• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/02828 MALAN - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante: alla fine degli anni '80, i principali soggetti politici e sociali...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-02828 presentata da LUCIO MALAN
mercoledì 4 maggio 2016, seduta n.621

MALAN - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

alla fine degli anni '80, i principali soggetti politici e sociali concordavano che l'autostrada Asti-Cuneo era una priorità, non solo per il Piemonte, ma per l'intero Paese e partirono le iniziative per realizzarla;

due società mostrarono interesse alla realizzazione dell'infrastruttura: Satap, di cui una quota importante era in mano alla famiglia Gavio, e Si.Tra.Ci, un consorzio nato per la realizzazione del traforo del Mercantour e altre opere viarie; una situazione di concorrenza che avrebbe permesso allo Stato e al contribuente di ottenere le condizioni migliori; il direttore pro tempore dell'Anas, Morando Mancini, in accordo con il Ministro dei lavori pubblici, Emilio De Rose, che per statuto era presidente Anas, stabilì, invece, che potevano essere chiamati alla realizzazione di nuove autostrade solo società che già gestivano autostrade; decisione chiaramente anticoncorrenziale, che nel caso della Asti-Cuneo diede luogo a una situazione di ditta necessitata: la Satap;

il 27 settembre 1990 l'Anas e la Satap stipulavano un atto aggiuntivo alla convenzione della Torino-Piacenza, approvato con decreto interministeriale del 5 aprile 1991 del Ministro dei lavori pubblici, Giovanni Prandini, in base alla quale la società autostradale, che aveva già ottenuto l'incarico di costruire quella tratta, otteneva l'autorizzazione dello Stato a realizzare l'autostrada Asti-Cuneo; la convenzione prevedeva interventi pubblici per 35 miliardi di lire;

tale nuova via avrebbe però ridotto gli incassi dell'autostrada Torino-Savona, poiché una parte del suo traffico si sarebbe poi spostata sulla Asti-Cuneo; gli azionisti della Torino-Savona esercitarono la loro influenza e venne così trovato un accordo, molto conveniente, sia per loro, sia per la Satap, ma non per gli automobilisti: la Asti-Cuneo (direzione nord est-sud ovest) dovrà correre per un tratto sulla Torino-Savona (direzione nord-sud); per Satap si tratta di costruire 15 chilometri di autostrada in meno, mentre la Torino-Savona avrà 29 chilometri di percorrenza, con relativo pedaggio, di ogni mezzo della Asti-Cuneo; gli utenti, invece, con quei 29 chilometri, si avvicineranno a Cuneo (o ad Asti) di solo 11 chilometri;

tale situazione era pur sempre preferibile all'assenza dell'autostrada Asti-Cuneo e le aspettative della popolazione e delle aziende di quell'area restavano alte e positive; ma, a partire dal 1994, l'Anas riferiva al Ministero dei lavori pubblici di comportamenti della Satap contrastanti sia con la legge base sulle concessioni del 1971, sia con le disposizioni della convenzione, fra cui l'acquisizione di partecipazioni in società aventi fini estranei alla costruzione e alla gestione di autostrade;

il Consiglio di Stato, con parere del 13 giugno 1998, invitava il Ministero dei lavori pubblici a valutare l'esistenza di tali comportamenti ed a trarne le conclusioni;

sono trapelati più volte i dissensi tra l'Anas (che ancora oggi detiene il 35 per cento della società Progetto Autostrada Asti-Cuneo SpA) e la società del gruppo Gavio (oggi proprietaria del 60 per cento) su proroga delle concessioni, piano finanziario, ammontare dei contributi dello Stato alla Satap, costo totale dell'investimento;

rilevato che, per quanto risulta all'interrogante:

il 2 dicembre 1999 nel corso del consiglio di amministrazione dell'Anas, nel momento in cui si doveva iniziare la realizzazione dell'opera, il magistrato della Corte dei conti, delegato al controllo Anas, sollevava dubbi di legittimità in merito alla concessione della tratta Asti-Cuneo, rilevando che la concessione stessa appariva in contrasto con la normativa comunitaria e nazionale;

