• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/05758 FUCKSIA, MOLINARI, VACCIANO, DE PIETRO - Ai Ministri dell'interno e della giustizia - Premesso che, secondo quanto risulta agli interroganti: il 27 giugno 2002, con legge dello Stato, è...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-05758 presentata da SERENELLA FUCKSIA
martedì 10 maggio 2016, seduta n.622

FUCKSIA, MOLINARI, VACCIANO, DE PIETRO - Ai Ministri dell'interno e della giustizia - Premesso che, secondo quanto risulta agli interroganti:

il 27 giugno 2002, con legge dello Stato, è stato istituito l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS) chiamato a gestire in modo più efficace le scorte alle persone potenzialmente obiettivi di minacce o attentati;

nel nostro Paese l'impegno di risorse adibite a tale scopo, nonostante la spending review effettuata tra il 2012 e il 2014 abbia ridotto le persone sotto scorta da 600 a 200, è molto ingente, si parla di oltre 250 milioni di euro all'anno e di circa 3.000 uomini tra Carabinieri, Polizia, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato e uomini della vigilanza impiegati come bodyguard, che affiancano quotidianamente ministri ed ex ministri, parlamentari, sindacalisti, presidenti di Regione, sindaci, magistrati, giornalisti, collaboratori di giustizia;

per contro, a titolo esemplificativo, negli USA, hanno diritto a una scorta permanente solo Presidente e vicepresidente, in Austria solo il Presidente della Repubblica e il Cancelliere federale, in Francia il Presidente dell'assemblea nazionale e quello del Senato, in Germania hanno la scorta solo il capo dello Stato, il Presidente del Bundestag (parlamento federale) e i ministri;

nel Regno Unito e in Francia molti degli esponenti politici che usufruiscono del privilegio delle bodyguard le pagano privatamente, mettendo mano al proprio portafoglio;

l'assegnazione delle scorte ad autorità politiche e istituzionali, nonché ai cittadini che dimostrano l'effettivo rischio per la propria incolumità, da molti anni ormai è oggetto di polemiche e critiche sia per i costi che ricadono sui contribuenti, sia per le procedure;

qualora non si tratti di personalità che ne abbiano diritto per ruolo, come le più alte cariche dello Stato, sottoposte a tutela obbligatoria durante il mandato e per ulteriori 12 o 24 mesi dalla fine del mandato e i Ministri con portafoglio, devono sussistere prove conclamate, come lettere di minacce, telefonate anonime, attentati falliti per allertare, mediante denunce, la Questura di competenza e la Prefettura e, solo dopo un summit tra il prefetto e il questore, viene deciso se assegnare o meno una scorta, o intraprendere altre forme di tutela;

l'assegnazione della scorta e delle relative auto blindate viene rilasciata sulla base di un'effettiva necessità, seguendo una lista di priorità degli scortati suddivisa in 4 livelli di gravità di rischio: il primo livello prevede l'assegnazione di 2 o 3 auto blindate con 3 agenti per auto; il secondo livello prevede 2 auto blindate con 3 agenti ciascuna; il terzo un'auto blindata con 2 agenti; il quarto un'auto non blindata con 1-2 agenti;

la scorta viene revocata quando la persona cambia incarico o il pericolo corso dalla personalità scortata può dirsi superato, ma i casi di revoca non sono frequenti, in quanto l'interruzione del servizio, anche per una specie di meccanismo di resistenza da parte della persona scortata, diventa problematico, così spesso si prosegue in un servizio che, di fatto, non ha più ragione di esistere; tuonano come conferma le dichiarazioni del 2012 del segretario nazionale pro tempore del sindacato SILP-CGIL, Claudio Giardullo, sul sito internet "Polizia Democratica", ripreso da diversi organi di stampa, che dichiarava quanto il problema principale non fosse tanto «l'assegnazione della scorta», che «avviene attraverso una valutazione della gravità e dell'attualità del rischio e non v'è dubbio che, quando l'assegnazione avviene, una necessità esiste. Ma (...) la revoca, ovvero il momento in cui questo rischio cessa e si dovrebbe procedere all'interruzione del servizio, perché il pericolo non esiste più o perché la persona ha cambiato incarico». Secondo l'affermazione di Giardullo, a questo punto interviene «un meccanismo di resistenza da parte della persona scortata e dell'istituzione alla quale essa appartiene, così spesso si prosegue in un servizio che non ha più ragione di esistere»;

le polemiche riguardano una sottostima del rischio effettivo e pertanto un eccesso di rigore nell'assegnazione (nel 2014 la Procura di Bologna riapriva l'inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Nuove Brigate Rosse il 19 marzo 2002, revoca che, si ricorda, seguì a una circolare del Ministro dell'interno pro tempore Claudio Scajola, nonostante le tante pressioni per reintrodurla);

ci sono state perplessità sulla sottrazione della scorta al colonnello Sergio De Caprio "capitano Ultimo", l'ufficiale dei Carabinieri, che, nel 1993, arrestò il capo mafia Toto Riina, come pure fece discutere la mancata scorta al sacerdote Pino Puglisi e al giornalista Beppe Alfano, entrambi uccisi dalla mafia, lasciati soli come tanti altri minacciati da pericoli quotidiani eppure non tutelati dallo Stato e voci critiche si sono alzate anche in merito al rientro in un programma di protezione di Lucia Borsellino, figlia del magistrato ucciso dalla mafia;

