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Atto a cui si riferisce:
C.1/01339    premesso che:     scenari di crisi incombono sul mondo occidentale e sul nostro Paese: in particolare, il jihadismo in fase di attacco globale è una realtà di orrore e...



Atto Camera

Mozione 1-01339presentato daBRUNETTA Renatotesto diMercoledì 3 agosto 2016, seduta n. 667

   La Camera,
   premesso che:
    scenari di crisi incombono sul mondo occidentale e sul nostro Paese: in particolare, il jihadismo in fase di attacco globale è una realtà di orrore e morte per i popoli del Medio Oriente, dell'Africa e anche della stessa Europa, come dimostrano i recenti tragici episodi di Parigi, Bruxelles, Nizza, colpendo in maniera indiscriminata bambini, donne, uomini, tra cui diversi nostri connazionali;
    il terrorismo è un atto criminale ingiustificabile in qualsiasi circostanza, e rappresenta una minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità di ciascun Paese, ma soprattutto ai diritti e alla libertà dei suoi cittadini;
    il terrorismo che attualmente minaccia il mondo occidentale è di matrice islamica e trova il proprio fondamento ideologico, ma anche spesso finanziario e operativo, all'interno dell'autoproclamatosi Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (Isis). L'Isis ad oggi, a seguito del vuoto di potere che si è creato nel paese dopo l'intervento occidentale contro il regime di Gheddafi, ha conquistato anche alcune città libiche, avvicinandosi sempre di più alle coste italiane e moltiplicando le minacce all'Italia e ad altri Paesi europei;
    negli ultimi giorni a Sirte, in Libia, a soli 300 chilometri dalle coste italiane, alcuni obiettivi strategici sono stati colpiti da raid aerei degli Stati Uniti, su richiesta del governo di unità nazionale guidato da Fayed al Sarraj, per «negare ai jihadisti dello Stato islamico un covo sicuro in Libia da cui potrebbero attaccare l'America e i suoi alleati». Le operazioni potranno proseguire nei prossimi giorni;
    da parte sua, il Governo italiano si è affrettato ad esprimere pieno sostegno all'intervento Usa, volto «a contribuire a ristabilire la pace e la sicurezza in Libia», negando di fatto il proprio coinvolgimento, e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni ha dichiarato che il Governo è pronto a «valutare» eventuali richieste di utilizzo di basi militari da parte di Washington. Anche in questo caso, però, è risultata evidente la totale irrilevanza del Governo italiano nello scenario politico internazionale, finanche nel contesto mediterraneo, dove è presente in prima linea la nostra Marina nelle operazioni quotidiane di salvataggio in mare dei migranti;
    i recenti attacchi terroristici hanno scosso profondamente gli animi, e richiamato con forza la necessità di un nuovo approccio alla lotta al terrorismo; diversi sono gli attentati ideati e compiuti da cittadini regolarmente residenti sul territorio europeo, e che all'interno dello stesso circolavano liberamente: ciò dimostra ancora una volta quanto il contrasto al terrorismo non possa che avvenire innanzitutto a livello europeo ed internazionale;
    malgrado le accresciute misure di sicurezza a livello nazionale, europeo e internazionale, nonché la crescente cooperazione tra i Paesi europei ed extra europei, la minaccia terroristica rimane altissima, come gli allarmi e le operazioni di polizia che si susseguono in tutte le principali città europee;
    inoltre, la minaccia posta dai cittadini europei, o comunque appartenenti a stati del mondo occidentale, radicalizzati, molti dei quali sono anche foreign fighters, che si sono recati all'estero per addestrarsi e combattere tra le fila dell'Isis, è destinata a persistere nei prossimi anni. Per rispondere efficacemente a tale problematica occorrono un approccio globale e un impegno a lungo termine;
    per questo, la responsabilità di combattere il terrorismo non può spettare ai soli Stati. L'Unione europea e la comunità internazionale devono svolgere un ruolo di primo piano, data la natura transfrontaliera della minaccia;
    ma in questo quadro drammatico, si constata l'impotenza dell'Europa, che non ha una politica estera unitaria e chiara, e l'incapacità del Governo del nostro Paese di incidere con efficacia, a partire dalla crisi libica e dalle ultime operazioni di portata internazionale. Si assiste sgomenti a una escalation che finora ha trovato i leader europei uniti nella retorica ma incapaci di coordinare qualsiasi strategia di tutela della sicurezza interna e di attacco al santuario del terrore di Al Baghdadi in Medio Oriente. Il prevalere di miopi interessi particolari o personalismi senza capacità di leadership aumenta la disaffezione quando non una vera e propria ostilità verso le istituzioni europee;
