• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/06422 MANGILI, FATTORI, GAETTI, DONNO, TAVERNA, MARTON, CAPPELLETTI, GIARRUSSO, PUGLIA, SERRA, MARTELLI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che per quanto...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-06422 presentata da GIOVANNA MANGILI
mercoledì 28 settembre 2016, seduta n.687

MANGILI, FATTORI, GAETTI, DONNO, TAVERNA, MARTON, CAPPELLETTI, GIARRUSSO, PUGLIA, SERRA, MARTELLI - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che per quanto risulta agli interroganti:

da un recente articolo apparso sul sito "lifegate" del 19 settembre 2016 si apprende quanto segue: "Un rapporto americano lancia l'allarme sul glifosato nel miele. Il pesticida del Roundup è presente in tutti i campioni analizzati."; in particolare, si legge che "Residui di glifosato - ovvero l'ingrediente principale del noto Roundup, prodotto dalla Monsanto - sono stati trovati in tutte le analisi effettuate dalla Food and Drug administration, l'organismo di vigilanza degli Stati Uniti che si occupa di cibo e di medicinali che ha esaminato numerosi campioni di miele provenienti da differenti località";

come emerge da un precedente articolo, a firma della giornalista Carey Gillam, research director for U.S. Right to Know e pubblicato in data 15 settembre 2016 sull' "Huffingtonpost", alcuni campioni di miele hanno mostrato livelli di residui di glifosato, il doppio del limite consentito nell'Unione europea;

altra fonte di stampa riporta inoltre: "Pesticidi e cambiamento climatico: crolla la produzione di miele in Italia. Mille tonnellate in tutto il 2016: si tratta del dato peggiore da 35 anni a questa parte, ma da tempo ormai si cerca di contenere i danni prodotti dai neonicotinoidi, pesticidi che rendono sterili i maschi delle api. Mille tonnellate. Mai negli ultimi 35 anni l'Italia aveva prodotto così poco miele come nel 2016. Il crollo è netto, anche rispetto allo scorso anno: solo per il miele di acacia sono 400 tonnellate in meno. I dati, presentati dal Conapi (Consorzio nazionale apicoltori) parlano di un fenomeno che non si limita alla nostra penisola ma coinvolge anche i Paesi dell'Est Europa, per tradizione grandi produttori di miele. Paradossalmente il settore apistico non è in crisi, anzi: gli alveari messi a produzione sono addirittura aumentati rispetto al 2015 e il numero di apicoltori è rimasto pressoché invariato. I problemi sono altri e ben più difficili da affrontare. Se negli ultimi mesi si è affacciata la minaccia del parassita Aethina Tumida che svaligia le arnie, le cause di questo tracollo sono note da anni agli addetti ai lavori: il cambiamento climatico e l'abuso di pesticidi in agricoltura. Il primo segnale di allarme si è avuto nel 2008. Nel corso di quell'anno, che ha appena passato il testimone al 2016 come "annus horribilis dell'apicoltura", la questione dei pesticidi neonicotinoidi ha assunto un'importanza critica e centrale. (…) Restano da valutare, infatti, i danni già prodotti e l'incidenza del cambiamento climatico. Perché i dati sulla produzione sono sconfortanti: "Il solo miele di acacia bio è passato dalle 437 tonnellate prodotte nel 2015 alle 184 di quest'anno - si legge sul comunicato di Conapi - il miele di acacia convenzionale è passato da 266 a 91 tonnellate; il miele di agrumi è sceso da 54 a 35 tonnellate per la produzione bio e da 174 a 148 tonnellate per quella convenzionale". Tutto questo si ripercuoterà sui consumatori in diversi modi. Anzitutto con l'aumento dei prezzi, visto che la domanda è rimasta invariata mentre l'offerta è diminuita in modo netto. Un'altra conseguenza - legata alla prima - è il maggior rischio di sofisticazione, cioè l'adulterazione del prodotto per ritardare la cristallizzazione o modificarne il colore o il sapore. "Agli estimatori di miele - ha spiegato il presidente di Conapi Diego Pagani - chiediamo di porre la massima attenzione alla qualità del prodotto acquistato, controllandone con attenzione anche la provenienza e abituandosi tra l'altro a cercare il miele che, nell'annata in corso, è stato più abbondante, come per esempio è avvenuto per il coriandolo nel 2016" ("nationalgeographic" del 7 settembre 2016);

