• C. 784 EPUB Proposta di legge presentata il 16 aprile 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.784 Modifica all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita
approvato con il nuovo titolo
"Modifiche all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 784


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BOSSA, MURER, ARGENTIN, SBROLLINI
Modifica all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità
Presentata il 16 aprile 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Sono mediamente quattrocento ogni anno i bambini che nascono e che non vengono riconosciuti dalla madre. Questi bambini sono dichiarabili adottabili e trovano spesso famiglie accoglienti, calorose, che li fanno crescere senza far sentire loro il peso di un abbandono così brutale che, anche se in modo non manifesto, lascia un segno profondo nella sfera emotiva profonda. Non riconoscere un figlio alla nascita è un diritto previsto dal codice civile, all'articolo 250, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, sull'ordinamento dello stato civile. La donna ha diritto a un parto segreto e anonimo, e ha diritto di scegliere, entro dieci giorni dalla nascita, se riconoscere o meno il bambino. Si tratta di momenti drammatici per la vita di una donna: solo chi è madre può capire quanto profonda può essere tale lacerazione.
      Il diritto di non riconoscere un figlio è tuttavia una conquista di civiltà del nostro ordinamento. Uno strumento con cui, evitando l'aborto, una donna decide di portare avanti una gravidanza inattesa e poi consegna il bambino che ha partorito ad un altro destino, che però è di vita e di dignità.
      Il fenomeno dei bambini non riconosciuti alla nascita è andato ridimensionandosi nel tempo. Negli anni cinquanta si contavano circa 5.000 casi l'anno. Negli ultimi anni siamo scesi a 400 casi. Le nascite si sono contratte del 39 per cento, mentre i mancati riconoscimenti si sono ridotti del 91 per cento. Molti dei mancati riconoscimenti sono di donne straniere e riguardano spesso bambini venuti al mondo in condizioni di estrema marginalità.
      Questa premessa è utile a descrivere il tema della presente proposta di legge, quello della ricostruzione della storia personale del bambino adottato e non riconosciuto alla nascita.
      Com’è noto, i soggetti non riconosciuti alla nascita non possono, per legge, ricorrere al tribunale per scoprire l'identità dei genitori biologici. Al contrario dei figli adottivi riconosciuti che, compiuti i venticinque anni di età, ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, possono risalire alle proprie origini biologiche, ad essi è negata ogni ricostruzione della propria identità. Essi potrebbero accedere a tale informazione solo decorsi cento anni dalla nascita: di fatto, quindi, è loro negata questa opportunità. Secondo la normativa vigente, il diritto di venire a conoscenza della propria identità confligge con quello della donna che, al momento del parto, non acconsentì ad essere nominata. Quest'ultimo diritto viene ritenuto, dalla legge vigente, decisamente prevalente sull'interesse del figlio, anche adulto, a poter conoscere le proprie origini. Ciò impedisce a migliaia di persone di fare luce su una zona senza ricordi e senza storia che sta all'origine della loro vita e del loro sviluppo. Infatti la conoscenza delle proprie origini contribuisce a formare l'identità entrando a far parte di quell'insieme di realtà che rappresentano il punto di partenza dello sviluppo umano.
      Questa disparità di trattamento sta acuendo in molti una replica di quel senso di abbandono che essi avvertono fin dalla nascita. Sono in tanti a voler ricostruire la loro traccia identitaria, non per rinnegare i genitori che li hanno adottati e cresciuti come figli, ma per riannodare i fili della loro storia personale. Per chiedere una modifica della normativa vigente sono nate molte associazioni («Figli adottivi e genitori naturali» e «Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche») e siti web che rivendicano il diritto di poter rintracciare le proprie «radici».
      La presente proposta di legge nasce per dare una risposta a questa sentita esigenza. Va fatta, innanzitutto, una premessa: non si ritiene di mettere in discussione la possibilità per la donna di partorire in anonimato, riconoscendo le valenze di tale istituto legislativo, né, tanto meno, si auspica che lo Stato non rispetti il patto concluso con la madre a cui fu consentito di partorire in anonimato. Si chiede, però, che si trovi un sistema per tenere conto anche del diritto, e dello «strazio», di un figlio non riconosciuto e adottato a ricostruire la sua storia. Quale potrebbe essere la soluzione? La presente proposta di legge interviene sul citato articolo 28 della legge n. 184 del 1983, introducendo un'ulteriore opportunità: si preveda che il tribunale per i minorenni, valutata la richiesta di accesso ai documenti da parte dell'adottato, verifichi se la volontà della madre sia ancora attuale o se essa esprima il consenso al superamento dell'anonimato attraverso una «revoca del diniego», alla luce delle mutate condizioni esistenziali.
      Infatti è verosimile e ampiamente documentato dalla cronaca che molte madri, vissute in una lacerante sofferenza per tutta la vita, possano non trovare difficoltà, ma anzi provino un grande sollievo, nel venire a conoscenza che il figlio, abbandonato forse per una scelta imposta da circostanze contingenti, ormai adulto, provi un intimo e profondo desiderio di conoscenza, ispirato da un sentimento conciliativo e riparatore. Nel caso, non infrequente per quelli di età più avanzata, che la madre biologica sia deceduta, ferma restando la discrezione richiesta, il tribunale può procedere a rendere note le generalità, anche tenuto conto del radicale mutamento dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, che induce a valutare, con diversa consapevolezza, eventi una volta ritenuti infamanti, quale poteva essere, come nella maggioranza dei casi, la nascita al di fuori di una situazione regolare di coppia.
      Una modifica della normativa vigente nel senso proposto contribuirebbe a rimodulare il bilanciamento tra i due diritti in conflitto, quello alla conoscenza delle proprie origini e quello alla riservatezza, senza che il secondo schiacci e annulli il primo in modo assoluto, consentendo, finalmente, ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita di uscire da una condizione nella quale si sentono «ombre», senza alcuna possibilità di replica né decisionale sulle scelte di cui sono stati fatti oggetto.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Il comma 7 dell'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «7. L'adottato può accedere a informazioni che riguardano la sua origine, comprese quelle concernenti la procedura di adozione, i dati sanitari, i periodi di permanenza in istituti o altro, con l'unica esclusione dell'identità dei genitori biologici qualora egli non sia stato riconosciuto alla nascita. In tale ultima ipotesi, previa richiesta dell'adottato che abbia compiuto il venticinquesimo anno di età, il tribunale per i minorenni del luogo di residenza dell'adottato, valutato il caso, è tenuto a informare la madre e il padre naturali della richiesta di accesso alle informazioni da parte dello stesso adottato e a chiedere il loro consenso al superamento dell'anonimato. Qualora la madre risulti deceduta e il padre risulti deceduto o non identificabile, il medesimo tribunale, su richiesta dell'interessato, procede direttamente ad acquisire le informazioni concernenti le loro generalità e le loro anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, in particolare per quanto concerne l'eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili e le cause del decesso, nonché il deposito di loro organi presso strutture sanitarie».