    tra l'altro il Presidente del Consiglio dei ministri ha trattato in Europa per il ruolo dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, attualmente ricoperto da Federica Mogherini, che ha ben poca incisività rispetto alle politiche dell'Unione europea, sarebbe stato con tutta probabilità più opportuno e vantaggioso per il nostro Paese avere tra i propri rappresentanti un membro interno alla Commissione di peso, che magari avrebbe caratterizzato il proprio mandato per efficacia e incisività dell'Italia in seno all'Unione;
    anche la conquista di un seggio non permanente all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per il 2017 assume per l'Italia il sapore di una sconfitta, se il risultato finale, ovvero la «condivisione» del seggio con l'Olanda, viene letto alla luce di quelle che erano le premesse iniziali;
    la lotta contro lo stato islamico, per essere forte e credibile, richiede leadership. E la leadership richiede la capacità e la responsabilità di prendere decisioni, anche quando sono difficili. Una caratteristica che l'Europa, soprattutto sul fronte internazionale, non sembra mostrare;
    l'unica decisione di politica estera di un qualche significato presa dall'Europa è stata quella di farsi del male da sola, colpendo la Federazione russa con le sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese. Opporsi alle sanzioni non significa acquiescenza nei confronti di quanto avvenuto in Ucraina e in Crimea, ma, alla luce dei dati emersi e delle conseguenze che hanno fatto seguito all'applicazione delle misure, il bilancio dello strumento introdotto è certamente negativo; la questione avrebbe quindi richiesto una valutazione maggiormente ponderata e approfondita, considerando soluzioni alternative;
    in questi mesi difficilissimi, continuando ad insistere sulle sanzioni, l'Unione europea ha quindi perseverato nella propria cecità di fronte al mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo;
    i sottoscrittori del presente atto esprimono grande apprezzamento per la risoluzione approvata il 28 aprile 2016 dall'Assemblea nazionale francese, con cui si è chiesto di cancellare le sanzioni dell'Unione europea contro la Federazione russa. Risoluzione molto simile nei contenuti agli atti di indirizzo presentati da Forza Italia, in particolare nell'ultimo anno;
    da svariati mesi, infatti, Forza Italia in Parlamento chiede al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al suo Governo di farsi promotore di una iniziativa nel senso della cancellazione delle sanzioni, come primo fondamentale passo per il disgelo e per costruire l'unità contro il terrorismo, anche alla luce della situazione geopolitica attuale, in cui la minaccia del terrorismo islamico può essere combattuta solo da una grande coalizione internazionale che sotto l'egida dell'Onu metta insieme Europa, Cina, Paesi arabi, Federazione russa e Stati Uniti, coinvolgendo, in particolare, il ruolo di questi ultimi nel favorire processi di pace nel mondo;
    in questa situazione drammatica in cui il fronte anti terrorismo e anti Isis è diviso, compito attuale dell'Italia è in continuità con la sua missione storica di ponte tra USA, Nato e Russia, che nella fedeltà anche operativa alle scelte della alleanza cui apparteniamo, sappia creare condizioni di intesa e dialogo sfruttando gli ambiti OCSE e il Consiglio dei 20 creato a Pratica di Mare;
    la responsabilità dell'Italia è anzitutto quella di rispettare la sua tradizionale attitudine ad essere un ponte di pace con la Federazione russa, sulla scia di quanto realizzato a seguito degli accordi di Pratica di Mare, nati su impulso del Presidente Silvio Berlusconi, consentendo, nel 2002, una partnership strategica tra Nato e Federazione russa; ma troppo lontano è quel ruolo di protagonisti che portò il nostro Paese ad essere artefice e ospite del momento più alto e collaborativo tra i Paesi della Nato e la Federazione russa;
