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Atto a cui si riferisce:
C.1/00308 premesso che: la crisi finanziaria, economica e successivamente industriale che ha coinvolto le principali economie occidentali negli ultimi cinque anni ha duramente provato il...



Atto Camera

Mozione 1-00308presentato daBENAMATI Gianlucatesto diLunedì 13 gennaio 2014, seduta n. 150

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria, economica e successivamente industriale che ha coinvolto le principali economie occidentali negli ultimi cinque anni ha duramente provato il tessuto industriale e manifatturiero italiano;
secondo il rapporto sulla competitività della Commissione europea, l'Italia rischia un processo «di vera e propria deindustrializzazione», con l'indice della produzione industriale che «ha perso 20 punti percentuali dal 2007»; tale evoluzione è attribuita dalla Commissione europea sia alla riduzione dell'attività dovuta al rallentamento economico, sia alla chiusura di numerosi impianti in alcuni settori industriali di base (petrolchimica, siderurgia e biocombustibili);
l'industria manifatturiera italiana rappresenta il 15,5 per cento del valore aggiunto complessivo generato nell'economia italiana, un dato leggermente al di sopra della media europea (15,3 per cento), con forti presenze in settori dal profilo tecnologico più contenuto come l'abbigliamento, la metallurgia e il legno, mentre la quota dei settori più innovativi appare più ridotta rispetto a quella di altre economie europee;
secondo dati Unioncamere sulla natalità e mortalità delle imprese, l'aumento dei fallimenti delle imprese, nel terzo trimestre del 2013, ha trascinato ai minimi da 10 anni il saldo tra aperture e chiusure di aziende;
dal punto di vista dell'occupazione i dati complessivi sono i più alti degli ultimi trent'anni, mentre particolarmente preoccupante resta il dato sulla disoccupazione giovanile superiore al quaranta per cento;
se il processo di deindustrializzazione sta accelerando le prospettive di rischio irreversibile di decadenza economica del made in Italy, uno dei temi di maggiore impatto è quello della delocalizzazione delle attività produttive italiane: basti pensare ai numerosi trasferimenti o aperture di aziende o società italiane non solo in Paesi dell'est Europa ma anche in Svizzera, scelta solo apparentemente contraddittoria, in quanto questo Paese offre numerosi vantaggi strutturali che vanno dal carico fiscale contenuto (20 per cento circa sull'utile), al riconoscimento di tutti i costi aziendali giustificati, al costo del lavoro vantaggioso, all'organizzazione burocratica ed amministrativa semplice e snella, alla buona posizione strategica servita da autostrade, linee ferroviarie e aeroporti, alla strutturale predisposizione all'internazionalizzazione delle imprese;
colpisce la sparizione dal mercato o il passaggio in mani estere di numerosi marchi storici del made in Italy nel comparto della moda e del lusso come dell'agroalimentare la cui proprietà è stata acquisita da imprenditori spagnoli, francesi, russi, cinesi e così via;
anche le vicende Telecom, Alitalia e Finmeccanica sono gli ultimi tasselli di un processo di depotenziamento industriale che registra ritmi sempre più rapidi e che rischia di incidere profondamente sul complesso del sistema Italia;
pur in un quadro che rimane altamente problematico e negativo però, secondo le rilevazioni dell'Istituto Markit, nell'ultimo scorcio del 2013, il settore manifatturiero europeo ha chiuso ai livelli massimi da oltre due anni e in tale positivo contesto l'Italia ha giocato un ruolo importante nel trainare la ripresa;
l'indice destagionalizzato Markit Eurozone Manufacturing Pmi, che raccoglie indagini svolte presso 3000 aziende considerando variabili su vendite, occupazione, scorte e prezzi, è aumentato per il terzo mese consecutivo a dicembre, attestandosi a 52,7, in salita da 51,6 di novembre;
un risultato sopra la soglia di 50 punti indica una fase di espansione economica, che ha riguardato tutta la seconda metà del 2013; per l'ultimo trimestre il settore ha registrato la performance migliore in due anni e mezzo, in linea con il tasso di crescita trimestrale della produzione di circa lo 0,6 per cento;
il miglioramento delle condizioni operative generali è stato stimolato dalla forte e più veloce crescita nei Paesi Bassi, in Germania, in Irlanda e in Italia;
