• Testo DDL 1188

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Atto a cui si riferisce:
S.1188 [Decreto IMU-Banca d'Italia] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia
approvato con il nuovo titolo
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia"


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1188
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri (LETTA)
dal Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'interno (ALFANO)
e dal Ministro dell'economia e delle finanze (SACCOMANNI)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 30 NOVEMBRE 2013

Conversione in legge del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia

Onorevoli Senatori. -- È illustrato di seguito il decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, di cui il presente disegno di legge dispone la conversione in legge.

L’articolo 1 è diretto ad abolire il versamento della seconda rata dell'imposta municipale propria (IMU) per alcune tipologie di immobili che sono state oggetto dell'esclusione dalla prima rata del tributo.

A questo proposito il comma 1 dell’articolo, alla lettera a), richiama gli immobili di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85, che aveva previsto inizialmente la sospensione del pagamento dell'IMU. Gli immobili in questione sono:

a) le abitazioni principali e relative pertinenze, esclusi i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;

b) le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, nonché gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

In merito all'abitazione principale, il medesimo comma 1, alla lettera b), precisa che beneficiano della disposizione di favore anche gli immobili di cui all'articolo 4, comma 12-quinquies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e, alla lettera c), richiama gli immobili di cui al comma 5 dell'articolo 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, vale a dire gli immobili equiparati per legge all'abitazione principale, che sono:

la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

l'unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

È da notare che la stessa estensione del beneficio non è stata invece effettuata per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali di cui al comma 4 dell'articolo 2 del medesimo decreto-legge n. 102 del 2013, poiché l'equiparazione all'abitazione principale decorre a partire dal 1º gennaio 2014.

La successiva lettera d) del comma 1 prevede che l'abolizione dell'IMU si applichi anche ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

Infine analoga abolizione è prevista dalla lettera e) del comma 1 per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, vale a dire quelli elencati nell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. Si deve sottolineare che l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 102 del 2013, nel richiamare l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 54 del 2013, aveva invece abolito la prima rata dell'IMU per tutti i fabbricati rurali.

Il successivo comma 2 dell'articolo 1 precisa che l'agevolazione contemplata dal precedente comma non si applica nei confronti dei terreni agricoli e dei fabbricati rurali che non rientrino nelle fattispecie indicate nelle precedenti lettere d) ed e) del comma 1.

Al fine di assicurare ai comuni il ristoro del minor gettito dell'imposta municipale propria derivante dall'applicazione della disposizione di favore, il comma 3 prevede lo stanziamento di un aumento di risorse di euro 2.164.048.210,99 per l'anno 2013, di cui euro 2.076.989.249,53 riferiti ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della regione siciliana e della Regione Sardegna ed euro 87.058.961,46 riferiti ai comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 4 stabilisce che una parte di tali risorse, pari a euro 1.729.412.036,11 sia attribuita dal Ministero dell'interno limitatamente ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, entro il 20 dicembre 2013, nella misura risultante dall'allegato A al decreto-legge, pari alla metà dell'ammontare determinato applicando l'aliquota e la detrazione di base previste per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1 del medesimo articolo 1.

Il comma 5 prevede che il contribuente versi, entro il 16 gennaio 2014, il 40 per cento dell'eventuale differenza tra l'ammontare dell'IMU risultante dall'applicazione delle aliquote e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1, deliberate dai comuni per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste per ciascuna tipologia di immobile.

Il comma 6 prevede un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, da emanare entro il 28 febbraio 2014, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel quale è determinato, a conguaglio, il contributo compensativo spettante a ciascun comune, nell'importo complessivo di euro 348.527.350,73, risultante dalla differenza tra le risorse complessive e quelle distribuite entro il 20 dicembre 2013.

Per effettuare l'attribuzione occorre concordare con ANCI una metodologia che prenda come base i dati di gettito relativi all'anno 2012 e operi una stima delle manovre effettuate dai comuni nell'anno 2013.

Per determinare l'importo spettante a ciascun comune si dovrà altresì tenere conto di quanto già corrisposto ai medesimi comuni con riferimento alle stesse tipologie di immobili ai sensi del comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 102 del 2013.

Nel caso in cui al comune, anche tenendo conto dell'importo del 40 per cento, siano assegnate risorse superiori a quelle derivanti dall'applicazione delle aliquote e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1, deliberate per l'anno 2013, il comma 7 prevede che l'eccedenza debba essere destinata dal comune medesimo a riduzione delle imposte comunali dovute relativamente ai medesimi immobili per l'anno 2014.

Il comma 8 dispone che per i comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, la compensazione del minor gettito dell'IMU derivante dalla disposizione recata dal comma 1 avvenga attraverso un minor accantonamento, per l'importo complessivo di euro 86.108.824,15 di cui all'allegato A al presente decreto, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011.

Il successivo comma 9 stabilisce chiaramente che l'agevolazione di cui al comma 1 si applica anche agli immobili equiparati all'abitazione principale dai comuni ai sensi dell'articolo 13, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011 e dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 102 del 2013, per i quali, tuttavia, non spettano le risorse di cui al comma 3.

Le disposizioni appena richiamate riguardano le ipotesi tipiche di equiparazione disposte dai comuni in attuazione delle norme statali che hanno espressamente riconosciuto a detti enti tale facoltà, e cioè:

l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, ai sensi del comma 10 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011;

l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata, ai sensi del comma 10 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011;

le unità immobiliari e relative pertinenze, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo dell'imposta a parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, come previsto dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 102 del 2013.

Le disposizioni recate dal comma 10 dell'articolo 1 prevedono che, nel caso in cui i procedimenti per l'assegnazione degli stanziamenti sul pertinente capitolo di spesa del Ministero dell'interno non siano completati entro il termine del 10 dicembre 2013, per l'erogazione del trasferimento ai comuni è autorizzato il pagamento tramite anticipazione di tesoreria. L'anticipazione è regolata entro novanta giorni dal pagamento ai comuni.

Il comma 11 stabilisce, in deroga all'articolo 175 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, che i comuni beneficiari del trasferimento compensativo di cui al comma 4 sono autorizzati ad apportare le necessarie variazioni di bilancio entro il 15 dicembre 2013.

Il comma 12 infine, in considerazione delle eventuali carenze di liquidità che potrebbero derivare ai comuni dalle disposizioni recate dal presente articolo, incrementa da tre a cinque dodicesimi il limite massimo di ricorso alle anticipazioni di tesoreria da parte degli enti locali di cui all'articolo 222 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. La disposizione prevede altresì il ristoro ai comuni degli interessi sulle predette anticipazioni nel limite massimo di 3,7 milioni di euro.

L'articolo 2 introduce un'addizionale IRES per il settore creditizio, finanziario e assicurativo, nonché modifiche alla misura dell'aliquota dell'acconto dovuto ai fini dell'IRES.

In particolare, con il comma 1 sono integrate le disposizioni stabilite dall'articolo 11 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, in materia di incremento degli acconti sulle imposte sui redditi dovuti per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, stabilendo un maggiore incremento per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, per la Banca d'Italia e per le società e gli enti che esercitano attività assicurativa.

Nel regime opzionale del consolidato, qualora la fiscal unit sia composta sia da soggetti appartenenti ai settori per i quali trova applicazione l'aumento dell'aliquota dell'acconto ai sensi del comma 1, sia da soggetti diversi, il soggetto tenuto al versamento (consolidante) dovrà effettuare il calcolo dell'acconto considerando due sottogruppi distinti e omogenei. Solo al sottogruppo del settore finanziario, creditizio e assicurativo il soggetto consolidante applicherà l'aliquota maggiorata prevista al comma 1. Il calcolo di quanto complessivamente dovuto dovrà essere effettuato, ove si applichi il criterio del metodo storico nella determinazione degli acconti, preliminarmente distinguendo, mediante applicazione del metodo proporzionale, la quota parte dell'imposta relativa al periodo precedente afferente al settore creditizio, finanziario e assicurativo, e la quota parte attribuibile agli altri soggetti. Successivamente, per ciascun sottogruppo il soggetto consolidante applicherà l'aliquota dell'acconto dovuto per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 alla relativa quota di imposta, come determinata in precedenza. La somma dei due risultati così ottenuti costituisce l'importo complessivamente dovuto a titolo di acconto. Da tale importo dovrà essere sottratto l'eventuale acconto già versato con la prima rata.

Con i commi 2 e 3 è disciplinata l'addizionale IRES applicabile agli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, alla Banca d'Italia alle società ed enti che esercitano attività assicurativa, esclusivamente per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013. Il comma 3 prevede, in particolare, le disposizioni specifiche per i soggetti aderenti ai regimi opzionali del consolidato fiscale e della trasparenza fiscale mutuando, di fatto, le disposizioni già operanti per le cosiddette società di comodo e per le società operanti nel settore energetico per le quali, come noto, trova applicazione la cosiddetta robin tax. Viene specificato che l'addizionale non è dovuta sulle variazioni in aumento derivanti dall'applicazione dell'articolo 106, comma 3, delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Considerato che l'addizionale all'IRES riverbera i suoi effetti per un solo periodo d'imposta, la disposizione non avrà effetto per il calcolo degli acconti da effettuarsi ai fini IRES con riferimento al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014.

È inoltre disposta, al comma 4, la proroga per tutti i soggetti IRES del termine di scadenza per il versamento della seconda o unica rata di acconto al 10 dicembre 2013 ovvero, per i soggetti il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare, al decimo giorno del dodicesimo mese del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013.

Le modifiche della misura degli acconti e del relativo termine di versamento hanno effetto anche ai fini dell'imposta sul reddito delle attività produttive (IRAP). Infatti, ai fini IRAP, per esplicita previsione dell'articolo 30, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, gli acconti devono essere versati con le modalità e nei termini stabiliti per le imposte sui redditi.