    in ogni caso, davanti a questo drammatico scenario internazionale, sembra ormai ineludibile per i Paesi europei impegnarsi per lo sviluppo di un'effettiva politica di difesa e sicurezza comune, in un quadro di collaborazione con le alleanze atlantiche; sono innumerevoli le opportunità che possono derivare dall'integrazione europea della difesa, con particolare riferimento alla costituzione di asset operativi e addestrativi comuni, finalizzati ad una piena interoperabilità, nonché alla promozione di sinergie industriali finalizzate alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione di programmi comuni sulla base di accordi di cooperazione o di cooperazione rafforzata;
    le azioni dell'Islam jihadista e la minaccia terroristica sono indissolubilmente legate al tema dei flussi migratori indiscriminati che interessano l'Italia e l'intera Europa. La lotta al terrorismo non può infatti prescindere da una corretta gestione del fenomeno migratorio: l'Italia, per la sua posizione geografica, porta d'ingresso in Europa, è da anni meta di un forte e continuo flusso migratorio, ed è stata spesso abbandonata a se stessa nella gestione di operazioni assai onerose (rivelatesi comunque controproducenti), quali «Mare Nostrum» e «Triton»;
    anche la missione EUNAVFOR MED riporta risultati comunque limitati dal fatto che non è ancora stata avviata la fase 3 dell'operazione, che prevede la possibilità di arrestare gli scafisti e di sequestrare o affondare le barche direttamente sulle coste di partenza e sullo stesso territorio libico. La fase 3, che però presuppone il consenso del governo costiero interessato, è fondamentale, perché permetterebbe di entrare nelle acque territoriali libiche, combattendo in maniera efficace gli scafisti responsabili del traffico illegale di clandestini. Rimanere bloccati alla fase 2 significa che il Governo libico è ancora fermo, e che il nostro Paese rischia di continuare a sostenere una missione che è in grado solo di alimentare l'immigrazione clandestina;
    in buona sostanza, tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto esiti positivi, registrando di fatto il fallimento di una politica europea comune delle migrazioni; siamo quindi ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato, quantomeno sulla carta. Lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo. Lo dice il Governo italiano, che più di una volta ha manifestato insoddisfazione per la scarsa implementazione dell'accordo dello scorso ottobre 2015, e per il mancato rispetto degli impegni da parte dell'Unione europea. Lo dicono i numeri: in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
    è quantomeno necessario uno sforzo comune per rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell'Europa, a fronte di un flusso migratorio irregolare che nel 2015 è aumentato di circa 7 volte rispetto a quello del 2014. Secondo Frontex, infatti, nel 2015, sono stati rilevati 1,83 milioni di attraversamenti irregolari di migranti alle frontiere esterne dell'Unione europea, a fronte dei 283.500 dell'anno precedente;
    in questi mesi difficili, persino lo spirito di Schengen è stato messo fortemente in discussione: posto che non si ritiene strategicamente corretto limitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione dei cittadini europei solo perché non si è in grado di fronteggiare il grande problema dei flussi migratori, si ritiene necessario potenziare il controllo delle frontiere esterne a Schengen, nonché il sistema dei rimpatri e, in questa direzione, far sì che l'Europa diventi protagonista degli accordi di rimpatrio con i Paesi africani, non limitandosi a demandarne la negoziazione ai singoli Stati europei;
    alla luce di ciò è urgente ed improcrastinabile l'implementazione di una politica migratoria europea comune e coerente, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito, e che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di ricevere assistenza in Africa e accoglienza in Europa;
    occorre una maggiore condivisione delle responsabilità con gli altri Paesi europei per scongiurare il rischio di nuovi attacchi terroristici nel continente nonché, per quanto concerne la spartizione delle responsabilità, la necessità di modificare il sistema di Dublino poiché superato, inefficace e ingiusto per i paesi di sbarco e per i richiedenti asilo;
    per quanto riguarda l'attuazione dei programmi di ricollocazione stabiliti dal Consiglio dello scorso autunno, merita rilevare che il numero totale di persone ricollocate all'11 luglio 2016 è limitato a 3.056 (2 213 dalla Grecia e 843 dall'Italia), considerando anche la Croazia, che per la prima volta ha aderito al programma. Ciò significa che si è ancora molto lontani dall'obiettivo fissato dalla Commissione di ricollocare 6.000 persone al mese;
