• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/03202 TAVERNA, BERTOROTTA, CAPPELLETTI, CASTALDI, DONNO, LUCIDI, MANGILI, MORONESE, PUGLIA, SANTANGELO - Al Ministro della salute - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti: presso...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-03202 presentata da PAOLA TAVERNA
giovedì 6 ottobre 2016, seduta n.694

TAVERNA, BERTOROTTA, CAPPELLETTI, CASTALDI, DONNO, LUCIDI, MANGILI, MORONESE, PUGLIA, SANTANGELO - Al Ministro della salute - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

presso l'azienda ospedaliera "S. Giovanni Addolorata" di Roma, da gennaio 2016, il personale turnista svolge turni di lavoro di oltre 13 ore consecutive, raggiungendo picchi di 17/18 ore;

inoltre, l'azienda ospedaliera fino a dicembre 2015 riconosceva all'infermiere turnista un giorno di riposo per ogni notte svolta, mentre da gennaio 2016 riconosce un numero di giorni di riposo corrispondenti al numero delle domeniche e dei giorni festivi presenti nel mese indipendentemente dalle notti effettuate;

la medesima amministrazione non riconosce al personale infermieristico turnista che lavora il giorno festivo infrasettimanale il compenso per il lavoro straordinario o il riposo compensativo;

si apprende da notizie di stampa che tale comportamento viene giustificato sulla scorta del parere dell'ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) che ha stabilito che "il personale turnista che lavora il giorno festivo infrasettimanale ha diritto esclusivamente alla specifica indennità, ma non al compenso per il lavoro straordinario, o all'alternativa del riposo compensativo", ritenendo di rifarsi al principio stabilito dalla Corte di cassazione già con la sentenza n. 22799 del 2012 e in ultimo con l'ordinanza n. 14038 del 19 giugno 2014, come si legge su un articolo di "quotidianosanità" del 24 marzo 2016;

considerato che a giudizio degli interroganti, il parere dell'ARAN ha interpretato in modo scorretto i citati provvedimenti giudiziari, ritenendo che i principi assunti fossero applicabili anche al comparto sanità, laddove si fa esplicito riferimento al personale del comparto Regioni e delle autonomie locali avente mansioni del tutto diverse;

considerato inoltre che:

l'Unione europea da anni ha fissato standard comuni che disciplinano l'orario di lavoro (direttive 93/104/CE e 2000/34/CE);

la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, sottoscritta a Nizza nel 2000 e divenuta vincolante a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 2009, garantisce a tutti i lavoratori il diritto alla limitazione della durata del lavoro e alla tutela contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti da orari lunghi ed irregolari (art. 31);

la direttiva 88/2003/CE ha fissato dei criteri minimi relativi a riposi, pause, ferie, orario massimo di lavoro, lavoro notturno: per il riposo giornaliero la misura considerata "minima" è quella di 11 ore consecutive nell'arco di 24 ore partendo dall'inizio dell'attività, mentre il tempo di lavoro massimo settimanale è individuato in 48 ore, comprendendo oltre all'orario contrattuale anche le eventuali ore di lavoro straordinario, che in ogni caso non possono essere imposte al lavoratore;

l'importanza della direttiva 88/2003/CE è rilevante perché dà fondamenta giuridiche alla consapevolezza che periodi lavorativi prolungati producono effetti significativi sulla salute degli interessati ed aumentano il rischio d'errore;

in Italia le direttive 93/104/CE e 2000/34/CE sono state recepite con il decreto legislativo n. 66 del 2003;

l'art. 3, comma 85, della legge di stabilità per il 2008 (legge n. 244 del 2007), è stata disposta una deregulation totale degli orari di lavoro del personale medico e sanitario. A tal fine sono stati modificati l'art. 7 (riposo giornaliero) e l'art. 4 (durata massima dell'orario di lavoro settimanale) del decreto legislativo n. 66 del 2003, come riportato anche da "quotidianosanità" del 28 settembre 2015;

per i suddetti motivi, il nostro Paese è stato sottoposto a procedura d'infrazione (n. 2011/4185) da parte della Commissione europea;

per evitare la condanna, la legge n. 161 del 2014, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis", ha soppresso le modifiche introdotte al decreto legislativo n. 66 del 2003 nel 2008, in particolare l'art. 14, comma 1, stabilisce che: "sono abrogati il comma 13 dell'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e il comma 6-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66". In questo modo è stato ripristinato il diritto dei medici e dirigenti sanitari italiani al tempo massimo di lavoro settimanale ed al riposo minimo garantito di 11 ore continuative ogni 24. Tale normativa è entrata in vigore il 25 novembre 2014;

