• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/06370 BUCCARELLA, AIROLA, TAVERNA, DONNO, BERTOROTTA, PUGLIA, CAPPELLETTI, SERRA, GIARRUSSO, PAGLINI, SANTANGELO, BOTTICI - Al Ministro della giustizia - Premesso che: si apprende da un...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-06370 presentata da MAURIZIO BUCCARELLA
mercoledì 21 settembre 2016, seduta n.683

BUCCARELLA, AIROLA, TAVERNA, DONNO, BERTOROTTA, PUGLIA, CAPPELLETTI, SERRA, GIARRUSSO, PAGLINI, SANTANGELO, BOTTICI - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

si apprende da un articolo apparso su "TarantoBuonaSera", del 13 luglio 2016, che a Taranto ci sarebbero quasi 750 case all'asta, con altrettante famiglie destinate a perdere la propria casa, che nella maggior parte dei casi è proprio quella di abitazione;

la crisi che ha colpito il Paese sta incrementando il fenomeno delle aste immobiliari, soprattutto conseguenti all'impossibilità, da parte dei cittadini, di onorare i mutui contratti (senza sottacere delle tante abusive concessioni di finanziamento, da parte degli istituti bancari, che vanno ad aggravare situazioni fortemente compromesse dalla recessione);

purtroppo, non mancano anche conseguenze estreme, come i suicidi ed anche gli omicidi-suicidi di interi nuclei familiari, ad opera di persone ritenute perbene e tranquille, ma che, nella morsa della crisi, non ravvisando vie di soluzione (nemmeno in conseguenza di azioni giudiziarie, che spesso non risultano loro favorevoli), compiono tali deprecabili atti, e i numeri depongono per un vero olocausto di italiani;

dall'Osservatorio suicidi per la crisi economica, gli interroganti hanno rilevato che negli ultimi 4 anni, ovvero tra il 2012 e il 2015, si sono verificati 628 suicidi, in media uno ogni 2 giorni. Ecco alcuni casi, verificatisi solo negli ultimi 12 mesi, balzati agli onori delle cronache: l'omicidio-suicidio di Boretto: agosto 2016, Albina Vecchi, 71 anni, uccide il marito Massimo Pecchini, 77 anni, e poi si uccide perché la loro casa è andata all'asta; 30 maggio 2016, Stefano, pescatore genovese di 55 anni tenta il suicidio perché senza lavoro da mesi, da quando gli era stata sequestrata l'imbarcazione con la quale usciva in mare, e, sfrattato dalla sua abitazione, era costretto ad occupare abusivamente un alloggio del Comune; marzo 2016, Sisinnio Machis, imprenditore di 58 anni, si è suicidato a Villacidro dopo il pignoramento della propria casa; gennaio 2016, Maurizio Palmerini, cinquantenne di Vaiano, frazione di Castiglione del Lago (Perugia), ha ucciso i suoi figli, Hubert di 13 e Giulia di 8 anni, a coltellate e ferito la moglie, poi si è tolto la vita; gennaio 2016, dopo il suicidio del signor Guarascio per aver subito lo sfratto, i deputati dell'Assemblea regionale sciliana del Movimento 5 Stelle comprano la casa andata all'asta e la restituiscono alla sua famiglia; dicembre 2015, un imprenditore si impicca a Lodi perché la sua casa viene messa all'asta;

risulta, inoltre, agli interroganti che presso il tribunale di Taranto, al quarto piano dedicato alle aste immobiliari, si sarebbero imposte prassi non del tutto conformi alla legge (come quella di vendere i beni pignorati anche al "prezzo vile", favorendo gli "avvoltoi" di turno e, verosimilmente, la stessa criminalità) a cui si aggiunge la tendenza a prestare maggiore attenzione alla prosecuzione delle esecuzioni immobiliari, piuttosto che alla tutela ed alle garanzie dei soggetti esecutati o falliti;

