazione nazionale e regionale relativa alle stazioni di servizio ubicate nei centri urbani, limitando l'apertura di impianti di distribuzione di carburante non presidiati nell'arco delle ventiquattro ore, vìola il principio della libertà di stabilimento, previsto dall'articolo 49 del TFUE, e il divieto di restrizione territoriale, previsto dall'articolo 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta «direttiva servizi»).
      Con comunicazione in data 30 luglio 2013, in risposta alle controdeduzioni da parte italiana, la Commissione europea ha espressamente preannunziato l'apertura di un procedura di infrazione qualora l'Italia entro l'autunno non comunichi di avere intrapreso la modifica legislativa della norma contestata.
      L'eliminazione del limite all'apertura degli impianti ghost all'interno dei centri abitati è stata anche espressamente indicata come intervento necessario per il mercato dei carburanti da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nelle segnalazioni al Governo e al Parlamento, ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge n. 287 del 1990, relativamente agli anni 2012 e 2013, nonché nell'audizione della stessa Autorità presso la X Commissione permanente della Camera dei deputati svolta il 4 giugno 2013.
      Il capo VI reca altre disposizioni.
      L'articolo 21 è finalizzato a chiudere la procedura di infrazione n. 2013/4202, attualmente allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del TFUE, riguardante la protezione del diritto di autore dei disegni e dei modelli industriali.
      Tale procedura è stata avviata in quanto l'attuale formulazione dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale (introdotta dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14), sospendendo per un periodo transitorio di tredici anni la protezione del diritto di autore per i modelli di disegno industriale divenuti di pubblico dominio anteriormente alla data del 19 aprile 2001, si pone in contrasto col diritto dell'Unione, come interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con sentenza pregiudiziale del 27 gennaio 2011, nella causa C-168/09 (caso Flos contra Semeraro). In particolare, la Corte ha ritenuto che un corretto bilanciamento tra l'interesse del titolare del diritto di autore, da un lato, e, dall'altro, gli interessi dei terzi che in buona fede avevano fabbricato e posto in commercio prodotti caduti in pubblico dominio prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina europea in materia di diritto d'autore, non possa consentire alle imprese di sfruttare modelli di disegno industriale senza pagare i relativi diritti di autore per un periodo superiore a cinque anni.
      Pertanto, la Commissione europea, a seguito della modifica normativa dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale introdotta con il decreto-legge n. 216 del 2011, dopo avere sollecitato, mediante l'avvio di un caso EU-pilot, l'adozione di interventi normativi da parte dell'Italia in conformità al principio di proporzionalità sancito dalla Corte di giustizia, ha aperto la suddetta procedura di infrazione.
      Con la norma che si propone viene, quindi, ripristinato l'originario periodo transitorio quinquennale di mancata protezione del diritto d'autore sui disegni e modelli industriali, in sostituzione del vigente periodo di tredici anni, anche nel rispetto del principio di proporzionalità sancito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea.
      L'articolo 22 si rende necessario per evitare l'apertura di una procedura di infrazione per non corretto recepimento della direttiva 2011/7/UE, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (rifusione).
      Tale direttiva è stata recepita nel diritto interno con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, che ha apportato le opportune modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (con il quale era stata recepita la direttiva 2000/35/CE, che in precedenza regolava la materia).
      Dopo la notifica alla Commissione europea dello strumento di recepimento, i servizi della Commissione medesima, nel contesto del caso EU Pilot 5216/13/ENTR, hanno sollevato alcune obiezioni – che prima facie non appaiono infondate – circa la compatibilità della normativa interna con la direttiva o, comunque, con il diritto dell'Unione europea.
      Appare dunque opportuno fugare sin d'ora, anche attraverso un intervento legislativo, ogni residuo dubbio circa la compatibilità della normativa interna, onde evitare l'apertura di una procedura di infrazione in un settore particolarmente delicato, quale è quello dei pagamenti dei debiti commerciali alle imprese.
      Una prima contestazione della Commissione riguarda il corretto recepimento dell'articolo 4, paragrafo 6, della direttiva 2011/7/UE, relativo alle transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni e, in particolare, ai casi in cui è consentito derogare al termine legale di adempimento dell'obbligazione pecuniaria.
      In base a tale disposizione, è possibile derogare al termine di trenta giorni, stabilendo un termine di sessanta giorni, nei casi in cui ciò sia «oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche».
      La disposizione è stata recepita nel nuovo articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 231 del 2002, secondo il quale la deroga è consentita «quando ciò sia giustificato dalla natura o dall'oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione».
      A giudizio della Commissione il riferimento alle «circostanze esistenti al momento» della conclusione del contratto – che, nell'intenzione del legislatore nazionale, doveva avere funzione limitativa delle ipotesi di deroga (escludendo, in particolare, che la deroga al termine legale di pagamento potesse discendere da accordi successivi alla conclusione del contratto) – è fonte di possibili violazioni della direttiva, in quanto autorizza a ritenere che una deroga al termine legale di pagamento possa essere convenuta anche in ragione di situazioni «esterne» al contratto (quali, ad esempio, le condizioni di liquidità del debitore).
      Il comma 3 della disposizione proposta sostituisce, nel testo dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 231 del 2002, le parole: «o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione» con la formula «o da talune sue caratteristiche», conforme a quella prevista dalla direttiva.
      Una seconda contestazione riguarda il regime applicabile ai contratti aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori pubblici.
      L'applicabilità del regime derivante dalla direttiva 2011/7/UE al settore dei lavori pubblici appare fuori discussione. La direttiva, ai sensi del suo articolo 2, si applica alle «transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo». La locuzione «prestazione di servizi» comprende indiscutibilmente anche i servizi prestati in esecuzione di un appalto di lavori pubblici (essendo, in questo contesto, irrilevante la distinzione – meramente interna al settore degli appalti – tra appalti di lavori e appalti di servizi). L'undicesimo «considerando» premesso alla direttiva chiarisce espressamente che «la fornitura di merci e la prestazione di servizi dietro corrispettivo a cui si applica la presente direttiva dovrebbero anche includere la progettazione e l'esecuzione di opere e edifici pubblici, nonché i lavori di ingegneria civile».
      Anche sul piano interno, l'applicazione del regime generale in materia di ritardi di pagamento ai contratti aventi ad oggetto lavori pubblici deve considerarsi un dato acquisito: basti richiamare la nota interpretativa del 22 gennaio 2013 del Gabinetto del Ministro dello sviluppo economico (all'epoca anche Ministro delle infrastrutture e dei trasporti), secondo la quale «le disposizioni dettate dal codice dei contratti pubblici e dal regolamento di attuazione già vigenti per il settore dei lavori pubblici, relative ai termini di pagamento delle rate di acconto e del saldo nonché alla misura degli interessi da corrispondere in caso di ritardato pagamento, devono essere interpretate e chiarite alla luce delle disposizioni del decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, ritenendosi prevalenti queste ultime sulle disposizioni di settore confliggenti, tenendo conto anche dell'espressa clausola di salvezza, secondo cui restano salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per i creditori».
      I commi 1 e 2 della disposizione proposta conferiscono valore di interpretazione autentica a tale lettura, al fine di evitare la formalizzazione di una contestazione da parte della Commissione europea, che ha fondatamente ipotizzato la violazione del principio, che è parte del diritto dell'Unione europea, di chiarezza delle norme interne di recepimento. Infatti, la perdurante vigenza di disposizioni legislative e regolamentari apparentemente in contrasto (quali l'articolo 133 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e le previsioni del regolamento sui lavori pubblici) renderebbe più probabile la violazione della direttiva da parte delle autorità amministrative e imporrebbe agli interessati di far valere solo in sede giudiziale i diritti loro riconosciuti dalla direttiva.
      Le disposizioni proposte, essenzialmente di natura interpretativa e chiarificatrice, non comportano nuovi oneri finanziari.
      L'articolo 23 interviene in materia di risarcimento dei danni cagionati dallo Stato nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, al fine di adeguare la disciplina nazionale alle indicazioni della giurisprudenza europea, in particolare a quelle della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 24 novembre 2011, nella causa C-379/10, pronunziata nel contesto della procedura di infrazione n. 2009/2230, avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia, giunta allo stadio di messa in mora ai sensi dell'articolo 260 del TFUE.
      La norma introduce l'ipotesi di responsabilità dello Stato per violazione manifesta del diritto europeo da parte di organi giurisdizionali di ultimo grado, quando:

