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Atto a cui si riferisce:
S.2446 Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2446
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori BUEMI, Fausto Guilherme LONGO, MUNERATO, BATTISTA, Maurizio ROMANI, BENCINI, BONAIUTI, ORELLANA, MOLINARI, FRAVEZZI, URAS, CONTE, MASTRANGELI, D'ADDA, GIACOBBE, D'ANNA, VALDINOSI, FUCKSIA, ALBANO, AMATI, SACCONI, SUSTA, LIUZZI, DALLA TOR, PANIZZA, DI GIACOMO, PAGNONCELLI, VERDUCCI e ROMANO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 GIUGNO 2016

Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Matteotti
in Fratta Polesine

Onorevoli Senatori. -- Nel pomeriggio del 10 giugno 1924, il deputato socialista polesano Giacomo Matteotti veniva rapito sul lungotevere Arnaldo da Brescia, mentre si stava recando a Montecitorio. Sono trascorsi più di novant'anni da questo tragico momento: l'assassinio del deputato avrà una risonanza mondiale, segnando l'avvento della dittatura fascista nel nostro Paese. Il fascismo sceglie di colpire proprio un deputato, un giovane deputato di nemmeno quarant'anni, che figura tra i suoi avversari più intransigenti e più intelligenti, un uomo politico, un intellettuale e un riformista coraggioso, che pochi giorni prima di essere rapito e ucciso aveva pronunciato un memorabile discorso in Parlamento, sfidando apertamente Mussolini.

Matteotti era nato a Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, il 22 maggio 1885. La sua famiglia si era trasferita dal Trentino in Polesine. Egli conservò per tutta la vita un legame molto profondo con la sua casa natale e con il suo territorio -- si leggano, ad esempio, i riferimenti contenuti nel bellissimo epistolario indirizzato da Giacomo alla moglie Velia. Iniziò molto giovane a occuparsi di politica, aderendo al movimento socialista. Esordì come amministratore locale, dirigente di leghe e cooperative, rappresentò Fratta e il Polesine nel Parlamento, ma soprattutto volle mantenere ben salde queste sue radici e seppe poi trasfondere queste sue esperienze giovanili nella battaglia politica per la democrazia e contro il fascismo in Italia e in Europa. Oggi ci proponiamo di dichiarare monumento nazionale la Casa Museo di Matteotti anche per testimoniare una volta di più la continuità politica e ideale tra la battaglia di Giacomo Matteotti in difesa del Parlamento e l'Italia democratica e repubblicana risorta dalla dittatura. Riconoscere come monumento nazionale la Casa Museo di Fratta Polesine rappresenta un omaggio doveroso del Paese e del Parlamento alle radici della nostra democrazia e alla memoria di un protagonista della storia nazionale, la cui statura è destinata a crescere anche perché patrimonio non di un solo partito o movimento, ma della storia italiana ed europea del XX secolo.

La Casa Museo è già oggi il tempio laico di un culto della memoria importante per la nostra democrazia, luogo fisico ma anche simbolico in cui si concentrano l'eredità ideale e la vicenda familiare di Giacomo Matteotti. Come per Casa Gramsci a Ghilarza, il binomio Fratta-Matteotti ci parla di un legame profondissimo e inscindibile del luogo con la vita e l'opera della figura storica che continuiamo a celebrare. Ricordare in questo modo il politico socialista significa riportare in primo piano l'attualità di una figura straordinaria, di un parlamentare, ma anche di un amministratore moderno, di un dirigente politico di grande preparazione e di caratura europea, che nel panorama asfittico degli anni Venti, in un vecchio continente ancora pesantemente condizionato dal fardello dei nazionalismi, sceglieva di coltivare rapporti privilegiati con i laburisti inglesi, con i socialisti francesi, tedeschi, austriaci. Così lo ricorda un altro grande martire dell'antifascismo, Piero Gobetti, in un suo mirabile ritratto: «In un partito che si ricorda dei Paesi stranieri soltanto per la frettolosa retorica dei congressi internazionali Matteotti era tra i pochi che conoscessero la Francia, l'Inghilterra, l'Austria, la Svizzera, la Germania (...) e aveva studiato l'inglese per leggere direttamente Shakespeare. Preso nella lotta politica quasi nascondeva quegli istinti di filosofia che non erano troppo vicini allo stile dell'ambiente (...) in cui gli toccava agire. Ma il segreto della vitalità di Matteotti era proprio questo».

Matteotti fu un parlamentare attivissimo e molto autorevole. I suoi discorsi -- due volumi, quasi mille pagine -- furono raccolti e fatti pubblicare per la prima volta nel 1970, per volere di Sandro Pertini, allora Presidente della Camera dei deputati. A Roma Matteotti si occupò con estrema competenza dei temi più disparati. La centralità della scuola e dell'educazione ritorna in parecchie circostanze: una scuola che per il giovane deputato significa non soltanto programmazione ministeriale, libri, materie da insegnare, ma anche necessaria attenzione all'edilizia scolastica, alla condizione delle persone, alle strutture materiali che sono a disposizione degli studenti, alla variegata situazione delle realtà locali, nell'ambito di una visione pedagogica più generale in cui il socialismo «riformista» vedeva l'istruzione come opportunità fondamentale per contribuire all'emancipazione delle masse e, soprattutto, di quelle che lui definiva «le plebi agricole del Polesine». Diversi altri temi possono essere menzionati. Matteotti interviene sugli asili, per esempio, e poi sulla riforma dell'università. Viene presto riconosciuto come un esperto di riforma tributaria. Presidia l'Aula della Camera dei deputati, ma anche le Commissioni, con una cura minuziosa dedicata alle proposte di legge che presenta così come alle critiche, spesso aspre, da lui rivolte alle politiche del Governo di allora. Tra le prime proposte di legge che Matteotti firma e porta in Parlamento spicca un'iniziativa legislativa che si pone l'obiettivo di mettere fine a quello che lui stesso definì «un privilegio intollerabile». Egli fu amministratore in diversi comuni della sua provincia. Non solo a Fratta, ma a Villamarzana, Frassinelle, Villanova del Ghebbo, per citarne alcuni, e questo era dovuto anche al fatto che nell'Italia liberale continuava a vigere un sistema elettorale ancora parzialmente censitario: un sistema in base al quale chi possedeva proprietà e beni su un territorio poteva facilmente essere eletto in più comuni, esercitando da più parti contemporaneamente il ruolo di sindaco, assessore e consigliere. Una delle prime cose che Matteotti, siamo nel 1920, propone appena arrivato in Parlamento è di riformare questo sistema, da lui giudicato molto iniquo e non in linea con i princìpi di quel sistema democratico che si sarebbe dovuto costruire e solidificare. Ci sono poi diversi altri argomenti affrontati a più riprese negli interventi tenuti alla Camera dei deputati, che riguardano la pace e i profitti di guerra, le tasse, la burocrazia, la riforma del catasto eccetera, tutti aspetti che rendono conto della profonda serietà di un impegno profuso quotidianamente, senza tregua, e che danno l'idea di un'attività febbrile svolta dentro l'istituzione e, allo stesso tempo, in contatto con il territorio di Fratta e del Polesine, in un dialogo mai veramente interrotto nonostante le traversie.

Scrive lo storico Gaetano Arfè: «Due anni di esperienza parlamentare e di continuo contatto coi problemi di governo hanno portato a maturazione tutte le doti di Matteotti, ne hanno fatto un uomo politico esperto in questioni di economia e di finanza, un ottimo conoscitore della macchina statale, un parlamentare abile, hanno sviluppata la sua innata capacità a elaborare e a impostare realisticamente piani di azione politica e programmi di governo, a cogliere e valutare la dimensione internazionale dei fenomeni politici ed economici; e tutto questo senza nulla sacrificare delle sue idee e senza attenuare in nulla la sua intransigenza, la sua coscienza di appartenere a una classe le cui sorti coincidono per lui con quelle della civiltà. Il socialismo gradualista italiano ha trovato il suo uomo, ma solo nel momento in cui la crisi del partito e del paese è in via di precipitare in maniera inarrestabile».

Nell'attualità da riscoprire e nella moderna grandezza del Matteotti parlamentare e dirigente politico socialista, un elemento essenziale è naturalmente rappresentato dalla sua lucidissima analisi del fascismo. Di fatto -- e questo è il giudizio di un altro storico -- Matteotti fu il primo o forse addirittura l'unico, data l'epoca, a comprendere come la difesa del Parlamento, la difesa della sua centralità nel panorama istituzionale e nella vita politica del Paese fosse (dovesse essere) effettivamente l'ultima trincea anche per la salvezza del movimento operaio. Diviene consapevole che il socialismo può recuperare le posizioni perdute e tornare ad avanzare soltanto nella democrazia. La situazione era precipitata rapidamente, per le sinistre, rispetto all'immediato dopoguerra. Matteotti entra in Parlamento nel 1919, sull'onda del nuovo sistema proporzionale e di un successo senza precedenti delle forze socialiste. Viene eletto per la prima volta alla Camera sull'onda di un imponente 70 per cento dei suffragi che veniva assegnato al Partito socialista nella provincia di Rovigo. In qualche misura, nei suoi primi interventi si può leggere ancora la convinzione ideale di chi percepisce il cammino verso il socialismo come un'evoluzione storica ineluttabile e affronta i campioni del regime liberale, Giolitti, Nitti e Croce, reputandoli emblemi di un sistema ormai in disfacimento, destinato a essere sostituito a breve, cosi ovviamente si auspicava, da un'Italia a guida socialista. Una prospettiva di rottura «rivoluzionaria» che sarà spazzata via di fronte all'erompere della violenza fascista, in un crescendo drammatico, fino alla marcia su Roma e all'insediamento del Governo di Mussolini nel 1922.

