• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/03293 il 3 ottobre 2011, a Barletta (BA), morirono, assieme alla quattordicenne Maria Cinquepalmi, quattro operaie tessili, Matilde Doronzo, di 32 anni; Giovanna Sardaro, di 30 anni; Antonella Zaza,...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-03293presentato daBONAFEDE Alfonsotesto diGiovedì 23 gennaio 2014, seduta n. 158

BONAFEDE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
il 3 ottobre 2011, a Barletta (BA), morirono, assieme alla quattordicenne Maria Cinquepalmi, quattro operaie tessili, Matilde Doronzo, di 32 anni; Giovanna Sardaro, di 30 anni; Antonella Zaza, di 36 anni, sepolte vive dal crollo della palazzina sovrastante il seminterrato che ospitava il maglificio nel quale stavano lavorando, in turni anche di 12-14 ore al giorno, senza alcuno standard di sicurezza e di legalità, senza regolare contratto, per una paga di 3 euro e 95 centesimi l'ora;
tale tragedia, rinominata «la strage delle operaie» – che venne paragonata, per impatto simbolico ed emotivo, alla storica protesta dell'8 marzo 1908 delle operaie della Cotton di New York finita in un rogo mortale – mosse il Presidente della Repubblica ad inviare un messaggio di cordoglio al sindaco di Barletta, ai feriti ed ai parenti delle vittime sottolineando in particolare che «l'inaccettabile ripetersi di terribili sciagure, laddove si vive e si lavora, impone l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l'impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e di vigilanza»;
ad oltre due anni dalla ricordata tragedia, in data 15 gennaio 2014, il magazine di approfondimento di La7, «La Gabbia», ha trasmesso, tornando a Barletta, un servizio dedicato alla crisi del settore tessile spesso articolato in una «filiera lunga», a sua volta suddivisa in numerosi subappalti al fine di abbattere i costi di produzione, che genera lo strangolamento economico dei fornitori, terzisti e lo sfruttamento dei lavoratori degli stessi, dando luogo a paradossi economici per cui un pantalone pagato 1.000 euro può essere confezionato da operaie retribuite 3,5 euro l'ora;
durante il citato servizio giornalistico è inoltre emerso con ogni evidenza che la gravissima situazione di sfruttamento sul lavoro al di fuori di qualsiasi regola e tutela – prevalentemente nei confronti delle donne –, che ha tragicamente segnato quel 3 ottobre del 2011, non è solo perdurata ma si è aggravata, come dimostrato dalla stessa inviata del programma, la quale, fintasi disoccupata presso le maglierie di Barletta, ha ricevuto offerte per lavori irregolari retribuiti con paghe di uno o due euro l'ora per giornate di 14 ore;
ancora più grave, nel corso dello stesso servizio, le ex-operaie tessili «in nero» di una maglieria chiusa per via della crisi economica, intervistate, hanno denunciato che mai, nel corso degli anni, avevano avuto notizia di avvenuti sopralluoghi da parte degli ispettori del lavoro sui laboratori pronto moda della città. Fatto indirettamente confermato dagli stessi titolari di maglierie che, intervistati con telecamera nascosta, nel proporre stipendi irrisori a fronte di inesistenti contratti di lavoro, mostravano assoluto disinteresse per l'eventualità, evidentemente remota, di subire controlli;
la situazione descritta, per quanto emblematica di un'accettabile diffusa condizione di sfruttamento di operaie all'interno di laboratori di confezioni, è stata al tempo affrontata quasi esclusivamente sul versante dell'emergenza urbanistica connessa ad eventuali ulteriori crolli di vecchie palazzine del centro storico di Barletta, ignorando l'evidente questione dei diritti negati dietro a quelle morti bianche, minimizzandone il tema, come si evince anche dalle parole del sindaco di Barletta, il quale dichiarò di non sentirsi di «criminalizzare chi in un momento come questo viola la legge, assicurando, però, lavoro». Considerazioni tradottesi inevitabilmente, ad oggi, in un nulla di fatto in favore di maggiori tutele per i lavoratori del comparto confezioni moda;
nella notte del 1° dicembre 2013, nell'area del Macrolotto di Prato (PO), sono morti sette operai di nazionalità cinese nel rogo di una fabbrica tessile all'interno della quale stavano lavorando, in violazione a qualsiasi norma di sicurezza, in condizioni assimilabili alla schiavitù;
così come nel caso di Barletta, tale recente tragedia, oltre ad aver riproposto il rituale, sterile pellegrinaggio ad uso mediatico delle principali cariche istituzionali sul luogo del disastro, ha drammaticamente esplicitato l'inadeguatezza delle norme nazionali regolanti il mercato del lavoro di fronte alle dinamiche della globalizzazione, che sta conducendo il Paese, attraverso il progressivo sgretolamento del sistema di tutele e garanzie solo formalmente vigenti, verso l'adozione di un modello industriale di tipo asiatico, in cui i bassissimi costi di produzione vengono scaricati unicamente sui diritti dei lavoratori –:
se alla luce di quanto emerso durante il servizio giornalistico realizzato dalla trasmissione «La Gabbia» del 15 gennaio 2014, dove si è constatata una continua ed inaccettabile condizione di assoluta inosservanza dei diritti sul lavoro previsti dalla legge in danno dei lavoratori del comparto confezioni moda, patologia che si percepisce essere ampiamente diffusa e completamente fuori controllo da parte della autorità, non ritiene di dover svolgere un'accurata e puntuale indagine sul piano nazionale tesa ad individuare: la consistenza del fenomeno ed; innovative strategie di contrasto dello stesso basate sul coinvolgimento e responsabilizzazione degli enti locali e regionali;
se non ritenga altresì di dover dar luogo ad una verifica, sul piano nazionale e, in particolare, nella provincia di Bari, sia sull'adeguatezza numerica del personale ministeriale dedicato alla funzione di ispettore del lavoro, sia sull'efficienza ed efficacia di tale essenziale strumento di legalità verificando a tal fine il numero e la frequenza dei controlli e delle ispezioni effettuate negli ultimi due anni. (4-03293)