più spesso, le polemiche riguardano però l'attribuzione di una scorta a chi non è figura istituzionale, per la quale la scorta è prevista di default , e che non si è mai schierata contro la criminalità organizzata, tra cui diversi sindacalisti e giornalisti;

del 2015 è la polemica sui 120.000 euro al mese della scorta del segretario della Lega Nord, ma risultano tra coloro che godono di un servizio di scorta numerosi ex Presidenti delle Camere e del Consiglio e numerosi parlamentari ed ex parlamentari tra cui Marcello Pera, Fausto Bertinotti, Gianfranco Fini, Irene Pivetti, Carlo Scognamiglio, Oliviero Diliberto, Claudio Scaiola, l'ex sindaco di Roma Alemanno, Massimo D'Alema, Ciriaco De Mita, Carlo Taormina, Mario Baccini, il presidente della Lazio Claudio Lotito, l'ex ministro Paolo Cirino Pomicino, peraltro condannato in via definitiva per corruzione, i coniugi Mastella, Clemente e Alessandra Lonardo, pure rinviati a giudizio per tangenti, l'ex presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo;

tra i giornalisti usufruiscono di un servizio di scorta Vittorio Feltri, Bruno Vespa, Emilio Fede, Maurizio Belpietro e sempre a mero titolo esemplificativo, Federica Angeli di "la Repubblica" e Paolo Borrometi dell'Agi, ai quali è stata pure conferita l'onorificenza di cavaliere dell'ordine al merito della Repubblica italiana dal Presidente della Repubblica, per le minacce conseguenti al lavoro svolto nell'interesse dei cittadini a essere informati. Un prestigioso riconoscimento che i 2 giornalisti hanno ricevuto per la perseverante lotta alle mafie portata avanti attraverso la loro rispettiva attività d'informazione;

Federica Angeli vive sotto scorta dal 17 luglio 2013, a causa delle minacce di morte subite nel corso di un'inchiesta sul racket degli stabilimenti balneari di Ostia. Fu anche testimone oculare di uno scontro a fuoco nel quale furono coinvolti personaggi dello stesso ambiente del racket, che raccontò agli inquirenti ricevendo ulteriori e ancor più gravi intimidazioni e minacce;

Paolo Borrometi è sotto scorta da oltre un anno e mezzo, a seguito di un'aggressione fisica e di ripetute minacce per le sue inchieste sulla mafia ragusana e sulla criminalità organizzata della Sicilia sud orientale. In un'intervista rilasciata il 28 settembre 2014 a "il Fatto Quotidiano", il giovane giornalista dichiarava: «Non è semplice. Non è semplice dovere uscire con due persone che ti guardano le spalle. Non è semplice dover dire spesso di no agli amici anche solo per andare a mangiare una pizza. Io dico sempre che sogno (...) una mattina di svegliarmi, di guardarmi allo specchio, e di poter dire compiutamente che ne è valsa la pena»;

infine, di questi giorni, il direttore dell'emittente televisiva notoriamente legata all'antimafia "Telejato", Pino Maniaci, è balzato alle cronache, poiché indagato per estorsione nei confronti dei sindaci di Partinico e Borgetto (Palermo): avrebbe preteso soldi e favori, tra i quali anche l'assunzione dell'amante presso l'ufficio del sindaco, Salvatore Lo Biundo, per "ammorbidire" i suoi servizi televisivi, e millantato minacce e intimidazioni di stampo mafioso false, come l'uccisione dei suoi cani, verosimilmente e da quanto emerge dalle intercettazioni dei Carabinieri di Palermo, ad opera del marito della sua amante, Gino Bua, per le quali aveva ricevuto messaggi di solidarietà dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e da altre illustri personalità, al fine di ottenere misure di scorta;

considerato che risulta palese che tale misura non solo necessita dell'impiego di sostanziosi fondi pubblici, ma lo stesso strumento di tutela, prolungato nel tempo, influisce negativamente sulle condizioni psicologiche e nello svolgimento delle attività quotidiane di chi, nell'esercizio del proprio lavoro, si trova costretto a chiedere protezione allo Stato,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo possano riferire quale sia lo stato attuale delle indagini in seno all'omicidio, correlato ad una presunta omissione di protezione, di cui Marco Biagi è stato vittima;

come siano effettivamente articolati i costi della sicurezza tra macchine blindate e personale;

quale sia il numero dei soggetti che attualmente beneficiano della scorta, in particolare dei giornalisti attualmente sotto scorta e se, nel controllo del fenomeno (per numero di personale delle forze dell'ordine adibite a scorta e per costo complessivo), siano adeguatamente valutate le ragioni che giustificano tali assegnazioni;

quali misure vogliano intraprendere al fine di accelerare le procedure e portare a termine le indagini, riducendo le tempistiche necessarie atte a garantire tutela, in conformità a quanto previsto dal decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, riducendo l'utilizzo di unità di personale delle forze dell'ordine e dei relativi costi;

quali misure intendano intraprendere per evitare che le scorte possano essere utilizzate talora come status symbol piuttosto che come strumento di necessaria protezione.

(4-05758)