Matteotti non è soltanto un politico puro, ma diventa un originale teorico del fenomeno fascista. L'analisi del fascismo tracciata dal parlamentare palesano appare penetrante, preveggente per molti versi, distinguendosi per tono e argomenti in una fase politica nella quale, pure dentro il campo del socialismo nostrano, non mancano spinte a ricercare accomodamenti e compromessi con il regime che si andava affermando. La violenza, il sopruso, la sopraffazione -- l'uso sistematico della forza -- sono i tratti che caratterizzano il movimento fascista. Da questa prospettiva può ugualmente risultare interessante per il lettore contemporaneo provare ad approfondire il carteggio tra Giacomo e la moglie Velia: uno scambio epistolare di notevole valore, che descrive bene i costi umani, affettivi e familiari connessi allo svolgimento di un'attività politica così intensa, ma in cui spesso emergono anche la stanchezza d'animo di certi momenti, la preoccupazione per una situazione che nel Paese e in Polesine sta drammaticamente precipitando, nonché il fastidio per l'atteggiamento rinunciatario o comunque non sempre all'altezza della situazione di tanti compagni di partito.

Con il precipitare della situazione politica, l'avanzare del fascismo e avvenimenti decisivi come la scissione del PSI e il congresso di Livorno, con una sinistra che nel giro di pochi mesi si ritrova frammentata in almeno tre tronconi (comunisti, socialisti massimalisti, socialisti unitari), la figura di Matteotti emerge e si impone velocemente come punto di riferimento imprescindibile per la parte democratica. E nel compimento di questo dramma, che è anche il dramma esistenziale di Matteotti, possiamo affermare che la dimensione eroica del socialista polesano si palesa in tutta la sua evidenza, soprattutto nell'ultima fase: tra il 1922 e il 1924, in un susseguirsi di viaggi e di scambi con l'Europa, così come in una presenza assidua alla Camera dei deputati, sempre in prima fila nella denuncia coraggiosa di quanto il fascismo sta compiendo un pò ovunque. Emerge qui davvero tutta la grandezza di Matteotti. La capacità, da un lato, di esporsi e di riferire puntualmente, coraggiosamente e puntigliosamente quelle che sono le malefatte compiute dal fascismo e, dall'altro, il tentativo di definire più compiutamente il fenomeno che sta travolgendo le istituzioni dell'Italia liberale, il tentativo di capire e interpretare il fascismo ricorrendo alle categorie della politica. In un intervento si legge, per esempio, la denuncia di bastonature, di case del popolo bruciate, di delitti, di ferimenti a Lendinara, Villamarzana, Salara, un elenco rigoroso di fatti dolorosi che si chiude con la drammatica espressione «questo è il sistema del Polesine oggi». Matteotti però non si accontenta. Non gli è sufficiente elencare misfatti e soprusi. Pur non essendo propriamente un teorico, analizza il fascismo, cerca di definirlo più da vicino e di comprenderne le cause. Una sorta di pionieristico work in progress. Il fascismo è violenza, ma è anche, in qualche modo, rivoluzione o si ammanta di velleità rivoluzionarie. Il movimento di Mussolini rappresenta in Italia un fenomeno sicuramente inedito, che non può essere sottovalutato, né paragonato ad altro e di esso si serve cinicamente una parte della classe borghese più retriva, così la definisce Matteotti, quella borghesia che è disposta «a lasciar perire lo Stato pur di conservare la propria borsa».

Arriviamo così al culmine dell'attività parlamentare di Matteotti, il discorso del 30 maggio 1924. Molto si potrebbe dire a riguardo: quello del 30 maggio 1924 è stato definito come il più famoso intervento mai tenuto alla Camera dei deputati nella storia d'Italia, ma è un intervento che nasce quasi per caso, non programmato, né studiato. La sua origine è imprevista. Il neo-presidente della Camera dei deputati Alfredo Rocco, insigne giurista del fascismo, esordisce nella prima seduta della nuova legislatura proponendo la convalida in blocco di tutti gli eletti della maggioranza. Un'eventualità che sembra spiazzare decisamente gli oppositori del blocco nazional-fascista. Tutti gli oppositori, tranne Matteotti evidentemente. Il giovane segretario del Partito socialista unitario, con pochi appunti tra le mani, riprende le segnalazioni di irregolarità e brogli provenienti dalle sedi periferiche del suo partito e per un'ora continua a parlare, una sequenza di denunce circostanziate, continuamente interrotte da urla e da un clima di palese violenza dentro l'Aula, con la parte dell'emiciclo occupata dai socialisti circondata dai deputati fascisti pronti a venire alle mani. Le continue proteste dilatano il tempo dell'intervento. «Il suo ultimo discorso alla Camera -- è stato scritto -- non è più quello del capo di partito, ma del rappresentante della nazione, del difensore di una eredità ideale».

