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Atto a cui si riferisce:
C.3999 Disciplina della professione di podologo e istituzione della laurea specialistica in podoiatria


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3999


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata ELVIRA SAVINO
Disciplina della professione di podologo e istituzione della laurea specialistica in podoiatria
Presentata il 27 luglio 2016


      

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Onorevoli Colleghi! — Emergente tra le professioni sanitarie, con un ruolo ben definito nei team specialistici, con una forte cultura della prevenzione e del servizio alla collettività, il podologo si avvia ad essere un professionista indispensabile in qualunque sistema sanitario moderno. Negli Stati Uniti d'America (USA) e in Canada, nel Regno Unito, in Francia e in Spagna, nei Paesi europei ed extraeuropei più evoluti si assiste, infatti, ad un progressivo sviluppo della professione e ad un sempre maggiore rilievo che essa assume nelle strategie di prevenzione, cura e riabilitazione.
      Fino a qualche anno fa, in Italia il ruolo della podologia era considerato del tutto marginale: la cultura prevalente, infatti, tendeva a confondere il podologo con il pedicure o l'estetista, nonostante la legge l'avesse esplicitamente compresa tra le professioni sanitarie. Fortunatamente nell'ultimo decennio abbiamo assistito ad una decisa inversione di tendenza, sia presso le istituzioni preposte alla sanità pubblica, sia presso la popolazione, sempre più sensibile al rilievo che i piedi possono assumere soprattutto in tema di prevenzione.
      Sarà utile tuttavia esaminare alcuni dei principali motivi che possono spiegare l'evoluzione della professione rilevata in questi ultimi anni. In primo luogo, l'importante ruolo riservato alla podologia in altri Paesi non poteva non comportare grandi benefìci anche in Italia, tenuto conto dei frequenti scambi culturali e scientifici che vanno sempre più intensificandosi (incontri, congressi eccetera), anche sulla base dello sviluppo della comunicazione digitale. L'introduzione di uno specifico corso di laurea nel 2001 ha poi rappresentato un vero e proprio salto di qualità. Per rendersene conto è sufficiente esaminare il piano di studi, che prevede, fra gli altri, i settori scientifico-disciplinari relativi alla chirurgia, alla anestesiologia nonché alla diagnostica per immagini e alla radioterapia.
      La formazione del podologo non si limita però al corso di laurea, perché da qualche anno sono disponibili importanti iniziative di aggiornamento, quali i corsi di formazione ECM (educazione continua in medicina), i convegni e l'annuale Congresso nazionale di podologia. Ciò che più caratterizza la grande evoluzione della professione è il master «Diagnosi e cura del piede diabetico» organizzato dalla II facoltà di medicina e chirurgia, dell'università «La Sapienza» di Roma. I numerosi podologi che frequentano questo master, come per tutti gli altri corsi, si sono rivelati pienamente maturi sotto l'aspetto culturale e tecnico per svolgere autonomamente funzioni importanti e delicate. Si può dire che si è in presenza di una formazione universitaria ed extrauniversitaria di gran lunga più completa e professionalizzante rispetto alle competenze individuate nel regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 666, che stabilisce il profilo professionale del podologo.
      Le patologie trattate sono perlopiù invalidanti per l'individuo che ne è affetto. Basti pensare alle ulcere plantari o alle complicanze che insorgono a seguito di malattie di grande rilevanza sociale, come il diabete o l'artrite reumatoide. È da porre in evidenza anche tutta la casistica dei pazienti in età pediatrica con problemi di deambulazione e di appoggio plantare e dei conseguenti interventi terapeutici che possono essere prescritti e realizzati dal podologo. Negli ultimi anni, oltre alle affezioni podologiche del piede, il podologo ha acquisito competenze sempre maggiori anche nell'area delle alterazioni posturali, utilizzando metodiche preventive, diagnostiche e terapeutiche.
      Un segnale inequivocabile dell'evoluzione della professione è offerto dalla capacità dimostrata dal podologo nella diagnosi, nella prevenzione e nella cura del paziente diabetico, affetto dalla complicanza del piede diabetico. In Italia, il 25 per cento dei malati di diabete soffre di tale complicanza; secondo i dati del Ministero della salute, nel 2005, le amputazioni maggiori e minori dovute alla complicanza ammontavano a ben 7.082, con 141.249 giornate di degenza, pari ad una degenza media di 19,9 giornate. Ebbene, è stato ampiamente dimostrato che l'intervento del podologo, soprattutto in termini di prevenzione, realizza l'obiettivo di una drastica riduzione delle amputazioni. D'altra parte, un autorevole studio realizzato negli USA ha stimato che con l'intervento del podoiatra si può ottenere una riduzione del 60 per cento delle amputazioni. È evidente, quindi, il ruolo fondamentale che il podologo ha svolto e continuerà a svolgere in collaborazione con il medico di base e con lo specialista diabetologo, non solo per la riduzione delle amputazioni, ma anche per l'abbattimento dei costi di ospedalizzazione. Tutto ciò, se l'evoluzione registrata dalla professione sarà accompagnata da una modifica del profilo professionale, che consenta di intervenire secondo le più attuali e collaudate linee guida di prevenzione e cura.
      Anche sotto l'aspetto della domanda, si deve registrare un aumento esponenziale della richiesta di tali tipi di prestazioni dovuto a motivi di carattere sociale e comportamentale. Innanzitutto il progressivo invecchiamento della popolazione italiana e quindi il numero sempre più consistente di persone che necessita di cure podaliche specifiche (il ricorso al podologo è quasi d'obbligo nell'età più anziana per migliorare la qualità della vita). Anche i bambini e gli adolescenti sono sempre più esposti alle patologie podaliche, sia per l'impegno molto frequente in alcuni tipi di sport (calcio, basket, tennis eccetera), sia perché la moda li spinge ad indossare scarpe non sempre adeguate. È evidente, quindi, che le trasformazioni in atto nella società hanno costituito un forte impulso verso la valorizzazione della professione e soprattutto verso apprendimenti diversi, tecniche innovative di intervento, nuove integrazioni con altre professioni mediche.
      Il salto di qualità registrato dalla professione, la sua evoluzione, la formazione di livello sempre più alto, l'ormai stabilmente acquisita capacità di offrire una diversa e più completa assistenza sanitaria, la forte crescita della domanda da parte dei pazienti impongono una revisione del profilo professionale che consenta di definire una figura in grado di contrastare le diverse e gravi conseguenze che derivano dalle patologie podaliche; un professionista che direttamente fornisca all'utenza una prestazione sanitaria completa: dall'accertamento della patologia, anche con l'ausilio di apparecchiature diagnostiche per immagini, all'intervento diretto, alla predisposizione della terapia, compresa la fornitura di dispositivi medici su misura.
      L'aggiornamento normativo del profilo professionale tracciato dal citato regolamento di cui al decreto n. 666 del 1994 favorirebbe la professionalità e la competitività della podologia italiana, attualmente operante non alla pari con altri Paesi più evoluti dell'Unione europea, dando la possibilità ai nostri professionisti di essere competitivi anche nel contesto lavorativo internazionale. Negli USA, ad esempio, è esercitata la professione di podoiatria. Si tratta del «medico chirurgo specialista del piede: [che] visita, diagnostica, tratta, previene e salvaguarda le condizioni del piede e la struttura correlata. Progetta, conduce e dirige ricerche in campo podoiatrico». La durata degli studi universitari è di quattro anni più due di chirurgia.
      Un tale profilo professionale sarebbe utile anche nel nostro sistema sanitario. Pertanto la presente proposta di legge (articolo 2) prevede l'adozione di un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per istituire una laurea magistrale in podoiatria e per definire il numero di posti per la specializzazione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Profilo professionale).