Il comma 5 prevede che, a decorrere dall'anno 2013, i soggetti che applicano l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, ai sensi del comma 3 dell'articolo 6 del medesimo decreto legislativo, versino, entro il 16 dicembre di ciascun anno, un importo, a titolo di acconto, pari al 100 per cento dell'ammontare complessivo dei versamenti dovuti nei primi undici mesi dell'anno di riferimento. Il versamento effettuato può essere scomputato, a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo, dai versamenti della stessa imposta sostitutiva.

Il comma 6 interviene modificando la cosiddetta clausola di salvaguardia contenuta nel comma 4 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 102 del 2013, prevedendo che, qualora dal monitoraggio sulle entrate di cui alle lettere e) e f) del comma 3 dello stesso articolo 15 emerga un andamento che non consenta il raggiungimento degli obiettivi di maggior gettito indicati alle medesime lettere, il decreto di incremento della misura degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP, sia emanato entro il 2 dicembre 2013 e riguardi i due periodi d'imposta 2013 e 2014 nonché l'aumento, a decorrere dal 1º gennaio 2015, delle accise di cui alla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento dei predetti.

Passando all’articolo 3, il comma 1 è finalizzato al più efficace perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica da attuare attraverso operazioni di dimissione di immobili pubblici.

Tali immobili, come è noto, sono caratterizzati da una situazione urbanistica ed edilizia del tutto peculiare, anche in ragione dei regimi giuridici speciali che nel tempo ne hanno consentito l'edificazione e il relativo inserimento nel tessuto urbano.

Ciò implica che gli immobili in questione siano normalmente caratterizzati dalla carenza di un titolo edilizio «ordinario» e da una conseguente situazione di non conformità edilizia, secondo i canoni tradizionalmente contemplati dalla normativa vigente.

D'altro canto, questa particolare situazione di carenza documentale anche sotto il profilo della regolarità edilizia è ben presente al legislatore, che per consentire la dismissione degli immobili in questione ha introdotto una deroga speciale, che prevede, ai fini della trasferibilità, l'esonero dalla consegna dei documenti relativi, tra l'altro, alla regolarità urbanistico-edilizia.

L'obiettivo della disposizione in esame è quello di completare questa previsione derogatoria, consentendo all'acquirente dell'immobile di usufruire della possibilità di sanare le irregolarità edilizie -- ovviamente nei limiti delle previsioni di sanabilità previste dalla normativa vigente -- successivamente al trasferimento.

Il riconoscimento di questa possibilità ha un evidente impatto sul valore degli immobili, considerato che un immobile che risulti irregolare dal punto di vista edilizio e non sanabile subisce un notevole deprezzamento sul mercato, che in alcuni casi può giungere anche a un totale azzeramento di detto valore.

Sotto questo profilo, la norma appare quindi fondamentale per assicurare che dalle operazioni di dismissione di immobili pubblici si possano ricavare le entrate stimate, in quanto costituisce un presupposto essenziale per mettere sul mercato immobili suscettibili, in un momento successivo, di una reale valorizzazione.

La disposizione, peraltro, ripropone una possibilità che il legislatore ha già consentito in passato sempre in relazione ad altre categorie di immobili pubblici, nello specifico per i trasferimenti degli edifici di edilizia residenziale di soggetti pubblici e degli immobili di proprietà di enti di assistenza e previdenza e delle amministrazioni comunali (si veda l’articolo 2, comma 59, della legge 23 dicembre 1996, n. 662). Essa quindi si pone in coerenza con l'esigenza, già in passato recepita, di facilitare il raggiungimento degli obiettivi finanziari delle operazioni di dismissione di immobili pubblici.

Alla lettera b) del suddetto comma 1 si prevede altresì un ampliamento dell'originario termine per presentare la domanda di sanatoria (fissato dall'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985 in centoventi giorni); in ragione della specificità degli immobili pubblici, in genere, di notevoli dimensioni occorre infatti poter beneficiare di un termine più lungo per poter presentare una documentata domanda di sanatoria.

Il comma 2 interviene, invece sulle disposizioni che disciplinano il processo di dismissione in blocco di immobili pubblici di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, prevedendo, in particolare: a) la possibilità per l'Agenzia del demanio, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, di vendere a trattativa privata, anche in blocco, anche i beni immobili ad uso prevalentemente non abitativo; b) l'estensione espressa di detto meccanismo di dismissione ai beni di proprietà degli enti locali.

La precisazione sull'uso prevalentemente non abitativo, di cui alla lettera a), consente di ovviare ad alcune criticità pratiche emerse nei casi in cui l'immobile da alienare sia adibito ad uso non abitativo ma comprenda ad esempio locali adibiti a custodia o foresteria (si pensi ad esempio alle caserme dismesse presidiate da un addetto alla custodia che vi alloggia).

L'estensione del procedimento di dismissione di cui al citato articolo 11-quinquies anche agli enti territoriali è finalizzata a consentire agli stessi di avvalersi dell'operazione di dismissione degli immobili di proprietà statale con effetti che impattano sulla riduzione del deficit dell'ente locale.

Le disposizioni contenute nell'articolo in esame non comportano nuovi o maggiori oneri per lo Stato.