un articolo pubblicato il 5 agosto 2016 sul "nationalgeographic" riporta che: "Per le api i pesticidi fanno da anticoncezionale. […] Nell'ultimo decennio, gli apicoltori del Nord America e dell'Europa hanno riportato una perdita annuale del 30% dei loro alveari. Nello stesso periodo è stato constatato anche un declino degli impollinatori selvatici, tra cui i bombi e la farfalla monarca. Stanno cominciando a emergere diversi fattori, tra cui malattie, parassiti e perdita dell'habitat, che potrebbero influire su questa perdita";

un articolo del 27 settembre 2016, pubblicato sulla rivista on line "testmagazine" conferma la notizia che i pesticidi utilizzati da due grandi multinazionali stanno avendo delle ripercussioni sulla moria delle api, in particolare si legge quanto segue: "In pubblico sdrammatizzavano i rischi che i loro pesticidi fossero letali per le api, in privato invece erano ben coscienti dei pericoli. Anzi avevano in tasca degli studi privati, commissionati da loro stessi, che dimostravano come i neonicotinoidi causassero gravi danni alla popolazione delle api. Bayer e Syngenta sono finite sotto accusa grazie a una rigorosa indagine di Greenpeace che è riuscita a venire in possesso dei documenti che sbugiardano i due big dell'agrofarma. In sostanza industria e scienziati sanno da tempo che quesi prodotti possono danneggiare le api. Eppure nonostante questo hanno continuato a difendere i loro pesticidi. (…) Gli studi recentemente scoperti hanno esaminato l'impatto del clothianidin di Bayer e del thiamethoxam di Syngenta su api da miele a concentrazioni variabili. Entrambi mostrano che le sostanze chimiche possono seriamente danneggiare colonie di api ad alte concentrazioni, anche se gli effetti sono stati meno marcati a livelli più bassi";

considerato che:

un articolo del 14 settembre 2016, pubblicato sul sito del "Gambero Rosso" informa che: "Quest'anno la produzione di miele segna un crollo deciso soprattutto nelle produzioni di spicco. (…) l'ultimo raccolto del miele ha registrato un crollo della produzione del 70% rispetto alle potenzialità. E questo è niente. Il prezzo del miele aumenterà, così come il rischio di sofisticazioni, con possibili introduzioni in Italia di prodotti esteri scadenti grazie a triangolazioni tra Cina e Paesi europei consenzienti. (…) I dati parlano chiaro. Produzione a picco soprattutto per i due grandi mieli italiani, l'acacia e l'agrumi, lo zoccolo duro dell'apicoltura nazionale" entra nel dettaglio Giancarlo Naldi [il Presidente dell'Osservatorio Nazionale Miele, ndr] il 65/70% in meno per quello d'acacia, con produzione persa in Lombardia e nel Triveneto, e scarsa nel resto d'Italia. Per il miele di agrumi è andata anche peggio: 70/75% in meno, quasi niente in Sicilia, poco in Puglia e in Calabria";