il Ministro dei lavori pubblici, Willer Bordon, anche in presenza delle sollecitazioni che provenivano dalle parti interessate, nonostante la dichiarazione del magistrato della Corte dei conti, con una sua direttiva del 16 febbraio 2000 ribadiva la validità del V atto aggiuntivo ed invitava l'Anas a perseverare nel rapporto con la società autostradale; la direttiva che impartiva il Ministro all'Anas veniva interpretata come un vero e proprio ordine, e come tale ritenuto dallo stesso magistrato illegittimo, tenuto conto del fatto che la legge attribuisce al Ministro dei lavori pubblici poteri di "alta vigilanza sull'Anas e non di gestione";

in conseguenza di questa presa di posizione del magistrato della Corte dei conti, il Ministro dei lavori pubblici il 19 aprile 2000 inoltrava richiesta ufficiale di parere al Consiglio di Stato;

il Consiglio di Stato, con parere n. 487 del 10 maggio 2000, rilevava che la convenzione, "nonostante siano passati dieci anni dalla sua operatività, non risulta essere stata mai posta in essere" per una serie di motivi, tra cui contestazioni mosse dall'Anas alla concessionaria, le richieste di incremento dei finanziamenti pubblici di ben 840 miliardi di lire (a fronte dei 35 previsti nella convenzione), "vicende penali in cui sono coinvolti, tra gli altri, soci ed amministratori della Satap, dubbi di legittimità della stessa convenzione aggiuntiva del 1990 con riferimento alla normativa comunitaria" e altro ancora; il Consiglio di Stato notava come l'ente concedente, cioè l'Anas, "ha avviato una serie di iniziative, peraltro di segno e contenuto incerto, tese al rinnovo della convenzione (…) anche come strumento transattivo delle controversie in corso, non meglio specificate"; notava che l'assegnazione delle concessioni autostradali deve essere "sottoposta al regime della procedura ad evidenza pubblica"; affermava poi che il rapporto concessorio non aveva mai avuto concreta attuazione "anche per colpa del concessionario, in relazione agli inadempimenti, richieste di ulteriori finanziamenti, ritardi e vicende penali ci cui egli è stato ed è il protagonista"; il Consiglio di Stato riteneva poi ingiustificato il collegamento tra la realizzazione della Asti-Cuneo con la concessione dell'autostrada Torino-Piacenza, poiché mancano gli indispensabili elementi della complementarietà e dell'accessorietà, facendo presente che, ove le nuove autostrade fossero generalmente considerate come accessorie a tratte precedenti, alle quali possano collegarsi, si potrebbe determinare una situazione di oligopolio in favore dei pochi concessionari originali;

il Consiglio di Stato ritenne pertanto illegittimo il V atto aggiuntivo, che dava mandato alla Satap di realizzare anche l'autostrada Asti-Cuneo, perché l'opera era stata affidata a trattativa privata tra Anas e Satap, mentre l'Europa imponeva gare di appalto di evidenza pubblica (segnatamente la direttiva 89/440/CEE, "Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva n. 71/305/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti dei lavori pubblici"), e suggerì esplicitamente al Ministro dei lavori pubblici 2 soluzioni alternative: l'annullamento d'ufficio del solo V atto aggiuntivo, oppure la dichiarazione di decadenza della Satap dalla stessa concessione originaria, cioè la Torino-Piacenza, ritenendo dubbia la legittimità della direttiva ministeriale in senso contrario del 16 febbraio 2000;

nel frattempo, a conferma di quanto espresso dal Consiglio di Stato, a giugno 2000 la società concessionaria della Asti-Cuneo aveva presentato solo 2 progetti esecutivi su 13;

il Governo decideva pertanto di annullare il V atto aggiuntivo e consentire la prosecuzione dell'opera; a tal fine, nell'estate del 2000 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuliano Amato, firmò un protocollo d'intesa a Torino, in cui si prevedeva la risoluzione della concessione alla Satap, accompagnata dalla rinuncia da parte della società autostradale a presentare ricorso contro il provvedimento; la Satap si impegnava, tra l'altro, alla prosecuzione dei lavori sul lotto Massimini-Perrucca e alla conferma della progettazione di tutta l'opera; in cambio veniva prorogata dal 2005 al 2017 la concessione per la Torino-Piacenza (Satap), di cui 6 anni indicati per la revoca della Asti-Cuneo;

insomma, invece di una sanzione per le varie responsabilità della Satap, rilevate anche dal Consiglio di Stato, arrivò la proroga della concessione su una delle più lucrose autostrade d'Italia; come se non bastasse, l'Anas pagava alla Satap circa 100 miliardi di lire per i progetti già redatti; sembrava però che almeno si fossero liberate le mani per realizzare finalmente l'opera;