          a) sussista, con carattere manifesto, il requisito della gravità della violazione, così traducendosi, nel lessico proprio dell'ordinamento italiano, il connotato della «sufficiente caratterizzazione» indicato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;

          b) sussista il rapporto eziologico tra violazione e pregiudizio delle situazioni giuridiche soggettive (non solo, naturalmente, di quelle che nella normativa tipicamente italiana sono di diritto soggettivo, ma anche, ad esempio, quelle di interesse legittimo).

      Si specifica, inoltre, che, quando ne ricorrono i presupposti, devono logicamente essere esperiti anche i mezzi straordinari di impugnazione che possano, in ipotesi, elidere il pregiudizio ed eliminare la violazione: si pensi alla fattispecie di cui all'articolo 625 del codice di procedura penale o alle ipotesi di revocazione straordinaria ex articoli 395, numeri 1, 2, 3 e 6, e 396 del codice di procedura civile.
      Il comma 2 recepisce le indicazioni della giurisprudenza europea atte a precisare la nozione di violazione manifesta (Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza Gerhard Köbler contra Repubblica austriaca, del 30 settembre 2003, nella causa C-224/01).
      La prescrizione decorrerà, secondo i princìpi generali, dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (articolo 2935 del codice civile).
      In difetto di norme transitorie e coerentemente con l'urgenza palesata dalla procedura di infrazione, la norma sarà immediatamente applicabile.


      La norma comporta oneri finanziari, in termini di maggiori spese, quantificati nella relazione tecnica.
      Il capo VII reca disposizioni finanziarie.
      L'articolo 24 contiene la clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni inserite nel disegno di legge, con esclusione degli articoli da 5 a 7 che, invece, recano oneri coperti con il successivo articolo 25.
      L'articolo 25 provvede a coprire le minori entrate derivanti dall'introduzione degli articoli da 5 a 7. Gli importi di 3,7 milioni di euro per l'anno 2014, di 20,44 milioni di euro per l'anno 2015 e di 15,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 sono coperti mediante riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato, di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dell'accisa.
      Si dispone anche, nei commi 4, 5 e 6, alla copertura finanziaria delle maggiori spese derivanti dall'applicazione dell'articolo 23: per il triennio 2014-2016 essa è posta a carico delle disponibilità del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987 e, a decorrere dal 2017, vi si provvede mediante riduzione delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, iscritte nel programma «Giustizia civile e penale» della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia.
      Sullo schema di disegno di legge è stato acquisito, in data 17 ottobre 2013, il parere, favorevole con una sola condizione, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in sessione europea, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 281 del 1997, come sostituito dall'articolo 29, comma 6, della legge n. 234 del 2012.
      La condizione citata, espressa nei seguenti termini: «all'articolo 15, comma 1, lettera d), sostituire la parola “sentita” con le parole “di intesa con”», è stata accolta dal Governo e il testo è stato conseguentemente modificato.
      Riguardo all'illustrazione dell'impatto regolatorio, si segnala che la necessità delle varie disposizioni normative proposte, con i relativi effetti, è indicata analiticamente nella presente relazione e che le opzioni regolatorie contenute nelle singole disposizioni sono rese necessarie dall'adempimento di obblighi europei emersi, per la maggior parte dei casi, nell'ambito di procedure di infrazione e di pre-infrazione.

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DISEGNO DI LEGGE
Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE, DEI BENI E DEI SERVIZI
Art. 1.
(Modifica alla legge 30 novembre 1989, n. 398, recante norme in materia di borse di studio universitarie per il perfezionamento all'estero. Caso EU Pilot 5015/13/EACU).

      1. All'articolo 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 398, le parole: «di cittadinanza italiana» sono sostituite dalle seguenti: «nelle università italiane»; le parole: «estere ed internazionali» sono soppresse e dopo le parole: «di livello universitario,» sono inserite le seguenti: «ubicate in uno Stato diverso da quello di residenza,».

Art. 2.
(Disposizioni in materia di immigrazione e rimpatri. Sentenza pregiudiziale della Corte di giustizia dell'Unione europea del 6 dicembre 2012 nella causa C-430/11).