sempre presso il tribunale di Taranto, sarebbero diversi i cittadini ad aver lamentato abusi e violazioni di legge da parte dei magistrati chiamati a decidere le loro controversie, con grave nocumento dei loro diritti;

di recente a quanto risulta agli interroganti, la signora Maria Giovanna Benedetta Montemurro, presso il tribunale di Taranto, ha incardinato una procedura di opposizione avverso l'esecuzione immobiliare n. 168/1986 R.G.E., tentando di far valere molteplici ragioni a sua tutela. Nel ricorso, tra i tanti motivi di opposizione, invocando il "decreto Banche" (rectius decreto-legge n. 59 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2016), la signora Montemurro ha anche dedotto che il giudice non poteva procedere all'aggiudicazione atteso che, nella fattispecie, il prezzo di vendita era inferiore al limite della metà e che erano stati esperiti tentativi di vendita oltre il numero consentito dal citato decreto-legge. Effettivamente il recente decreto-legge n. 59, andando a completare il quadro normativo disciplinante la materia, non ha trascurato proprio i profili di tutela delle parti, creditrice e debitrice, soprattutto al fine di evitare che la vendita avvenga oltre determinati limiti e per un tempo indefinito;

la vendita al "prezzo vile", ovvero al prezzo lontano da quello di mercato, danneggia sia il debitore che lo stesso ceppo creditorio (con il rischio concreto di vendere le case e non soddisfare nemmeno le ragioni dei creditori) e pare anche certo che, indipendentemente dalle modalità di vendita (con incanto o senza), dal sistema delle norme che presidiano le esecuzioni immobiliari può ricavarsi che la vendita non possa avvenire ad un prezzo inferiore al limite della metà del valore del bene espropriando, così come stabilito dal tribunale ai sensi dell'art. 568 del codice di procedura civile;

tuttavia, nonostante l'apparente e verosimile fondatezza del ricorso proposto dalla signora Montemurro, il giudice dell'esecuzione ha rigettato le sue ragioni, peraltro in circostanze di tempo così rapide da destare, a parere degli interroganti, non poca inquietudine: il ricorso è stato presentato alle ore 12.30 del 24 maggio 2016; il magistrato ha ricevuto il fascicolo il 25 maggio (perché lo ha "ereditato" da altro magistrato che ha inteso astenersi); nella medesima data del 25 maggio il magistrato ha rigettato la tutela cautelare chiesta dalla Montemurro; solo il giorno successivo, ovvero il 26 maggio, ha provveduto all'aggiudicazione, a giudizio degli interroganti in maniera se non illegittima quanto meno in modo poco prudente, in considerazione del fatto che si trattava di espropriare un immobile adibito ad abitazione;

considerato che a quanto risulta agli interroganti:

la signora Montemurro, ritenendo di non avere ricevuto alcuna tutela in sede civile, con atto del 24 giugno 2016, ha adito il giudice penale ed ha denunciato non solo il giudice dell'esecuzione, ma anche il "sistema" aste presso l'organo di giustizia. Nel suo esposto, tra l'altro, ha lamentato che presso il tribunale jonico: vi è l'orientamento di vendere all'asta, con poca o nessuna tutela per le parti; vi è poca turnazione dei magistrati, che gestiscono le aste ed anche degli ausiliari di questi ultimi; vi sarebbe prassi di vendere anche al limite di 20.000 euro, indipendentemente da quello che è il valore del bene espropriando, con la conseguenza che, a suo dire, alla fine, risulterebbero "pagati" solo i costi delle procedure;

la signora Montemurro non è l'unica ad aver lamentato condotte discutibili e inclini alle banche (solitamente creditrici procedenti) ed alle espropriazioni in genere da parte dei magistrati del tribunale tarantino, di volta in volta chiamati ad intervenire in questioni relative alle opposizioni alle aste immobiliari, in sede sia di cautela che di merito;