considerato, altresì, che:

il 31 luglio 2000 l'Anas è formalmente incaricata di realizzare la Asti-Cuneo con normali gare di lavori pubblici;

nel luglio 2001 la Commissione europea insiste per avere chiarimenti dal Governo italiano sulle aggiudicazioni delle concessioni autostradali, in particolare per la Asti-Cuneo, per cui l'affidamento "non sembra corrispondere alle regole dell'Unione europea, che prevedono la trasparenza di una gara di appalto";

nel maggio 2003, a quasi 3 anni dall'incarico ricevuto, l'Anas annunciava che avrebbe bandito una gara europea per la ricerca di soci privati per costituire una SpA, che finanziasse circa il 65 per cento del costo delle opere, con il compito di completare la realizzazione e la gestione dell'autostrada a pedaggio Asti-Cuneo; il bando veniva pubblicato il 5 luglio successivo;

sembrava normale che Satap-gruppo Gavio non potessero partecipare a tale gara, poiché era stata loro revocata la concessione e avevano redatto progetti e si trovavano perciò avvantaggiata; invece venne loro consentito di partecipare e vinsero la gara, poiché le altre società prequalificate o si astennero dal presentare proposte, ritenendo le condizioni contenute nel bando non remunerative o, per le stesse ragioni, proposero condizioni assai più onerose per lo Stato rispetto a Satap-Gavio;

salve le forti anomalie pregresse, poteva sembrare una vittoria del principio di concorrenza, dove prevale chi offre le soluzioni migliori, a vantaggio dello Stato e dei cittadini; la realtà si dimostrerà però diversa;

solo il 29 settembre 2005, a oltre 5 anni dall'incarico ricevuto, una disposizione del presidente dell'Anas aggiudicava definitivamente il procedimento concorsuale e occorrevano poi altri 5 mesi perché fosse costituita, il 1° marzo 2006, la società Progetto Autostrada Asti-Cuneo; la convenzione unica tra Anas e la società, intervenuta solo il 1° agosto 2007, parla poi di un ritardo di circa un anno rispetto a quanto previsto in sede di gara, ritardo, le cui cause non sono menzionate, ma, si afferma, non sono imputabili alle parti; viene tuttavia citato il fatto che un'altra convenzione era stata stipulata, ma "non ha avuto efficacia";

si cita poi il fatto che il bando di gara prevedeva la costituzione di una società di progetto con un capitale di 200 milioni di euro, di cui 70 da sottoscrivere da parte dell'Anas e il resto da parte del socio privato e che la quota dell'Anas, oltre ad ulteriori 200 milioni di contributo pubblico, oltre IVA, assicurati da 5 contratti di finanziamento, mentre non viene menzionato analogo adempimento, per quanto riguarda i 130 milioni a carico del socio privato;

un passaggio della complessa convenzione informa che essa è stipulata "a titolo transattivo ed a tacitazione di ogni pretesa avanzata dalla società", ma non si capisce a quale problema potessero riferirsi la transazione e le pretese, cui peraltro fa cenno il punto 1.3 della convenzione stessa, visto che la convenzione precedente, si dice, non ha avuto efficacia;

la convenzione prevede inoltre un piano economico-finanziario vincolante e sanzioni dettagliate per il ritardo nella realizzazione dei lavori previsti;