all'inizio del 2016 venivano pubblicati articoli di giornale, che invece riportavano notizie positive sulla produzione in Italia di miele, in particolare, con riferimento al 2015, veniva evidenziato quanto segue: "Crescono al ritmo del 15% a Monza e in Brianza le imprese attive nella produzione del miele. Complessivamente in Lombardia sono 646 (+4% in un anno) sulle 4.723 attive in tutta Italia (con gli hobbisti o le aziende agricole multifunzionali, sono oltre tremila le persone che in Lombardia si dedicano all'apicoltura). A livello provinciale primeggiano Brescia con 98 imprese, Varese (89 imprese), e Bergamo (86). Se Lodi è quella che nel 2015 è crescita di più (22%), segue Monza e Brianza (+15%): lo dicono i dati elaborati dalla Camera di commercio di Milano sui dati registro imprese al quarto trimestre 2015 e 2014. In Lombardia ci sono circa 155.000 alveari che producono 1.700 tonnellate di miele, propoli, cera e tutti i derivati del miele e dell'alveare. Si stima che in Lombardia abitino circa centomila api. In Italia a primeggiare è il Piemonte con 784 imprese, il 17% nazionale, seguito proprio dalla Lombardia dove nel 2015 gli addetti totali hanno registrato un aumento del 3%, passando da 329 nel 2014 a 338, +42% a Monza e Brianza. In aumento del 11% l'export italiano di miele nel mondo da parte dell'Italia, passando da 25 milioni nel 2014 a 28 milioni nel 2015: clienti principali Germania, Francia e Regno Unito (7%)." ("ilcittadinomb" del 7 febbraio 2016);

da altra fonte giornalistica si legge ancora: "La nostra regione - spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia - ha un'antica tradizione nel settore dell'apicoltura tanto che il primo congresso degli apicoltori italiani si tenne nel 1871 proprio a Milano, dove oggi si stima abitino circa centomila api. Mentre se consideriamo anche gli hobbisti o le aziende agricole multifunzionali, sono oltre tremila le persone che in tutta la Lombardia si dedicano all'apicoltura". ("newsageagro" del 04.02.2016);

sempre quest'ultimo articolo riporta altri dati, in particolare "Sono 4.723 le imprese italiane attive nella produzione di miele, in crescita del 6% in un anno, con quasi 400 imprese nate nel 2015. Sul podio, tra le regioni più attive nella produzione di miele, Piemonte con 784 imprese, il 17% nazionale, seguono Lombardia (646, 14%), Toscana (509, 11%) ed Emilia Romagna (392, 8%). Crescono di più Toscana (+14%), Emilia Romagna (+13%), Puglia e Marche (+10%). Le imprese in provincia. Torino (202 imprese), Catania (188) e Cuneo (185) le province più attive nel settore. La provincia italiana che registra l'aumento maggiore è Pistoia (+36% in un anno), seguono Pescara (+30%), Piacenza (+29%), Rovigo e Lodi (+22%)";

considerato inoltre che:

un articolo pubblicato da Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura sostenibile di "Greenpeace Italia", sul sito "Huffingtonpost" del 28 giugno 2016 riporta le seguenti notizie: "A marzo dello scorso anno l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), organo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva classificato il glifosato come "probabilmente cancerogeno" per gli esseri umani. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha contraddetto lo Iarc nel novembre del 2015, definendo il glifosato "probabilmente non cancerogeno". Mentre però la valutazione dell'Efsa è basata in parte su studi riservati commissionati dagli stessi produttori di glifosato, la valutazione Iarc è basata esclusivamente su dati scientifici pubblicamente accessibili. L'autorizzazione del glifosato è scaduta a giugno 2012, ma la Commissione Ue l'ha già prorogata due volte, nel 2011 e nel 2015. Ora la Commissione Ue è intenzionata a estendere nuovamente la licenza fino alla fine del 2017, quando si prevede che sarà completata la valutazione degli effetti negativi del glifosato sulla salute umana e l'ambiente da parte dell'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (Echa). Stiamo parlando di una proroga - 18 mesi - che continuerà a lasciarci esposti a questo rischioso diserbante, un periodo che andrebbe quantomeno utilizzato per elaborare un exit plan dal glifosato. Un piano che a livello nazionale imponga subito limitazioni d'uso (parchi, giardini, o come disseccante), la rimozione dell'erbicida da tutti i disciplinari di produzione che lo contengono e l'esclusione da qualsiasi premio nei Psr (Piani di sviluppo rurale). La dipendenza dell'Europa dai pesticidi chimici è ormai più che altro una tossicodipendenza. Le colture sono regolarmente irrorate con diverse sostanze chimiche, di solito applicate più volte su ogni coltura durante l'intera stagione di crescita, nonostante gli agricoltori dispongano già di alternative non chimiche per contrastare le specie nocive, ma è necessario un sostegno politico e finanziario agli agricoltori per passare da un'agricoltura intensiva dipendente da sostanze chimiche dannose, a pratiche agricole ecologiche. Un sistema del genere non è più accettabile, abbiamo necessità di passare a un modello di agricoltura ecologica, sostenibile per la nostra salute e per l'ambiente";