per quanto riguarda l'Italia, in particolare, l'indice, che ha raggiunto 53,3 punti da 51,4 e ha segnato il valore più alto da aprile 2011, testimonia il forte miglioramento dello stato di salute del settore manifatturiero, con un incremento più veloce dei nuovi ordini, e le esportazioni che sono in crescita ad un tasso rimasto invariato rispetto a quello di novembre, il più alto in 32 mesi;
non è peraltro un mistero che la tenuta del comparto manifatturiero italiano attraverso questa crisi pluriennale, e in presenza di un mercato interno in forte contrazione di domanda, sia stata principalmente garantita dal settore che maggiormente opera verso l’ esportazione e che, quest'oggi, guida anche l'avvio di ripresa;
l'ancora lieve tendenza alla ripresa costituisce un segnale importante per l'Italia se essa sarà in grado di guardarsi alle spalle senza infingimenti e vedere le disastrose conseguenze di quello che può essere considerato il primo vero grande processo di deindustrializzazione dell'economia nazionale, in quanto profondamente diverso per qualità e misura dalle molte crisi industriali, anche gravi, che il nostro Paese ha attraversato dal dopoguerra ad oggi;
analizzare quale Paese sia oggi l'Italia, dopo tali possenti e radicali processi di destrutturazione dell'apparato produttivo, che ha funzionato per decenni come fulcro della crescita del Paese, è essenziale per fondare la crescita su nuovi, più moderni, tecnologicamente avanzati ed ecosostenibili assi di sviluppo;
per fare ciò è indispensabile accedere in maniera sempre maggiore alle più avanzate ricerche e conoscenze in ambito scientifico e tecnologico, valorizzando, al contempo, il capitale prezioso delle risorse umane, soprattutto nel campo della formazione, quali serie premesse alla messa in campo di nuove politiche industriali e produttive all'altezza della sfida dei tempi che verranno;
il manifatturiero, profondamente innovato e guidato dalle nuove generazioni che si affacciano alla guida di tutti i settori del nostro Paese, deve rimanere il perno dell'identità dell'Italia nel mondo;
le imprese italiane possono e debbono essere messe in condizione di poter competere nel campo fertile della ricerca e della conoscenza, perché in esse viene effettuata la maggior parte della ricerca, di base e applicata, e perché lo stesso fare e produrre propongono miglioramenti e soluzioni innovative nei processi e nei prodotti;
la conoscenza, infatti, non rimane confinata dentro il settore manifatturiero, ma si diffonde all'intero sistema economico attraverso i rapporti tra imprese e il progresso tecnologico direttamente incorporato nei beni manufatti che vengono utilizzati negli altri settori come strumenti di produzione;
le aziende italiane possono e debbono essere messe in condizione di continuare a competere efficacemente anche nei gradi settori della trazione italiana, il gusto, la moda e la qualità, proteggendole dai dilaganti fenomeni della contraffazione e delle pratiche commerciali scorrette che tanto affliggono i prodotti nazioni;
per tutto questo serve una nuova politica industriale, basata su scelte strategiche di settori prioritari di intervento, su nuove e rafforzate politiche attive per il sistema manifatturiero (fra le più urgenti misure quelle per ampliare l'accesso al credito, per la riduzione del costo dell'energia, per rafforzare il processo di riduzione del carico fiscale sul costo del lavoro e per favorire l'internazionalizzazione), ma anche azioni di semplificazione burocratica tese a creare un ambiente più favorevole alla ripresa dell'attività economica e ad attrarre capitali dall'estero (azioni che vanno dalla riduzione degli adempimenti amministrativi, all'abbattimento delle cosiddette «tasse occulte», alla certezza dei tempi e delle procedure), nell'ottica più generale di una progressiva ripresa di competitività del sistema industriale italiano e del nostro Paese;
in questo quadro, quindi, risulta essere di assoluta rilevanza il ruolo del pubblico, sia con l'attività propulsiva del Governo, esercitabile mediante la politica industriale e l'intervento nelle situazioni di crisi aziendali, sia attraverso l'impresa direttamente partecipata dallo Stato da utilizzarsi non solo come mera presenza sociale, ma anche come leva strategica in settori particolarmente rilevanti e di grande interesse nazionale;
l'attuale Governo, sin dal suo insediamento, ha mostrato una particolare attenzione a queste tematiche, attraverso l'emanazione di numerosi provvedimenti in materia, l'ultimo dei quali è il decreto-legge n. 145 del 2013, il cosiddetto «destinazione Italia», attualmente all'esame della Camera,

