• C. 3737 EPUB Proposta di legge presentata l'11 aprile 2016

link alla fonte  |  scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.3737 Modifiche all'articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, nonché alla legge 8 agosto 1995, n. 335, e altre disposizioni in materia di erogazione, cumulabilità e regime tributario dei trattamenti pensionistici di reversibilità


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3737


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ROCCELLA, PISO, VACCARO
Modifiche all'articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, nonché alla legge 8 agosto 1995, n. 335, e altre disposizioni in materia di erogazione, cumulabilità e regime tributario dei trattamenti pensionistici di reversibilità
Presentata l'11 aprile 2016


      

torna su
Onorevoli Colleghi! – I trattamenti pensionistici di reversibilità a beneficio del coniuge vedovo e degli altri congiunti superstiti nascono, nella legislazione dell'età moderna, innanzitutto come logica conseguenza della protezione contro gli infortuni del lavoro. Nel sistema della pensione di vecchiaia è solo nel 1939 che viene riconosciuto per la prima volta il diritto alla reversibilità a beneficio dei familiari superstiti. Il riconoscimento del diritto di reversibilità al coniuge si afferma quindi nella prospettiva di favorire il ruolo familiare delle donne. L'entrata in vigore della Costituzione, che omette di pronunziarsi al riguardo in maniera espressa, non innova il significato della norma, che viene così a fondare il diritto al riconoscimento della pensione, o di una parte di questa, sull'apporto che la famiglia ha arrecato al benessere globale e alla società, sopportando le incombenze del sostentamento, dell'educazione della prole e della cura degli anziani. Si potrebbe dire che la reversibilità assicurata al coniuge sia una proiezione del riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, secondo le quanto mai attuali parole dell'articolo 29 della Costituzione, consentendo ai coniugi di pianificare la divisione dei ruoli all'interno della coppia e quindi riconoscendo indirettamente al lavoro familiare e di cura lo stesso rilievo del lavoro salariato. In questa luce, il diritto alla reversibilità a beneficio del coniuge è un istituto ancora necessario e non suscettibile di essere sostituito da un generico intervento di sostegno finanziario a quanti siano privi di mezzi autonomi, soprattutto in una fase di congiuntura economica difficile, quale quella da cui il nostro Paese sta faticosamente cercando di rialzarsi, nella quale la famiglia risulta il nucleo fondante che sostiene la società. Insomma, se non ci fosse più una tutela come la pensione di reversibilità, ognuno dei coniugi dovrebbe essere attento innanzitutto alla propria condizione particolare, accumulando per sé solo, e non per la famiglia intera, mezzi economici idonei ad assicurargli autonomia, anche in termini di contributi previdenziali. È proprio alla luce di questo contesto storico-culturale che sono nate le innumerevoli criticità della proposta di introdurre, con problematiche economiche e culturali non di poco conto, il riconoscimento di un diritto alla reversibilità anche all'interno di forme istituzionalizzate di unioni civili tra coppie omosessuali, tentando di riconfigurare come forma di mero assistenzialismo statale ciò che nasce e deve rimanere invece un trattamento previdenziale, tipico del sistema di welfare degli Stati di diritto. Di fronte a questa prospettiva non si dovrebbe dimenticare che la pensione ai superstiti oggi è riconosciuta non solo al coniuge rimasto vedovo – e con esso ai figli minorenni, studenti o invalidi – ma anche ai genitori e ai fratelli e sorelle conviventi con il lavoratore o il pensionato defunto, seppure solo in assenza di un altro soggetto che ne abbia diritto. Il riconoscimento di questi ultimi legami, forme di solidarietà meritevoli di tutela pubblica, non si pone però negli stessi termini di quello che va al coniuge: la percentuale a valere sulla pensione, infatti, è molto inferiore rispetto a quanto viene attribuito al superstite nell'ambito del matrimonio. Non è difficile leggere in questa scelta del legislatore un diverso apprezzamento circa il vantaggio che i vincoli istituzionalizzati di solidarietà apportano al benessere generale, atteso che, storicamente e statisticamente, ben diverso è il contributo che il matrimonio può assicurare alla società, anche nei termini della garanzia della sua perpetuazione, rispetto alle convivenze che si instaurano fra diversi membri di una stessa famiglia. Il riconoscimento di vincoli di solidarietà diversi da quelli coniugali, quindi, non implica in alcun modo una piena parificazione al matrimonio di ogni altro rapporto fondato sull'amore reciproco, sia esso di coppia o di tipo familiare. Ecco perché, proprio nei giorni in cui da un lato si discute l'allargamento della platea di coloro che hanno diritto al trattamento di reversibilità, come sta avvenendo per le unioni tra persone dello stesso sesso, occorre non soltanto sottolineare la grave discriminazione inflitta nei confronti delle coppie di sesso diverso che scelgono liberamente di non legarsi attraverso il vincolo matrimoniale, ma anche rafforzare il sostegno alla famiglia e il riconoscimento del ruolo insostituibile della donna nella cura della famiglia, dei figli e degli anziani. Giova ricordare che in caso di morte di uno dei componenti di una coppia non sposata i figli non hanno attualmente alcun diritto di ricevere la pensione di reversibilità, garantita invece in percentuale pari al 20 per cento ciascuno ai figli di coppie regolarmente sposate, così come avverrà a breve (come previsto dall'atto Camera n. 3634 in corso di esame) per i figli di coppie legate da un'unione civile formate da due persone dello stesso sesso. La discriminazione di fatto che andrebbe a crearsi si mostra ancora più grave e crudele qualora i figli perdano entrambi i genitori. In quest'ultimo caso i figli di coppie sposate o legate da un'unione civile potrebbero ricevere il 40 per cento a testa della pensione di reversibilità dei genitori, mentre i figli di coppie eterosessuali non legate da vincolo matrimoniale ne rimarrebbero inspiegabilmente esclusi. Per questo la presente proposta di legge prevede una revisione del sistema di stampo liberale, a sostegno del matrimonio e dei figli e ponderato sui quozienti familiari, volta a sostenere il diritto dei familiari superstiti a godere del trattamento previdenziale guadagnato onestamente tramite il lavoro e il versamento dei contributi del congiunto, soprattutto qualora questo sia stato calcolato mediante il metodo contributivo. Si prevede inoltre che tale trattamento sia esente dalla tassazione sui redditi, ma sia soggetto a un'imposta sostitutiva calcolata in base ai carichi familiari.
      L'articolo 1 reintroduce la cumulabilità del trattamento pensionistico ai superstiti con i redditi del beneficiario e abroga la tabella F allegata alla legge n. 335 del 1995 contenente i relativi scaglioni di reddito.
      L'articolo 2, intervenendo sul regio decreto-legge n. 636 del 1939, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1272 del 1939, prevede che nel caso in cui il trattamento pensionistico del congiunto deceduto sia stato calcolato con il metodo retributivo, i familiari abbiano diritto a ricevere l'intera somma maturata tramite il versamento dei contributi. Rimane, invece, invariata rispetto alla legislazione vigente la suddivisione di quote tra il coniuge e i figli nel caso in cui la pensione sia stata calcolata con il sistema retributivo.
      L'articolo 3, infine, esclude che le somme percepite a titolo di trattamento pensionistico di reversibilità possano essere computate nella quota imponibile per il calcolo della tassazione sui redditi e siano invece soggette a un'imposta sostitutiva ponderata in base ai componenti del nucleo familiare. Nel dettaglio, sono previste tre aliquote minime: del 20 per cento per nuclei familiari di due persone, del 15 per cento per nuclei di tre persone e l'aliquota minima, del 10 per cento, per nuclei di quattro o più componenti.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Cumulo del trattamento pensionistico ai superstiti con i redditi del beneficiario).

      1. Alla legge 8 agosto 1995, n. 335, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 1, comma 41, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario»;

          b) la tabella F è abrogata.

Art. 2.
(Modifica all'articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272).

      1. Il secondo comma dell'articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, è sostituito dal seguente:

      «La pensione di cui al primo comma si intende dovuta per l'intero ammontare con riferimento alle anzianità contributive maturate e calcolate secondo il sistema contributivo. Si intende invece stabilita nelle seguenti aliquote della pensione già liquidata o che sarebbe spettata all'assicurato calcolata ai sensi del sistema retributivo:

          a) il 60 per cento al coniuge;

          b) il 20 per cento a ciascun figlio se ha diritto a pensione anche il coniuge, oppure il 40 per cento se hanno diritto a pensione soltanto i figli>.

Art. 3.
(Imposta sostitutiva sui trattamenti pensionistici in favore dei superstiti).

      1. I trattamenti pensionistici in favore dei superstiti delle forme pensionistiche

obbligatorie sono soggetti a un'imposta sostitutiva ponderata ai carichi familiari:

          a) pari al 20 per cento se il nucleo familiare è composto da due persone;

          b) pari al 15 per cento se il nucleo familiare è composto da tre persone;

          c) pari al 10 per cento se il nucleo familiare è composto da quattro o più persone.

      2. I redditi derivanti dai trattamenti pensionistici di cui al comma 1 del presente articolo sono esclusi dalla base imponibile ai sensi della lettera a) del comma 3 dell'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.