      1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 5, il comma 7 è sostituito dal seguente:
      «7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o di altra autorizzazione che conferisce il diritto a soggiornare, rilasciati dall'autorità di uno Stato membro dell'Unione

europea e validi per il soggiorno in Italia, sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore entro il termine di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 103 a euro 309»;

          b) all'articolo 5, dopo il comma 7 sono inseriti i seguenti:
      «7-bis. Allo straniero di cui al comma 7, che si è trattenuto nel territorio nazionale oltre i tre mesi dall'ingresso, il questore intima di recarsi immediatamente, e comunque non oltre sette giorni dalla notifica dell'intimazione, nello Stato membro dell'Unione europea che ha rilasciato il permesso di soggiorno o altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, in corso di validità.
      7-ter. Nei confronti dello straniero che ha violato l'intimazione di cui al comma 7-bis è adottato il provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 2. L'allontanamento è eseguito verso lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o altra autorizzazione al soggiorno. Qualora sussistano i presupposti per l'adozione del provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 1, ovvero dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, il provvedimento di espulsione è adottato sentito lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o altra autorizzazione e l'allontanamento è eseguito con destinazione fuori del territorio dell'Unione europea.
      7-quater. È autorizzata la riammissione nel territorio nazionale dello straniero espulso da altro Stato membro dell'Unione europea, in possesso di un permesso di soggiorno o di altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati dall'Italia e in corso di validità, a condizione che non costituisca un pericolo per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato»;

          c) all'articolo 13, prima del comma 4 è inserito il seguente:
      «3-septies. Nei confronti dello straniero sottoposto alle pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità per i reati di cui agli articoli 10-bis, 14, comma 5-ter, o 14, comma 5-quater, l'espulsione prevista dal presente articolo è eseguita in ogni caso e i giorni residui di permanenza domiciliare o di lavoro di pubblica utilità non eseguiti si convertono nella corrispondente pena pecuniaria secondo i criteri di ragguaglio indicati nei commi 2 e 6 dell'articolo 55 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274»;

          d) all'articolo 13, dopo il comma 14 sono inseriti i seguenti:
      «14-bis. Il divieto di cui al comma 13 è registrato dall'autorità di pubblica sicurezza e inserito nel sistema di informazione Schengen, di cui alla Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, resa esecutiva con legge 30 settembre 1993, n. 388.
      14-ter. In presenza di accordi o intese bilaterali con altri Stati membri dell'Unione europea entrati in vigore in data anteriore al 13 gennaio 2009, lo straniero che si trova nelle condizioni di cui al comma 2 può essere rinviato verso tali Stati»;

          e) all'articolo 14, comma 5-bis, primo periodo, dopo le parole: «l'allontanamento dal territorio nazionale» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero dalle circostanze concrete non emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l'allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza»;

          f) all'articolo 16, comma 1, le parole: «per un periodo non inferiore a cinque anni» sono soppresse;

          g) all'articolo 16, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
      «1-bis. In caso di sentenza di condanna per i reati di cui all'articolo 10-bis o all'articolo 14, commi 5-ter e 5-quater, la

misura dell'espulsione di cui al comma 1 può essere disposta per la durata stabilita dall'articolo 13, comma 14. Negli altri casi di cui al comma 1, la misura dell'espulsione può essere disposta per un periodo non inferiore a cinque anni».
Art. 3.
(Disposizioni in materia di commercializzazione in Italia di camini o condotti in plastica. Procedura di infrazione n. 2008/4541).

      1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, allegato IX alla parte quinta, parte II, punto 2.7, primo periodo, le parole: «su cui sia stata apposta la marcatura “CE”» sono sostituite dalle seguenti: «idonei all'uso previsto».

Art. 4.
(Disposizioni in materia di servizi investigativi privati in Italia. Caso EU Pilot 3690/12/MARKT).

      1. All'articolo 134-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, dopo le parole: «Le imprese di vigilanza privata» sono inserite le seguenti: «o di investigazione privata»;

          b) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
      «Ai fini dello svolgimento dei servizi transfrontalieri e di quelli temporanei di investigazione privata e di informazioni commerciali, le imprese stabilite in un altro Stato membro dell'Unione europea notificano al Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza le attività che intendono svolgere nel territorio nazionale, specificando le autorizzazioni possedute, la tipologia dei servizi, l'ambito territoriale nel quale i servizi dovranno essere svolti e la durata degli stessi. I relativi servizi hanno inizio decorsi dieci

giorni dalla notifica, salvo il caso che entro detto termine intervenga divieto del Ministero dell'interno, motivato per ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza».
Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA TRIBUTARIA
Art. 5.
(Modifiche al regime fiscale applicabile ai contribuenti che, pur essendo fiscalmente residenti in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, producono o ricavano la maggior parte del loro reddito in Italia (cosiddetti «non residenti Schumacker»). Procedura di infrazione n. 2013/2027).

      1. All'articolo 24 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
      «3-bis. In deroga alle disposizioni contenute nel comma 1, nei confronti dei soggetti residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni, l'imposta dovuta è determinata sulla base delle disposizioni contenute negli articoli da 1 a 23, a condizione che il reddito prodotto dal soggetto nel territorio dello Stato italiano sia pari almeno al 75 per cento del reddito dallo stesso complessivamente prodotto e che il soggetto non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza».

      2. La lettera b) del comma 99 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è sostituita dalla seguente:

          «b) i soggetti non residenti, ad eccezione dei soggetti residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato

scambio di informazioni, i cui redditi siano prodotti nel territorio dello Stato italiano in misura pari almeno al 75 per cento del reddito complessivamente prodotto».
Art. 6.
(Disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni. Esenzione in favore degli enti senza scopo di lucro, delle fondazioni e delle associazioni costituite all'estero, nonché in materia di titoli del debito pubblico. Procedure di infrazione n. 2012/2156 e n. 2012/2157).

      1. Al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 3, il comma 4 è sostituito dal seguente:
      «4. Le disposizioni del presente articolo si applicano per gli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni istituiti negli Stati appartenenti all'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo nonché, a condizione di reciprocità, per gli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni istituiti in tutti gli altri Stati»;

          b) all'articolo 12, comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

              1) alla lettera h) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ivi compresi i corrispondenti titoli del debito pubblico emessi dagli Stati appartenenti all'Unione europea e dagli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo»;

              2) alla lettera i), dopo la parola: «equiparati» sono inserite le seguenti: «, ivi compresi i titoli di Stato e gli altri titoli ad essi equiparati emessi dagli Stati appartenenti all'Unione europea e dagli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo».