          1. Il podologo è l'operatore sanitario, in possesso dell'abilitazione all'esercizio della professione, che tratta direttamente, dopo un esame obiettivo, le affezioni del piede, le alterazioni ipercheratosiche cutanee, le verruche, le unghie ipertrofiche, deformi e incarnite, il piede doloroso, le ulcerazioni, le piaghe, le ferite, le alterazioni posturopediche. Per la cura delle affezioni podologiche egli può utilizzare farmaci topici e ricorrere a piccoli interventi chirurgici, in anestesia locale. Ai fini della prevenzione e dell'educazione sanitaria, il podologo assiste i soggetti a rischio per fasce di età e, in stretta collaborazione con il medico, i soggetti portatori di patologie sistemiche. Il podologo predispone e applica inoltre ortesi finalizzate alla terapia di patologie del piede di propria competenza. Il podologo, per le diagnosi di sua competenza, si avvale di strumenti idonei e di tecniche non invasive nonché dell'utilizzo di apparecchiature diagnostiche per immagini. Il podologo segnala al medico le sospette condizioni patologiche del paziente che richiedono un approfondimento diagnostico o terapeutico. Il podologo svolge attività nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, in regime di dipendenza o di libero professionista.

Art. 2.
(Corso di laurea magistrale).

          1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito il corso di laurea magistrale in podoiatria. Con il medesimo decreto è stabilito il numero dei posti da mettere a concorso per la suddetta disciplina.