impegna il Governo:

a sviluppare ulteriori misure atte alla concessione di nuovo credito alle aziende e a favorire percorsi di aggregazione e crescita societaria, anche favorendo un graduale avvicinamento ai mercati ed alla quotazione da parte delle società e delle imprese;
ad attuare un programma nazionale di politica industriale che punti al rafforzamento del sistema produttivo ed all'innalzamento della competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali;
ad attuare la strategia energetica nazionale articolata sull'efficienza e sul risparmio energetico, sulla diversificazione delle fonti, sulla riduzione dei combustibili fossili, sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, sul potenziamento delle infrastrutture, anche con la prospettiva del mercato unico europeo dell'energia, al fine di consentire una sensibile riduzione dei costi energetici per il sistema industriale;
a procedere con decisione sulla via della semplificazione amministrativa, così da creare un clima favorevole per le imprese esistenti ed incentivarne la creazione di nuove e attrarre investimenti esteri;
per quanto riguarda la tutela delle produzioni nazionali, a promuovere le iniziative necessarie in sede comunitaria per rafforzare le normative in materia di anti contraffazione e made in con una nuova norma che introduca l'obbligo di indicazione di origine per tutti i prodotti per i quali non esista già una regolamentazione specifica in materia;
a rafforzare le misure di riduzione del costo del lavoro sulle imprese e sui lavoratori, contenute nella legge di stabilità 2014, in modo da incrementare l'occupazione e i redditi disponibili;
a realizzare politiche che consentano al sistema produttivo di recuperare competitività sui mercati internazionali, sviluppando nuove tecnologie, processi, prodotti, servizi e sistemi che possano offrire interessanti sbocchi occupazionali e di crescita economica;
a riorganizzare il sistema degli incentivi alle imprese, orientando le risorse pubbliche verso la realizzazione di grandi progetti di ricerca ed innovazione industriale, anche tramite importanti interventi di domanda pubblica innovativa;
a rilanciare la competitività di alcuni attori strategici nazionali quali, ad esempio, Finmeccanica e, in particolare, Ansaldo Breda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia e BredaMenarinibus;
ad operare nel caso di Alitalia, seppure con gli strumenti concessi dalla natura di soggetto privato della compagnia, affinché non venga meno un grande vettore aereo che ha nell'Italia la sua base logistica di riferimento e la cui presenza appare fondamentale per un Paese che ha nel turismo e nella manifattura due capisaldi della propria economia;
a completare rapidamente l'attuazione del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, così da esercitare i poteri speciali per tutelare l'interesse nazionale in caso di passaggio di proprietà straniera di importanti aziende italiane che possiedono reti strategiche, come nel caso di Telecom Italia, a tal fine anche valutando la possibilità di rivedere l'attuale disciplina dell'offerta pubblica d'acquisto e garantendo, in ogni caso, che l'eventuale passaggio non costituisca un depauperamento del sistema economico e produttivo nazionale.
(1-00308) «Benamati, Martella, Basso, Bini, Cani, Civati, Del Basso De Caro, Donati, Folino, Galperti, Ginefra, Impegno, Mariano, Montroni, Nardella, Peluffo, Petitti, Portas, Senaldi, Taranto».