Gli articoli da 4 a 6 intendono in primo luogo conferire certezza al quadro normativo concernente i partecipanti al capitale della Banca d’Italia, nel rispetto dei principi di autonomia organizzativa e indipendenza riconosciuti alla stessa Banca d'Italia dai Trattati europei, dallo Statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e dall'ordinamento interno.

Obiettivo centrale dell'intervento è assicurare un'ampia distribuzione fra i partecipanti delle quote rappresentative di un patrimonio di pubblico interesse. Un assetto proprietario della Banca che contribuisca alla sua indipendenza è infatti rappresentato dall'equilibrata distribuzione delle quote, come stabilito dallo Statuto della Banca d’Italia (articolo 3, secondo comma) e positivamente valutato dalla BCE nel suo parere del 25 agosto 2006 sul medesimo Statuto (CON/2006/44, paragrafo 3.1).

In particolare, l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge riprende principi già previsti dalla legislazione vigente: l'integrazione della Banca d'Italia nel SEBC (per effetto dell'articolo 2 del decreto legislativo 10 maggio 1998, n. 43, sulla convergenza legale e del comma 1 dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, sulla tutela del risparmio) e la sua natura di istituto di diritto pubblico (principio contenuto all'articolo 20, primo comma, del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, n. 141 e riaffermato dall'articolo 19, comma 2, della citata legge n. 262 del 2005). Si richiama inoltre il ruolo della Banca quale autorità nazionale di vigilanza facente parte del meccanismo di vigilanza unico istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013.

Viene infine rimarcata la regola dell'indipendenza della Banca con la formulazione inserita per la BCE nell'articolo 282, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), i cui principi valgono per tutte le banche centrali degli stati dell'Unione.

L'articolo 4, comma 2, fissa i limiti massimi della rivalutazione del capitale della Banca d'Italia, sostituendo il valore indicato nella vecchia legge bancaria del 1936-1938, ormai privo di significato (la cui previsione, all’articolo 20, secondo comma, viene abrogata dal successivo articolo 6, comma 2, del decreto-legge); a tal fine viene determinato in modo trasparente il valore corrente delle quote sulla base dei diritti riconosciuti ai partecipanti nell'attuale contesto giuridico-istituzionale della Banca d'Italia; a questi ultimi, infatti, ai sensi dell'attuale Statuto, oltre al dividendo ordinario, può essere erogata una somma ulteriore, fino al 4 per cento delle riserve.

Questa operazione realizza una definitiva rivalutazione del valore del capitale a suo tempo conferito dai soggetti partecipanti, secondo le loro legittime aspettative, non diversamente da qualunque altro investitore e non comporta alcun trasferimento di risorse pubbliche dalla Banca agli stessi partecipanti.

Il nuovo ammontare del capitale è stato considerato congruo da una commissione di esperti indipendenti e qualificati.

Il comma 3 mantiene il tetto alla remunerazione delle quote, fissandolo nel 6 per cento del capitale.

Sistemi di remunerazione del capitale basati sulla distribuzione di dividendi in misura massima si ritrovano negli Statuti di altre banche centrali aperti alla partecipazione di privati (ad esempio Stati Uniti, Svizzera, Belgio, con fissazione del limite del 6 per cento del capitale, e Giappone).

Il meccanismo di remunerazione basato esclusivamente sull'ammontare massimo dei dividendi, a valere sull'utile netto di esercizio, mantiene inalterato l'attuale regime fiscale ed il sistema di riconoscimento all'erario degli utili netti (articolo 39, secondo comma, dello Statuto della Banca) e renderà necessaria l'eliminazione dallo stesso Statuto della previsione che riconosce ai partecipanti pretese sull'importo delle riserve (articolo 40, terzo comma, dello Statuto) con il meccanismo di adeguamento previsto all'articolo 6, comma 5, lettera b), del decreto-legge.

Il comma 4 stabilisce quali categorie di investitori possono acquisire le quote, richiamando le categorie già pacificamente ammesse dalla normativa vigente (assicurazioni, fondazioni, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione(1) ), inserendo i fondi pensione e chiarendo la possibilità per tutte le banche di partecipare al capitale. Quest'ultimo passaggio è necessario per superare le incertezze legate al fatto che attualmente solo le banche che sono succedute nelle posizioni giuridiche delle aziende creditizie considerate dal decreto-legge n. 375 del 1936 (casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale) appaiono pienamente legittimate a possedere le quote (si veda l’articolo 49 dello Statuto della Banca d'Italia). Per quanto riguarda banche, assicurazioni e fondi pensione si apre la possibilità di partecipare anche a soggetti dell'Unione europea.

Il comma 5 introduce un limite al possesso delle quote, che varrà di conseguenza anche quale limite di voto, da applicare alle partecipazioni detenute direttamente o indirettamente; a questo riguardo lo Statuto provvederà a definire norme di dettaglio. Il limite al diritto di voto è inferiore a quello attualmente previsto dallo Statuto(2) , al fine di favorire la distribuzione del capitale fra i partecipanti.