Art. 7.
(Modifiche alla disciplina dell'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Caso EU Pilot 5095/13/TAXU).

      1. All'articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 18, le parole: «delle attività finanziarie detenute» sono sostituite dalle seguenti: «dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti»;

          b) al comma 20, le parole: «delle attività finanziarie» sono sostituite dalle seguenti: «dei prodotti finanziari» e le parole: «detenute le attività finanziarie» sono sostituite dalle seguenti: «detenuti i prodotti finanziari»;

          c) al comma 21, le parole: «detenute le attività finanziarie» sono sostituite dalle seguenti: «detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio».

      2. Le disposizioni del comma 1 hanno effetto a decorrere dal periodo d'imposta relativo all'anno 2014.

Art. 8.
(Riscossione coattiva dei debiti aventi ad oggetto entrate che costituiscono risorse proprie ai sensi della decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio).

      1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 544, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, non si applicano alle entrate che costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007,

né all'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione.
Art. 9.
(Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni).

      1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 4-quater, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
      «2-bis. La Banca d'Italia, la Consob, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) sono le autorità competenti per il rispetto degli obblighi posti dal regolamento a carico dei soggetti vigilati dalle medesime autorità, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza»;

          b) all'articolo 4-quater, comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Ai sensi dell'articolo 10, comma 5, del regolamento di cui al comma 1, la Consob è l'autorità competente nei confronti delle controparti non finanziarie, che non siano soggetti vigilati da altra autorità ai sensi del comma 2-bis, per il rispetto degli obblighi previsti dagli articoli 9, 10 e 11 del medesimo regolamento.»;

          c) all'articolo 193-quater, il comma 3 è sostituito dal seguente:
      «3. Le sanzioni amministrative previste dai commi 1 e 2 sono applicate dalla Banca d'Italia, dalla Consob, dall'IVASS e dalla COVIP, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza».

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO E DI POLITICHE SOCIALI
Art. 10.
(Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di salute e sicurezza dei lavoratori durante il lavoro. Procedura di infrazione n. 2010/4227).

      1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 28, comma 3-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.»;

          b) all'articolo 29, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.».

Art. 11.
(Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nel settore delle navi da pesca. Procedura di infrazione n. 2011/2098).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo in materia di tutela della salute

e della sicurezza dei lavoratori per il settore delle navi da pesca, al fine di coordinare le relative disposizioni speciali, contenute nel decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, con le disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
      2. Il decreto legislativo attuativo della delega di cui al comma 1 è adottato in conformità all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano nonché alle relative norme di attuazione, garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori nel territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di sesso e alla condizione dei lavoratori immigrati.
      3. Il decreto legislativo attuativo della delega di cui al comma 1 è adottato, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, tenendo conto della normativa nazionale di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle convenzioni internazionali in materia di sicurezza del lavoro nel settore delle navi da pesca, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 117 della Costituzione;

          b) garanzia dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela nonché dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze già previsti dalle disposizioni vigenti;

          c) applicazione della normativa in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro a tutte le tipologie di rischio, anche tenendo conto delle peculiarità o della particolare pericolosità dei luoghi stessi e della specificità di settori e ambiti lavorativi;

          d) definizione delle misure di sicurezza tecniche, organizzative e procedurali volte alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché dei contenuti relativi alla pianificazione dell'emergenza;

          e) determinazione degli obblighi, dei ruoli, delle funzioni e delle responsabilità propri di ciascuno dei soggetti coinvolti nelle attività di prevenzione;

          f) applicazione delle pertinenti disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per quanto non disciplinato dal decreto legislativo di cui all'alinea;

          g) riformulazione dell'apparato sanzionatorio penale e amministrativo e adeguamento delle relative sanzioni alle peculiarità del settore delle navi da pesca, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri specifici:

              1) coordinamento delle disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con la peculiare disciplina della responsabilità e delle funzioni di ciascun soggetto, con particolare riguardo:

                  1.1) alla disciplina del lavoro nel settore delle navi da pesca;

                  1.2) alla figura del comandante, nei casi in cui non rivesta il ruolo di datore di lavoro, dirigente o preposto;

              2) razionalizzazione e rimodulazione delle sanzioni secondo i seguenti criteri:

                  2.1) previsione della sanzione dell'ammenda da un minimo di euro 500 fino ad un massimo di euro 4.500 per le infrazioni formali, dell'arresto da un minimo di tre mesi fino a un massimo di sei mesi per le infrazioni che ledono più gravemente la salute e la sicurezza dei lavoratori marittimi e dell'arresto da un minimo di due mesi fino a un massimo di quattro mesi ovvero dell'ammenda da euro 750 fino a euro 6.400 negli altri casi;

                  2.2) rimodulazione del sistema sanzionatorio amministrativo, prevedendo sanzioni amministrative pecuniarie consistenti nel pagamento di una somma di denaro da un minimo di 50 euro a un massimo di 6.600 euro;

          h) semplificazione degli adempimenti formali nel rispetto dei livelli di tutela;

          i) abrogazione espressa delle norme incompatibili.

      4. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole alimentari e forestali, per gli affari europei e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali si esprimono entro quaranta giorni dalla data della trasmissione. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1, o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di tre mesi.
      5. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dal presente articolo e con la medesima procedura, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive del medesimo decreto legislativo.
      6. All'articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, secondo periodo, le parole: «e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298,» sono soppresse;

          b) al comma 3, le parole: «al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298,» sono soppresse.

      7. Dall'attuazione della delega legislativa prevista dal presente articolo non

devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AMBIENTE
Art. 12.
(Disposizioni in materia di partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani o programmi in materia ambientale. Caso EU Pilot 1484/10/ENVI).

