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Atto a cui si riferisce:
C.4000 Modifiche al codice di procedura civile e al codice di procedura penale in materia di assenza del difensore nonché di legittimo impedimento del difensore d'ufficio o in regime di patrocinio a spese dello Stato nel periodo di maternità


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4000


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DI LELLO, TARTAGLIONE, VALERIA VALENTE
Modifiche al codice di procedura civile e al codice di procedura penale in materia di assenza del difensore nonché di legittimo impedimento del difensore d'ufficio o in regime di patrocinio a spese dello Stato nel periodo di maternità
Presentata il 27 luglio 2016


      

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Onorevoli Colleghi! — Il quadro complessivo della legislazione italiana relativa alla maternità si conferma il più innovativo e tutelante dell'intera Unione europea e rappresenta uno dei punti di forza della politica rivolta alle famiglie, ma per l'avvocato madre si deve rilevare un grave deficit nella tutela della maternità poiché manca il riconoscimento del legittimo impedimento a comparire in udienza in stato di gravidanza.
      La mancanza di tutela in questo senso crea una palese limitazione professionale, oltre a rappresentare una vera e propria negazione di diritti a tutela della maternità.
      Nonostante il parziale miglioramento registrato negli ultimi anni, con gli appelli dell'organismo unitario dell'avvocatura italiana (con 2 mozioni che chiedono tutela) e i protocolli sottoscritti da molti ordini professionali, la situazione rimane preoccupante.
      Le ragioni di una situazione così allarmante sono molteplici; tuttavia una seria politica orientata alla tutela della maternità a favore delle professioniste – sostanziata da concreti atti normativi – può portare a significativi miglioramenti.
      Pertanto, per garantire e tutelare nel settore giudiziario la maternità e la genitorialità nell'organizzazione e nello svolgimento delle attività giudiziarie, appare indispensabile l'adozione di un testo normativo che dia tutela al periodo immediatamente precedente e successivo al parto.
      Vi è l'esigenza di colmare una lacuna normativa venutasi a creare perché al legislatore è sfuggita la tutela della donna libero professionista, lacuna determinata dallo sterile e comune modo di pensare (id est fatalistico) per cui le difficoltà connesse alla maternità che può incontrare la donna avvocato e, più in generale, la libera professionista, sono inevitabili conseguenze di una scelta di campo.
      Il passaggio successivo deve essere quello di disciplinare la materia contemperando la tutela del diritto alla maternità con l'esigenza «di garantire l'esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento e davanti a qualunque magistratura» (Assemblea Costituente, seduta del 15 aprile 1947, esame dell'articolo 24 della Costituzione).
      Appare quindi necessario prevedere in sede processuale, quale causa di legittimo impedimento dell'avvocato madre, il periodo di maternità (almeno per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi).
      In particolare, è necessario garantire la contemporanea tutela dell'avvocato madre e del diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione), che non può comunque prescindere dal principio della personalità della prestazione professionale. Negli istituti della difesa d'ufficio e del patrocinio dei non abbienti, per il procuratore, la regola della piena libertà di accettare l'incarico e di rinunciarvi costituisce eccezione, come previsto dal comma 1 dell'articolo 14 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, che recita: «Salvo quanto stabilito per le difese d'ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l'avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico».
      Inoltre, l'articolo 11 del codice deontologico forense, approvato dal Consiglio nazionale forense il 31 gennaio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 16 ottobre 2014, prevede, al comma 3, che «L'avvocato iscritto nell'elenco dei difensori d'ufficio, quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla» e, al comma 4, che «L'avvocato iscritto nell'elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato può rifiutare la nomina o recedere dall'incarico conferito dal non abbiente solo per giustificati motivi».
      Detto vincolo nell'esercizio del mandato dell'avvocato madre rappresenta un limite nell'estrinsecazione del diritto di difesa dell'assistito che abbia dato alla medesima incarico: lo svolgimento del mandato per un avvocato madre potrebbe quindi tradursi in un'attività che non vede riconosciuto il legittimo impedimento e al tempo stesso, per le difese d'ufficio e dei non abbienti, in un incarico che non può essere rifiutato e per il quale non è possibile la rinuncia, così creando in tale ipotesi un percorso di limitazione del ministero dell'attività difensiva e di minore tutela dell'assistito (oltre che in astratto sanzionabile deontologicamente).
      Per converso, la difesa tecnica di un cittadino nel processo in generale non può subire contrazioni che non dipendono dalla sua volontà, e in particolar modo ciò non può avvenire perché il cittadino a «quel» professionista si è affidato per scelta fiduciaria. Invero ciò invece accadrebbe negli ambiti della difesa d'ufficio e dei non abbienti, in caso di maternità, senza che quel medesimo professionista possa sottrarsi agli obblighi di assistenza che conseguono all'assunzione di quel particolare incarico.
      Quanto rilevato va ulteriormente confermato alla luce:

          del diritto alla difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione in quanto espressione della duplice garanzia di poter far valere in giudizio le proprie ragioni e di avere diritto all'assistenza legale (non limitato dalla maternità del difensore), e il correlativo principio del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, entrambi senza che possa essere ammessa limitazione alcuna;

          della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, ove si prevede all'articolo 6 il diritto per l'imputato a un processo equo nel quale avere «l'assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia». Questo comporta che il difensore di fiducia debba poter esser individuato senza che da ciò possa derivare pregiudizio per la sua potenziale maternità;

          della Dichiarazione universale dei diritti umani ove si prevede all'articolo 11 che «Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa». Ciò può verificarsi solo di fronte a una difesa che sia parificata in ogni aspetto alla propria controparte e non debba essere limitata per la mancata tutela delle necessità della maternità;