il tema sul glifosato è al centro del dibattito internazionale e nazionale, tanto da essere stato ampiamente affrontato in sede istituzionale da diversi parlamentari, mediante la presentazione di atti di sindacato ispettivo, in virtù del fatto che "Anche in Italia, rileggendo le statistiche fornite dall'Ispra nel rapporto nazionale pesticidi nelle acque, «la presenza del glifosato e del suo metabolita, l'acido aminometilfosfonico, è ampiamente confermata, anche se il suo monitoraggio è tuttora effettuato solo in Lombardia, dove la sostanza è presente nel 31,8% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, mentre il metabolita nel 56,6%». Essendo l'erbicida largamente impiegato, è probabile che il suo inserimento nei programmi di monitoraggio possa determinare un aumento dei casi di non conformità nelle regioni dove ora non viene cercato. Il glifosato è anche il pesticida che più di ogni altro determina il superamento degli standard di qualità ambientale nelle acque superficiali" ("ilfattoalimentare", del 23 marzo 2015);

considerato infine che a quanto risulta agli interroganti:

il viceministro alle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha dichiarato che "L'apicoltura è un'attività economica importantissima perché fonte di reddito nelle zone rurali marginali e per l'attività di impollinazione, elemento chiave dello sviluppo della nostra agricoltura [...] per questo stiamo cercando di costruire con tutti i protagonisti del comparto una strategia complessiva e condivisa finalizzata alla promozione della qualità del nostro miele e orientata in due direzioni: vigilanza e controlli per evitare frodi e truffe verso i consumatori, migliorare la qualità del miele e della sua vendibilità attraverso un'attività formativa e informativa, sia dei produttori che dei consumatori" ("gamberorosso", del 14 settembre 2016);

in data 17 maggio 2016 è stata presentata la mozione 1-00571, a prima firma della senatrice Elena Fattori, che impegnava il Governo a garantire su tutto il suolo nazionale appositi rilevamenti per l'individuazione della presenza di glifosato e del suo metabolita AMPA; a stanziare appositi fondi da destinare alle Regioni e conseguentemente alle Arpa per la dotazione di strumentazioni idonee al rilevamento del glifosato del suo metabolita sul modello di quanto avviene in Toscana e Lombardia; nonché a redigere e attuare nel minor tempo possibile un piano "glifosato zero" che preveda l'eliminazione del pesticida dall'uso e dal commercio entro il 2018,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda prevedere misure rispondenti agli impegni indicati nel citato atto di indirizzo;

quali provvedimenti intenda adottare, di concerto con la comunità scientifica competente nel settore, al fine di promuovere e tutelare la buona e sana qualità del miele prodotto nelle regioni italiane, in particolare nella Regione Lombardia, che recentemente hanno subito un calo della produzione, a causa dell'uso di erbicidi, riconducibili al principio attivo noto come glifosato, largamente commercializzato ed utilizzato, nonostante si ritenga dannoso per il sistema endocrino e riproduttivo umano;

quali misure intenda assumere al fine di valorizzare l'apicoltura, considerata non solo attività economica importante, ma soprattutto elemento chiave dello sviluppo dell'agricoltura italiana.

(4-06422)