Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Atto a cui si riferisce:
S.4/06231 DI BIAGIO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:
il Credito di Romagna SpA è stato fondato nel 2004, con lo scopo di realizzare...
Atto Senato
Interrogazione a risposta scritta 4-06231 presentata da ALDO DI BIAGIO
martedì 2 agosto 2016, seduta n.673
DI BIAGIO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:
il Credito di Romagna SpA è stato fondato nel 2004, con lo scopo di realizzare una banca al servizio delle famiglie e delle imprese, che operano nel territorio, dove la banca è presente con i suoi sportelli;
la banca, in breve tempo, ha registrato risultati assolutamente positivi e nel 2010 aveva già raggiunto quasi 900 milioni di raccolta, 600 milioni di impieghi, 16.000 clienti, un conto economico positivo, 12 filiali e 130 dipendenti;
dal maggio al luglio 2007 il Credito di Romagna è stato oggetto di una prima ispezione generale della vigilanza di Banca d'Italia, che si concludeva con parere "in prevalenza favorevole";
il 27 luglio 2010, l'istituto veniva nuovamente sottoposto ad ispezione da parte della vigilanza di Banca d'Italia;
in controtendenza rispetto a quanto precedentemente rilevato e, ad avviso dell'interrogante, apparentemente senza particolari ragioni sopravvenute, Banca d'Italia poneva il Credito di Romagna in amministrazione straordinaria per legami sociali e operativi con una istituzione bancaria sammarinese;
si evidenzia come tale situazione fosse già in essere, fin dall'avvio dell'attività e soprattutto in epoca antecedente alla prima ispezione e quindi già conosciuta da Banca d'Italia, che sul punto non aveva ritenuto di rilevare alcunché;
purtroppo si rileva come la banca, nel periodo amministrazione straordinaria, abbia subito ingenti danni economici: la raccolta complessiva, da 870 milioni infatti scese a 730 milioni, il conto economico registrò una perdita per 3,2 milioni di euro, perdita che sarebbe stata superiore ai 6 milioni, ma che fu mitigata da utili derivanti dalla vendita di coperture di investimenti, imputata su quell'esercizio contabile;
ancora nel 2010, non è stato possibile chiudere il bilancio al 30 giugno 2010, pertanto nel periodo di amministrazione straordinaria è stato redatto un bilancio unico a partire dal 1° gennaio 2010 fino al 30 settembre 2011, data di ritorno all'ordinaria amministrazione;
l'amministrazione straordinaria si è chiusa in data 30 settembre 2011, a seguito di un incontro presso gli uffici della Banca d'Italia di Roma, in occasione del quale sono state concordate le condizioni per ritornare all'amministrazione ordinaria;
tra le condizioni prescritte, vi era l'acquisto di una quota del Credito di Romagna pari al 10 per cento da parte di Veneto Banca, e dall'altro lato l'acquisto da parte del Credito di Romagna di azioni di Veneto Banca, al prezzo di 40 euro per azione, investendo una somma di euro 5,8 milioni, corrispondente quindi a quella che la stessa Veneto Banca aveva investito nel Credito di Romagna;
nel "piano di discontinuità" autorizzato dalla Banca d'Italia, era inoltre previsto che Veneto Banca nominasse il direttore generale per i primi 6 mesi, e in seguito, il capo dell'esecutivo sarebbe stato scelto dai soci, che peraltro avevano continuato a manifestare la loro massima fiducia nel dottor Giovanni Mercadini, che quindi sarebbe potuto a rientrare nel ruolo di direttore generale e di consigliere di amministrazione;
è opportuno segnalare che tra Veneto Banca ed i soci privati venne stipulato nel 2011 un patto di sindacato, oggettivamente penalizzante per il Credito di Romagna, condiviso da Banca d'Italia, alla quale fu trasmesso dai commissari straordinari;
con tale patto, il Credito di Romagna si impegnava ad acquistare la partecipazione in Veneto Banca per un investimento complessivo di 5,8 milioni, al prezzo per singola azione di 39,50 euro, nonché la nomina di 2 consiglieri su 7, un sindaco e il direttore generale per i primi 6 mesi, ottemperando, in tal modo, a tutte prescrizioni indicate dalla vigilanza della Banca d'Italia;
nonostante ciò, da parte della filiale di Forlì della Banca d'Italia si poneva in essere un comportamento a giudizio dell'interrogante quantomeno discutibile, con velate pressioni su diversi esponenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della banca, finalizzate ad un maggior controllo tecnico ed economico da parte di esponenti di Veneto Banca sul Credito di Romagna;