          del codice deontologico degli avvocati europei ove si prevede, all'articolo 2.7, che «l'avvocato deve sempre difendere nel miglior modo possibile gli interessi del suo cliente e deve anteporli ai propri». Tale principio, in difetto di tutela del legittimo impedimento della donna avvocato madre, impedirebbe a quest'ultima di essere eticamente immune da considerazioni qualora non presentasse al cliente la possibile carenza di difesa dovuta alla propria condizione;

          del principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione che trova realizzazione nel prevenire e scongiurare la possibilità di discriminazioni e disuguaglianze anche sul piano del diritto al lavoro. In questo senso va letto l'articolo 37 della Costituzione che impone di assicurare alla donna lavoratrice quelle condizioni di lavoro che consentano l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione; nello stesso senso va interpretato l'articolo 51 della Costituzione nella parte volta a garantire le pari opportunità tra uomini e donne;

          delle nome dell'Unione europea (direttiva 76/207/CE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, e direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006) laddove sanciscono che la parità tra uomini e donne è un principio fondamentale del diritto europeo, ai sensi degli articoli 2 e 3, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea, tanto da assurgere a «compito» e «obiettivo» concreto dell'attività della stessa Unione europea, come testimoniato anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Si deve ricordare che la tutela delle lavoratrici madri e della maternità è per il mondo delle professioni, e per tutta la società, un doveroso allineamento ai princìpi dell'Unione europea di inclusione sociale e di pari opportunità;

          della dichiarazione dell'Unione europea che ha proclamato il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti» e ribadito la centralità del principio di non discriminazione e della regola secondo cui la parità tra gli uomini e le donne deve essere garantita in tutti i campi: i Paesi membri hanno quindi il dovere di mettere in campo azioni positive per contrastare e per ridurre la criticità della situazione femminile. Tale criticità risulta legata principalmente all'accesso, ma soprattutto alla permanenza, nel mondo del lavoro da parte delle donne, un aspetto quest'ultimo fortemente influenzato dalle problematiche inerenti la conciliazione tra vita e lavoro;

          della volontà normativa diffusa a livello europeo recepita in Italia nel testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che ha improntato la tutela al principio di un'effettiva parità di ruoli all'interno della famiglia;

          del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.

      Affinché le citate previsioni possano trovare reale applicazione è indispensabile prevedere una norma di favore per le donne avvocato madri affinché lo svolgimento della professione non veda per i loro assistiti l'esercizio di un ministero difensivo ridotto e la maternità non sia intesa come un limite al medesimo.
      Pertanto, la presente proposta di legge potrebbe, con una piccola modifica legislativa di natura meramente processuale, produrre quel cambio di mentalità necessario per muovere verso l'attuazione degli articoli 3, 24 e 51 della Costituzione.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Dopo il comma 3 dell'articolo 420 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

      «3-bis. Il giudice provvede a norma del comma 3 nel caso di assenza del difensore quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento comunicato, senza indugio, anche a mezzo di PEC in cancelleria. La disposizione del primo periodo non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e il difensore non impedito è iscritto all'albo degli avvocati della circoscrizione del tribunale presso il quale pende il giudizio o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.
      3-ter. Nel caso di difesa d'ufficio o prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato, costituisce legittimo impedimento dell'avvocato il periodo di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi. Il giudice, nel fissare l'udienza di rinvio, deve tenere conto della scadenza naturale del legittimo impedimento.
      3-quater. La disposizione del comma 3-bis non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e il difensore non impedito è iscritto all'albo degli avvocati della circoscrizione del tribunale presso il quale pende il giudizio o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.
      3-quinquies. Per il periodo di impedimento di cui al comma 3-ter restano sospesi il corso della prescrizione in deroga all'articolo 159, primo comma, numero 3), del codice penale, e i termini di custodia cautelare di cui all'articolo 303 del presente codice.
      3-sexies. Nei procedimenti penali con imputati sottoposti a custodia cautelare il difensore, prima di richiedere il rinvio dell'udienza,

ai sensi dell'articolo 304, deve informare l'imputato delle conseguenze dell'eventuale accoglimento dell'istanza sotto il profilo della sospensione del termine di durata della misura relativo alla fase in cui si trova il procedimento e l'impedimento è legittimo solo in caso di consenso dell'imputato stesso».
Art. 2.

      Dopo l'articolo 84 del codice di procedura civile è inserito il seguente:

          «Art. 84-bis. – (Legittimo impedimento del difensore). – Il giudice, su istanza del difensore che attesti di essere legittimamente impedito a comparire in udienza, con ordinanza rinvia, anche di ufficio, ad altra udienza. La disposizione del primo periodo non si applica nell'ipotesi in cui risulti nominato un altro difensore iscritto all'albo degli avvocati della circoscrizione del tribunale presso il quale pende il giudizio.

          Nel caso di difesa prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato, costituisce legittimo impedimento della donna avvocato il periodo di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi, previa certificazione rilasciata dall'Autorità Sanitaria competente comunicata, senza indugio, anche a mezzo di PEC in cancelleria».

Art. 3.

      Dopo il secondo comma dell'articolo 115 delle disposizione per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie sono aggiunti i seguenti:

      «Il collegio rinvia la discussione della causa con ordinanza, anche di ufficio, su istanza del difensore che attesti di essere legittimamente impedito. La disposizione del primo periodo non si applica se risulta nominato un altro difensore iscritto all'albo degli avvocati della circoscrizione del tribunale presso il quale pende il giudizio.
      Nel caso di difesa prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato, costituisce

legittimo impedimento della donna avvocato il periodo di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi, previa certificazione rilasciata dall'Autorità Sanitaria competente comunicata, senza indugio, anche a mezzo di PEC in cancelleria».
Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. Le disposizioni della presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale.