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Atto a cui si riferisce:
C.3811 Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni in materia di partiti politici. Norme per favorire la trasparenza e la partecipazione democratica"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3811


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato PISICCHIO
Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione
Presentata il 9 maggio 2016


      

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Onorevoli Colleghi! – L'antica querelle sulla regolamentazione giuridica dei partiti politici, lasciata aperta in occasione del dibattito all'Assemblea costituente e che ci ha accompagnato per i lunghi decenni di vita democratica della nostra Repubblica, si è arricchita nei nostri giorni di ancora più stringenti motivazioni. Tali motivazioni sono legate al paradosso dell'inarrestabile declino della forma partito, così come il novecento ce l'aveva consegnata, e, al tempo stesso, della persistenza di un sistema politico che continua a consegnare ad un'idea di partito organizzato, che nella realtà più non esiste, ruoli istituzionali fondamentali nella dinamica della democrazia costituzionale. D'altro canto sarebbe difficile immaginare uno spazio di democrazia senza la dialettica tra partiti politici: di qui il paradosso del contesto attuale che qualche osservatore ha definito con l'efficace ossimoro della «partitocrazia senza partiti».
      Il dibattito intorno al ruolo e alle funzioni della forma partito nell'ordinamento italiano si accese, dunque, fin dagli albori della rinascita democratica del Paese, schierando da un lato coloro i quali, in dottrina e nella politica militante, vedevano nel partito di massa il nuovo vero protagonista della nascente democrazia, e dall'altro le culture politiche (soprattutto di impianto liberale), che ne giustificavano l'azione solo in quanto mezzo per la promozione dei leader politici, esclusivi determinanti, secondo queste culture, della vita pubblica del Paese.
      La querelle non si risolse in sede di dibattito costituente: la Costituzione scelse di offrire rilevanza al pluralismo dei partiti politici, con un riconoscimento importante contenuto nell'articolo 49, che in qualche modo sanzionava, nella dimensione più solenne, il ruolo di egemonia assoluta assunto nella vita pubblica del Paese dal sistema dei nuovi partiti del Comitato nazionale di liberazione (CNL), in evidente discontinuità con il sistema previgente al fascismo, laddove i moderni partiti di massa erano ancora allo stato nascente e le strutture politiche si reggevano sul notabilato del collegio uninominale.
      Ma l'importante riconoscimento concesso ai partiti si fermò sulla soglia di un formalismo che non intese ingerirsi negli interna corporis del nuovo protagonista della politica nazionale neppure quando, stabilito come criterio regolatore della dialettica politica il «metodo democratico», accettò, con formula anodina, che tale statuizione potesse essere interpretata non solo dal lato esterno (metodo di lotta «tra» i partiti) ma anche dal lato interno (metodo di lotta «nei» partiti).
      I lunghi anni del sistema elettorale proporzionale, dunque, videro realizzarsi il paradosso del ritaglio di una sorta di extraterritorialità nell'ambito dell'ordinamento in favore dei partiti politici e dei loro ordinamenti interni. La particolarità di quella situazione stava in questo: il più potente, anzi l'esclusivo strumento di determinazione della vita pubblica, non solo in termini di partecipazione democratica, ma anche in termini di selezione della classe dirigente, di decisione degli assetti nelle più alte cariche dello Stato (la «lottizzazione»), di ingerenza in ogni interstizio della vita civile del Paese (non si dimentichi la stagione del panpartitismo onnivoro, abilitato a intervenire in ogni anfratto della vita del cittadino, dalla cultura, allo sport, all'organizzazione professionale e perfino alla sessualità), era legibus solutus al cospetto dello Stato. Insomma, il cittadino avrebbe ricevuto una più ampia tutela giurisdizionale, in caso di pretesa violazione dei suoi diritti di socio, in una bocciofila piuttosto che in un partito politico, dove l'eventuale contenzioso veniva devoluto alla giustizia interna dei «probiviri».
      Quest'anomalia italiana aveva i suoi prodromi proprio nella cultura dei partiti costituenti e in particolare dei partiti marxisti che – paventando di esporsi a indesiderati vulnera della propria autonomia da parte di Ministri dell'interno democristiani che avessero voluto impiegare il grimaldello della verifica statuale degli statuti in chiave anticomunista – si opponevano a una pubblicizzazione del partito politico, trovando in verità, con il passare degli anni, ben poca opposizione da parte degli altri soggetti politici, sperimentatori delle larghe comodità di una condizione di extraterritorialità così ampia.
      Del resto, un'analoga situazione si era verificata anche per i sindacati per i quali, addirittura, il Costituente aveva fatto esplicito obbligo di registrazione. Con l'avvento del finanziamento pubblico, tuttavia, quella condizione già anomala diventò subito stridente: come immaginare di non sottoporre ad alcuna verifica di funzionalità democratica, di rispetto dei diritti del socio e, teoricamente, anche dell'elettore, un partito che è anche destinatario del denaro pubblico? Anche in quella circostanza ci si accontentò di verifiche e di riscontri solo contabili, sottolineando più gli interessi formalmente rivolti ai profili patrimoniali che le preoccupazioni per la tenuta della democrazia interna.
      Declinò la cosiddetta «prima Repubblica» e con il sistema elettorale maggioritario prese corpo una nuova stagione politica. Non uno dei vecchi partiti costituenti sopravvisse a se stesso e andarono rapidamente a modificarsi la forma organizzativa e la stessa sostanza democratica di cui era impastato il partito. In luogo del partito ideologico, fortemente radicato sul territorio, con una larga base di militanti (circa 6 milioni erano gli iscritti ai partiti politici italiani negli anni ottanta, circa il 15 per cento dell'intero corpo elettorale!) e con ordinamenti interni minutamente predisposti a consentire almeno la teorica espressione di una democrazia di base, si andò ad affermare il partito personale e post-ideologico, di forte caratura leaderistica, con poca struttura organizzativa, con un impianto statutario orientato verso il plebiscitarismo e con pochissime garanzie formali nei riguardi dell'iscritto, del tutto privo di militanza di base, aduso a utilizzare strumenti mediatici per comunicare con l'elettorato piuttosto che i canali di democrazia interna.
      Questo stato di cose, nel periodo di vigenza del sistema maggioritario, si è tradotto nell'esaltazione di una ristretta oligarchia di partito che tende ad autoperpetuarsi anche attraverso il controllo delle candidature in occasione delle elezioni politiche e amministrative: il sapiente uso delle liste bloccate e l'amministrazione oculata delle candidature nei collegi uninominali, che è avvenuta, com'è noto, espungendo i militanti dal processo di selezione e chiedendo ai cittadini solo un voto «ideologico», di schieramento, hanno di fatto garantito a ristrette oligarchie l'affermazione di una nuova condizione della politica, definita efficacemente «partitocrazia senza partiti».
      Né il nuovo sistema elettorale, introdotto alla vigilia delle consultazioni politiche dell'aprile 2006, è servito a porre rimedio al grave deficit di partecipazione democratica derivante dal nuovo atteggiarsi della «forma-partito», deficit che, anzi, si è acuito con l'adozione del sistema proporzionale a liste bloccate. Il nuovo sistema, infatti, confisca ai cittadini il diritto di scegliere la propria rappresentanza, per consegnarlo alle oligarchie di partito chiamate, attraverso questo meccanismo, a una logica di autoconservazione.
      Infatti sono sopravvissuti tutti i fenomeni che venivano un tempo definiti «degenerativi» del sistema dei partiti (compresi la «lottizzazione», che oggi si chiama più nobilmente «spoils system», e il fenomeno dei tesseramenti gonfiati), ma non c'è più neanche il plausibile temperamento rappresentato dalla dialettica democratica garantita dalle correnti interne ai partiti. Perciò, oggi più ancora di ieri si rende necessario un intervento legislativo che offra garanzie di agibilità politica al cittadino che intenda partecipare alla vita democratica del Paese attraverso il partito politico, che continua ad essere, ancora più di ieri, il determinante principale, se non esclusivo, delle scelte politiche generali del Paese.
      Per queste ragioni, dunque, si ritiene che la proposta di legge sottoposta alla vostra attenzione abbia oggi un valore ancora più importante che non in un recente passato.
      La presente proposta di legge è composta da dieci articoli. Con l'articolo 1 è istituito il registro dei partiti politici presso la Corte costituzionale. L'articolo 2 regola le modalità del deposito dello statuto del partito e di eventuali regolamenti, facendo decorrere da quel momento l'acquisizione della personalità giuridica. Con l'articolo 3 sono stabiliti i requisiti minimi del contenuto dello statuto. Con gli articoli 4 e 5 si stabiliscono i princìpi di tutela delle minoranze e le modalità di svolgimento delle votazioni interne e delle assise congressuali. L'articolo 6 regola la pubblicità degli atti interni di partito, mentre l'articolo 7 stabilisce le procedure di garanzia per la selezione delle candidature in occasione delle elezioni politiche e amministrative. L'articolo 8 pone i princìpi regolatori degli organi giurisdizionali interni. Con l'articolo 9 si stabiliscono princìpi di tutela dell'iscritto che adisca la magistratura ordinaria per far valere i suoi diritti di socio e si dispongono sanzioni per l'omesso deposito degli statuti presso il registro dei partiti politici. Con l'articolo 10, infine, è prescritta la nominatività dei titoli appartenenti al partito. L'articolo 11 prevede sanzioni amministrative pecuniarie e, nei casi più gravi, anche la cancellazione dal registro.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Registro dei partiti politici).