Il comma 6 autorizza la Banca ad effettuare operazioni temporanee sul proprio capitale, senza necessità di ridurlo, al fine di favorire lo smobilizzo delle partecipazioni in eccesso rispetto al nuovo limite partecipativo. Le operazioni andranno effettuate con modalità tali da garantire piena trasparenza e parità di trattamento fra i partecipanti al capitale. La disposizione introduce una facoltà altrimenti non prevista ed è stata quindi redatta in modo ampio e non tassativo.

All’articolo 5, il comma 1 riprende e ribadisce un principio già stabilito dall'articolo 5, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, che previene ogni forma di ingerenza del Consiglio superiore, nominato dai partecipanti al capitale, nelle funzioni istituzionali della Banca e in particolare di vigilanza. La disposizione è redatta tenendo anche conto dei compiti attribuiti dal TFUE, dallo Statuto del SEBC ed in linea generale dal diritto dell'Unione(3) ; essa ha come ampio oggetto le finalità istituzionali, formulazione già utilizzata nella più recente revisione dello Statuto (si veda l’articolo 21, secondo comma), per ricomprendere tutti i compiti istituzionali e le attribuzioni autoritative assegnati alla Banca d'Italia.

L'articolo 5, comma 2, intende garantire la costante presenza di membri dotati di requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità nel Consiglio Superiore; si prevede quindi un comitato nomine cui verrà affidato il compito di selezionare la lista di candidati, dotati di stringenti requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità, da sottoporre per l'elezione alle assemblee presso le sedi della Banca.

L'articolo 6, ai primi quattro commi, dispone l'abrogazione di norme incompatibili con i principi della riforma.

Viene mantenuto il potere governativo di inviare un proprio rappresentante ad assistere alle assemblee ordinarie dei partecipanti ed alle sedute del Consiglio superiore della Banca; ciò è in linea con il principio di accountability dell'operato della Banca stessa.

Sono eliminati i desueti poteri di sospensione e di annullamento da parte del delegato governativo e del Ministro dell'economia e delle finanze delle delibere dell'assemblea e del Consiglio superiore, già limitati alle decisione estranee alle funzioni SEBC dalla normativa sulla convergenza legale (articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 43 del 1998) ed oggi del tutto incompatibili con i principi di autonomia e indipendenza della banca centrale.

Il comma 5 prevede l'adeguamento dello Statuto della Banca d’Italia con le modalità previste nel nostro ordinamento (si veda il decreto legislativo n. 43 del 1998, articolo 10, comma 2).

Sono esplicitati alcuni criteri direttivi; tra l'altro si legittima l'inserimento nel nuovo Statuto di previsioni che assicurino un adeguato lasso di tempo per la dismissione delle partecipazioni in eccesso rispetto al limite di legge e che mantengano adeguati presidi della indipendenza patrimoniale e finanziaria della Banca, in relazione ai compiti attribuiti dallo Statuto del SEBC e dalla normativa nazionale.

Verrà anche abrogata la clausola di gradimento oggi presente nello Statuto (articolo 3, secondo comma) che prevede l'autorizzazione del Consiglio superiore per il trasferimento delle quote, introducendo una mera verifica dell'appartenenza dell'acquirente alle categorie elencate nell'articolo 4, comma 4, nonché del rispetto dei limiti partecipativi.

L'ultimo comma dell'articolo 6 prevede, coerentemente con la creazione di un mercato delle partecipazioni al capitale di Banca d'Italia e al fine di favorire effettivamente gli scambi, che, a decorrere dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore della disposizione, le quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia debbano essere collocate tra le attività destinate alla negoziazione, quindi nel portafoglio di trading, allo stesso valore di iscrizione che avevano nel precedente portafoglio (se diverso). Salvo per quanto riguarda la classificazione delle quote di partecipazione in Banca d'Italia, che è stabilita dalla presente disposizione, viene poi chiarito espressamente che restano in vigore a regime i principi contabili internazionali anche per la redazione dei bilanci individuali.

In merito all’articolo 7 è da considerare che le lettere e-bis) ed e-ter) dell'articolo 15 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 luglio 2013, n. 112, prevedono entrambe, a copertura rispettivamente dell'articolo 5, commi 3 e 3-bis, e dell'articolo 8 del medesimo decreto-legge n. 91 del 2013, incrementi delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, ulteriori rispetto a quelli già indicati nel precedente articolo 14, comma 2 del medesimo decreto.

Occorre anche evidenziare che gli aumenti delle aliquote di accisa disposti dal citato articolo 14, comma 2, sono stati nel frattempo superati dagli incrementi stabiliti, sui medesimi prodotti alcolici, dall'articolo 25 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128.

Ciò premesso, al fine di rendere attuabile il disposto delle menzionate lettere e-bis) ed e-ter) del predetto articolo 15, risulta necessario prevedere, con il comma 1 dell’articolo 7, lo strumento al quale demandare la statuizione degli incrementi dell'accisa in questione, provvedendo a chiarire che gli stessi andranno calcolati tenendo conto degli aumenti, nel frattempo intervenuti, ad opera dall'articolo 25 del menzionato decreto-legge n. 104 del 2013. In tale contesto si stabilisce anche che gli aumenti debbano essere statuiti con una determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che dovrà essere emanata entro il 31 dicembre 2013 e pubblicata sul sito internet della medesima Agenzia.