ad ogni modo, il Credito di Romagna, ripristinato il regime di ordinaria amministrazione, dall'inizio del 2013 al 30 giugno 2016 ha visto aumentare il numero dei clienti da 15.900 unità ad oltre 24.000 unità, nonché la raccolta diretta che al 4 luglio 2016 era di 721 milioni di euro (nonostante la crisi dei mercati finanziari);
il dottor Giovanni Mercadini, nel luglio 2013, veniva nominato direttore generale e amministratore delegato, in forza degli accordi rinnovati con Veneto Banca e che si rifacevano agli accordi del 2011 descritti;
nell'agosto 2013, a seguito di una segnalazione della Vigilanza Territoriale del gennaio 2013, al fine di rafforzare il patrimonio e aumentare la redditività della Banca, è stato deliberato dal consiglio di amministrazione un piano di sviluppo territoriale, in linea con le allora vigenti disposizioni di Basilea II, che consentisse alla banca di raggiungere volumi maggiori (per supportare i crescenti costi di struttura) ampliando la propria rete di filiali e di raccogliere più facilmente adesioni nuove per gli aumenti di capitale sociale previsti in più esercizi;
tale progetto è stato bocciato dalla Vigilanza della Banca d'Italia, filiale di Forlì, con la motivazione che non erano gradite banche in fase espansiva, in un periodo in cui molti istituti stavano chiudendo filiali;
a seguito di tale bocciatura da parte della Vigilanza della Banca d'Italia, filiale di Forlì, il Credito di Romagna ha prontamente ritirato il progetto e presentato una istanza di aumento di capitale sociale, da 45 a 50 milioni, con l'obbiettivo principale di riequilibrare il patrimonio aziendale, dopo le perdite registrate per effetto del commissariamento, e tale aumento è stato versato e interamente sottoscritto entro il gennaio 2014;
ma, ancora una volta, nel giugno del 2014, il Credito di Romagna veniva sottoposto ad una ulteriore ispezione da parte della Vigilanza di Banca d'Italia;
a seguito di tale ispezione, la Vigilanza prescriveva che, nella compagine sociale del Credito di Romagna, venisse inserito un partner qualificato nel termine di 45 giorni, che tale partner sottoscrivesse l'aumento di capitale necessario per conseguire un obiettivo di CET 1 del 10,50 per cento, ed infine che venisse nominato un nuovo capo dell'esecutivo, con il rinnovo del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale;
in considerazione delle oggettive difficoltà a reperire in tempi così brevi un partner qualificato, si è individuata la strada di una integrazione con Veneto Banca, soluzione peraltro gradita alla Vigilanza di Banca d'Italia, che, con lettera del 28 gennaio 2015, aveva dato la propria disponibilità a sottoscrivere l'aumento del capitale;
appena 2 mesi dopo, con lettera del 10 marzo 2015, Veneto Banca comunicava al Credito di Romagna la sopravvenuta impossibilità a dar corso agli impegni presi con la precedente nota del 28 gennaio 2015, a seguito del diniego della Banca centrale europea;
dopo tale comunicazione, ricevuta da Veneto Banca, il consiglio di amministrazione del Credito di Romagna ha prontamente provveduto a modificare il progetto di integrazione originario, in modo tale da prevedere un controllo di fatto di Veneto Banca, attraverso la sottoscrizione di un nuovo patto parasociale;
a tal fine, veniva richiesta a Banca d'Italia l'autorizzazione ad un aumento di capitale di 26 milioni, che veniva concesso con lettera del 5 giugno 2015, nella quale, tra l'altro, Banca d'Italia rinnovava le prescrizioni già contenute nella lettera datata 11 novembre 2014, tra cui la richiesta di aggregazione stabile con un partner e il ricambio dell'esecutivo da adempiere con soluzioni non temporanee;
data l'impossibilità sopravvenuta di Veneto Banca di aggregare il Credito di Romagna, il consiglio di amministrazione della banca dava quindi incarico di ricercare il partner, così come indicato da Banca d'Italia, all'advisor GRASBERG, che, dopo aver contattato oltre 40 banche, riferiva che solo 4 istituti, di piccola dimensione, si erano resi disponibili, peraltro in tempi futuri, a valutare il dossier Credito di Romagna;
l'advisor Grasberg veniva, anche su indicazione della Banca d'Italia, filiale di Forlì, sostituito con il professor Mario Cera, ma anche questo incarico non raggiungeva l'obiettivo di trovare il partner richiesto;
in data 20 luglio 2015, il Credito di Romagna inviava una lettera a Banca d'Italia in cui chiedeva la proroga dei termini di aggregazione con un partner;