il 9 marzo 2016, nel corso dalla sua audizione informale presso la l'8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato l'ingegner Umberto Tosoni, amministratore delegato della società Asti-Cuneo, ha riferito diverse importanti circostanze, tra le quali: 1) il ruolo di controllo, garanzia e trasparenza attribuito all'Anas nell'ambito della società; 2) il progetto sarebbe iniziato nel 1995-1996, benché l'atto aggiuntivo alla convenzione con Satap risalga al 27 settembre 1990; 3) nonostante l'aggiudicazione della gara indetta nel 2003 sia avvenuta nel settembre 2005, la convenzione è stata resa efficace solo nel febbraio 2008; 4) vi è stato un aumento di costi fino al 276 per cento sui singoli lotti realizzati: il lotto 1.4.3, Castelletto-Stura, è passato da 100 a 170 milioni, il lotto 1.5, Cuneo-strada statale 231, da 65 a 120 milioni, il lotto Rocca Schiavino-Isola d'Asti da 8,5 a 32 milioni; in totale sono previste spese aggiuntive di circa 800 milioni, cioè l'81 per cento più del previsto nella gara; 5) rispetto ai lavori per 988 milioni previsti nell'offerta vincente in sede di gara, ne sono stati completati solo per 240 milioni, dunque meno di un quarto, ma con il costo di 470 milioni; in altri termini, si sono completati lavori corrispondenti a meno della sola cifra conferita dallo Stato attraverso l'Anas, mentre gli incassi vanno in gran parte al socio privato; 6) dei 18 lotti, di cui è costituito il progetto, 7 erano già stati realizzati dall'Anas prima della costituzione della società Asti-Cuneo, 6 sono stati completati da quest'ultima e 5 restano da realizzare, ma si tratta della parte più impegnativa e costosa: le tangenziali di Cuneo e Asti, la galleria sotto Alba e il Tanaro e quella di Verduno; il costo previsto originariamente per quanto non ancora realizzato era di 748 milioni, ma al momento si sta attestando ben sopra il miliardo e 300 milioni; 7) per la galleria di Verduno, il cui costo era stimato in 233 milioni, si rileva oggi un costo ulteriore di almeno 300 milioni; ci sarebbe stato un ricorso al Tar su questo punto, che però sarebbe stato respinto; simile sarebbe la situazione per il lotto 1.6, dove da 64 milioni si sarebbe arrivati a 140 milioni, confermati da una sentenza del Tar; 8) i lavori su tale lotto sarebbero ora fermi non per colpa della società; 9) i maggiori costi sostenuti e previsti dovrebbero essere oggetto di un negoziato che non è mai iniziato, ma al quale la società di dice pronta;

considerato che:

il mancato completamento dell'autostrada Asti-Cuneo ha da anni effetti fortemente negativi, valutati da Confindustria locale in centinaia di milioni di euro, su una vasta area del Piemonte ed è ormai noto come uno dei più clamorosi fallimenti nella politica statale;

la società, nella sua recente audizione al Senato, attribuisce tutti gli abnormi aumenti di costo all'entrata in vigore di nuove norme su gallerie, viadotti, terre e rocce da scavo, misure antisismiche, nonché alla scadenza dei vincoli predisposti, all'aggiornamento dei listini e alla necessità di chiedere nuove valutazioni di impatto ambientale e alla richiesta di opere compensative;

le norme indicate come cause principali dell'aumento dei costi hanno interessato anche tutte le altre analoghe infrastrutture in costruzione nello stesso periodo, senza dar luogo a simili aumenti di prezzo, ma ad adeguamenti mai superiori al 10 per cento,

si chiede di sapere:

per quale motivo siano occorsi 3 anni all'Anas per bandire la gara del 2003;

quali siano le cause per cui sono passati ben 29 mesi dall'aggiudicazione definitiva della gara all'operatività dell'aggiudicazione stessa, dal settembre 2005 al febbraio 2008;

se il capitale della società Asti-Cuneo sia stato versato, sia dal socio privato, sia dall'Anas e in quali importi;

quale contenzioso e quali pretese dovevano essere transate nella convenzione del 2007;

quale sia la convenzione precedente, citata dalla convenzione del 2007, e perché non abbia avuto efficacia;

in che modo l'Anas abbia fronteggiato il lievitare dei costi, quale sia stata la sua azione presso il Tar in occasione dei ricorsi, perché non si sia appellato al Consiglio di Stato, di fronte a sentenze totalmente sfavorevoli;

quali risorse finanziarie siano state immesse nella società Asti-Cuneo e da chi; quale quota dei proventi sia andata all'Anas;

se corrisponda al vero che i lavori per la galleria del Verduno sono fermi per colpa del Ministero;

quali passi siano stati compiuti dal Ministro in indirizzo per porre un limite alla lievitazione dei costi;

in quale modo intenda dare copertura ai maggiori costi sostenuti e se intenda venire ancora una volta incontro al socio privato della Asti-Cuneo, attraverso la proroga di concessioni su altre tratte, come quella sulla Torino-Piacenza, sulla quale infatti la gara avrebbe già dovuto essere bandita, essendo in scadenza soltanto tra un anno;

se non ritenga doveroso, a fronte del palese e ampio sforamento di tempi e costi, revocare la concessione e procedere a una nuova gara, con i dovuti aggiustamenti tecnici per rendere effettivamente completabile l'opera.

(3-02828)