• C. 3619 EPUB Proposta di legge presentata il 18 febbraio 2016

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Atto a cui si riferisce:
C.3619 Modifiche all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di applicazione dell'imposta municipale propria all'unità immobiliare posseduta in Italia dai cittadini italiani residenti all'estero


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3619


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
TACCONI, ANZALDI, BARBANTI, BARUFFI, BECATTINI, BERGONZI, BOCCUZZI, BONACCORSI, BONOMO, BORGHI, BRAGA, BRATTI, CAPODICASA, CARRA, CARUSO, CATALANO, CURRÒ, D'AGOSTINO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, D'OTTAVIO, FALCONE, FAUTTILLI, FEDI, FITZGERALD NISSOLI, FUSILLI, GALGANO, GARAVINI, GELLI, GIGLI, GUERRA, LA MARCA, LIBRANDI, MELILLI, SALVATORE PICCOLO, PORTA, PREZIOSI, PRODANI, RABINO, ROMANINI, ANDREA ROMANO, SBERNA, SENALDI, SOTTANELLI, VALIANTE, VECCHIO, VEZZALI, ZANIN, ZARDINI, ZOGGIA
Modifiche all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di applicazione dell'imposta municipale propria all'unità immobiliare posseduta in Italia dai cittadini italiani residenti all'estero
Presentata il 18 febbraio 2016


      