      1. È istituito presso la Corte costituzionale il registro dei partiti politici.

Art. 2.
(Deposito dello statuto e personalità giuridica).

      1. I cittadini che si associano in partito politico ai sensi dell'articolo 49 della Costituzione sono tenuti a depositarne lo statuto, con gli eventuali regolamenti integrativi e le modificazioni successive e con la sottoscrizione autentica del presidente e del segretario, presso il registro di cui all'articolo 1. A decorrere dalla data del deposito dello statuto il partito politico acquista la personalità giuridica di diritto privato.

Art. 3.
(Contenuto necessario dello statuto).

      1. Lo statuto deve almeno indicare il numero, la composizione e le attribuzioni degli organi deliberativi, esecutivi e di controllo del partito, disciplinare le procedure di ammissione, recesso ed esclusione dei suoi membri nonché prevedere garanzie democratiche a tutela dei diritti delle minoranze, garanzie per l'equilibrio tra i sessi nella rappresentanza e modalità compatibili con i princìpi di democrazia per la convocazione, lo svolgimento e le decisioni degli organi centrali e periferici del partito.
      2. Il godimento dei diritti politici è requisito inderogabile per l'ammissione e la permanenza nel partito.

Art. 4.
(Elezioni interne).

      1. L'elezione a cariche interne di partito, la designazione di candidati a cariche

pubbliche elettive e l'approvazione delle relative liste nonché le votazioni che importano valutazioni su persone sono effettuate a scrutinio segreto.
      2. La rappresentanza delle minoranze in tutti gli organi deliberativi e di controllo è assicurata mediante il divieto di votare per più di due terzi degli eligendi.
      3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla formazione di comitati elettorali o di altri organi straordinari o transitori.
Art. 5.
(Altre garanzie delle minoranze).

      1. Decorso un trimestre dalla scadenza del mandato di qualsiasi organo elettivo interno del partito, l'assemblea o il congresso competenti ai sensi dello statuto a procedere alla rinnovazione possono essere indetti, rispettivamente, su richiesta di un decimo degli iscritti o delle organizzazioni di base interessate.
      2. Decorso il termine massimo previsto dallo statuto per la durata delle gestioni commissariali e, in ogni caso, decorso un semestre dalla nomina, ogni potere dei commissari cessa di diritto e gli organi precedentemente sciolti sono reintegrati nel pieno esercizio dei poteri ad essi attribuiti, salvo in ogni caso l'esercizio del diritto di convocazione ai sensi del comma 1.

Art. 6.
(Pubblicità degli atti interni di partito).