      1. All'articolo 3-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
      «1-bis. Nel caso di piani o programmi da elaborare a norma delle disposizioni di cui all'allegato I alla direttiva 2003/35/CE, ai quali non si applica l'articolo 6, comma 2, del presente decreto l'autorità competente all'elaborazione e all'approvazione dei predetti piani o programmi assicura la partecipazione del pubblico nel procedimento di elaborazione, di modifica e di riesame degli stessi piani o programmi.
      1-ter. Dei piani e programmi di cui al comma 1-bis l'autorità competente dà avviso per mezzo della stampa e mediante pubblicazione nel proprio sito web. L'avviso e la pubblicazione devono contenere l'indicazione del titolo del piano o programma, dell'autorità competente e delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma medesimo.
      1-quater. L'autorità competente mette altresì a disposizione del pubblico il piano o programma mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione nel proprio sito web.
      1-quinquies. Entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1-ter, chiunque può prendere visione del piano o programma e presentare all'autorità competente proprie osservazioni o pareri in forma scritta.


      1-sexies. L'autorità competente tiene adeguatamente conto delle osservazioni del pubblico nell'adozione del piano o programma.
      1-septies. Il piano o programma, dopo che sia stato adottato, è pubblicato nel sito web dell'autorità competente unitamente ad una dichiarazione di sintesi nella quale l'autorità stessa dà conto delle considerazioni che sono state alla base della decisione. La dichiarazione contiene altresì informazioni sulla partecipazione del pubblico».
Art. 13.
(Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Caso EU Pilot 1611/10/ENVI).

      1. All'articolo 4, comma 3, secondo periodo, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, dopo le parole: «dalle regioni» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto delle condizioni e delle modalità previste all'articolo 19-bis,».

Art. 14.
(Modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, recante attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea. Caso EU-Pilot 4467/13/ENVI).

      1. Al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 1, comma 3, lettera b), numero 2), dopo la parola: «terzi,» sono inserite le seguenti: «che possono accedere alla rete ai sensi dell'articolo 7 e»;

          b) all'articolo 1, comma 3, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:
      «c-bis) riguardano un territorio soggetto alla sovranità italiana»;

          c) all'articolo 1, comma 5, le parole: «lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «lettera b)»;

          d) all'articolo 1, comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il presente decreto si applica ai set di dati territoriali detenuti dai comuni o per conto di essi soltanto nei casi in cui l'obbligo di raccolta o di divulgazione da parte dei predetti enti è espressamente previsto dalle norme vigenti.»;

          e) all'articolo 2, comma 1, dopo la lettera i) è inserita la seguente:
      «i-bis) terzi: qualsiasi persona fisica o giuridica diversa da un'autorità pubblica»;

          f) all'articolo 4, comma 1, dopo le parole: «i metadati» sono inserite le seguenti: «in conformità con le disposizioni di esecuzione adottate a livello europeo e»;

          g) il comma 4 dell'articolo 4 è abrogato;

          h) all'articolo 6, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
      «1-bis. I servizi di conversione di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d), sono combinati con gli altri servizi di cui al medesimo comma 1 in modo tale che tutti i servizi operino in conformità alle disposizioni di esecuzione adottate a livello europeo»;

          i) all'articolo 6, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
      «3-bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Consulta nazionale per l'informazione territoriale e ambientale di cui all'articolo 11, per il tramite della piattaforma di cui all'articolo 23, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, provvede affinché le informazioni, compresi i dati, i codici e le classificazioni tecniche, necessarie per garantire la conformità alle disposizioni di esecuzione di cui al comma 1, siano messe a disposizione delle autorità

pubbliche o dei terzi a condizioni che non ne limitino l'uso a tal fine»;

          l) all'articolo 7, comma 4, le parole: «Il servizio» sono sostituite dalle seguenti: «Un servizio»;

          m) all'articolo 7, comma 5, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Tale servizio sarà inoltre reso disponibile, su richiesta, ai terzi i cui set di dati territoriali e servizi ad essi relativi siano conformi alle disposizioni di esecuzione adottate a livello europeo che definiscono, in particolare, gli obblighi in materia di metadati, servizi di rete e interoperabilità, comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.»;

          n) all'articolo 8, comma 3, dopo le parole: «con le regole tecniche definite dai decreti di cui all'articolo 59, comma 5, del decreto legislativo n. 82 del 2005» sono inserite le seguenti: «e con le disposizioni di esecuzione adottate a livello europeo. In caso di disallineamento delle regole tecniche nazionali rispetto alle disposizioni di esecuzione europee si procede all'aggiornamento dei decreti, con le modalità di cui all'articolo 59, comma 5, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»;

          o) all'articolo 9, comma 4, lettera b), le parole: «agli accordi o» sono sostituite dalla seguente: «alle»;

          p) all'articolo 9, comma 6, dopo le parole: «Le disposizioni» sono inserite le seguenti: «del comma 3 e»;

          q) all'articolo 9, comma 8, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, in particolare quando sono coinvolte quantità particolarmente consistenti di dati frequentemente aggiornati»;

          r) all'articolo 10, il comma 3 è sostituito dal seguente:
      «3. Le autorità pubbliche di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), numeri 1) e 2), forniscono alle autorità pubbliche degli altri Stati membri e alle istituzioni e organismi europei l'accesso ai set di dati territoriali e servizi ad essi relativi a condizioni armonizzate secondo le disposizioni

di esecuzione adottate a livello europeo. I set di dati territoriali e i servizi ad essi relativi, forniti sia ai fini delle funzioni pubbliche che possono avere ripercussioni sull'ambiente sia al fine di adempiere agli obblighi informativi in virtù della legislazione europea in materia ambientale, non sono soggetti ad alcuna tariffa»;

          s) all'articolo 10, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
      «3-bis. Le autorità pubbliche forniscono, su base reciproca e equivalente, agli organismi istituiti da accordi internazionali di cui l'Unione europea e l'Italia sono parte, l'accesso ai set di dati territoriali e ai servizi ad essi relativi. I set di dati territoriali e i servizi ad essi relativi, forniti sia ai fini delle funzioni pubbliche che possono avere ripercussioni sull'ambiente sia al fine di adempiere agli obblighi informativi in virtù della legislazione europea in materia ambientale, non sono soggetti ad alcuna tariffa»;

          t) all'articolo 12, comma 5, dopo le parole: «del pubblico» sono inserite le seguenti: «, in via permanente,»;

          u) l'allegato IV è abrogato.

Art. 15.
(Disposizioni in materia di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale).