L’articolo 8 reca le norme di copertura finanziaria del provvedimento.

L’articolo 9 dispone l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel decreto il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

1) Attualmente partecipano al capitale INPS e INAIL.

2) Attualmente il potere di voto è assicurato dallo Statuto in forma proporzionalmente decrescente rispetto al numero di quote e nessuna quota oltre il limite massimo di 23.000 dà diritto al voto (pari al 7,7 per cento del capitale; articolo 9 dello Statuto).

3) Si pensi, ad esempio, alle previsioni regolamentari in materia di meccanismo di vigilanza unico di cui al regolamento (UE) richiamato dall’articolo 4, comma 1, del decreto-legge.

Analisi dell'impatto e della regolazione (A.I.R.)

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Relazione tecnica

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 30 novembre 2013.(*)

Conversione in legge del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia

Presidente della Repubblica

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di provvedere in materia di pagamento dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, nonché in materia di immobili pubblici;

Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre nuove disposizioni in materia di disciplina del capitale della Banca d'Italia, della partecipazione ad esso e degli organi rappresentativi dei soggetti partecipanti, al fine di superare le incertezze interpretative in ordine alla natura della partecipazione stessa ed al suo contenuto economico, anche in vista della imminente partecipazione della Banca d'Italia al Sistema Unico Europeo di Supervisione bancaria;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 novembre 2013;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze;

emana

il seguente decreto-legge:

TITOLO I

DISPOSIZIONI FISCALI ED IN MATERIA DI IMMOBILI PUBBLICI

Articolo 1.

(Abolizione della seconda rata dell'IMU)

1. Per l'anno 2013, fermo restando quanto previsto dal comma 5, non è dovuta la seconda rata dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per:

a) gli immobili di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85;

b) gli immobili di cui all'articolo 4, comma 12-quinquies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44;

c) gli immobili di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto-legge del 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124;

d) i terreni agricoli, nonché quelli non coltivati, di cui all'articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 201 del 2011, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola;

e) i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto-legge n. 201 del 2011.

2. L'agevolazione di cui al comma 1 non si applica per i terreni agricoli, e per i fabbricati rurali diversi rispettivamente, da quelli di cui alla lettere d) ed e) del comma 1 del presente articolo.

3. Fermo restando quanto disposto dai commi 5 e 6, al fine di assicurare ai comuni il ristoro del minor gettito dell'imposta municipale propria di cui al comma 1 dell'articolo 13 del decreto legge n. 201 del 2011, derivante dalla disposizione recata dal comma 1 del presente articolo, è stanziato un aumento di risorse di euro 2.164.048.210,99 per l'anno 2013, di cui euro 2.076.989.249,53 riferiti ai comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna ed euro 87.058.961,46 riferiti ai comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Una quota delle risorse di cui al comma 3, pari a euro 1.729.412.036,11 è attribuita dal Ministero dell'interno limitatamente ai comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna, entro il 20 dicembre 2013, nella misura risultante dall'allegato A al presente decreto, pari alla metà dell'ammontare determinato applicando l'aliquota e la detrazione di base previste dalle norme statali per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1 del presente articolo.

5. L'eventuale differenza tra l'ammontare dell'imposta municipale propria risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1 deliberate o confermate dal comune per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali per ciascuna tipologia di immobile di cui al medesimo comma 1 è versata dal contribuente, in misura pari al 40 per cento, entro il 16 gennaio 2014.

6. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, da emanare entro il 28 febbraio 2014, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è determinato a conguaglio il contributo compensativo nell'importo complessivo di euro 348.527.350,73 risultante dalla differenza tra le risorse di cui al comma 3 e quelle distribuite ai sensi dei commi 4 e 8, spettante a ciascun comune. L'attribuzione, con le procedure di cui rispettivamente ai commi 4 e 8, avviene sulla base di una metodologia concordata con l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), prendendo come base i dati di gettito relativi all'anno 2012 ed operando una stima delle manovre effettuate dai comuni nell'anno 2013. L'attribuzione deve, altresì, tenere conto di quanto già corrisposto ai medesimi comuni con riferimento alle stesse tipologie di immobili ai sensi del comma 1 dell'articolo 1 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.

7. Qualora dal decreto di cui al comma 6 risulti un ammontare complessivo di importi riconosciuti al comune superiori a quanto ad esso spettante dall'applicazione delle aliquote e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1 del presente articolo, deliberate o confermate per l'anno 2013, l'eccedenza è destinata dal comune medesimo a riduzione delle imposte comunali dovute relativamente ai medesimi immobili per l'anno 2014.

8. Per i comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, la compensazione del minor gettito dell'imposta municipale propria derivante dalla disposizione recata dal comma 1 del presente articolo avviene attraverso un minor accantonamento, per l'importo complessivo di euro 86.108.824,15 di cui all'allegato A al presente decreto, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

9. Il comma 1 si applica anche agli immobili equiparati all'abitazione principale dai comuni ai sensi dell'articolo 13, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011 e dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 102, per i quali non spettano le risorse di cui ai commi 3, 4 e 6, ovvero il minor accantonamento di cui al comma 8.

10. Ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Nel caso in cui i procedimenti per l'assegnazione degli stanziamenti sul pertinente capitolo di spesa del Ministero dell'interno, non siano completati entro il termine del 10 dicembre 2013, per l'erogazione del trasferimento compensativo ai comuni è autorizzato il pagamento tramite anticipazione di tesoreria. L'anticipazione è regolata entro novanta giorni dal pagamento ai comuni.

11. In deroga all'articolo 175 del Testo unico degli enti locali, approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i comuni beneficiari del trasferimento compensativo di cui al comma 3 sono autorizzati ad apportare le necessarie variazioni di bilancio entro il 15 dicembre 2013.

12. Per l'anno 2014, il limite massimo di ricorso da parte degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria di cui all'articolo 222 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è incrementato, sino alla data del 31 marzo 2014 da tre a cinque dodicesimi. Gli oneri per interessi a carico dei comuni per l'attivazione delle maggiori anticipazioni di tesoreria di cui al periodo precedente sono rimborsati a ciascun comune dal Ministero dell'interno, nel limite massimo complessivo di 3,7 milioni di euro, con modalità e termini fissati con decreto del Ministero dell'interno, da adottare entro il 31 gennaio 2014.

Articolo 2.

(Disposizioni in materia di acconti di imposte)

1. All'articolo 11, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, dopo il comma 20 è inserito il seguente comma:

«20-bis. Ferma restando l'applicazione dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, la misura dell'acconto dell'imposta sul reddito delle società per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, per la Banca d'Italia e per le società e gli enti che esercitano attività assicurativa è aumentata al 128,5 per cento.».

2. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, per la Banca d'Italia e per le società e gli enti che esercitano attività assicurativa, l'aliquota di cui all'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è applicata con una addizionale di 8,5 punti percentuali. L'addizionale non è dovuta sulle variazioni in aumento derivanti dall'applicazione dell'articolo 106, comma 3, del suddetto testo unico.

3. I soggetti che hanno esercitato l'opzione per la tassazione di gruppo di cui all'articolo 117 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e i soggetti che hanno esercitato, in qualità di partecipati, l'opzione per la trasparenza fiscale di cui all'articolo 115 del citato testo unico assoggettano autonomamente il proprio reddito imponibile all'addizionale prevista dal comma 2 e provvedono al relativo versamento; i soggetti che hanno esercitato, in qualità di partecipanti, l'opzione per la trasparenza fiscale di cui al medesimo articolo 115 del testo unico assoggettano il proprio reddito imponibile all'addizionale prevista dal comma 2 senza tener conto del reddito imputato dalla società partecipata.

4. La seconda o unica rata di acconto dell'imposta sul reddito delle società dovuta per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, determinata in misura corrispondente alla differenza fra l'acconto complessivamente dovuto e l'importo dell'eventuale prima rata di acconto, è versata entro il 10 dicembre 2013 ovvero, per i soggetti il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare, entro il decimo giorno del dodicesimo mese dello stesso periodo d'imposta.

5. A decorrere dall'anno 2013, i soggetti che applicano l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, ai sensi del comma 3 dell'articolo 6 del medesimo decreto legislativo, sono tenuti, entro il 16 dicembre di ciascun anno, al versamento di un importo, a titolo di acconto, pari al 100 per cento dell'ammontare complessivo dei versamenti dovuti nei primi undici mesi del medesimo anno, ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 6. Il versamento effettuato può essere scomputato, a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo, dai versamenti della stessa imposta sostitutiva.

6. Il comma 4 dell'articolo 15 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124 è sostituito dal seguente:

«4. Il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio sulle entrate di cui alle lettere e) e f) del comma 3. Qualora da tale monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento degli obiettivi di maggior gettito indicati alle medesime lettere, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 2 dicembre 2013, stabilisce l'aumento della misura degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP, dovuti per i periodi d'imposta 2013 e 2014, e l'aumento, a decorrere dal 1º gennaio 2015, delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento dei predetti obiettivi anche ai fini della eventuale compensazione delle minori entrate che si dovessero generare per effetto dell'aumento degli acconti.».

Articolo 3.

(Disposizioni in materia di immobili pubblici)

1. Ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si applicano anche alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248; per esse la domanda di sanatoria di cui al citato comma 6 dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 può essere presentata entro un anno dall'atto di trasferimento dell'immobile.

2. Al comma 1, dell'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, dopo le parole «i beni immobili ad uso non», è inserita la seguente: «prevalentemente»;

b) dopo l'ultimo periodo sono aggiunti i seguenti: «L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali; in questo caso, ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma.

TITOLO II

DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA BANCA D'ITALIA

Articolo 4.

(Capitale della Banca d'Italia)

1. La Banca d'Italia, istituto di diritto pubblico, è la banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed è autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico di cui all'articolo 6 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013. È indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze.

