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Atto a cui si riferisce:
C.1/01370    premesso che:     tra novembre 2013 e i primi mesi del 2014, Carlo Cottarelli, allora commissario alla spending review, aveva elaborato, con i suoi gruppi di lavoro, un...



Atto Camera

Mozione 1-01370presentato daGIORGETTI Albertotesto diMercoledì 28 settembre 2016, seduta n. 681

   La Camera,
   premesso che:
    tra novembre 2013 e i primi mesi del 2014, Carlo Cottarelli, allora commissario alla spending review, aveva elaborato, con i suoi gruppi di lavoro, un piano triennale che avrebbe generato notevoli risparmi di spesa: se tutte le misure fossero state realizzate, queste avrebbero portato a risparmi per 7 miliardi nel 2014, 18,1 miliardi nel 2015 e 33,9 miliardi nel 2016;
    se il piano fosse stato attuato, oggi si sarebbero pertanto liberate tante risorse per la diminuzione della pressione fiscale: a partire dalla riduzione delle tasse sul reddito delle persone fisiche, per proseguire con la riduzione dell'Ires e la cancellazione dell'Irap;
    il piano non è però mai giunto a compimento, e dopo Cottarelli tanti consulenti economici del Presidente del Consiglio Renzi hanno gettato la spugna, da ultimo Roberto Perotti. Risultato: da tre anni a questa parte il Governo fa legge di stabilità/legge di bilancio tutte in deficit;
    anche nel corso dell'esame dell'ultima legge di stabilità, il Gruppo Forza Italia ha cercato, attraverso specifiche proposte emendative volte a sterilizzare le clausole di salvaguardia (che purtroppo ancora oggi incombono sui conti pubblici), di riprendere il «piano Cottarelli» e attuare finalmente tutte le misure in esso contenute, dalla riorganizzazione degli enti pubblici, con il taglio delle partecipate locali ai costi standard in sanità e nei Comuni; dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici alla ricetta elettronica, anche aggiungendo altri interventi che consentono un reale efficientamento della macchina pubblica, e non i famigerati tagli lineari riproposti dal Governo Renzi;
    il documento di economia e finanza 2016 evidenzia come con il Governo Renzi la spesa pubblica sia aumentata e continuerà ad aumentare: il dato sale da 826 miliardi di euro nel 2015 a 849 miliardi nel 2019, con un aggravio di ventitré miliardi in cinque anni. Aumenta la spesa pubblica corrente, cioè quella non produttiva, mentre scende quella per investimenti; il tutto mentre il debito pubblico sfora il tetto record di 2.252 miliardi di euro, ben 145 miliardi in più rispetto a febbraio 2014, quando il Presidente Matteo Renzi venne chiamato a Palazzo Chigi dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano;
    nonostante siano stati effettuati alcuni tagli di spesa, non si ha ad oggi piena contezza in merito alle voci individuate nel piano originale di spending review ed effettivamente decurtate, ed è evidente (e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inaccettabile) la politica portata avanti dal Governo Renzi, che ha visto utilizzare le risorse provenienti dai pochi risparmi ottenuti, per finanziare ulteriori spese, volte più che altro ad acquisire consenso, piuttosto che per interventi strutturali di riduzione della pressione fiscale o del debito pubblico;
    ai dati sulla spesa pubblica si affiancano, più in generale, quelli sullo stato dei conti pubblici; le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza si sono rivelate, come più volte denunciato dai sottoscrittori del presente atto di indirizzo, inesatte e comunque troppo ottimistiche. La crescita di quest'anno arriverà, se andrà bene, allo 0,7 per cento in termini reali: valore lontanissimo da quell'1,2 per cento previsto dal Governo solo pochi mesi fa, appunto nel def di aprile. Mezzo punto di Prodotto interno lordo di differenza, quasi la metà;
    rispetto alle previsioni del Governo, ancora maggiore è la distanza sul dato relativo all'inflazione. Se tutto va bene il 2016 chiuderà a zero, quando il Governo aveva previsto un 1 per cento tondo. Ne deriva che il tasso nominale di crescita nel 2016 sarà uguale al tasso reale, e cioè 0,7 per cento: meno di un terzo di quanto era l'obiettivo del Governo (2,2 per cento) sempre nel def di aprile. Questo vuol dire una spaventosa revisione in peggioramento di tutti i valori rilevanti di finanza pubblica: gettito, deficit, debito e pressione fiscale. In altri termini, si avrà un aumento di deficit ben oltre il 2,3 per cento: si andrà pericolosamente verso il 3 per cento e assieme al deficit continuerà a crescere il debito;
    andrà ancora peggio il 2017, che inizierà con un trascinamento negativo in termini di crescita, e chiuderà, ben che vada, attorno allo 0,7 per cento: ben lontano dall'1,4 per cento previsto come sempre nel def di aprile. Il 2017, poi, continuerà anche nella deflazione, con conseguente aumento del deficit, a questo punto con sforamento della barriera del 3 per cento e del debito oltre il 135 per cento;
    se a queste tendenze di finanza pubblica si aggiunge l'esigenza di disinnescare gli aumenti di aliquota riguardanti l'IVA (con effetti di maggior gettito stimati in circa 15,1 miliardi nel 2017 e 19,6 miliardi dal 2018) e l'accisa sui carburanti (con maggiori entrate non inferiori a 350 milioni di euro a decorrere dal 2018), si arriva a una manovra inevitabilmente «sangue sudore e lacrime» da 30-40 miliardi di euro;
    in tema di spending review, è utile poi fare un riferimento più preciso all'esperienza anglosassone, che ne è il presupposto implicito: nel Regno Unito tale politica infatti non si riferisce solo ad un intervento ex post, rispetto ad un'emergenza, ma anche ex ante, come lo prova la sua dimensione quasi ventennale. E, se è vero che «la spending review è venuta al tempo in cui lo stato sta spendendo significativamente di più di quanto incassa in tasse e incontra il gap del deficit di bilancio», è vero anche che tale politica è nata già alla fine degli anni novanta, per facilitare la pianificazione della spesa, con un'ottica pluriennale, rispetto alla tradizionale pianificazione annuale attraverso il budget (cioè quello che nel nostro Paese è la «legge di Bilancio»). Nel Regno Unito consiste infatti in un monitoraggio dei capitoli di spesa pubblica con l'obiettivo di fissare, con un'ottica triennale, un tetto alle risorse disponibili di ciascun Ministero o dipartimento. È un processo di allocazione delle risorse di spesa pubblica, in accordo con le priorità del Governo, che rende fissi i budget per ciascun dipartimento e demanda a ciascun Ministero la decisione su come meglio attuare e distribuire le spese all'interno delle rispettive aree di responsabilità;
    viste le recenti riforme che hanno interessato la struttura del bilancio dello Stato, sarebbe opportuno adottare un atteggiamento più rigoroso nella definizione del bilancio di previsione, al fine di una piena razionalizzazione delle politiche di spesa; già con il decreto legislativo n. 90 del 2012, ai fini del completamento della riforma in senso funzionale della struttura del bilancio dello Stato, organizzata per missioni e programmi, si era provveduto alla ridefinizione dei programmi di spesa al fine di rendere più stringente il collegamento tra le risorse stanziate e le funzioni perseguite, stabilendo altresì una piena corrispondenza tra le risorse e il livello amministrativo/responsabile, con la previsione dell'affidamento di ciascun programma a un unico centro di responsabilità amministrativa; da ultimo, l'articolo 3 della legge 4 agosto 2016, n. 163, (concernente il contenuto della legge di bilancio), che modifica in più parti la disciplina in ordine alla copertura finanziaria delle leggi di spesa, elimina le clausole di salvaguardia, prevedendo contestualmente nuovi meccanismi di compensazione in caso di scostamento degli oneri rispetto alle previsioni,