ciononostante, la normativa non ha ricevuto una corretta applicazione in ambito sanitario, in quanto si continua ad assistere, anche a causa del blocco del turnover, alla diffusa e sistematica violazione dei limiti di orario di lavoro degli operatori sanitari prescritti;

per questi motivi, la Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per non aver applicato correttamente la citata direttiva sull'orario di lavoro (88/2003/CE) nei confronti dei medici operanti nel servizio sanitario pubblico, in quanto la normativa italiana li priva del loro diritto a un limite nell'orario lavorativo settimanale e a un minimo di periodi di riposo giornalieri;

le problematiche sin qui rilevate sono state oggetto dell'interrogazione con risposta immediata 3-02508, presentata alla Camera dall'on. Dalila Nesci, alla quale il Ministro della salute ha risposto, in data 28 settembre 2016, a parere degli interroganti in maniera non chiarificatrice;

la Camera dei deputati, il 17 giugno 2015, ha approvato con voto bipartisan la mozione 1-00767 presentata dal MoVimento 5 Stelle, con la quale si è condivisa la necessità di porre rimedio all'emergenziale e non più sostenibile carenza di personale sanitario, impegnando il Governo allo sblocco del turnover e all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e alla garanzia di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;

inoltre, anche nella legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015, art. 1, comma 543), seppure con diversi limiti correlati alle Regioni con piani di rientro, si era condivisa la necessità di porre in essere procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico sulla base delle valutazioni dei fabbisogni, con l'elaborazione di piani che ad oggi le Regioni non hanno predisposto; a quanto risulta agli interroganti nel Documento di economia e finanza non c'è traccia degli impegni presi dal Governo al fine di risolvere la perdurante carenza di personale della sanità, a garanzia dei livelli essenziali di assistenza che, proprio a causa di tale carenza, sono gravemente compromessi;

come emerge dall'ultimo monitoraggio della Ragioneria dello Stato sulla spesa sanitaria nazionale, nel comparto sanitario si assiste alla progressiva riduzione della spesa per il personale;

più nel dettaglio, il rapporto mette in luce che la spesa per redditi da lavoro dipendente sia stata pari a 31.610 milioni di euro, in riduzione dello 0,5 per cento rispetto al 2014. La medesima voce di spesa è passata da un incremento medio annuo del 2,9 per cento nel periodo 2006-2010 ad una riduzione dell'1,2 per cento nel periodo 2011-2015, abbassando il peso percentuale sulla spesa sanitaria complessiva dal 33,2 per cento del 2010 al 31,1 per cento del 2015;

inoltre, fra il 2010 e il 2014 (ultimo anno disponibile) il Servizio sanitario nazionale ha osservato una riduzione del personale stabile dipendente di quasi 25.000 unità;

considerato infine che:

la riduzione del personale implica che i dipendenti del comparto devono addossarsi orari di lavoro che superano, spesso di gran lunga, il limite normativamente prescritto, con un notevole calo delle performance ed il conseguente aumento del rischio clinico;

la letteratura scientifica internazionale collega direttamente la deprivazione del riposo e gli orari prolungati di lavoro dei medici ad un netto incremento degli eventi avversi;

la salvaguardia della salute degli operatori assume nel settore sanitario un'importanza strategica che va ben oltre il mero ambito contrattuale o l'interesse particolare di una categoria professionale, coinvolgendo il tema della sicurezza delle cure e quindi la tutela della salute dei cittadini che si rivolgono alle strutture ospedaliere,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti;

se ritenga opportuno verificare che presso l'azienda ospedaliera S. Giovanni Addolorata di Roma siano rispettate le norme nazionali ed europee in tema di orario di lavoro massimo e quali misure di propria competenza intenda assumere, affinché agli operatori sanitari siano garantiti il riposo settimanale e il ristoro per il lavoro straordinario svolto, normativamente prescritti;

quali iniziative di competenza intenda assumere, al fine di assicurare il rispetto della normativa europea sui turni e sui riposi obbligatori del personale, introdotta in Italia dalla legge n. 161 del 2014 ma non ancora attuata a causa dei ritardi accumulati nella copertura del fabbisogno certificato, e quali dati intenda fornire in merito alle necessità rilevate per ogni profilo professionale.

(3-03202)