• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/02806 PICCOLI, BERTACCO, ZUFFADA, SERAFINI, AMIDEI, SANTINI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e della salute - Premesso che: l'articolo 61 del contratto collettivo nazionale del...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-02806 presentata da GIOVANNI PICCOLI
mercoledì 27 aprile 2016, seduta n.616

PICCOLI, BERTACCO, ZUFFADA, SERAFINI, AMIDEI, SANTINI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e della salute - Premesso che:

l'articolo 61 del contratto collettivo nazionale del lavoro del 5 dicembre 1996, della dirigenza sanitaria professionale, tecnica ed amministrativa, parte normativa 1994-1997 e parte economica 1994-1995, concerne la determinazione e la ripartizione del fondo per la retribuzione di risultato, dopo il passaggio dalla disciplina pubblicistica a quella privatistica;

esso stabilisce (comma 2, lettera a)) che il finanziamento del fondo della retribuzione di risultato è costituito "nel suo ammontare, dalla somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui agli articoli 57 e seguenti del DPR n. 348/1990 -ripartita secondo le quote storiche spettanti a ciascun ruolo-, determinata per l'anno 1993 e decurtata della percentuale di cui all'articolo 8, comma 3, della legge n. 537/1993";

il successivo contratto collettivo, del 12 luglio 2001, reca, tra l'altro, l'interpretazione autentica dell'articolo 61, specificando che, per "quote storiche spettanti", si intendono le quote per il pagamento delle incentivazioni "originariamente determinate ai sensi degli articoli 57 e seguenti del DPR n. 348/1990, applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato, con la decurtazione percentuale prevista dall'articolo 8, comma 3, della legge n. 537/1993";

in applicazione di quanto riportato, le aziende sanitarie hanno calcolato il nuovo fondo della retribuzione di risultato, in base alle quote storiche spettanti, intendendo, con tale espressione, quelle precedentemente assegnate a ciascun gruppo di personale, così come identificate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 348 del 1990, con riferimento agli accordi decentrati ed alle clausole ivi previste, vigenti in ciascuna azienda immediatamente prima dell'applicazione del citato articolo 61;

il passaggio dal precedente sistema, che prevedeva l'erogazione di quote di compensi incentivanti a fronte dell'effettuazione di un numero di ore di plus orario, individuate con accordi decentrati, al nuovo sistema della retribuzione di risultato, con un fondo erogato in base al raggiungimento di obiettivi, non avrebbe dovuto comportare oneri aggiuntivi diretti od indiretti;

infatti, lo stesso importo, che prima poteva essere erogato individualmente o per categorie, a fronte dell'effettuazione del plus orario e denominato come incentivazioni, verrebbe ora erogato quale retribuzione di risultato al raggiungimento degli obiettivi assegnati;

per tale ragione, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), nella propria relazione, inviata con nota n. 9527 del 25 giugno 2001, ha attestato l'assenza di aggravi alla spesa pubblica e parimenti la Corte dei conti, con propria deliberazione n. 34 del 10 luglio 2001, ha certificato la non imputabilità di oneri aggiuntivi dovuti al contratto collettivo di interpretazione autentica, purché, nel determinare le risorse destinate a costruire il fondo per la retribuzione di risultato, si facesse riferimento al complessivo quadro normativo e contrattuale, comprensivo anche delle clausole contenute negli accordi decentrati a livello aziendale;

in contrasto con quanto rappresentato, determinate sigle sindacali hanno presentato ricorsi, accolti da alcune sentenze, per ottenere la rideterminazione del fondo della retribuzione di risultato, non sulla base dell'importo complessivo, derivante dalle quote storiche spettanti a ciascuna categoria, secondo l'interpretazione richiamata, ma dell'intero importo del precedente fondo, denominato fondo di incentivazione che, per i dirigenti sanitari non medici ricorrenti, era denominato fondo per la categoria B), con funzione in tutte le aziende di fondo teorico di riferimento. Nella realtà, lo spettante al singolo dipendente, ovvero alle categorie, era determinato con accordi decentrati sulla base delle risorse disponibili in ogni azienda;

il risultato di tale operazione interpretativa espone le aziende sanitarie, che hanno in corso le cause, ad un aggravio di spesa ad avviso degli interroganti assolutamente ingiustificato, stimabile in diversi milioni di euro per ciascuna amministrazione, a decorrere dall'anno di costituzione del nuovo fondo di risultato, che è normalmente il 1997, ovvero il 1994, in relazione a qualche sentenza già intervenuta sul tema;

infatti, nella costruzione dei nuovi fondi, si passerebbe da importi quantificabili (ad esempio per una piccola azienda con un organico medio di 16 dirigenti sanitari, in circa 200.000 euro, correlati ad un ipotetico plus orario per azienda di 7 ore per ciascun dirigente sanitario, che era il massimo consentito dai contratti collettivi vigenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica n. 270 del 1987 e n. 384 del 1990), a importi dell'interno fondo, che poteva essere costituito, secondo le diverse realtà aziendali, anche da cifre superiori a 750.000 euro, e in taluni casi, sulla base delle diverse sentenze dei giudici del lavoro, l'onere lievitava di decine di milioni di euro per ciascuna azienda;

a tale riguardo, si evidenzia che, in vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1990, la ripartizione del fondo di produttività era comunque effettuata sulla base del plus orario assegnato ai singoli dipendenti. Ciò determinava l'impossibilità giuridica di erogare l'intero importo del fondo stesso, atteso che il valore complessivo delle ore di plus orario effettuabili annualmente dai dipendenti era, di norma, di gran lunga inferiore all'ammontare del fondo (teorico di riferimento);

tale problema si è posto in riferimento a varie aziende, ove i dirigenti interessati, assistiti da alcune organizzazioni sindacali, hanno formalizzato, anche in giudizio, richieste di rideterminazione dei fondi, secondo questa ultima interpretazione estensiva, che vuole riferirsi agli importi totali dei precedenti fondi per le incentivazioni e non alle quote storiche spettanti. C'è, peraltro, il timore che analoghe pretese si estendano anche ad altre aziende presso le quali non si è verificata ancora una situazione conflittuale;

da notizie in possesso degli interroganti, a livello nazionale, l'accoglimento di tali richieste determinerebbe un incremento dei costi, considerati gli emolumenti arretrati da corrispondere e gli eventuali interessi legali e rivalutazione monetaria, quantificabili in non meno di un miliardo di euro, e un'ingiustificata differenza di valore, anche nell'ordine di 4-5 volte, tra il fondo della retribuzione di risultato della dirigenza sanitaria rispetto alla dirigenza medica, veterinaria ed amministrativa, tecnica e professionale,

si chiede di sapere quali iniziative intendano porre in essere i Ministri in indirizzo, ciascuno per le proprie competenze, per definire la questione esposta, impedendo che si possa causare, da un lato, l'incremento di spesa per le aziende sanitarie assolutamente incompatibile con le attuali disponibilità di bilancio e, dall'altro, un'erogazione di compensi incentivanti retroattivi di valore assolutamente abnorme (che in alcuni casi può ammontare anche a qualche centinaia di migliaia di euro, al netto di interessi e rivalutazione monetaria) per di più privi di alcun riferimento alla realizzazione di specifici obiettivi di risultato, sottraendo, in tale maniera, risorse all'erogazione di servizi ai cittadini e alle famiglie, in particolar modo a quelle più bisognose di sostegno.

(3-02806)