      1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 5, comma 1, la lettera g) è sostituita dalla seguente:
      «g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo. Per le opere pubbliche, gli elaborati del progetto preliminare e del progetto definitivo sono predisposti in conformità all'articolo

93, commi 3 e 4, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Negli altri casi il progetto preliminare e quello definitivo sono predisposti con un livello informativo e di dettaglio almeno equivalente ai fini della valutazione ambientale»;

          b) all'articolo 5, comma 1, la lettera h) è abrogata;

          c) all'articolo 6, comma 6, lettera b), le parole: «che ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 39» sono soppresse;

          d) all'articolo 6, comma 7, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; per tali progetti, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono adottate le disposizioni che definiscono i criteri e le soglie per ciascuna tipologia di progetto prevista nell'allegato IV per l'assoggettamento alla procedura di cui all'articolo 20, sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato V»;

          e) all'articolo 6, il comma 9 è sostituito dal seguente:
      «9. Le soglie previste nell'allegato IV cessano di applicarsi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 7, lettera c), del presente articolo»;

          f) all'articolo 12, il comma 5 è sostituito dal seguente:
      «5. Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, è pubblicato integralmente nel sito web dell'autorità competente»;

          g) all'articolo 17, il comma 1 è sostituito dal seguente:
      «1. La decisione finale è pubblicata nei siti web delle autorità interessate, con indicazione del luogo in cui è possibile

prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre resi pubblici, attraverso la pubblicazione nei siti web delle autorità interessate:

              a) il parere motivato espresso dall'autorità competente;

              b) una dichiarazione di sintesi in cui l'autorità competente illustra il modo in cui le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e in cui si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate;

              c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'articolo 18»;

          h) all'articolo 20, il comma 2 è sostituito dal seguente:
      «2. Dell'avvenuta trasmissione di cui al comma 1 è dato sintetico avviso per mezzo della stampa e nel sito web dell'autorità competente. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 e ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Gli avvisi per mezzo della stampa sono eseguiti a cura e spese del proponente. Nel caso di progetti di competenza statale, la pubblicazione è eseguita su un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione regionale. Nel caso di progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, la pubblicazione è eseguita su un quotidiano a diffusione regionale o provinciale. Nell'avviso, predisposto utilizzando l'apposito formato reso disponibile nel sito web dell'autorità competente, sono indicati la procedura e la data di avvio, il proponente, la localizzazione, con una breve descrizione del progetto, le sedi e le modalità per la consultazione degli atti nella loro interezza e i termini entro i quali è possibile presentare osservazioni. La documentazione è depositata su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficoltà di

ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, presso i comuni nel cui territorio il progetto è localizzato e, nel caso di progetti di competenza statale, anche presso la sede delle regioni e delle province autonome interessate. I principali elaborati del progetto preliminare e lo studio preliminare ambientale sono pubblicati nel sito web dell'autorità competente»;

          i) all'articolo 24, il comma 3 è sostituito dal seguente:
      «3. La pubblicazione di cui al comma 1, predisposta utilizzando l'apposito formato reso disponibile nel sito web dell'autorità competente, deve indicare la procedura e la data di avvio, il proponente, la localizzazione, con una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali, le sedi e le modalità per la consultazione degli atti nella loro interezza e i termini entro i quali è possibile presentare osservazioni»;

          l) al comma 1 dell'articolo 32 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Della notifica è data evidenza pubblica attraverso il sito web dell'autorità competente.»;

          m) il punto 7-ter) dell'allegato II alla parte seconda è sostituito dal seguente:
      «7-ter) Attività di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, adottato per il recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio»;

          n) al punto 10), terzo trattino, dell'allegato II alla parte seconda, la parola: «extraurbane» è soppressa;

          o) il punto 17) dell'allegato II alla parte seconda è sostituito dal seguente:
      «17) Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei naturali in unità geologiche profonde e giacimenti esauriti di idrocarburi, nonché siti per lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 14 settembre 2011,

n. 162, adottato per il recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio»;

          p) la lettera h) del punto 7 dell'allegato IV alla parte seconda è sostituita dalla seguente:
      «h) costruzione di strade urbane di scorrimento o di quartiere ovvero potenziamento di strade esistenti a quattro o più corsie con lunghezza, in area urbana o extraurbana, superiore a 1.500 metri».

      2. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 7, lettera c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1, lettera d), del presente articolo, è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, cessano di applicarsi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare previsto dall'articolo 6, comma 7, lettera c), del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal comma 1, lettera d), del presente articolo.
      4. Le modifiche introdotte dal comma 1, lettera c), del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare previsto dall'articolo 6, comma 7, lettera c), del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal comma 1, lettera d), del presente articolo.
      5. L'articolo 23 della legge 6 agosto 2013, n. 97, è abrogato.

Art. 16.
(Delega al Governo in materia di inquinamento acustico. Armonizzazione della normativa nazionale con le direttive 2002/49/CE, 2000/14/CE e 2006/123/CE e con il regolamento (CE) n. 765/2008).

      1. Al fine di assicurare la completa armonizzazione della normativa nazionale

in materia di inquinamento acustico con la direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, e con la direttiva 2000/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 maggio 2000, relativa all'emissione acustica ambientale delle macchine e attrezzature destinate a funzionare all'aperto, il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riordino dei provvedimenti normativi vigenti in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico prodotto dalle sorgenti sonore fisse e mobili, definite dall'articolo 2, comma 1, lettere c) e d), della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto delle procedure, dei princìpi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri specifici:

          a) coerenza dei piani degli interventi di contenimento e di abbattimento del rumore previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, con i piani di azione, con le mappature acustiche e con le mappe acustiche strategiche previsti dalla direttiva 2002/49/CE e di cui agli articoli 2, comma 1, lettere o), p) e q), 3 e 4 nonché agli allegati 4 e 5 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194, nonché con i criteri previsti dal decreto emanato ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera f), della legge n. 447 del 1995, e successive modificazioni;

          b) recepimento nell'ambito della normativa nazionale, come disposto dalla direttiva 2002/49/CE e dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194, dei descrittori acustici diversi da quelli disciplinati dalla legge n. 447 del 1995 e introduzione dei relativi metodi di determinazione a completamento e integrazione di quelli introdotti dalla medesima legge n. 447 del 1995;

          c) armonizzazione della normativa nazionale relativa alla disciplina delle sorgenti di rumore delle infrastrutture dei trasporti e degli impianti industriali e relativo aggiornamento ai sensi della legge n. 447 del 1995;

          d) adeguamento della normativa nazionale alla disciplina della rumorosità prodotta nell'ambito dello svolgimento delle attività sportive;

          e) adeguamento della normativa nazionale alla disciplina della rumorosità prodotta dall'esercizio degli impianti eolici;

          f) adeguamento della disciplina dell'attività e della formazione della figura professionale di tecnico competente in materia di acustica ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge n. 447 del 1995 e armonizzazione con la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi del mercato interno, e con l'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni;

          g) semplificazione delle procedure autorizzative in materia di requisiti acustici passivi degli edifici;

          h) introduzione nell'ordinamento nazionale di criteri relativi alla sostenibilità economica degli obiettivi della legge n. 447 del 1995 relativamente agli interventi di contenimento e di abbattimento del rumore previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, e dai regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11 della legge n. 447 del 1995, per il graduale e strategico adeguamento ai princìpi contenuti nella direttiva 2002/49/CE;

          i) adeguamento della disciplina riguardante la gestione e il periodo di validità dell'autorizzazione degli organismi di certificazione, previsti dalla direttiva 2000/14/CE, alla luce del nuovo iter di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone

norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato;

          l) armonizzazione con la direttiva 2000/14/CE per quanto concerne le competenze delle persone fisiche e giuridiche che mettono a disposizione sul mercato macchine e attrezzature destinate a funzionare all'aperto;

          m) adeguamento del regime sanzionatorio in caso di mancato rispetto del livello di potenza sonora garantito previsto dalla direttiva 2000/14/CE e definizione delle modalità di utilizzo dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 15 del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 262.

      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro della salute, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
      4. Dall'attuazione della delega legislativa prevista dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti ivi previsti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Art. 17.
(Ulteriori disposizioni in materia di danno ambientale).

      1. All'articolo 298-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, lettere a) e b), dopo le parole: «danno ambientale» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 300, comma 2,»;

          b) al comma 1, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:
      «b-bis) al danno ambientale di cui all'articolo 300, comma 1, causato da un'attività svolta in modo doloso o colposo in violazione di leggi o provvedimenti»;

          c) al comma 2, dopo le parole: «danno ambientale» sono inserite le seguenti: «di cui al comma 1, lettere a) e b),».

      2. All'articolo 308, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera a), le parole: «misure di sicurezza astrattamente idonee» sono sostituite dalle seguenti: «opportune misure di sicurezza»;

          b) alla lettera b), dopo le parole: « in tal caso» sono inserite le seguenti: « e nel caso di cui alla lettera a)».

      3. All'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «in forma specifica e, se necessario per equivalente patrimoniale,» sono soppresse;

          b) al comma 2, primo e secondo periodo, dopo le parole: «danno ambientale» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 300, comma 2,»;

          c) al comma 2, primo periodo, dopo le parole: «gli stessi sono obbligati» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto dei princìpi e dei criteri stabiliti nel titolo II della presente parte,»;

          d) al comma 2, terzo periodo, le parole: «somme corrispondenti» sono sostituite dalle seguenti: «somme necessarie per l'adozione delle misure di riparazione»;

          e) al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Quando si verifica un danno ambientale di cui all'articolo 298-bis, comma 1, lettera b-bis), i responsabili

sono obbligati, per qualsiasi tipo di matrice ambientale danneggiata, alla rimessa in pristino stato. In caso di impossibilità o di eccessiva onerosità, il risarcimento del danno ambientale è dovuto per equivalente»;

          f) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
      «2-bis. Oltre alle misure di ripristino o, nei casi previsti dal comma 2, al risarcimento per equivalente, sono a carico del responsabile i costi di cui all'articolo 302, comma 13».

      4. All'articolo 313, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto» sono sostituite dalle seguenti: «termine di prescrizione dell'azione risarcitoria».
      5. All'articolo 317 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il comma 5 è sostituito dal seguente:
      «5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla presente parte, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fideiussioni in favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e dall'articolo 2, commi 615, 616 e 617, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in conformità alle previsioni della presente parte, anche al fine di garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 2004/35/CE del Parlamento

europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004».
      6. Al comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e successive modificazioni, le parole da: «affluiscono al fondo» fino a: «dalla legge 9 aprile 2009, n. 33» sono sostituite dalle seguenti: «sono versate all'entrata del bilancio dello Stato in conformità a quanto stabilito dal comma 5 dell'articolo 317 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni».
Capo V
DISPOSIZIONI A TUTELA DELLA CONCORRENZA
Art. 18.
(Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, relative agli affidatari di incarichi di progettazione. Caso EU Pilot 4680/13/MARKT).

      1. All'articolo 90 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 8, le parole: «partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi» sono sostituite dalle seguenti: «essere affidatari degli appalti o delle concessioni di lavori pubblici, nonché degli eventuali subappalti o cottimi»;

          b) dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
      «8-bis. I divieti di cui al comma 8 non si applicano laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l'esperienza acquisita nell'espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori».

Art. 19.
(Disposizioni in materia di attribuzioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas nel settore del mercato dell'energia all'ingrosso. Attuazione del regolamento (UE) n. 1227/2011).

      1. Al fine di assicurare l'applicazione del regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, concernente l'integrità e la trasparenza del mercato dell'energia all'ingrosso, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, nell'esercizio dei poteri di indagine ed esecuzione, può:

          a) accedere a tutti i documenti rilevanti e richiedere informazioni ai soggetti coinvolti o informati sui fatti, anche mediante apposite audizioni personali;

          b) effettuare sopralluoghi e ispezioni;

          c) chiedere i tabulati telefonici esistenti e i registri esistenti del traffico di dati di cui al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fissando il termine per le relative comunicazioni;

          d) intimare la cessazione delle condotte poste in essere in violazione del regolamento (UE) n. 1227/2011;

          e) presentare presso il competente tribunale istanza di congelamento o di confisca del prodotto o del profitto dell'illecito, comprese somme di denaro;

          f) presentare presso il tribunale o altra autorità competente istanze di divieto dell'esercizio di un'attività professionale.

