• C. 656 Proposta di legge presentata il 4 aprile 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.656 Dichiarazione di monumento nazionale del Campo di concentramento di Fossoli e misure di sostegno per le attività della Fondazione ex campo di Fossoli


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 656


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GHIZZONI, BARUFFI, BOSSA, BRATTI, COSCIA, FIANO, FIORONI, GINEFRA, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, LENZI, MARIANI, PATRIARCA, PES, PICCOLI NARDELLI, GIUDITTA PINI, RICHETTI, SERENI
Dichiarazione di monumento nazionale del Campo di concentramento di Fossoli e misure di sostegno per le attività della Fondazione ex campo di Fossoli
Presentata il 4 aprile 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Nella campagna di Fossoli, a circa 6 chilometri da Carpi (Modena), sono ancora ben riconoscibili le baracche di quello che fu il principale campo italiano di polizia e di transito per deportati politici e razziali: da qui, tra l'inverno del 1943 e l'estate del 1944, partirono oltre 2.843 ebrei (più di un terzo dei deportati ebrei italiani) e circa 3.000 prigionieri politici diretti ai campi di concentramento e di sterminio nazisti.
      Benché questo sia il periodo più conosciuto dell'attività del Campo, la sua storia non si esaurisce in esso.
      Istituito nel 1942, in pieno conflitto mondiale, e attivo con diversi usi fino al 1970, quando ormai il boom economico aveva trasformato il volto dell'Italia, il Campo di Fossoli racchiude nella sua lunga storia la complessità delle vicende che investirono il Novecento, vicende che hanno concentrato in quel sito una pluralità di memorie e che mantengono una traccia tangibile nelle strutture superstiti del Campo, ancora oggi visibili e percorribili.

Il Campo nel periodo bellico.

      Il Campo di Fossoli nasce nell'estate del 1942 come campo per prigionieri militari dell'esercito nemico (PG 73) nel quadro delle convenzioni internazionali.
      Quando nel luglio cominciano ad arrivare i primi prigionieri, le baracche in muratura non sono ancora ultimate e nell'area che affaccia su via Remesina viene predisposto un campo attendato che raccoglie fino a 3.000 militari, in prevalenza soldati e sottufficiali inglesi, neozelandesi, africani e australiani. A completamento