consta agli interroganti che anche il signor Vitantonio Bello abbia lamentato una tenace chiusura della magistratura jonica rispetto all'asta immobiliare in suo danno (n. 593/2011 R.G.E. del tribunale di Taranto), non ottenendo tutela nonostante le molteplici procedure incardinate e nonostante, in qualche provvedimento giurisdizionale, il magistrato estensore abbia riconosciuto la fondatezza della doglianza da lui sollevata. Nel caso di Bello l'asta immobiliare ha ad oggetto la casa ove vive con moglie e due figli minori (di anni 5 ed uno), a tal punto il signor Bello avrebbe anche interessato della sua vicenda la Presidenza della Repubblica e quest'ultima, di rimando, la Prefettura di Taranto;

sempre nella vicenda del signor Bello, la magistratura di Taranto, non accordandogli tutela e non sospendendo l'esecuzione, in un provvedimento giurisdizionale, ha sostanzialmente anche asserito che non vi sarebbe alcun vizio nel rapporto tra il medesimo e la banca, se pure l'istituto di credito, concedendogli più prestiti a distanza di poco tempo, era a conoscenza che lo stesso cliente non sarebbe stato in condizione di restituire il denaro (e ciò in considerazione di quella che era la sua valutata capacità di rimborso). A parere degli interroganti, nella stessa statuizione, vi sarebbe anche un'abnorme legittimazione della concessione abusiva di credito;

altra vicenda molto sintomatica della pervicace chiusura dei giudici di Taranto rispetto alla tutela da accordare agli esecutati e falliti è quella della signora Maria Spera (procedura esecutiva n. 590/1994 R.G.E del tribunale di Taranto). Vicenda che, nonostante non si sia ancora conclusa, ha registrato non poche forzature, con grave danno economico, psicologico e morale dell'esecutata. Addirittura la signora Spera ha lamentato un'illegittima duplicazione di titoli esecutivi, con cui l'intero suo patrimonio risulta ancora bloccato: 1) la procedura n. 590/1994 R.G.E., che si basa sul titolo esecutivo "mutuo fondiario" e che vede quale bene pignorato un terreno di 24 ettari (terreno a cui sarebbe interessato un facoltoso imprenditore locale, già socio di Emma Marcegaglia); 2) un decreto ingiuntivo, che si basa sullo stesso e medesimo debito, decreto con il quale è stato ipotecato l'intero restante patrimonio immobiliare della signora Spera. La vicenda, a giudizio degli interroganti, è tanto più inquietante se si pensa che il debito originario contratto dalla signora nel 1990 era a pari a 500 milioni di lire (corrispondenti a circa 258.000 euro) e la signora, alla data del 2007, ne aveva già restituiti 400.000 euro (corrispondenti a circa 800 milioni di lire);

ad oggi la signora Spera, nonostante il pignoramento del terreno, sottostimato dal tribunale di Taranto in poco più di 400.000 euro (somma che sarebbe più che capiente rispetto all'eventuale debito residuo, ove ne residuasse, visto che circa 400.000 euro sono stati già resi dalla signora alla Banca nazionale del lavoro), ha l'intero suo patrimonio ipotecato, in virtù dell'altro titolo esecutivo (il decreto ingiuntivo), emesso per lo stesso ed unico debito (che così è consacrato in 2 distinti titoli esecutivi). Pertanto, se la signora volesse vendere qualcosa per pagare eventuali residui debiti, non potrebbe farlo (e nemmeno è in condizione di onorare le esose tasse sulla proprietà, se non con gli aiuti dei figli);

la signora Spera ha riferito agli interroganti che, decorsi 10 anni dall'iscrizione dell'ipoteca sul suo patrimonio, in virtù del decreto ingiuntivo, nell'assenza di atti esecutivi (perché nel frattempo la procedura è andata avanti per la vendita del terreno pignorato sulla base del titolo esecutivo "mutuo fondiario"), ha chiesto la cancellazione dell'ipoteca, anche ritenendo la perenzione del decreto ingiuntivo, ma in risposta ha ottenuto dal tribunale tarantino il rigetto della sua legittima istanza (procedura n. 3291/2014 R.G. del tribunale). La questione pende in appello (causa n. 536/2014 R.G. della Corte di appello di Lecce, sezione di Taranto), ma la signora Maria Spera ritiene che incontrerà ancora l'illogico ed illegale ostacolo;