    pertanto, è evidente che gli Stati membri ancora non adempiono agli impegni assunti a norma delle decisioni del Consiglio sulla ricollocazione. Tale lentezza nell'attuazione dei programmi di relocation sconta infatti le resistenze da parte di molti Stati, alcuni dei quali si sono addirittura rifiutati di aderire al programma;
    il dato è particolarmente grave, in particolare alla luce dei continui sbarchi sulle coste del nostro Paese: solo nell'ultimo fine settimana di luglio sono stati circa 5500 i migranti tratti a bordo dalle navi del dispositivo di sicurezza che pattuglia le acque del Mediterraneo;
    l'Europa deve inoltre prendere atto dei dati non confortanti che provengono dalle misure adottate dalla Turchia nell'ambito del Piano d'azione che tale Stato terzo ha convenuto con l'Unione europea: in ogni caso, su tale fronte, lo scenario, oggi, appare notevolmente mutato, a seguito del tentativo di colpo di Stato perpetrato nella notte tra il 15 e il 16 luglio 2016, quando una parte dell'esercito turco ha cercato di rovesciare il presidente Recep Tayip Erdogan e il Governo in carica;
    al fallimento del golpe ha fatto seguito la durissima reazione del Governo, che ha proceduto con migliaia di arresti e sospensioni dai pubblici uffici, fino a dichiarare la possibilità di ripristino della pena di morte;
    dopo le iniziali dichiarazioni dei leader internazionali a favore del ristabilito ordine democratico a golpe fallito, a partire dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, il Consiglio dei 28 ministri degli esteri, riunito a Bruxelles, ha esortato la Turchia al rispetto dei valori democratici e dello Stato di diritto, ribadendo che la loro violazione o la reintroduzione della pena di morte escluderebbe lo Stato turco dalla procedura di adesione all'Unione europea;
    il segretario di Stato americano, Kerry, ha richiamato la responsabilità della Turchia come membro NATO di fronte alle migliaia di arresti e alle misure restrittive adottate nella pubblica amministrazione, nelle forze armate e nei media;
    l'accordo raggiunto tra i 28 leader europei e la Turchia (in base a quanto stabilito nell'accordo negoziato nella missione in Turchia del vicepresidente Timmermans e del commissario per l'allargamento Hahn) per la gestione dei migranti prevede: il respingimento dei migranti in Turchia (per ogni profugo siriano che viene rimandato in Turchia dalle isole greche un altro siriano verrà trasferito dalla Turchia all'Unione europea, attraverso dei canali umanitari); la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, a partire dal 10 giugno 2016; aiuti economici alla Turchia attraverso il versamento da parte dell'Unione europea di 3 miliardi di euro, già approvati nel vertice di novembre 2015, per la gestione dei campi profughi, e la mobilitazione «fino a un massimo di altri 3 miliardi entro fine 2018», ma solo dopo che i primi 3 miliardi saranno spesi; l'adesione della Turchia all'Unione europea;
    le istituzioni internazionali, in primis quelle europee, non possono ignorare i numeri degli arresti e delle sospensioni dai pubblici uffici registrati ad oggi, e hanno l'obbligo di vigilare ed agire per la tutela dello stato di diritto, della libertà di stampa e dei diritti umani;
    sul piano della politica economica, la politica seguita nell'Eurozona e più in generale nell'Unione europea, a trazione tedesca e all'insegna della pura austerità, non solo non ha prodotto i risultati sperati, visto l'aggravarsi di tutti i problemi finanziari, dal deficit di bilancio al debito pubblico, ma ha alimentato una spirale deflazionistica che rende estremamente preoccupanti le prospettive future;
    la reazione alla «Brexit», specie quella italiana, non si è mostrata al momento ancora costruttiva; di certo, è evidente la necessità di una svolta politica ed economica tra gli Stati che compongono l'Unione. Oggi le istituzioni europee non reggono perché incapaci di cambiare politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale;
    il Governo italiano avrebbe dovuto da tempo dare seguito alla proposta francese di restituire una dimensione politica all'eurozona, con un Governo e un Parlamento comuni. Ciò avrebbe cambiato le carte in tavola nell'Unione europea; non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti; cessioni progressive di sovranità; «compiti a casa»; asfissia dei Paesi con alto debito pubblico e difficoltà di governance; ricatti politici e dei mercati finanziari. Ma una nuova unione in cui davanti a tutto c’è la politica e la responsabilità;