della struttura (93 baracche nel Campo vecchio su via Grilli e 15 nel Campo nuovo su via Remesina), il numero dei prigionieri arriva fino a 5.000.
      Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, l'esercito tedesco occupa con durezza il Campo, disarma il presidio italiano e trasferisce i prigionieri nei campi di prigionia in Germania. Ma il Campo non è abbandonato: anzi, esso viene ad assumere una funzione centrale nella politica persecutoria che il nazifascismo attuò contro ampi strati della popolazione.
      Nei primi giorni del dicembre del 1943 il Campo di Fossoli è riattivato come campo speciale di internamento per gli ebrei catturati in Italia, in ottemperanza all'ordinanza di polizia n. 5 del 30 novembre 1943 emanata dalla Repubblica sociale italiana che, nel dichiarare gli ebrei appartenenti a nazionalità nemica, predispone campi provinciali per il loro internamento.
      Un primo gruppo di ebrei, in prevalenza famiglie, giunge a Fossoli nei primi giorni di dicembre; nel giro di breve tempo il numero aumenta in modo esponenziale. Come ricorda Primo Levi, «al momento del mio arrivo, e cioè alla fine di dicembre 1943, gli ebrei italiani nel campo erano centocinquanta circa, ma entro poche settimane il loro numero giunse a oltre seicento».
      Dal gennaio 1944 cominciano ad arrivare anche oppositori politici, scioperanti, che, a causa dell'andamento della guerra, non è praticabile inviare al confino. Nel marzo del 1944 le competenze e l'amministrazione del Campo sono nel complesso definite. Il Campo vecchio, su via Grilli, assume la denominazione di campo di concentramento per internati civili ed è diretto dalla questura di Modena. In esso vengono rinchiusi anche per un breve periodo antifascisti, partigiani, genitori di renitenti alla leva, cittadini di nazionalità nemiche e detenuti comuni. Poco si conosce circa il modo in cui le autorità italiane gestivano quest'area del Campo che fu demolita nel 1946.
      Il Campo nuovo, su via Remesina, diventa Polizei-und Durchgangslager (Dulag 152), campo di polizia e di transito per oppositori politici ed ebrei gestito dal comando di polizia di sicurezza nazista con sede a Verona, presente nella gestione del Campo già da febbraio.
      Diversi carteggi e testimonianze ci restituiscono condizioni di vita che sembrano accettabili. In particolare, per quanti giungono a Fossoli dopo aver subìto il carcere duro e la tortura, esso si presenta come una parentesi di relativa calma, su cui tuttavia sovrasta, cupa, l'incertezza del futuro. La disciplina interna diventa via via più dura; ai due episodi più clamorosi che avvengono nell'estate del 1944 – l'assassinio di Leopoldo Gasparotto, dirigente del Partito d'azione, e la strage del poligono di tiro Cibeno, dove furono assassinati 67 internati del Campo – vanno aggiunti i maltrattamenti e le violenze gratuite che sempre più frequentemente si abbattevano sui prigionieri.
      Non va dimenticato infatti che Fossoli è un anello ben funzionante del meccanismo della deportazione: ogniqualvolta nel Campo si raggiungeva un certo numero di internati (circa 600) veniva organizzato un trasporto ferroviario verso i Lager. Allo stato attuale delle ricerche si ha conoscenza di dodici convogli partiti dalla stazione di Carpi: su quello del 22 febbraio 1944 viaggia anche Primo Levi.
      L'avanzata del fronte, il pericolo dei bombardamenti e l'intensificarsi della lotta partigiana rendono difficile il controllo e la sicurezza del Campo. Alla fine del luglio 1944 i comandi tedeschi ne decidono la chiusura e il trasferimento degli internati nel Lager di Gries, un sobborgo di Bolzano. Ma il Campo resta ancora sotto l'autorità tedesca che lo utilizza fino a novembre come campo di transito per trasferire forza lavoro nel Reich: Fossoli diventa uno dei principali centri italiani per lavoratori coatti – rastrellati, partigiani, oppositori – da cui si ipotizza siano transitate intorno alle 10.000 persone.
      Le ricerche sul rapporto tra il Campo e il territorio sono appena all'inizio e la complessità della rete di relazioni intercorse è appena abbozzata. Molti testimoni riferiscono che gli internati potevano contare sulla complicità di chi aveva accesso al Campo per sottrarre alla censura le lettere e per far giungere cibo, vestiario, pacchi e anche denaro. A queste persone che sfidano le perquisizioni delle guardie, bisogna aggiungere chi fuori si adopera per procurare aiuti di ogni genere. In tal senso vanno segnalati l'impegno del vescovo Dalla Zanna, di sacerdoti e di associazioni cattoliche e l'attività assidua di don Venturelli, parroco di Fossoli, che ha cercato di soccorrere in ogni modo gli internati. In particolare, l'azione di soccorso della diocesi di Carpi diventa efficace verso i lavoratori coatti (agosto-novembre 1944), molti dei quali, dichiarati non idonei al lavoro, sono messi in libertà e vengono assistiti dalla diocesi stessa.
      Le ultime ricerche hanno ricostruito un altro tassello che chiarisce l'organizzazione e la diffusione della rete di salvataggio attiva nel territorio, un'organizzazione ampia che ha potuto contare sul contributo di tanti: eroi nascosti che in tempi difficili hanno ascoltato la propria coscienza, arrivando a compiere consapevolmente la scelta di andare contro una legge positiva, in difesa e a tutela della vita dei perseguitati. In questo contesto Odoardo Focherini e don Dante Sala rappresentano le figure emergenti di quella rete e portano una testimonianza forte di solidarietà e di resistenza. Odoardo Focherini si era formato e aveva lungamente lavorato nell'associazionismo cattolico. Insieme all'amico don Sala organizza un'efficace rete di salvataggio che riuscirà a condurre in Svizzera oltre cento ebrei. Nonostante l'assoluta segretezza delle operazioni, don Dante Sala è arrestato, ma riesce a evitare la pena per insufficienza di prove. Diversa è la sorte di Focherini. Arrestato nel marzo del 1944, probabilmente per una delazione, è incarcerato a Bologna, successivamente internato a Fossoli, poi trasferito a Gries e quindi deportato a Flossenburg. Morirà nel dicembre 1944 nel sottocampo di Hersbruck. Entrambi hanno ottenuto dallo Yad Vashem di Gerusalemme (l'ente nazionale per la memoria della Shoah) il riconoscimento di «giusto tra le genti» e la medaglia.