considerato, inoltre, che:

la signora Maria Spera ha riferito agli interroganti di aver presentato, presso il tribunale di Potenza (competente a valutare gli esposti nei confronti dei magistrati di Taranto), denuncia penale nei confronti dei magistrati ed ausiliari che, a suo parere, avrebbero male esercitato la funzione giurisdizionale, causandole danni; ma anche a Potenza ha dovuto prendere atto che, anziché ottenere tutela, ha solo registrato l'astio del pubblico ministero e la pessima sua azione. Allo stato la signora Spera, esecutata dal 1994, non ha ottenuto, né dai giudici di Taranto né da quelli di Potenza, la tutela che le leggi le garantirebbero ma che la magistratura (chiamata ad applicarle) le ha negato;

la vicenda è già balzata agli onori della stampa (sul settimanale tarantino "Wemag" del 12 novembre 2010) ed è stata anche oggetto di un'altra interrogazione parlamentare presentata alla Camera dei deputati nel 2010 (4-07339 a firma dell'on. Zazzera dell'IdV, Legislatura XVI);

ad avviso degli interroganti, circostanza molto inquietante è quella per cui, sempre in danno della signora Spera, né la magistratura jonica (sia in sede civile che penale) né quella potentina (in sede penale) hanno inteso accertare l'usura che la signora stessa ha lamentato esserle stata applicata. Usura che è poi emersa nell'ambito di una causa civile sempre dinanzi al tribunale tarantino, in occasione di una consulenza di ufficio redatta (causa n. 7929/2009 R.G. del tribunale di Taranto);

considerato infine che:

i fatti lamentati, per quanto gravi, non sono isolati. Gli interroganti hanno preso atto anche di un'intervista fatta dalla televisione locale "Studio 100" a varie persone esecutate, che avrebbero descritto il quadro inquietante e ricorrente al quarto piano del tribunale di Taranto, destinato appunto alle esecuzioni e ai fallimenti: si racconterebbe di prassi illegali che, pur denunciate, non vengono sanzionate, di "avvoltoi" che si avvicinano agli esecutati, estorcendo denaro per rinunciare all'acquisto, per poi acquistare all'udienza di vendita successiva, con ulteriore ribasso del prezzo e aggravio di danno per le povere vittime;

a giudizio degli interroganti la delicatezza dell'argomento, sia per le gravose conseguenze sulle persone, che per i dubbi di opinabile esercizio della funzione giurisdizionale, impone interventi urgenti e forti,

si chiede di sapere:

se non ricorrano le circostanze per intraprendere le opportune iniziative ispettive, sia presso il tribunale di Taranto, che presso quello di Potenza, onde verificare se quanto lamentato dai soggetti coinvolti corrisponda al vero e, in caso di verifica positiva, se non ricorrano le condizioni di adozione dei necessari provvedimenti correttivi a tutela delle parti e del corretto esercizio della funzione giurisdizionale;

se, nell'ambito delle attività ispettive, il Ministro in indirizzo non ritenga di dover verificare: la sussistenza delle condotte descritte, con particolare riguardo ai rapporti con le banche e le società di recupero crediti, ai fini dell'eventuale adozione di provvedimenti sanzionatori da parte delle autorità competenti; se corrisponda al vero che, presso il tribunale di Taranto, si celebrano aggiudicazioni di immobili anche al di sotto della metà del loro valore, e comunque in violazione delle norme di legge;

se esista un obbligo di turnazione dei magistrati nelle sezioni di esecuzione immobiliare e fallimentare e, in caso positivo, se lo stesso venga rispettato presso il tribunale di Taranto e se il medesimo obbligo sussista rispetto ai consulenti e ausiliari vari.

(4-06370)