      2. I poteri di cui al comma 1 sono esercitati in modo proporzionato e nei limiti di quanto necessario al perseguimento delle finalità del regolamento (UE) n. 1227/2011. I poteri di cui al medesimo comma 1, lettera c), sono esercitati previa autorizzazione del procuratore della Repubblica.
      3. Per lo svolgimento di indagini relative a casi di sospetta violazione dei divieti di cui agli articoli 3 e 5 o dell'obbligo di cui all'articolo 4 del regolamento (UE) n. 1227/2011,

l'Autorità per l'energia elettrica e il gas può avvalersi della collaborazione del Gestore dei mercati energetici (GME), ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, ultimo sottoparagrafo, del medesimo regolamento, e, in relazione alla fattispecie trattata, ferme restando le rispettive competenze, coordina la propria attività con quella dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Per lo svolgimento di indagini relative a casi di sospetta violazione del divieto di cui all'articolo 3 del regolamento (UE) n. 1227/2011, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ove opportuno in relazione alla fattispecie trattata, ferme restando le rispettive competenze, coordina la propria attività con quella della Commissione nazionale per le società e la borsa.
      4. Salvo che il fatto costituisca reato, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas irroga sanzioni amministrative pecuniarie, da euro 20.000 a euro 3 milioni, nei confronti dei soggetti che, essendo in possesso di informazioni privilegiate in relazione a vendite all'ingrosso di prodotti energetici, pongano in essere una delle condotte previste dall'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1227/2011, in conformità con quanto previsto dal medesimo articolo 3.
      5. Salvo che il fatto costituisca reato, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas irroga sanzioni amministrative pecuniarie da euro 20.000 ad euro 5 milioni, nei confronti dei soggetti che pongano in essere una delle condotte manipolative del mercato definite dall'articolo 2, numeri 2) e 3), e dall'articolo 5 del regolamento (UE) n. 1227/2011.
      6. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas irroga sanzioni amministrative pecuniarie da euro 20.000 a euro 3 milioni nei confronti dei soggetti inadempienti all'obbligo di pubblicazione delle informazioni privilegiate di cui all'articolo 4 del regolamento (UE) n. 1227/2011.
      7. In caso di inottemperanza agli obblighi informativi previsti dagli articoli 8 e 9 del regolamento n. 1227/2011, nonché in caso di trasmissione di informazioni incomplete o non veritiere o non tempestivamente aggiornate, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas irroga sanzioni amministrative pecuniarie da euro 10.000 a euro 200.000.
      8. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas può aumentare le sanzioni di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall'illecito quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dall'illecito, esse appaiano inadeguate anche se applicate nella misura massima.
      9. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge l'Autorità per l'energia elettrica e il gas disciplina con proprio regolamento, nel rispetto della legislazione vigente in materia, i procedimenti sanzionatori, in conformità all'articolo 45 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, e successive modificazioni.
Art. 20.
(Stazioni di distribuzione dei carburanti ubicate nelle aree urbane. Caso EU PILOT 4734/13/MARKT).

      1. All'articolo 28, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, le parole: «posti al di fuori dei centri abitati, quali definiti ai sensi del codice della strada o degli strumenti urbanistici comunali» sono sostituite dalle seguenti: «ovunque siano ubicati».

Capo VI
ALTRE DISPOSIZIONI
Art. 21.
(Modifica dell'articolo 239, comma 1, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Procedura di infrazione n. 2013/4202).

      1. All'articolo 239, comma 1, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto

legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni, le parole: «e a quelli da essi fabbricati nei tredici anni successivi a tale data» sono sostituite dalle seguenti: « e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data».
Art. 22.
(Norme di interpretazione autentica e modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, recante attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Caso EU PILOT 5216/13/ENTR).

      1. L'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, si interpreta nel senso che le transazioni commerciali ivi considerate comprendono anche i contratti previsti dall'articolo 3, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
      2. Le disposizioni relative ai termini di pagamento e al tasso degli interessi dovuto in caso di ritardato pagamento, contenute nel codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e nel relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nonché in altre leggi speciali, che prevedono termini e tassi difformi rispettivamente da quelli previsti dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto al comma 4 del predetto articolo, e da quelli previsti dall'articolo 5 del medesimo decreto legislativo, si applicano ai casi previsti dall'articolo 1, comma 1, del citato decreto legislativo n. 231 del 2002 solo se più favorevoli per i creditori.
      3. All'articolo 4, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, le parole: «o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione» sono sostituite dalle seguenti: «o da talune sue caratteristiche».

Art. 23.
(Responsabilità per violazione manifesta del diritto dell'Unione europea. Procedura di infrazione n. 2009/2230).

      1. Lo Stato è obbligato a risarcire il danno che, in pregiudizio di situazioni giuridiche soggettive, consegue alla violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, sempre che, quando ne ricorrono i presupposti, siano stati esperiti anche i mezzi straordinari di impugnazione. L'azione si prescrive decorsi tre anni.
      2. Ai fini della determinazione della violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea di cui al comma 1 si tiene conto, in particolare, del grado di chiarezza e di precisione della norma violata, del carattere intenzionale della violazione, della scusabilità o inescusabilità dell'errore di diritto, della posizione adottata eventualmente da un'istituzione dell'Unione europea, nonché della mancata osservanza, da parte dell'organo giurisdizionale di cui trattasi, dell'obbligo di rinvio pregiudiziale a norma dell'articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Capo VII
DISPOSIZIONI FINANZIARIE
Art. 24.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 25, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 25.
(Norma di copertura finanziaria. Disposizioni in materia di consumi medi standardizzati di gasolio in agricoltura).

      1. Agli oneri derivanti dalle disposizioni degli articoli 5, 6 e 7, pari a 3,7 milioni di euro per l'anno 2014, a 20,44 milioni di euro per l'anno 2015 e a 15,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla disposizione del comma 2 del presente articolo.
      2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede alla riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dell'accisa, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2002, in misura tale da garantire maggiori entrate pari a 4 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015 e a 16 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
      3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali si provvede, entro un mese dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, alla modifica del citato decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, in relazione alle diminuzioni dei consumi medi standardizzati di gasolio in agricoltura di cui al medesimo comma 2 e a quelle già intervenute.
      4. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 23, valutati in euro 100.000 annui a decorrere dall'anno 2014, si provvede, a decorrere dal medesimo anno

2014, mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla disposizione del comma 2 del presente articolo.
      5. Il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 23. Nel caso che si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 4, il Ministro della giustizia ne dà tempestiva comunicazione al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale provvede, con proprio decreto, alla riduzione delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.