Il Campo nel dopoguerra.

      L'attività del Campo di Fossoli si prolunga ben oltre la conclusione del conflitto, fino agli anni settanta del secolo scorso, attraversa l'epoca della difficile transizione del dopoguerra e s'interseca con fenomeni cruciali della storia, non solo nazionale, di quegli anni.
      Il periodo sicuramente meno conosciuto è quello in cui fu centro di raccolta dei profughi (1945-1947). Scarsi sono i documenti relativi a quella gestione e molto labili le testimonianze. Sappiamo che una parte del Campo fu usata dalle forze di liberazione e di pubblica sicurezza come prigione per soldati nazisti, collaborazionisti e fascisti; successivamente le autorità alleate iniziarono a inviarvi gli «stranieri indesiderabili», una moltitudine di profughi con destini e storie individuali diversi e distanti, che le ragioni della guerra avevano costretto a vagare per l'Europa per poi concentrarsi nei centri di accoglienza. Le precarie condizioni igieniche, l'affollamento, l'ozio forzato, le condizioni climatiche rigide, le sopraffazioni dei gruppi più numerosi (ex soldati tedeschi e ustascia croati) resero la vita difficile a molti profughi, in particolar modo alle donne e ai bambini. Gli abitanti del territorio vivono come minaccia la presenza del centro, nonostante che sia stato costruito, per ulteriore sicurezza, un muro di recinzione.
      Quando il centro è sgomberato, nelle strutture lasciate libere don Zeno Saltini trasferisce la sua «Opera piccoli apostoli» fondando la comunità di Nomadelfia, alla ricerca di nuove forme di sostegno e tutela per i tanti orfani, grazie all'aiuto delle «mamme di vocazione», che accettano come missione di accudire e crescere i bambini. In questa fase furono demoliti i segni più evidenti della reclusione che il Campo di Fossoli aveva mostrato per tutti quegli anni: muri, filo spinato, torrette di guardia e reticolati cadono sotto la spinta

dei giovani guidati da don Zeno per fare spazio o orti, scuole e botteghe. Nella «città dove giustizia è legge», come ha definito Nomadelfia il suo fondatore, possono così trovare rifugio oltre 800 persone. L'esperienza si conclude nel 1953.
      L'anno successivo l'Opera assistenza profughi giuliano-dalmati prende in affitto l'area per destinarla ai profughi italiani provenienti dall'Istria: nasce il Villaggio San Marco. La vicenda del Villaggio San Marco, la fase più lunga di occupazione del Campo (1954-1970), è rimasta a lungo in un cono d'ombra, rimossa insieme al fenomeno dell'esodo giuliano dalla memoria collettiva e dall'indagine storiografica che solo recentemente ha cominciato a indagarne la storia. L'esodo della popolazione italiana dalle proprie terre dell'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, cedute dai trattati internazionali alla Jugoslavia, è stato vissuto di conseguenza nell'isolamento e nel silenzio; spesso la mancanza di informazione sul fenomeno ha fatto prevalere nelle comunità di arrivo pregiudizi e diffidenze verso i profughi rendendo ancora più dura la loro condizione di esuli. Anche le famiglie, che giungono a Carpi e trovano alloggio nelle strutture di un ex campo di concentramento dopo aver lasciato affetti e cose, incontrano la diffidenza e la chiusura che accompagnano esperienze analoghe. «Al nostro arrivo c’è chi non ha capito il senso del nostro dolore, del nostro disagio, tacciandoci con aggettivi che non riporto e che fiduciosi abbiamo dimenticato»: così racconta a distanza di tempo un istriano di Carpi. Nonostante le difficoltà, all'interno del campo si ricostituisce una particolare forma di vita comunitaria, un microcosmo autosufficiente: del campo si mantiene tuttavia la struttura chiusa, che rimarca la separazione, ma all'interno vi sono spazi verdi pubblici e privati, strutture ricreative, una scuola, esercizi commerciali e attività produttive. Le baracche dell'ex campo di concentramento prendono l'aspetto di abitazioni accettabili e gli interventi di adattamento delle strutture esistenti migliorano nel suo complesso il luogo e lo trasformano sempre più in vero e proprio villaggio, che arriva a ospitare fino a 400 abitanti. Nel 1970, quando le ultime famiglie giuliane hanno trovato sistemazione in un contesto abitativo stabile, il Villaggio San Marco è chiuso. Poter ricostruire la storia del Villaggio San Marco, una delle tante realtà di insediamento dei profughi giuliani in Italia, contribuisce a dare voce a tale memoria con la giusta intonazione, a restituirci – con rigore e metodo storico e con la parola dei testimoni – la storia collettiva di quanti lasciarono le loro terre per ricominciare da zero a Fossoli la loro esistenza.
      Successivamente all'esperienza del Villaggio San Marco, il Campo di Fossoli resta in totale abbandono fino al 1984, quando il comune di Carpi ne diviene proprietario.

