Testo MOZIONE
Atto a cui si riferisce:
S.1/00599 premesso che:
è da oltre 20 anni, se non dai primissimi anni '90, e vale a dire dalle prime acute manifestazioni mediatiche e politiche attorno agli accadimenti giudiziari che vanno sotto...
Atto Senato
Mozione 1-00599 presentata da ANNA BONFRISCO
martedì 21 giugno 2016, seduta n.641
BONFRISCO, AUGELLO, BRUNI, COMPAGNA, D'AMBROSIO LETTIERI, DI MAGGIO, LIUZZI, PERRONE, TARQUINIO, ZIZZA - Il Senato,
premesso che:
è da oltre 20 anni, se non dai primissimi anni '90, e vale a dire dalle prime acute manifestazioni mediatiche e politiche attorno agli accadimenti giudiziari che vanno sotto il nome di "Tangentopoli", che i termini "corruzione" e "appalti pubblici" vengono accomunati: essi quasi si intrecciano e, nella percezione comune, l'uno richiama l'altro;
«Ogni mutazione di leggi, che non sia un vero miglioramento, è un danno; perché sospende il rapido corso delle transazioni, diffonde una dubbiezza universale, rende insufficienti tutte le cognizioni pratiche, costringe gli uomini a rifar da capo tutti i loro giudizi e calcoli», sono parole di Carlo Cattaneo (da "Federalista, liberale", del luglio 1860) che, alla luce dei continui mutamenti delle disposizioni normative e, in alcuni casi, anche di interi ambiti disciplinari della pubblica amministrazione di cui è un esempio il nuovo codice dei contratti pubblici, il decreto legislativo n. 50 del 2016, appaiono tuttora attuali e ci danno la misura di come il richiamato nuovo codice, entrato in vigore lo stesso giorno della pubblicazione senza la previsione di alcun periodo di vacatio legis, renda la certezza del diritto una chimera e aumenti, inevitabilmente, il contenzioso, consentendo l'incremento del fenomeno corruttivo in danno degli amministratori della cosa pubblica;
gli italiani ben conoscono l'elenco delle grandi opere rimaste incompiute nel nostro Paese così come dei fatti di corruzione negli appalti pubblici di cui "Mafia capitale" è solo l'ultimo capitolo, come è del tutto inutile parlare di quelle opere che, ritenute necessarie per lo sviluppo ed il progresso del Paese, vennero programmate con tempi di realizzazione e costi ragionevoli, ma che dopo decenni sono monumenti incompiuti allo sperpero di denaro pubblico e alla corruzione nonostante le regole atte a prevenire che i costi di realizzazione lievitassero all'infinito, alimentando la corruzione ed i fenomeni criminosi;
considerato che:
tra i molteplici rilievi espressi nelle oltre 230 pagine del parere reso dal Consiglio di Stato sul nuovo codice degli appalti, oltre ai profili di contrasto con gli articoli 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, con il contenuto delle direttive comunitarie dalle quali sorge il nuovo codice e più in generale con il sistema delle fonti di diritto, spicca con evidenza l'assenza di un adeguato periodo di metabolizzazione del nuovo testo da parte degli operatori che costituirà, comprensibilmente, l'elemento di maggiore criticità nel breve periodo per l'applicazione della riforma;
nonostante i proclami governativi che sbandierano l'introduzione del nuovo codice degli appalti come una riforma storica in grado di semplificare e rendere certi gli affidamenti, l'unica certezza ad oggi esistente è che se per il "codice De Lise" (di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006) era previsto un solo regolamento attuativo, ora gli atti attuativi cui il nuovo codice rimanda sono circa una cinquantina tra regolamenti e linee guida. In tal modo agli operatori non è dato conoscere le regole del gioco ed è chiaro che ciò favorisce o potrebbe favorire, se si è più ottimisti, la corruzione;
considerato inoltre che:
la maggior parte dei fenomeni corruttivi si annida nelle gare al massimo ribasso, che in teoria non avrebbero dovuto essere disciplinate nel nuovo codice degli appalti. Nella realtà, l'articolo 95 delinea uno scenario diverso. Il testo prevede che si possa ancora usare il criterio del minor prezzo per i lavori di importo fino a un milione di euro, vale a dire la maggioranza dei casi: circa 8 su 10;
l'articolo 77 della nuova legge attribuisce all'Autorità nazionale anticorruzione il compito di predisporre un apposito elenco di commissari che dovranno essere estratti a sorte nel caso in cui la gara abbia importi che superano le soglie comunitarie, vale a dire i 5,2 milioni di euro. Se non si supera questa cifra, o se gli appalti "non presentano particolare complessità la stazione appaltante" può "nominare componenti interni alla stazione appaltante stessa, nel rispetto del principio di rotazione". I commissari, pertanto, saranno scelti dallo stesso ente che assegna l'appalto. Questo implicherà che la grande maggioranza degli appalti verrà assegnato esattamente come prima o peggio di prima con meno trasparenza e maggiori rischi di "cadere in corruzione";
ritenuto che l'Autorità nazionale anticorruzione, come il presidente dell'Associazione nazionale magistrati dottor Davigo in diverse interviste fa notare, non è in grado e né può sostituirsi alla magistratura ordinaria il cui compito è definito dalla Costituzione stessa. Sostenere che sia l'Autorità nazionale anticorruzione a dover combattere il fenomeno corruttivo nella migliore delle ipotesi è millantare un potere che essa non può avere, nella peggiore sarebbe sintomo di "ignoranza costituzionale";
ritenuto infine che:
il Governo, nella più recente riforma della pubblica amministrazione, così come già in precedenza avvenuto con l'abolizione dei Comitati regionali di controllo, prevede l'abolizione dei segretari comunali, selezionati all'esito di un lungo e complesso iter concorsuale, che sono invero i garanti della legalità, i responsabili dell'anticorruzione in tutti gli enti locali, essendo tenuti a garantire la conformità, e non solo la legalità, dell'azione amministrativa alla legge, al fine di rendere più efficace ed efficiente l'azione amministrativa in quanto il loro intervento riduce al minimo il rischio di vizi di illegittimità degli atti,
impegna il Governo:
1) ad effettuare una ricognizione dell'attività sino ad oggi svolta dall'Autorità nazionale anticorruzione, riferendo al Parlamento, al fine di formulare le opportune soluzioni normative e regolamentari atte a rimuovere ogni elemento di incertezza in ordine ai poteri dell'autorità stessa;
2) ad adottare le necessarie modifiche al nuovo codice degli appalti a seguito degli esiti delle attività conoscitive in programma presso le Commissioni parlamentari per l'approfondimento, correzione e implementazione del decreto legislativo n. 50 del 2016;
3) a valutare se non sia opportuno reintrodurre, per combattere efficacemente l'illegalità e la corruzione, la figura dei segretari comunali;
4) a rafforzare ogni misura atta a garantire la piena tutela dell'interesse pubblico, favorendo con ogni mezzo la piena consapevolezza da parte dei cittadini circa le misure di trasparenza, di conoscibilità e dell'iter relativo ad ogni procedura di evidenza pubblica, per l'affidamento di servizi pubblici e per la realizzazione di opere pubbliche, con particolare riguardo tanto alle fasi di concertazione e decisione circa la necessità della realizzazione delle opere stesse quanto alle ricadute positive per il territorio.
(1-00599)