nella stessa comunicazione, veniva fornita alla Banca d'Italia una puntuale informativa sull'incarico all'advisor Grasberg, indicato da Veneto Banca, per la ricerca del partner bancario, sull'aumento di capitale sociale, sui dati della semestrale ed infine sulla nuova governance e della rinuncia della delega di amministratore delegato da parte di Giovanni Mercadini;
veniva quindi deliberato un nuovo piano commerciale e operativo da sviluppare nel triennio 2015 e 2018, che prevedeva una ulteriore diversificazione del business e, tra le altre iniziative, l'apertura della filiale di Roma, mediante la contestuale chiusura di una delle 3 filiali di Bologna;
l'apertura di Roma era propedeutica alla diversificazione del business per area geografica e per dare valore aggiunto alla banca, in caso di cessione ad un terzo istituzionale;
nel dicembre del 2015, dopo il caso delle quattro banche "risolte" (Marche, Ferrara, Etruria, Chieti) e dopo soli 12 mesi dalla fine della precedente ispezione, la Vigilanza di Banca d'Italia svolgeva un'ennesima ispezione che terminava il 4 marzo 2016;
a conclusione della visita ispettiva, il capo del team ispettivo, dottor Mitra, dichiarava a diversi esponenti della banca di non aver sostanzialmente rilevato anomalie di rilievo nell'attività di antiriciclaggio, né irregolari concessioni di credito alle parti correlate;
nonostante quanto evidenziato, in data 4 luglio 2016, il Credito di Romagna è stato oggetto da parte di Banca d'Italia del provvedimento "removal", per la prima volta attuato in Italia, con la rimozione di tutti gli organi sociali della banca;
il provvedimento si incentrava, in particolare, su alcuni aspetti e cioè sulla necessità di ingresso nel capitale con un ruolo di controllante di un qualificato investitore professionale, entro 45 giorni, con conseguente discontinuità aziendale, e si contestava, in maniera ricorrente, che la precedente gestione della banca fosse incentrata eccessivamente sulla figura del dottor Giovanni Mercadini;
alla luce di quanto evidenziato, sorgono, secondo l'interrogante, molteplici perplessità in riferimento al comportamento anomalo tenuto dalla Vigilanza di Banca d'Italia, che avrebbe ripetutamente sottoposto un istituto bancario "sano" ad ispezione in un circoscritto periodo di tempo, intimando prescrizioni, che sono state attuate nei limiti del possibile, per poi spingersi fino all'adozione di un provvedimento forte come il "removal", unicum nella storia italiana, sulla scorta di motivazioni a giudizio dell'interrogante alquanto opinabili;
sembrerebbe trasparire, secondo l'interrogante, dato il numero e la frequenza delle ispezioni e l'esito delle stesse, quasi un fumus persecutionis da parte di Banca d'Italia, quantomeno nella figura della filiale di Forlì, finalizzato ad una acquisizione del Credito di Romagna da parte di altro investitore o comunque a determinare pressione in tal senso;
in considerazione del ruolo assolutamente prezioso per il tessuto sociale che un istituto bancario, come il Credito di Romagna, svolge, al servizio delle famiglie e delle imprese che operano nel territorio, dove la banca è presente con i suoi sportelli, ed in un periodo critico anche per la credibilità del sistema bancario, è assolutamente necessario, ad avviso dell'interrogante, chiarire se, nei confronti di tale istituto, siano state poste in essere dalla Vigilanza di Banca d'Italia condotte nell'esclusivo interesse dei risparmiatori e non eventualmente motivate da altri interessi e logiche;
bisogna infatti rammentare come, al di là di pochi e isolati casi di mala gestio, sono proprio le piccole realtà locali e di credito cooperativo che hanno mantenuta salda l'ossatura del sistema bancario nell'interesse dei piccoli risparmiatori,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e della procedura posta in essere dalla Vigilanza di Banca d'Italia e quali siano le sue valutazioni in merito;
se, nel rispetto dell'autonomia dell'istituto centrale, ritenga siano legittime, nei tempi e nei modi, le prescrizioni richieste da Banca d'Italia, filiale di Forlì, al Credito di Romagna;
se vi sia un indirizzo del Governo volto ad accentrare e raggruppare gli istituti di credito, a carattere locale, in capo a partner più qualificati e, in caso di diniego, quali iniziative intenda porre in essere, al fine di evitare che si moltiplichino sul territorio italiano procedure, secondo l'interrogante, anomale e distorsive sul modello di quella evidenziata in premessa.
(4-06231)