La responsabilità del Campo: da sito storico a luogo per educare.

      La lunga vicenda di Fossoli è un punto di osservazione importante perché ci permette di affrontare la complessità della storia di quel periodo, la guerra e le conseguenze che hanno inciso così duramente sulla vita delle popolazioni. Una storia che travalica la dimensione locale, che è nazionale e internazionale e in cui troviamo espressi molti dei fenomeni che hanno segnato l'Italia e l'Europa nel corso del XX secolo: le violenze sui civili, le deportazioni, i movimenti forzati di popolazioni, le profuganze e il difficile dopoguerra. Per questo molto ancora deve essere detto sulla storia del Campo, sui suoi meccanismi di funzionamento e sulle biografie di chi vi fu internato o dovette trascorrere lì una parte della propria esistenza.
      In questi ultimi anni la Fondazione ex campo di Fossoli – costituita nel gennaio 1996 dal comune di Carpi e dall'associazione Amici del Museo monumento al deportato – si è impegnata tenacemente in attività di ricerca e di documentazione per dare voce a quei percorsi di vita, per meglio ricostruire le sue diverse fasi di utilizzo e per collocarne la storia lunga e

stratificata nella dimensione internazionale con cui è strettamente in relazione.
      Le numerose attività didattiche svolte ogni anno con i giovani e le visite sempre più numerose ci danno conferma della funzione culturale, pedagogica e civile che i luoghi originari, teatro di eventi tragici, possono esercitare: con la loro concretezza testimoniano del passato, ma gettano un ponte tra l’«allora» e l’«adesso», ci testimoniano che la storia non è lontana o fuori di noi, ma è qui vicino e ha lasciato tracce ancora visibili. Per questo è indispensabile preservarne le strutture ancora visitabili dal preoccupante deterioramento prodotto dal tempo e contemporaneamente lavorare perché la ricerca storico-documentaria e l'azione pedagogica sappiano ricostruire con precisione le tante storie che il luogo contiene e perché vengano riconosciute le memorie plurime cui rimandano.
      Per quanto premesso, l'articolato della presente proposta di legge prevede, in primo luogo, che il Campo di concentramento di Fossoli sia dichiarato monumento nazionale. Con il successivo articolo 2 si dispone l'erogazione di un contributo straordinario di 300.000 euro per ciascuno degli anni del triennio 2013-2015, finalizzato a interventi di recupero, mantenimento e conservazione delle strutture e delle aree del Campo di concentramento di Fossoli, mentre si prevede un ulteriore contributo di 200.000 euro annui, a decorrere dal 2013, per coadiuvare la Fondazione ex campo di Fossoli nell'attività di ricerca storica sulle diverse fasi dell'utilizzo del Campo nel periodo che va dal 1942 al 1970. Con l'articolo 3 si individuano le risorse finanziarie per la copertura degli oneri finanziari previsti dalla presente proposta di legge.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Il Campo di concentramento di Fossoli è dichiarato monumento nazionale.

Art. 2.

      1. Alla Fondazione ex campo di Fossoli, per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, è assegnato un contributo straordinario di 300.000 euro annui per interventi di recupero, mantenimento e conservazione del Campo di concentramento di Fossoli.
      2. A decorrere dall'anno 2013 è altresì riconosciuto un contributo di 200.000 euro annui alla Fondazione ex campo di Fossoli al fine di sostenere la ricerca storica sulle diverse fasi dell'utilizzo del Campo dal 1942 al 1970.

Art. 3.

      1. All'onere derivante dalle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, pari a 300.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. All'onere derivante dalle disposizioni dell'articolo 2, comma 2, pari a 200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali»

della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.