2. La Banca d'Italia è autorizzata ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di euro 7.500.000.000; a seguito dell'aumento il capitale è rappresentato da quote nominative di partecipazione di euro 20.000 ciascuna.

3. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale.

4. Le quote di partecipazione al capitale possono appartenere solamente a:

a) banche aventi sede legale in Italia ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;

b) imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale in Italia ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;

c) fondazioni di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153;

d) enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia, fondi pensione istituiti ai sensi dell'articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e fondi pensione di cui all'articolo 15-ter del citato decreto legislativo n. 252, del 2005, aventi soggettività giuridica.

5. Ciascun partecipante non può possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore al 5 per cento. Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia.

6. La Banca d'Italia, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati al comma 5, può acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime. Tali operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore con il parere favorevole del Collegio Sindacale ed effettuate con i soggetti appartenenti alle categorie di cui al comma 4, con modalità tali da assicurare trasparenza e parità di trattamento. Per il periodo di tempo limitato in cui le quote restano nella disponibilità della Banca d'Italia, il relativo diritto di voto è sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia.

Articolo 5.

(Organi della Banca d'Italia)

1. L'Assemblea dei partecipanti e il Consiglio Superiore della Banca d'Italia non hanno ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, dallo Statuto del SEBC e della BCE, dalla normativa dell'Unione Europea e dalla legge alla Banca d'Italia o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali.

2. Il Consiglio Superiore della Banca d'Italia si compone del Governatore e di 13 consiglieri, nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca, fra i candidati individuati da un comitato costituito all'interno dello stesso Consiglio tra persone che posseggano i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità previsti dallo Statuto della Banca d'Italia.

Articolo 6.

(Disposizioni di coordinamento e altre disposizioni)

1. L'articolo 114 del Testo unico delle leggi sugli istituti di emissione, approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, e successive modificazioni è sostituito dal seguente:

«Art. 114. - (Rappresentante del Governo). -- 1. La direzione generale della Banca d'Italia deve informare volta per volta, e in tempo utile, il Ministro dell'Economia e delle Finanze del giorno e dell'ora fissati per la convocazione dell'assemblea generale dei partecipanti e per le adunanze del Consiglio superiore, inviando contemporaneamente un elenco degli affari da trattarsi».

2. Alle sedute dell'assemblea e del Consiglio superiore assiste un rappresentante del Governo, o, in sua vece, un funzionario a ciò delegato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze.».

2. Sono o restano abrogati l'articolo 115 del Testo unico delle leggi sugli istituti di emissione, approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, e successive modificazioni e gli articoli 20, 21 e 22 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, e successive modificazioni.

3. È abrogato il comma 1 dell'articolo 5, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691.

4. È abrogato il comma 3, dell'articolo 3, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43 e il comma 10 dell'articolo 19, della legge 28 dicembre 2005, n. 262.

5. Lo Statuto della Banca d'Italia è adattato, con le modalità stabilite all'articolo 10, comma 2 del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, alle disposizioni del presente decreto entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto medesimo, tenendo conto in particolare dei seguenti princìpi:

a) siano mantenuti adeguati presidi patrimoniali alla rischiosità, in coerenza con gli orientamenti del SEBC;

b) sia precisato che i diritti patrimoniali dei partecipanti sono limitati a quanto previsto all'articolo 4, commi 2 e 3;

c) anche al fine di facilitare l'equilibrata distribuzione delle quote fra i partecipanti ai sensi dell'articolo 4, comma 5, sia previsto a decorrere dal completamento dell'aumento di capitale di cui all'articolo 4, comma 2, un periodo di adeguamento non superiore a 24 mesi durante il quale per le quote di partecipazione eccedenti la soglia indicata all'articolo 4, comma 5, non spetta il diritto di voto ma sono riconosciuti i relativi dividendi;

d) venga abrogata la clausola di gradimento alla cessione delle quote, che può avvenire solo fra investitori appartenenti alle categorie indicate all'articolo 4, comma 4, ferma restando la verifica del rispetto dei limiti partecipativi.

6. A partire dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, i partecipanti al capitale della Banca d'Italia trasferiscono le quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori di iscrizione del comparto di provenienza. Salvo quanto disposto al periodo precedente, restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38.

TITOLO III

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 7.

(Disposizione di coordinamento)

1. Gli ulteriori incrementi delle aliquote di accisa previsti dall'articolo 15, comma 2, lettere e-bis) ed e-ter), del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, si riferiscono alle aliquote di accisa di cui all'Allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come rideterminate dall'articolo 25, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128; tali ulteriori incrementi sono stabiliti con determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei Monopoli da emanare entro il 31 dicembre 2013 ed efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet della medesima Agenzia.

Articolo 8.

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dagli articoli 1 e 2, pari complessivamente a 2.163,097 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500,653 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal medesimo articolo 2.

Articolo 9.

(Entrata in vigore)

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 30 novembre 2013.

NAPOLITANO

Letta -- Alfano -- Saccomanni

Visto, il Guardasigilli: Cancellieri

*) Si veda, altresì, l’Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 283 del 3 dicembre 2013.

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