impegna il Governo:

   a mettere in atto ogni iniziativa volta a consentire, nel corso dell'anno, l'allocazione di risorse poste a bilancio, rafforzando obiettivi straordinari che possono maturare alla luce del ciclo economico o di eventi eccezionali, così come previsto dalla spending review nella sua versione «originale»;
   ad adottare ogni iniziativa volta a portare a compimento il piano elaborato dall'allora commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentano un reale efficientamento della macchina pubblica, implementando l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni;
   a presentare alle Camere un piano che illustri in maniera dettagliata le misure adottare in merito ai tagli di spesa pubblica conseguiti nel corso della presente legislatura, definendo quali siano stati, ad oggi, gli effetti concreti degli interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa messi in atto, come il Governo abbia fino ad ora utilizzato i dati forniti dalle analisi svolte dai commissari per la spending review, specificando altresì quali siano stati, ad oggi, i risultati dell'attività di monitoraggio e di revisione dei fabbisogni e dei costi standard delle funzioni e dei servizi resi dalle regioni e dagli enti locali;
   al fine di una razionalizzazione delle politiche di spesa, ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a valorizzare il momento in cui le risorse sono effettivamente incassate ed erogate, al fine di consentire una più immediata e concreta comprensione dell'azione pubblica, e rendere più stretto e trasparente il legame tra decisione parlamentare sull'allocazione delle risorse e i risultati dell'azione amministrativa, per migliorare la previsione e la gestione degli andamenti di finanza pubblica, con particolare riferimento al fabbisogno e al debito pubblico.
(1-01370) «Alberto Giorgetti, Brunetta, Prestigiacomo, Milanato, Crimi».