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Onorevoli Colleghi! La tassazione degli immobili ha subìto nel corso degli anni innumerevoli rivisitazioni. Se ne traccia di seguito una breve panoramica per sottolineare come, nel corso degli anni, la normativa sia stata progressivamente penalizzante per i cittadini italiani residenti all'estero.
      La disciplina introdotta dal decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, istitutiva dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), all'articolo 1, comma 4-ter, in deroga al principio di ordine generale che individua l’«abitazione principale» nell'unità immobiliare in cui il possessore e il suo nucleo familiare hanno la residenza anagrafica e l'effettiva abituale dimora, stabiliva – prescindendo dai suddetti requisiti – di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani residenti all'estero a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risultasse locata. In tal modo gli italiani all'estero avevano accesso agli stessi benefìci fiscali (aliquote e detrazioni) dei residenti.
      Successivamente il decreto-legge n.93 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2008, introduceva l'esenzione dall'ICI sulla prima casa individuando espressamente gli immobili a cui doveva essere riconosciuta l'esenzione e tra questi non erano comprese le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, nonostante la loro equiparazione ad abitazione principale introdotta dal richiamato decreto-legge n. 16 del 1993. Ad essa continuava ad applicarsi la detrazione di base di 103,29 euro che, in alcuni casi, tuttavia, equivaleva a un'esenzione di fatto.
      Il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ha introdotto l'imposta municipale propria o imposta municipale unica (IMU) stabilendone la vigenza a partire dal 1 gennaio 2014; il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ne ha anticipato la vigenza al 1 gennaio 2012.
      L'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 23 del 2011 stabiliva quale presupposto impositivo il possesso di immobili diversi dall'abitazione principale (esenzione della prima casa); nove mesi dopo, il citato decreto-legge n. 201 del 2011, invece, stabiliva all'articolo 13, comma 2, quale presupposto impositivo il possesso di immobili iscritti o iscrivibili in catasto, compresa l'abitazione principale e le relative pertinenze, dando tuttavia ai comuni la facoltà di modificare in aumento o in diminuzione l'aliquota di base fino a 0,3 punti percentuali.
      La legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) rappresenta un ulteriore tentativo di riforma della tassazione degli immobili con l'introduzione dell'imposta unica comunale (IUC) che si compone di tre elementi: l'IMU, di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, e di una componente riferita ai servizi, che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore. La legge, poi, lasciava alla discrezionalità dei comuni la possibilità di equiparare a prima casa, ai fini dell'IMU, quella posseduta dai cittadini italiani residenti all'estero a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risultasse locata (comma 707 dell'articolo 1) e di prevedere riduzioni o esenzioni per la TARI e la TASI (commi 659 e 679 dell'articolo 1).
      Da più parti, in sede di discussione parlamentare del relativo disegno di legge, in entrambi i rami del Parlamento, erano stati presentati emendamenti che, superando il potere discrezionale dei comuni, prima delineato, intendevano ripristinare la normativa precedente l'introduzione dell'IMU, quella, cioè, che considerava direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare ad uso residenziale posseduta dai cittadini italiani residenti all'estero (articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge n. 16 del 1993).
      Il riordino della tassazione degli immobili veniva di nuovo affrontato, tre mesi dopo, con il decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, attraverso modifiche al citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011: l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 47 del 2014, infatti, modificava la disposizione di cui al medesimo comma 707 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 nella quale si prevedeva che i comuni, in via regolamentare, potessero equiparare a prima casa quella dei cittadini italiani residenti all'estero; tale potere discrezionale dei comuni rimaneva salvo, tuttavia, per altri soggetti passivi dell'imposta, quali, per esempio, gli anziani ricoverati in una casa di riposo.
      Lo stesso articolo 9-bis introduce poi un'importante novità per i cittadini italiani residenti all'estero ed iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) che siano già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza: a decorrere dal 1 gennaio 2015 la casa dagli stessi posseduta in Italia a titolo di proprietà o di usufrutto, purché non sia locata, è automaticamente equiparata a prima casa. Sulla stessa le componenti della IUC relative alla TASI e alla TARI sono ridotte di due terzi. Alcune difficoltà interpretative della norma sono state successivamente chiarite da provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze (risoluzioni n. 6/DF del 26 giugno 2015 e n. 10/DF del 5 novembre 2015 della Direzione per la legislazione tributaria e il federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze).
      Si tratta indubbiamente di un importante segnale di attenzione verso i nostri connazionali residenti all'estero, attenzione che la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha non solo confermato ma della quale ha ampliato la portata estendendo a tutte le «abitazioni principali», come definite dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, l'esenzione dalla TASI. È quanto stabilisce, infatti, il comma 14 dell'articolo 1.
      Non può passare inosservato tuttavia che la norma, oltre ad aver escluso dal beneficio i percettori solo di pensione italiana e quelli che ricevono la pensione da un paese estero diverso da quello di residenza, ha introdotto, di fatto, una disparità di trattamento tra cittadini italiani iscritti all'AIRE che hanno gli stessi requisiti oggettivi di fronte alla legge: si ritiene quindi di intervenire con un'iniziativa legislativa sia per motivi di equità sociale, sia per evitare possibili procedure di infrazione da parte degli organismi europei.
      Gli italiani residenti all'estero, sia individualmente, sia attraverso i loro organismi di rappresentanza, i Comitati degli italiani residenti all'estero e il Consiglio generale degli italiani all'estero, auspicano il superamento di quella che ritengono una palese ingiustizia e un diritto negato, chiedendo l'equiparazione ad abitazione principale della loro casa posseduta in Italia. Senza volere disquisire se si tratti o no di un'ingiustizia e di un diritto negato, la storia della nostra emigrazione reclama, dalla responsabilità del Governo e del Parlamento, una soluzione equa a una richiesta così pressante.
      Non è nostra intenzione proporre un saggio storico-sociologico del fenomeno migratorio, ma vogliamo solo ricordare che esso è il frutto amaro della povertà e della miseria che ha costretto milioni di connazionali a cercare all'estero lavoro e condizioni di vita più dignitose. È il fenomeno di tante storie di dolore, di sofferenza, di tragedie sul lavoro, di discriminazioni, di nostalgia per il Paese lontano, ma anche di storie di sogni e speranze, di riscatto sociale, di geniali intuizioni imprenditoriali e di successi in ogni campo, economico, sociale e politico, che hanno fatto dei nostri emigrati i più efficaci ambasciatori dell'Italia nel mondo.
      È una realtà, quella dell'emigrazione, che se in passato ha contribuito non poco, con le rimesse in valuta pregiata, al risanamento e al rilancio economico del Paese, costituisce oggi un canale privilegiato per la promozione nel mondo della nostra lingua, della nostra cultura dei nostri valori e dei nostri prodotti, rappresentando per questo un'importante risorsa sulla quale fare leva per lo sviluppo del Paese.
      Costretti dalla necessità a emigrare, molti italiani all'estero si sentono in qualche modo di nuovo traditi dal Paese al quale hanno dato molto e dal quale hanno ricevuto poco. La casa che hanno costruito nel paese natio con la speranza di passarvi le ferie annuali e, forse, la vecchiaia sta diventando per loro una zavorra: la pesante tassazione patrimoniale unita ad altri tributi e alle spese di gestione (acqua, luce, gas, manutenzione, canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo e altro) suggerisce spesso di disfarsi delle quattro mura costruite con affetto e nostalgia, segno tangibile di un legame vivo e profondo con l'Italia e con il paese d'origine. Ma anche disfarsi del fardello rimane spesso un obiettivo arduo, se non impossibile.
      Il massiccio esodo degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, infatti, ha spopolato interi paesi; molti centri abitati sono divenuti «paesi fantasma» con oltre il 70 per cento di case disabitate; essi si rianimano solo durante i mesi estivi quando vi fanno ritorno i cittadini emigrati che ne rivitalizzano non solo le strade e i quartieri, ma soprattutto l'economia asfittica. In tale quadro le abitazioni interessate registrano un valore di mercato vicino allo zero e il capitale in esse investito è perciò difficilmente liquidabile: l'ampiezza dell'offerta e la mancanza di potenziali acquirenti di fatto azzerano anche le possibilità di compravendita. È perciò evidente che la pesante tassazione, unita alla miriade di balzelli che gravano sulla casa, equivale, in molti casi, a un graduale esproprio coatto.
      Dalle considerazioni esposte discende, poi, un altro paradosso: con l'abolizione dell'IMU sulla prima casa e la conseguente esenzione per la quasi totalità dei contribuenti residenti nei suddetti comuni, l'onere maggiore, se non esclusivo, per sostenere le casse comunali graverebbe sui cittadini all'estero, senza che questi godano minimamente dei relativi servizi.
      La presente proposta di legge si compone di due articoli.
      L'articolo 1, comma 1, intende ripristinare l'equiparazione ad abitazione principale di una unità immobiliare e le relative pertinenze, posseduta in Italia dai cittadini italiani residenti all'estero e iscritti all'AIRE che non risulti locata o data in comodato d'uso. Nella norma non si fa più riferimento a «cittadini già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza»; in tal modo, mentre si sgombra il campo da possibili rilievi di disparità di trattamento, si sollevano i comuni dal difficile, se non impossibile, compito di verifica sulla veridicità delle autocertificazioni prodotte con le quali gli aventi diritto attestano il possesso dei requisiti. Il comma 2, onde evitare un ricorso improprio alla norma in esame, (che – ricordiamolo – intende dare una risposta a chi, dopo aver sperimentato la difficile condizione di emigrante, chiede allo Stato di agevolarli a mantenere vivo il legame con il territorio e la comunità di origine), esclude dal beneficio, per un periodo di tre anni, i cittadini che abbiano trasferito la residenza all'estero dopo il pensionamento.
      L'articolo 2 quantifica l'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1 tenendo conto di due parametri: a) la distribuzione della proprietà immobiliare in Italia come risulta dal relativo studio del Ministero dell'economia e delle finanze; b) la quantificazione dell'onere a suo tempo elaborata dallo stesso Ministero per l'esenzione in favore dei pensionati iscritti all'AIRE.
      Al 31 dicembre 2011 le statistiche riportate nello studio menzionato indicano che su 23.640.909 proprietari di immobili ad uso abitativo ben 5.444.763 erano ultrasettantenni e 8.926.524 di età compresa tra 51 (oggi 55) e 70 anni. Se proiettiamo le suddette percentuali sui proprietari di immobili residenti all'estero possiamo concludere che almeno il 50 per cento di loro già beneficiano delle agevolazioni sulla prima casa previste dalla vigente normativa, percentuale destinata a salire nel corso degli anni.
      Il Ministero dell'economia e delle finanze, nel corso della predisposizione della legge di stabilità 2016 ha valutato, su base catastale, che l'esenzione ai soli fini dell'IMU per un solo immobile ad uso abitativo posseduto in Italia da soggetti residenti all'estero e iscritti all'AIRE (al netto dei soggetti titolari di pensione estera già esenti) comportava una perdita di gettito su base annua di circa 97 milioni di euro. Se a tale cifra si aggiunge il mancato gettito della TASI (la cui esenzione sulla prima casa è stata stabilita dalla legge di stabilità 2016) l'onere totale potrebbe aggirarsi nell'ordine di 110 milioni di euro, cifra destinata comunque a diminuire per effetto della dinamica anagrafica sopra accennata. Se poi si considerano i vantaggi anche economici che derivano dall'applicazione di un regime che favorisce il possesso di immobili da parte del cittadino residente all'estero e i relativi investimenti per la manutenzione, le ristrutturazioni e gli acquisti possiamo concludere che, al netto di tale «ritorno», anche se difficilmente quantificabile, l'onere risulterebbe di gran lunga inferiore.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. All'alinea del comma 2 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al nono periodo, le parole: «, già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza,» sono soppresse;

          b) dopo il nono periodo è inserito il seguente: «La disposizione del periodo precedente non si applica ai percettori solo di pensione italiana che abbiano trasferito la loro residenza all'estero da meno di tre anni».

Art. 2.

      1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, pari a euro 100 milioni per l'anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.