C. 2839-3004-3006-3147-3172-3438-3494-3610-3663-3693-3694-3708-3709-3724-3731-3732-3733-3735-3740-3788-3790-3811-A-bis EPUB TONINELLI Danilo, Relatore di minoranza
Atto a cui si riferisce:
C.3724 Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni in materia di partiti politici. Norme per favorire la trasparenza e la partecipazione democratica"
Frontespizio | Relazione |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 2839-3004-3006-3147-3172-3438-3494-3610-3663-3693-3694-3708-3709-3724-3731-3732-3733-3735-3740-3788-3790-3811-A-bis |
È innegabile che dai suddetti temi non possono, anzi non potranno, rimanere esclusi ulteriori interventi: l'abbassamento del tetto massimo delle erogazioni da parte dei soggetti privati e pubblici – segnaliamo il recente regolamento europeo in materia di partiti e fondazioni politiche che fissa il tetto, per entrambi, a 18.000 euro; la piena conoscibilità dei donatori e dei finanziatori per ciascun partito e per i candidati ad ogni livello; la regolamentazione giuridica delle lobbies, passo decisivo per evitare di «lasciare scoperto», senza regole e controlli, l'ultimo anello della catena del rapporto tra finanziamento, partiti e privati; la decisione di assicurare al meglio il controllo sui rendiconti e sulla gestione finanziaria, affidandola ad organi specializzati come la Corte dei Conti, piuttosto che ad organismi ad hoc; la disciplina con una legge ad hoc che definisca natura, caratteristiche e funzioni delle fondazioni politiche – in ambito europeo, questi enti risultano del tutto distinti rispetto ai partiti politici, in molti casi sono loro preclusi gli scopi elettorali, risultano responsabilmente trasparenti, con una propria «contabilità» del loro finanziamento, quasi in ogni contesto.
Le questioni sulle quali ci preme soffermarci ineriscono all'articolo 49 della Costituzione e al fenomeno, via via sempre più ampliatosi per quantità, delle istituzioni, associazioni e fondazioni cosiddette politiche, all'interno delle quali dovrebbero essere svolte attività finalizzate all'elaborazione delle politiche pubbliche e il cui obiettivo principale dovrebbe essere l'allargamento delle occasioni di partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Specificamente, rispetto alle generali disposizioni in materia di associazionismo, di cui all'articolo 18 della Costituzione, secondo l'articolo 49 della nostra Costituzione medesima «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
L'accento è posto sul principio di libertà di associazione in partiti e sul concorso dei cittadini alla vita politica nazionale attraverso i partiti. Siamo stati duramente attaccati per aver proposto emendamenti liberticidi ed antidemocratici, riteniamo anche questa la sede appropriata per segnalare espressamente il contenuto della nostra proposta.
La disposizione che ne sarebbe conseguita, con il «taglia e cuci» emendativo, era la seguente: «Il diritto di tutti i cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, ai sensi dell'articolo 49 della Costituzione, è assicurato anche attraverso il rispetto delle disposizioni della presente legge».
Si è scatenata una dura polemica contro il Movimento 5 Stelle a proposito di quell'emendamento, cui la stampa ha dato un'eco inusitato, ma le cose stanno diversamente: il testo proposto dal relatore di maggioranza poneva i partiti in primo piano e poneva i partiti quali protagonisti della partecipazione alla determinazione della politica nazionale. Essi, i partiti erano definiti quali strutture che, alla lettera, agevolavano e favorivano la partecipazione dei cittadini alla vita politica.
L'esatto opposto di quanto prevede la nostra Costituzione che, sulla base dell'articolo 49, dispone che sono i cittadini, per il tramite di libere associazioni, i partiti, a partecipare alla vita politica nazionale. I partiti, in sostanza, sono uno strumento. Alla fine del dibattito in sede referente la maggioranza ha di fatto compiuto diversi passi indietro e il testo che è sotto i nostri occhi lo testimonia.
Ci preme segnalare che il testo, per così dire, più in voga della maggioranza – a firma del deputato Guerini – prevedeva l'esclusione dalla partecipazione alle elezioni della Camera dei deputati per le aggregazioni partitiche non dotate di uno statuto. Gli stessi costituzionalisti ascoltati in audizione ne hanno evidenziato le criticità sotto un profilo di legittimità.
In ordine al nostro orientamento, per i partiti abbiamo proposto, in particolare:
il divieto per i partiti di accettare contributi anonimi, cioè da parte di persone fisiche o giuridiche che non acconsentano alla pubblicità dei relativi dati;
il divieto per i partiti di accettare contributi provenienti dall'estero, siano esse persone fisiche o giuridiche;
l'introduzione di un nesso stringente, anche ai fini dei controlli dei bilanci e dei rendiconti, tra i contributi ricevuti dai partiti da soggetti pubblici o privati ed il loro utilizzo, in modo da ammettere le spese amministrative, per attrezzature tecniche, manifestazioni, riunioni, studi, informazioni e pubblicazioni o per altre spese comunque strettamente connesse alla realizzazione degli obiettivi previsti dallo statuto;
l'obbligo per i partiti di pubblicare il curriculum vitae dei candidati alle elezioni ed il loro certificato penale;
il controllo dei rendiconti dei partiti da parte di un collegio permanente della Corte dei conti, utilizzando lo stesso organo che attualmente controlla le spese elettorali, ai cui attuali componenti sono aggiunti 3 magistrati estratti a sorte tra i consiglieri in servizio;
l'obbligo di pubblicare immediatamente i contributi ricevuti dai partiti nei sei mesi che precedono le elezioni;
il tetto massimo dei contributi privati ai partiti fissato a 18.000 euro, al pari del regolamento europeo per i partiti europei.
È innegabile che, nel tempo, a nostro avviso, il concetto primario del concorso dei cittadini, stabilito chiaramente dalla nostra Costituzione, sia stato completamente assorbito nel o dal «concorso dei partiti».
Per quanto riguarda le fondazioni cosiddette politiche esse sono del tutto escluse dal provvedimento in esame, fatto salvo per alcune disposizioni generali di principio, mutuate da un nostro emendamento riformulato, ma molto distante dal testo originariamente proposto.
È innegabile che la tradizione italiana delle fondazioni politiche è da ritenersi completamente sui generis: non v’è personalità politica di un certo livello che non abbia un suo proprio «organo» di pensiero e una specifica connessione con il mondo dell'economia, della cultura o della scienza. Possiamo chiamare questo fenomeno «degenerativo», sviluppatosi al di fuori di regole e controlli stringenti, che in troppi casi celano – quando non aggirano – il finanziamento di determinate realtà politiche o singoli politici ad esse collegate.
L'occasione di un intervento regolatore sembrava poter essere quello dell'esame del decreto-legge n. 149 del 2013, ma così non è stato e così non è ora. Ci auguriamo che si giunga presto ad una determinazione, al fine, in particolare, di far emergere i potenziali conflitti di interesse tra l'adesione alle fondazioni politiche e l'esercizio di attività di natura politica e pubblica.
Tale situazione di ombra è stata messa in luce – gioco di parole efficace – anche da recenti inchieste giudiziarie, che hanno svelato un intreccio affaristico-finanziario tra i manager di enti, cooperative, aziende e società partecipate, enti titolari di concessioni
Gli ordinamenti democratici, ossia quelli basati sulla sovranità popolare e l'universalità del suffragio, si distinguono proprio per offrire normativamente a tutti i cittadini uno spazio politico eguale e trasparente per partecipare alla politica e per poter concorrere alla determinazione delle scelte e degli indirizzi politici collettivi.
Danilo TONINELLI,
Relatore di minoranza.