In questa ora si consuma probabilmente il punto più alto della parabola politica e umana di Giacomo Matteotti. Egli crolla sul proprio scranno, esausto, proferendo le famose parole «adesso preparate l'orazione funebre per me». Avrebbe dovuto tenere un nuovo discorso alla Camera dei deputati il 10 giugno, ma viene rapito dalla Ceka fascista e ucciso. Si consuma -- come sappiamo -- la tragedia che per settimane sembra scuotere le coscienze e fa indignare tantissime persone, ben oltre i confini italiani, fino a far vacillare il nuovo regime mussoliniano. Inizia la storia del «mito Matteotti». Ma oltre l'aura del mito c'è davvero molto di più. Oggi dobbiamo convincerci della necessità di tornare a Matteotti non soltanto come a un'icona del Polesine, del socialismo e dell'antifascismo, ma come a una figura realmente «a tutto tondo» da studiare e da approfondire. Un dirigente politico di sorprendente modernità, come abbiamo detto all'inizio. Una figura complessa, fautrice di un riformismo esigente, con tratti di radicalità, lungimirante nell'analisi del fascismo, capace di riflettere criticamente sulle contraddizioni della propria parte e di incarnare le aspirazioni migliori del socialismo italiano.

Questa è l'eloquenza più profonda di Matteotti, l'eloquenza di una testimonianza fortissima che abbiamo il dovere di ricordare e di onorare. Un patrimonio umano, politico e morale del Polesine e dell'Italia. Onorare la memoria di Giacomo Matteotti significa adoperarsi per conoscere e far conoscere veramente tutti gli aspetti di una vita e di un'esperienza unica. Oggi la Casa Museo in Fratta Polesine permette di immergersi nella vicenda umana e politica di questo straordinario protagonista della storia italiana del Novecento, ambiente a cui è anche legato per la maturazione del suo primo impegno politico. Il Museo è infatti ricavato all'interno di quella che fu, a partire da fine Ottocento, la residenza della famiglia Matteotti. Gli interventi di restauro e ristrutturazione di villa Matteotti hanno rappresentato un lavoro complesso, nato dal desiderio dei figli di Giacomo di conservare la casa nella sua struttura originale, con il carico di ricordi e memorie di cui essa è impregnata. Punto di partenza il lascito del bene effettuato da Matteo, Giancarlo e Isabella Matteotti all'Accademia dei Concordi di Rovigo e al comune di Fratta.

Già con la legge 5 ottobre 2004, n. 255, recante «Disposizioni per la commemorazione di Giacomo Matteotti e per la tutela della sua casa natale a Fratta Polesine», al comune di Fratta Polesine era stato assegnato un contributo «per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della casa natale di Giacomo Matteotti e del parco annesso». Inoltre, come recita la legge, all'articolo 2, comma 1, per la commemorazione dell'ottantesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti era autorizzata la concessione di un contributo per l'anno 2004 «agli enti Fondazione Pietro Nenni e Fondazione Giacomo Matteotti per il finanziamento delle seguenti manifestazioni e iniziative culturali:

a) allestimento di una mostra che illustra l'opera di Giacomo Matteotti come sindacalista, amministratore locale e parlamentare assiduamente impegnato in difesa dei valori della libertà, della democrazia, della pace e della giustizia sociale;

b) raccolta, conservazione, manutenzione e restauro dei documenti fruibili mediante la lettura, l'ascolto e la visione relativi all'attività di Giacomo Matteotti e al contesto sociale e politico in cui ha vissuto e ha svolto la propria opera, da destinare sia all'allestimento di mostre e alla consultazione da parte dei soggetti interessati, sia alla produzione di un filmato da proiettare nelle scuole del secondo ciclo di istruzione e nelle università».

La volontà di riconoscere la Casa Museo in Fratta Polesine come monumento nazionale si lega, oggi, al doveroso omaggio a un luogo ricco di storia e di memoria, un luogo fondante -- potremmo dire -- per la nostra democrazia parlamentare, e alla valorizzazione di una figura che rimane centrale per la vicenda del movimento operaio e democratico e per la storia del nostro Paese.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. La Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine, provincia di Rovigo, è dichiarata monumento nazionale.