    l'Italia, tuttavia, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo è rimasta immobile. Il Presidente del Consiglio non ha saputo decidere se fare asse con la Francia, e magari la Spagna, oppure sottostare, anche in questa occasione, alla linea di Angela Merkel, in cambio di un po’ di flessibilità e di possibilità di fare deficit, al fine di ottenere facile consenso;
    per quanto riguarda, gli aspetti della politica macroeconomica, è difficile negare che oggi l'Europa non soffra di una carenza di domanda e che sia necessario uno stimolo fiscale che supporti la politica monetaria; in particolare, ciò che ha inciso più negativamente sulla funzionalità dell'Unione, è stato il surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (netta prevalenza delle esportazioni sulle importazioni) dell'economia tedesca, che ha cominciato a essere tale con l'avvento dell'euro, e che da allora ha avuto un andamento crescente, in particolare negli anni della crisi. Ma in un'unione monetaria, il surplus di uno o più paesi produce più danni dell'eccesso di deficit di altre economie dell'Unione;
    l'Europa a trazione tedesca non ha quindi volutamente colto, sbagliando, questo punto. E le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, piuttosto che risolverla, e la politica del «sangue, sudore e lacrime» implementata negli anni della crisi dall'Europa a trazione tedesca è stato un tragico (e con tutta probabilità, non casuale) errore;
    non solo, in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è voluto procedere, sotto pressione tedesca, con sempre più stringenti cessioni di sovranità, presentate, guarda caso, come necessarie e indispensabili per far fronte all'emergenza; sono proprio degli anni della crisi, infatti, il Six Pack, il Fiscal Compact, e il Two Pack, tutte modifiche intervenute sull'originario trattato di Maastricht, tra l'altro attraverso strumenti legislativi inadeguati e, secondo alcuni, illegittimi, che hanno ulteriormente squilibrato il sistema europeo, stravolgendone l'impianto iniziale. Modifiche che oggi più che mai bisogna sospendere, per tornare all'impianto originale. Magari completandolo con le quattro unioni (bancaria, inclusa la garanzia comune europea sui depositi; economica, che significa Eurobond; politica e di bilancio) da troppo tempo solo discusse e mai davvero implementate,

impegna il Governo:

   a rilanciare l'azione del nostro Paese e dell'intera Europa sul fronte della lotta al terrorismo e sul piano internazionale in generale, soprattutto con riguardo allo scenario mediterraneo e mediorientale, attraverso una collaborazione politico-strategica con la Federazione russa, coinvolgendo anche gli Stati Uniti, sulla scia di quanto fatto con gli accordi di Pratica di Mare nel 2002;
   ad implementare la propria azione a livello internazionale ed europeo, affrontando con decisione i temi della lotta al terrorismo internazionale e della gestione del fenomeno migratorio attraverso un contributo fattivo ed incisivo in qualità di futuro membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per il 2017, nonché nell'ambito della prossima presidenza del G7 e della futura presidenza OSCE assegnata al nostro Paese per il 2018, agevolando un clima di maggiore distensione internazionale, di dialogo e di collaborazione, e lavorando in particolare per un riavvicinamento della Federazione russa al G7, seguendo una logica inclusiva;
   a riconsiderare nell'ambito dell'Unione europea la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, nonché ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di Paesi, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa – anche valutando l'ipotesi di esercitare sul punto il proprio diritto di veto – per agevolare un positivo coinvolgimento di quest'ultima nella lotta al terrorismo internazionale e nelle operazioni portate avanti nel Mediterraneo;
   a rendersi disponibile a meccanismi di informazione e consultazione permanente con gli organi parlamentari che coinvolgano le forze politiche di maggioranza e di opposizione, per trattare nel merito situazioni di crisi gravi ogni volta che queste si presentano e che favoriscano, senza sostituirsi alle competenze dell'Assemblea plenaria, il confronto e la discussione delle iniziative del Governo e delle proposte delle opposizioni;