      1. Le deliberazioni del congresso o dell'assemblea nazionale concernenti l'elezione degli organi interni del congresso, le conclusioni in ordine alla verifica dei poteri, le modificazioni dello statuto o di regolamenti integrativi, le eventuali delegazioni di poteri propri del congresso ad altri organi e l'approvazione del bilancio consuntivo e della relazione che lo accompagna devono risultare da apposito processo verbale, redatto da un notaio.
      2. Nel termine di tre giorni dalla fine delle operazioni congressuali, il processo

verbale di cui al comma 1, unitamente alle osservazioni e alle deduzioni che ogni membro del congresso o dell'assemblea nonché di ogni organizzazione del partito può far pervenire, entro il secondo giorno dalla fine delle operazioni stesse, perché siano ad esso allegate, è trasmesso alla cancelleria della Corte costituzionale, dove rimane liberamente accessibile unitamente alle osservazioni e alle deduzioni che entro un mese dalla data dell'avvenuto deposito gli stessi aventi diritto possono chiedere che vi siano allegate.
Art. 7.
(Candidature a cariche pubbliche).

      1. Un decimo dei membri del congresso, dell'assemblea o dell'organo interno al partito cui spetti ai sensi dello statuto procedere alla formazione delle liste o alla designazione dei candidati per le elezioni al Parlamento della Repubblica, alle assemblee regionali e ai consigli provinciali e comunali può richiedere l'intervento di un notaio, nonché provvedervi a proprie cura e spese in caso di rifiuto o di inerzia. Il notaio accerta l'osservanza delle norme prescritte per la valida costituzione dell'adunanza e ne redige il processo verbale, facendovi altresì constare le contestazioni eventualmente sollevate.
      2. Ogni membro del partito può ottenere a proprie spese copia autentica del processo verbale redatto ai sensi del comma 1, unitamente alle osservazioni eventualmente pervenute da parte di un membro dell'assemblea, del congresso o di un organo interno, anche non intervenuto all'adunanza, entro due giorni dalla sua chiusura o entro ventiquattro ore dal suo aggiornamento.

Art. 8.
(Organi probivirali).

      1. Presso ogni organizzazione territoriale del partito nonché nella sede centrale è istituito un collegio probivirale o una corte statutaria, eletti secondo le norme

dello statuto, rispettivamente, dall'assemblea o dal congresso locale competenti ai sensi dello statuto medesimo ovvero dal congresso nazionale. Tali organi di controllo, su denuncia o ricorso motivato di un iscritto o di un organo del partito investito di poteri deliberativi o esecutivi, hanno competenza esclusiva in materia di disciplina e di interpretazione delle norme statutarie e regolamentari.
      2. Non può far parte degli organi di controllo di cui al comma 1 l'iscritto al partito che riveste cariche interne di altra natura. Avverso le pronunce di tali organi, emesse previo contraddittorio, è sempre ammesso ricorso diretto all'organo centrale, che si pronuncia in via definitiva.
      3. Le decisioni del collegio probivirale o della corte statutaria centrale sono depositate presso la cancelleria della Corte costituzionale.
Art. 9.
(Modificazioni statutarie o regolamentari e norme generali).

      1. Nessuna modificazione degli statuti e dei regolamenti integrativi può essere validamente invocata nel corso di un procedimento giudiziario se non è stata debitamente depositata presso la cancelleria della Corte costituzionale ai sensi dell'articolo 2.
      2. È nulla di diritto ogni disposizione di statuto che commini sanzioni nonché ogni sanzione irrogata a carico dell'iscritto al partito che adisca le vie giudiziarie per far valere diritti tutelati da disposizioni della presente legge o di altre norme vigenti.
      3. Le disposizioni della presente legge non sono derogabili dagli statuti o dai regolamenti integrativi adottati dai partiti. Norme penali speciali determinano le sanzioni per l'omesso deposito degli atti di partito di cui alla presente legge. Tale deposito è altresì condizione per la corresponsione degli eventuali contributi pubblici

disposti con legge in favore dei partiti politici.
Art. 10.
(Patrimonio del partito).

      1. I beni mobili e immobili del partito devono essere ad esso intestati.
      2. I titoli di proprietà del partito devono sempre essere nominativi, anche se titoli di Stato o emessi all'estero o nelle regioni a statuto speciale la cui legislazione ammette titoli al portatore, e devono essere intestati al partito medesimo.

Art. 11.
(Sanzioni).

      1. Per l'inosservanza delle disposizioni contenute nella presente legge si applica, a carico del responsabile, la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 a 200.000 euro. La responsabilità è estesa al partito. Nei casi più gravi è disposta la cancellazione dal registro di cui all'articolo 1.