   ad operare in ambito NATO per sostenere e promuovere azioni efficaci contro il terrorismo internazionale, e per stimolare il dibattito e la riflessione sulle nuove priorità geopolitiche, alla luce dell'attuale e drammatico scenario internazionale;
   a chiarire quanto prima la strategia e il coinvolgimento dell'Italia nei confronti della crisi libica, a fronte della recente operazione portata avanti dagli Stati Uniti su richiesta del Governo libico di unità nazionale;
   a promuovere ogni iniziativa in ambito europeo volta a dare impulso a concrete iniziative per la crescita della dimensione di difesa comune europea;
   nell'ambito delle misure per affrontare la crisi migratoria e dei rifugiati, ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, sulla scia di quanto già indicato, a seguito dell'approvazione della risoluzione di Forza Italia n. 6-00251, sollecitando con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea, in linea con il Migration Compact, volto a stipulare accordi economici bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
   a sollecitare un intervento decisivo volto a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica», fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;
   a promuovere in sede europea opportuni interventi volti a garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi, rivedendo altresì le clausole del regolamento di «Dublino III» per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei;
   ad intervenire nelle opportune sedi per porre in essere nel più breve tempo possibile l'inizio della fase 3 della missione EUNAVFOR MED, che permetterà di entrare nelle acque territoriali libiche per impedire le partenze dei barconi e contrastare più efficacemente il traffico di esseri umani, valutando altresì, ove ciò non fosse praticabile in tempi ragionevolmente brevi, la possibilità della sospensione dell'attuale fase 2;
   ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta ad implementare lo scambio di informazioni, per sorvegliare con la massima attenzione e continuità tutti i possibili luoghi di aggregazione dei terroristi, evidenziando il ruolo di Europol ed Eurojust, e a prevedere una migliore e più efficace condivisione delle informazioni tra i diversi servizi di intelligence degli Stati membri, insieme ad un anti-terrorismo cibernetico contro la propaganda dell'ISIS; ad adottare iniziative volte a rafforzare lo stesso ruolo dell’intelligence, incrementando e velocizzando il reclutamento di esperti, individuati nell'ambito accademico e scientifico, in grado di contribuire a inquadrare le nuove minacce alla sicurezza;
   al fine di un generale contrasto allo Stato islamico e alla sua attività di propaganda e reclutamento online, a farsi promotore a livello europeo ed internazionale di accordi con gli operatori delle telecomunicazioni per rendere più rapidi i tempi di rimozione dei messaggi che Daesh diffonde sul web, segnalare tempestivamente i casi di propaganda o minaccia a sfondo terroristico, nonché di vendita online di beni di ogni genere da parte di Daesh, così come a chiudere in tempi rapidissimi i canali di finanziamento online a cui l'Isis fa ricorso;
   nel ribadire la ferma condanna per ogni tentativo di sovvertimento dell'ordine democratico in Turchia, alleato strategico in un'area di primaria importanza geopolitica, ad agire all'interno delle istituzioni dell'Unione europea nei confronti del Governo turco per: ribadire nelle sedi opportune la tutela e il rafforzamento dello stato di diritto, della libertà di stampa e dei diritti umani; intervenire con ogni mezzo, affinché non venga ripristinata la pena di morte; vigilare, affinché il processo in corso non favorisca il rafforzamento di Daesh nella regione; offrire concretezza agli accordi con la Turchia sui migranti, verificando l'utilizzo dei fondi già erogati e di quelli da erogare entro il 2018, e valutando la possibilità di introdurre meccanismi in grado di vincolare lo stanziamento di fondi alla garanzia che la stessa Turchia rispetti i diritti umani e i termini del patto;
   ad assumere ogni opportuna iniziativa tesa a progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Unione europea e scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;
   a stimolare la riflessione delle istituzioni europee, anche alla luce del risultato del referendum sulla permanenza del Regno Unito all'interno dell'Unione europea, al fine di promuovere iniziative volte a cambiare le politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale.
(1-01339) «Brunetta, Carfagna, Archi, Valentini, Occhiuto, Vito».